ARCHEOASTRONOMIA
LIGUSTICA
Pubblicato
in: Il Giornalino - notiziario delle frazioni e della città di Varazze; anno XX
, n. 8 - supplemento de Il Letimbro; agosto 2016, pp.
44-45.
SOLSTIZIO D’ESTATE
Mario Codebò,
Henry De Santis
In
data 18 giugno 2016 si è svolta, presso la frazione di Alpicella, la IV
edizione della Manifestazione “Solstizio d’Estate” organizzata
dall’Associazione Amici del Museo Archeologico di Alpicella.
Alla
manifestazione, quali relatori durante la conferenza itinerante, sono
intervenuti Mario Codebò ed Henry De Santis del
Centro Ricerche “Archeoastronomia Ligustica” di Genova. Purtroppo il terzo
relatore, Carmelo Prestipino, che il sabato precedente aveva presentato, nel
salone parrocchiale di Varazze, l'ultima rassegna delle incisioni catalogate
sul M. Bèigua, non ha potuto essere presente causa indisposizione.
Nello
specifico, De Santis ha brevemente illustrato le emergenze archeologiche che si
trovano nel circondario e che Codebò aveva già ipotizzato potessero costituire
un possibile percorso rituale (Codebò e Michelini 1998):
·
il riparo di “Rocca due teste”: sito in località Fenestrelle ha
restituito le tracce di un insediamento esistente, in continuità, dal Neolitico
Medio all’Età del Bronzo, con il ritrovamento di frammenti fittili relativi
alle culture dei Vasi a Bocca Quadrata (Neolitico Medio – V millennio a.C.) e
della Chassey-Lagozza (Neolitico Finale – fine V,
metà IV millennio a.C.); una sepoltura neolitica di infante; una fibula dell’Età
del Bronzo.
·
Il nicciu
du briccu du Broxin: edicola votiva, riportante la
data del 1912, che ingloba nella sua costruzione una pietra-fitta in serpentino
alta circa 2 mt. Al momento non è possibile affermare se la costruzione sia
successiva alla posa della stele o contemporanea ad essa.
·
Il Riparo di S. Anna: probabile luogo di antichi culti
anche astrali (dalla Rocca di S. Anna, il Sole al solstizio invernale e la Luna
al lunistizio minimo sorgono, rispettivamente, a levante ed a ponente della
vetta del Bric Greppino), successivamente cristianizzato, che attualmente non
ha restituito materiali archeologici poiché non ancora sottoposto ad indagini
estensive. Di particolare interesse la presenza di una "grondaia"
scavata nella roccia del suo tetto e segnalata da Italo Pucci (Priuli e Pucci
1994, p. 42). Attualmente ne è noto in Liguria un solo altro caso, scoperto
anni prima da Codebò sul tetto del Riparo dei Buoi (detto anche Il Tribunale) a
Finale Ligure, in località Ciappo de Cunche.
·
La roccia a Polissoir: affioramento roccioso, posto in
vicinanza di una sorgente e di un corso d’acqua, in località Ceresa, sul quale
sono stati praticati profondi intagli, sia lineari, sia riportanti delle
sezioni a V, unitamente a delle coppelle. Secondo la teoria avanzata dal
compianto Ispettore Onorario di Zona Mario Fenoglio tali incisioni sarebbero i
risultati di prolungate azioni di affilamento delle accette in pietra verde
avvenute in epoca preistorica. Altri segni simili li troviamo presso la
località Piani di Acquabianca.
·
Il cd. masso “calendario solare”: sito in località Ceresa, di
forma triangolare, riporta tre tacche incise sulla superficie per le quali è
stata proposta una funzione indicatrice delle posizioni del Sole; tuttavia,
attualmente, non è possibile confermare con certezza tale teoria. Più probabile
che si tratti di un cippo indicante un termine di confine e che le tre tacche
siano i segni dei cunei di legno piantati nella roccia e poi gonfiati con acqua
per spaccarla.
·
La strada a tecnica megalitica: della lunghezza complessiva di
circa 200 mt è interrotta nella sua biforcazione a monte dalla strada poderale
per Prariondo, oltre la quale continuava, mentre il
tratto a valle confluisce in un largo spazio a botte, definito da pietre
infitte nel terreno e confinante a monte con la cosiddetta “strada scalinata”
che conduce alla località Le Faie. Tale asse viario risulta avere un
allineamento tendente, pur con una lieve deviazione, all’asse equinoziale E-W
(90° - 270°), mentre il lato lungo del menhir abbattuto giace sul meridiano
(360° - 180°). La strada inizia presso un corso d'acqua ed è larga m 1,65,
curiosamente coincidente con due cosiddette "yarde megalitiche" (m
0,829).
·
Le incisioni rupestri
del monte Beigua: si contano a centinaia lungo
tutto l’areale compreso tra la “Rocca del Trun”, la
“Casa del Che” ed il rio della Biscia. Tra i siti più significativi troviamo la
“pietra scritta”, a ridosso del rio Traversa, delle dimensioni di 7 x 3,50 mt,
dove è possibile riscontrare numerosi pentagrammi, dei quali parleremo più
avanti, forme antropomorfe e croci cristiane; poco lontano da questa pietra è
stato eretto un menhir. Altro notevole sito è la “pietra liscia” posta nel
fondovalle presso il rio della Biscia, sulla cui superficie si trovano incisi
un segno a forma di piede, vaschette di forma rudimentale e scalini. Presso Pianpaludo
troviamo infine il complesso della “Roccia del Dolmen”, che prende il nome da
un masso viciniore erroneamente considerato tale, dove si trovano segni
filiformi, scaliformi, antropomorfi, canalette e
croci.
Successivamente,
nei pressi del cosiddetto “Ponte dell’Omo Morto”, posto in località Armuzzi, è stata effettuata una breve spiegazione sulle
tecniche costruttive del ponte e sull’importanza dell’antica viabilità
percorsa. Qui Codebò ha ricordato ai presenti che
presso la frazione di Palo di Sassello sorgeva un osservatorio astronomico
privato costruito dall’ingegnere astronomo genovese Glauco de Mottoni y Palacios, al quale l’Unione Astronomica
Internazionale affidò, negli anni '50,
la redazione della mappa ufficiale della superficie di Marte che venne completata
proprio in questo osservatorio nel 1957.
La
conferenza è poi terminata nei pressi dell’antico insediamento di Alpicella dove
Codebò ha illustrato un possibile significato delle
incisioni rupestri a forma di stella a 5 punte che si trovano sulla “pietra
scritta” del Beigua (Priuli e Pucci 1994, pp. 72-75; Prestipino 2015, pp.
94-99): la congiunzione inferiore del pianeta Venere, in cinque suoi cicli
sinodici di 584 giorni terrestri ciascuno, si sposta di sette costellazioni
zodiacali per ciclo. Dopo otto anni terrestri ricompare nella stessa
costellazione zodiacale da cui era partita. Congiungendo in sequenza le cinque
costellazioni in cui appare, si ottiene appunto la figura di una stella a
cinque punte. È il cosiddetto "Pentagramma di Venere" già noto ai
babilonesi (che rappresentavano il pianeta come una stella ad otto punte).
La
giornata si è conclusa prima al museo di Alpicella, poi a cena presso il locale
circolo ACLI ed infine in parrocchia dove si è svolto il concerto di musica
popolare genovese dei "Giovani Canterini di Sant’Olcese".
Bibliografia
Codebò
M., Michelini M. (1998) "Un percorso rituale sulle pendici meridionali del
M. Bèigua?", in: Atti del XVII Congresso Nazionale di Storia della Fisica
e dell'Astronomia, Como. http://www.archaeoastronomy.it/un_percorso_rituale.htm
Priuli
A., Pucci I. (1994) "Incisioni rupestri e megalitismo in Liguria",
Priuli & Verlucca, Ivrea.
Prestipino
C. (2015) "Le rocce incise del Bèigua", in: Quaderni del Mediterraneo
n. 2.