ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA

 

 

Pubblicato in: Atti del I Convegno Nazionale di Archeoastronomia in Sardegna, "Cronache di Archeologia", Vol. 9, Sassari, 2012, pp. 47-83,

ISBN 978-88-89502-48-8

 

 

LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI PRIMA D’IPPARCO: DALLA STELLA DI BETLEMME ALLA CREAZIONE DEL MONDO

 

Mario Codebò

 

 

ABSTRACT

 

This report is the synthesis and the revision (with the latest data) of some partnership researches which Ettore Bianchi, Mario Codebò and Giuseppe Veneziano developed about the question of the Betlehem Star. The researches showed several unexpected data about ancient astronomy; Hebrew, Christian and Zoroastrian religions; Biblical chronology; rebellion movements in Roman state; and, last but not least, proofs of the knowledge of the aequinoctial precession in ancient cultures before Hypparcus discovered it.

Since about the second century b. C. to about the second century a. D. several eschatological hopes spread over the Asiatic, African and European Mediterranean area among Latin, Greek, Jewish, etc. peoples, sometimes being the cause of rebellions too: peoples were waiting for a new age!

When Jesus Christ was born, an unknown star guided the Magi to Bethlehem. An accurate reading of the second chapter of the St. Matthew's Gospel shows that this unknown star was seen only by Magi. In fact king Herod was obliged to ask them explanations. But who were the Magi? They were not wizards; they were astronomers and astrologers. Therefore the unknown star which only they saw either it was a St. Matthew’s lie or it was a heaven phenomenon or body which only professional astronomers could see. Such a kind of heavenly phenomenon or body are both the aequinoctial points – vernal aequinoctial point ^ and autumnal aequinoctial point d - and their praecessional movement. Just at the end of the first century b. C., the two aequinoctial points went into the new zodiacal constellations Pisces and Virgo respectively; they had been in Aries and in Libra respectively throughout 2147,5 years. We suggested that the unknown star that only Magi saw it was the new precessional positions of vernal point ^ and autumnal point d in Pisces and in Virgo respectively.

But another rare and meaningful heavenly phenomenon took place in 7 b. C.: planets Jupiter and Saturn got their closest angular separation three times in the same constellation in nine months, which was just Pisces! We agreed partially with people who suggest that this threefold closest angular separation between Jupiter and Saturn is the David Star with six tips which got its previous threefold closest angular separation in Pisces on David's kingdom, 980 b. C[1]. But a more rare circumstance happened in 7 b. C.: the threefold closest angular separation of Jupiter and Saturn happened in the same constellation where the Sun began to rise at the vernal aequinox. A similar heavenly circumstance took place about in 4037 b. C. in Taurus last time[2], which is approximately the Biblical date of the Creation! We suggested that these two rare heavenly phenomena were the beginning of new eras. We suggested that the Magi went to Betlehem looking for the Zoroastrian Saosyant just because in 7 a. C. the autumnal aequinox entered into Virgo constellation. We suggested that Mediterranean peoples identified the entry of the two aequinoctial points into Pisces an Virgo with the return of the Golden Age. Finally, we came to the conclusion that the aequinoctial precession was known since the fourth millennium b. C. at least. In a previous report of mine I discussed the proofs of this our theory (Codebò c.s. 1).

 

Introduzione

 

Questo lavoro, presentato su invito al primo convegno nazionale di archeoastronomia in Sardegna La Misura del Tempo, svoltosi a Sassari nel dicembre 2011, è sintesi ed aggiornamento di una ricerca che da alcuni anni ho intrapreso con altri due autori – Ettore Bianchi e Giuseppe Veneziano – sul fenomeno astronomico della cosiddetta "Stella di Betlemme", citata dal solo evangelista Matteo nel capitolo 2 del suo Vangelo. Iniziata nel 2004 come una semplice indagine sul testo di Matteo[3], ha rivelato, man mano che l'indagine progrediva, un'inaspettata ed insospettata ricchezza di dettagli che ci hanno portato indietro nel tempo di circa 4000 anni e ben oltre la cultura biblica, costringendoci a prendere conoscenza di tradizioni zoroastriane, pagane e qumraniane fino a pervenire all'inevitabile conclusione che la precessione degli equinozi era in qualche misura nota ben prima della scoperta effettuata da Ipparco nel II secolo a. C., quanto meno presso le popolazioni del Vicino e del Medio Oriente.

Nel presente lavoro ripercorrerò, dalla nascita di Cristo alla data biblica della creazione del mondo, le tracce che ci hanno condotto a questa allora per noi sconcertante conclusione e ne mostrerò le "prove".

 

 

Il quadro storico

 

Ettore Bianchi, lo storico del nostro gruppo, ha messo bene in evidenza nei nostri precedenti articoli (Bianchi e Codebò 2005; Bianchi, Codebò, Veneziano 2005; 2009; 2010a; 2010b) come nel periodo tra la metà del II secolo a. C. e la metà del II secolo d. C. si siano verificate nel mondo mediterraneo ripetute rivolte di popoli, classi sociali e gruppi particolari contro l'ordine costituito (sostanzialmente il potere di Roma e dei suoi alleati) in nome di una liberazione posta sotto il segno di una nuova era prossima ventura o appena iniziata.

Cominciarono i Giudei che, sotto la guida dei Maccabei, nel 166 a. C. si ribellarono alla pretesa di Antioco Epifane d’introdurre l’ellenismo in Giudea.

Nel 134 a. C. fu la volta dei cittadini di Pergamo che, sotto la guida di Aristonico ed assumendo il nome di Eliopolitani, cercarono d'instaurare una repubblica del Sole contro il potere dominante.

Seguirono via via altre sommosse, fra cui le cosiddette guerre servili dei Romani e segnatamente la rivolta di Spartaco, le terribili guerre civili (tra Mario e Silla, tra Cesare e Pompeo, tra Bruto e Cassio da una parte e Marco Antonio ed Ottaviano dall'altra, ed infine tra Ottaviano e Marco Antonio), per culminare infine con le due guerre giudaiche del 66 – 70 e del 133 – 135 d. C., intraprese sotto la dichiarata e cosciente aspettativa di un Messia rinnovatore che avrebbe condotto infallibilmente alla vittoria. Sotto questo punto di vista assume particolare significato l'attesa, presso la comunità di Qumran, del conflitto finale fra i figli della luce ed i figli delle tenebre, accuratamente descritto nella Regola della Guerra (Moraldi 1994).

Con la fine delle guerre giudaiche, la distruzione di Gerusalemme e l'inizio della diaspora si conclusero i tempi dell’attesa escatologica (o millenaristica) nel mondo antico. Piano piano il Cristianesimo si affermò quale religione dominante vincendo la sfida che gli era stata lanciata non tanto dalla religione greco-romana tradizionale, che non aveva più credito, quanto dalle nuove religioni generalmente d'importazione orientale: mitraismo, culti di Iside[4], ecc.

 

 

L’ambiente culturale romano

 

Quest'attesa millenaristica trovò in Roma due importanti sviluppi.

Il vecchio calendario romano, tradizionalmente risalente a re Numa Pompilio, alla metà del I secolo a. C. mostrava una discordanza di ben 90 giorni con gli eventi astronomici che avrebbe dovuto rappresentare, pare anche a causa di ripetute omissioni d'intercalazioni (Cappelli 1998, p. 25; Bickerman 1963, pp. 37 – 48). Nessuno però si era preoccupato più di tanto di tutto ciò. Perché allora Giulio Cesare, al momento pontifex maximus, ritenne necessario riformarlo radicalmente con l'aiuto dell'astronomo egiziano Sosigene, introducendo il noto anno di 365,25 giorni? Secondo la nostra ipotesi lo fece più per motivi politici che pratici: Cesare portava avanti da tempo un progetto di riforma dello stato in senso monocratico perché aveva capito che il vecchio regime repubblicano aristocratico dopo settecento anni non rispondeva più alle esigenze di Roma. Occorreva iniziare una nuova repubblica in cui un princeps, nel quale si accentravano una serie di poteri, agiva in sinergia con il senato come primum inter pares. L'uscita dell'equinozio vernale dalla costellazione dell'Ariete ed il suo ingresso nella costellazione dei Pesci, che avveniva proprio in quegli anni, significava la fine di una vecchia era e l'inizio di una nuova, tanto nei cieli come nella res publica. Riformando il calendario nel 46 a. C. egli voleva segnare nel modo più profondo possibile il passaggio dalla vecchia Era Zodiacale dell'Ariete alla nuova dei Pesci: tutto veniva fatto nuovo, anche il tempo.

In quegli stessi anni il giovane Publio Virgilio Marone scrisse la sua quarta Bucolica in cui celebrò il ritorno prossimo della mitica Età dell'Oro (Carea 1971, pp. 98-101):

 

<<Ultima Cymaei venit iam carminis aetas,

magnus ab integro saeclorum nascitur ordo;

iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna,

iam nova progenies caelo demittitur alto>>

<<Tu modo nascenti puero, quo ferrea primum

desinet ac toto surget gens aurea mundo,

casta fave Lucina; tuus iam regnat Apollo>>:

<<Teque adeo decus hoc aevi, te consule, inibit,

Pollio, et incipient magni procedere menses:>>

 

Nella nostra ipotesi, la Vergine è l’omonima costellazione zodiacale[5], in cui, proprio in quegli anni, stava entrando il punto d e il bambino dei versi 8-10 potrebbe essere il Sole stesso che, dopo alcune ere zodiacali, torna a nascere in Vergine. Esso avrebbe un suo paredro sulla Terra nel figlio di Asinio Pollione, sotto il cui consolato avverebbe questo "ritorno", od in un altro fanciullo di nobile origine.

Si noti qui il topos del parto miracoloso di una vergine, molto comune nelle mitologie antiche. Forse qui Virgilio riecheggia, secondo una consuetudine orientaleggiante divenuta di moda nella Roma imperiale, un antico mito isiaco egiziano già messo in evidenza da Nedim Vlora durante il convegno SIA del 2005. Vedremo più avanti quale importanza ha sia la costellazione della Vergine che il parto verginale nella religione zoroastriana.

 

 

L'ambiente culturale giudaico

 

La questione del messianismo in Israele è ben nota e non è certo il caso di svilupparla qui. Mi limiterò dunque a citare e descrivere solo quelle sue parti che s'intersecano con aspetti astronomici.

Secondo alcuni autori moderni il messianismo non sarebbe stato presente in modo così chiaro e netto nella religiosità ebraica fin dalle origini. I suoi prodromi andrebbero ricercati nella divisione del regno unitario di Salomone dopo la sua morte: a nord il regno d'Israele con capitale Samaria ed a sud il regno di Giuda con capitale Gerusalemme. Questi due regni svilupparono differenti teologie della salvezza (Sacchi 1990, pp. 199-219).

In Israele prevalse la tesi che era indispensabile la perfetta osservanza della legge mosaica da parte di ciascun israelita; bastava l’omissione di qualche osservanza da parte di un singolo, che il castigo divino si sarebbe abbattuto sull'intera comunità. Va da sé che una simile concezione "rigida" portava ad una maggiore moralità.

In Giuda prevalse la tesi che la salvezza sarebbe arrivata a tutti per i meriti di uno solo: quel discendente di Davide cui erano state dirette le promesse divine e che avrebbe dovuto prima o poi nascere. Egli era il Messia atteso.

La caduta di Samaria nel 722 – 721 a. C. ad opera degli Assiri guidati dal re Sargon II e la successiva deportazione delle dieci tribù che formavano il regno del nord rese manifesta l'infondatezza della speranza di salvezza basata sull'osservanza della legge da parte di tutti: gli ebrei del regno di Giuda si ritennero autorizzati a riconoscere nel solo Messia la fonte della salvezza.

Ma la caduta di Gerusalemme nel 598 – 597 una prima volta e nel 587 o 586 una seconda volta ad opera dei Babilonesi guidati da Nabucodonosor e la conseguente deportazione dei quasi tutto il popolo a Babilonia mise in crisi anche la teologia giudaica.

Gli esiti delle deportazioni furono però diverse: le dieci tribù del regno del nord scomparvero, probabilmente assimilate dalle popolazioni dell'Alta Mesopotamia, mentre le due tribù di Giuda e Beniamino resistettero all'assimilazione e conservarono l'identità e le tradizioni per tutti i circa settanta anni di durata dell'esilio. Pare anzi che fosse questo il periodo in cui si formò la nuova identità del futuro popolo di Giuda, che tornò in Palestina solo dopo l'avvento del regno persiano. Durante il periodo dell'esilio babilonese probabilmente si cominciò a mettere per iscritto quei testi che formarono molto più tardi il canone della bibbia ebraica, ma contemporaneamente gli esiliati vennero inevitabilmente a contatto con la cultura mesopotamica, con la sua teologia e con la sua astronomia, la quali sembrerebbero essere state influenzate da quelle zoroastriane del vicino altopiano iranico.

Fatto sta che in questa fase della storia ebraica si concretizzarono alcuni suoi caratteri: il messianismo raggiunge un pieno sviluppo e, probabilmente a ritroso, si vollero trovare spunti messianici in tradizioni di epoche precedenti o piuttosto si cominciò ad interpretare messianicamente passi prima di allora forse diversamente interpretati, come il famoso versetto 17 del capitolo 24 del libro dei Numeri (AA.VV. 1976):

 

<<Lo vedo, ma non ora;

lo contemplo, ma non vicino:

sorge un astro da Giacobbe,

si eleva uno scettro da Israele

che ferirà i fianchi di di Moav

e abbatterà tutti i figli di Schet.>>

 

dal quale si dedusse l'avvento, in un tempo escatologico, di un Messia liberatore. Anzi, esso genererò nei Qumraniani l'attesa di due Messia: uno religioso e l'altro militare.

La data della venuta del Messia viene “profetizzata” nel libro di Daniele (Dn 9,24-27):

 

<<Settanta settimane sono fissate

per il tuo popolo e per la santa città

per mettere fine all’empietà,

mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità,

portare una giustizia eterna,

suggellare visione e profezia ed ungere il Santo dei Santi.

Sappi ed intendi bene,

da quando uscì la parola

sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme

fino ad un principe consacrato,

vi saranno sette settimane.

Durante sessantadue settimane

saranno restaurati, riedificati piazze e fossati,

e ciò in tempi angosciosi.

Dopo sessantadue settimane,

un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui,

il popolo di un principe che verrà

distruggerà la città ed il santuario;

la sua fine sarà un’inondazione e, fino alla fine,

guerra e desolazioni decretate.

Egli stringerà una forte alleanza con molti

per una settimana e, nello spazio di metà settimana,

farà cessare il sacrificio e l’offerta;

sull’ala del tempio porrà l’abominio della desolazione

e ciò sarà fino alla fine, fino al termine segnato del devastatore>>[6].>>

 

La critica moderna è sostanzialmente d’accordo nel porre la composizione del libro di Daniele al tempo della persecuzione di Antioco IV Epifane nel III secolo a. C. e ad intendere le settimane come settenari di anni, per cui 70 settimane corrispondono a 490 anni. Il problema è la data iniziale da cui contare questo periodo alla fine del quale giungerà l’atteso Messia. Vi sono diverse datazioni[7]:

1) dalla distruzione del primo tempio nel 586 a. C. e dalla profezia di Geremia  ad opera dei Babilonesi (AA.VV. 1967): il regno mesianico sarebbe arrivato nel 96 a. C.

2) dall’editto di Artaserse del 458 – 457 a. C. in Esd 7,11 – 26 (Messori 19998, p. 106): il regno messianico sarebbe arrivato nel 32 – 33 d. C. Questa data è apparsa impressionante ai cristiani perché corrispondente a quella comunemente attribuita alla crocifissione di Gesù.

3) sempre dall’editto di Artasesrse, ma collocato nel 455 a. C: il regno messianico sarebbe arrivato nel 36 d. C. (AA.VV. 1990, vol. II, p. 963-968).

4) dall’editto di Ciro del 538 a. C., di cui in 2Cro 36,23 ed in Esd 1,2 – 4: il regno messianico sarebbe arrivato nel 48 a. C.

5) dalla distruzione del primo tempio nel 586 a. C., meno i settanta anni tondi dell’esilio in Babilonia, meno i quattrocentonovanta anni della profezia di Daniele: 586 – 70 = 516; 516 – 490 = 26: il regno messianico sarebbe arrivato nel 26 a. C. Questo tipo di datazione pare fosse in uso a Qumran (Messori 19998, pp. 107-110).

Come vedremo poco più avanti, le ultime due date – 48 a. C. e 26 a. C. – trovano corrispondenza in eventi astronomici specifici. In ogni caso, al di là del tentativo di determinarne l’esatto anno, l’era messianica sarebbe iniziata, stanti tutte queste date, in corrispondenza della fine dell’Era Zodiacale dell’Ariete e l’inizio di quella dei Pesci.

Parallelamente ad una teologia messianica più, per così dire, ufficiale e popolare, durante l'esilio babilonese prese forma l'apocalittica. Questa corrente di pensiero, tutt'oggi non definita in termini rigorosi, si riconosce facilmente per alcune sue caratteristiche inconfondibili: è una visione del futuro, fortemente simbolizzata, sviluppata in ambienti molto colti e tutt'altro che popolari (forse potrebbe essere paragonata alla gnosi cristiana) ed intrisa di conoscenze angeologiche ed astronomiche.

Si può ipotizzare che, a contatto con la cultura mesopotamica, molto ricca di figure angeliche e di astronomia, gli apocalittici giudaici abbiano voluto assumere nella Bibbia queste credenze allo scopo di mostrarle sottomesse al dio unico YHWH. Di fatto, nei testi apocalittici compaiono schiere di angeli, con tanto di nomi e con una loro personalità: alcuni sono fedeli a YHWH altri gli si sono ribellati. Tutti Gli sono sottomessi e sembrano in qualche modo legati agli astri.

I testi fondamentali dell'apocalittica giudaica che qui c'interessano sono i cinque libri di Enoch (Sacchi 1981, vol I): libro dei Vigilanti, Libro delle Parabole, Libro dell'Astronomia, Libro dei Sogni, Epistola di Enoch.

Il Libro delle Parabole non faceva parte del Pentateuco originale di Enoch; in suo luogo c'era il Libro dei Giganti, che però è andato perduto tranne pochi frammenti.

Dal punto di vista astronomico i più interessanti sono il Libro dell'Astronomia ed il Libro dei Vigilanti.

Del primo darò solo qualche cenno, sia perché esula in parte dal contesto specifico di questo articolo sia perché da solo richiederebbe un'apposita trattazione. Mi preme solo di fare sapere che in esso si trova una teoria dei moti solare e lunare apparenti sull'orizzonte: sei porte ad oriente e sei porte ad occidente consentono rispettivamente di entrare e di uscire al Sole. Questa "colorita" spiegazione ben si accorda con il raggiungimento della medesima declinazione due volte da parte del Sole ed il conseguente sorgere e tramontare ad uno stesso azimut due volte nel corso dell'anno. Per esempio, due volte all'anno, agli equinozi, il Sole raggiunge la declinazione 0°00'00", sorge a 90° e tramonta a 270°. Il moto della Luna è descritto in termini un po' più complessi, nel senso di luce che alternativamente aumenta e diminuisce di parti proporzionali della luce solare (1/7, 2/7, ecc.). Alcuni capitoli sono dedicati al calendario che, nella letteratura apocalittica, è costantemente di 364 giorni + 1. Vedremo più avanti l'estrema importanza che gli attribuirono i Qumraniani in opposizione al calendario lunisolare del tempio di Gerusalemme. Infine, come in tutti i libri di astronomia di un tempo, una parte è dedicata ai fenomeni atmosferici.

Più interessante per la nostra tesi sulla stella di Betlemme è il Libro dei Vigilanti. Qui si descrive un viaggio che il patriarca ante-diluviano Enoch avrebbe effettuato nei cieli per disposizione divina prima della sua “scomparsa”. Enoch è una delle figure più venerate dell'Antico Testamento perché è definito un giusto e perché secondo la Bibbia, è il solo, con il profeta Elia, ad essere stato assunto in cielo senza morire (Gen 5, 21 – 24). Mentre gli altri nove patriarchi antecedenti al diluvio universale vissero tutti oltre 500 anni, Enoch fu l'unico a vivere "solo" 365 anni[8], forse perché particolarmente amato da Dio per la sua giustizia. E' stato fatto ripetutamente notare come gli anni della sua vita siano uguali alla durata dell'anno solare. All'inizio della relazione del suo viaggio, il patriarca dice espressamente[9]:

 

<<Ho investigato tutte le operazioni che [si fanno] nel cielo, in qual modo le stelle non modificano il loro cammino nel cielo, come ognuna sorge e tramonta, sistemate ognuna nel proprio tempo e  senza trasgredire il proprio ordine>> II, 1.

 

Vedremo fra poco quanto sia importante – e non solo nel pensiero apocalittico giudaico – quest'affermazione circa la regolarità dei moti stellari.

Egli poi incontra vari angeli, di cui sono riportati i nomi. Alcuni di essi, capeggiati da Semeyaza, al tempo del patriarca Yared hanno deviato dalla volontà divina ed insegnato agli uomini cose che non dovevano insegnare:

 

<<Baraqual [istruì] gli astrologi, Kobabel [insegnò] I segni degli astri; Temel insegnò l'astrologia e Asradel insegnò il corso della Luna>> VIII, 3-4.

 

Allora Michele, Gabriele, Suriele ed Uriele, rimasti fedeli a YHWH, accusarono presso di Lui gli angeli ribelli che, tra l'altro hanno <<…reso manifesti i segreti del mondo che si compiono nei cieli…>> IX, 6 ed Egli decretò la punizione dei ribelli:

 

<<Voi stavate in cielo e le cose misteriose non vi erano state rese manifeste. Avete appreso un segreto abominevole e, nella durezza del vostro cuore, lo avete raccontato alle donne e, per questo segreto, donne e uomini fanno aumentare la cattiveria sulla terra. Per voi, dunque, non vi sarà pace>> XVI, 3.

 

Enoch viene poi portato a visitare i cieli. Oltre alle cose "belle", gli vengono mostrate le punizioni inflitte ai ribelli:

 

<<E vidi una cosa terribile: colà [vidi] sette stelle come grandi montagne ardenti e come spirito che m'interrogava. E l'angelo mi disse: "questo è il luogo della fine del cielo e della terra. E' la prigione delle stelle del cielo e dell'esercito celeste. Le stelle che si rotolano sul fuoco, e queste, sono quelle che hanno trasgredito l'ordine del Signore fin da prima del loro sorgere perché non sono arrivate al tempo [stabilito per] loro. E [il Signore] si è adirato contro di esse e le ha imprigionate fino alla fine del loro peccato nell'anno del mistero>> XVIII, 13-16.

 

<<E colà vidi sette stelle del cielo legatevi sopra, insieme, come grandi montagne e come di fuoco ardente. Allora io dissi: "Per quale peccato sono state legate? E perché sono state gettate qui?". Ed Uriele, uno degli angeli santi, quello che era con me e mi guidava, mi disse: "O Enoch, perché domandi, t'informi, chiedi e ti preoccupi? Quelle sono, di fra le stelle, quelle che trasgredirono l'ordine di Dio Altissimo e sono state legate qui fino a che si compiano diecimila secoli, il numero [cioè] dei giorni [della pena] del loro peccato.>> XXI, 3-6.

 

Da ciò risulta chiaro che la colpa delle stelle è stata quella di non essersi mosse secondo i tempi stabiliti da Dio. Possiamo capire ora perché la comparsa di una stella nuova (cometa, nova, ecc.) sia da sempre segno di sventura: perché è una trasgressione dell'ordine prestabilito dalla divinità. Ma perché le stelle trasgreditrici sono proprio sette? Il tema delle sette stelle votate al male è presente anche nella religione zoroastriana. Il testo post-islamico Datistan i Menome Khrat, meglio noto come Le decisioni della ragione celeste (Bausani 1962), cap. XII, dice:

 

<<E il creatore Ohrmazd, allora, diede in possesso del Sole e della Luna e di quei dodici segni zodiacali che nella religione sono chiamati "i dodici generali" tutto il bene di questo creato, ed essi lo accettarono da Ohrmazd per distribuirlo giustamente e secondo i meriti. Allora Ahriman creò i sette pianeti - detti anche i sette generali di Ahriman – per sottrarre quella bontà alla creazione di Ohrmazd, in avversione al Sole, alla Luna ed ai dodici segni dello Zodiaco. E ogni bene che quegli astri donano in sorte alla creazione di Ohrmazd, quei pianeti, per quanto possono, glielo tolgono e lo danno alla magica potenza dei demoni, agli spiriti mentitori ed ai malvagi>>

 

Questo testo ci chiarisce il quesito: come nell'apocalittica, le stelle votate al male sono quelle dotate di moto proprio, cioè quelle a declinazione variabile. Ma il Sole e la Luna non ne fanno parte, anzi appartengono alla schiera delle stelle "sante". Restano dunque i cinque pianeti visibili ad occhio nudo: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Quali sono le due mancanti per arrivare a sette? Semplice, ma non facilmente intuibile: Mercurio e Venere al mattino ed alla sera sono concepiti come quattro astri differenti; aggiungendoli ai tre pianeti esterni Marte, Giove e Saturno si ottengono le sette stelle a declinazione variabile cercate.

Ma perché gli astri a declinazione variabile sono "malvagi"? Il testo del Libro dei Vigilanti nasconde una polemica contro le credenze religiose mesopotamiche inconciliabili col monoteismo ebraico: fin dai tempi dei Sumeri, le civiltà della Mesopotamia ritenevano che i pianeti fossero non tanto immagini degli dei ma gli dei stessi del loro pantheon. Per esempio, nel MUL.APIN (Hunger e Pingree 1989) di Mercurio = UDU.IDIM.GU4.UD si precisa sempre che "è Ninurta". Il giudaismo monoteistico non poteva accettare questo politeismo; perciò, posto forzatamente a contatto con esso durante l'esilio babilonese, risolse il problema subordinando concettualmente tutti gli astri al dio unico YHWH, trasformando le stelle fisse in angeli da Lui creati[10] ed i pianeti in demoni ribelli: in un colpo solo, uguagliò l'ordine della natura ad espressione della volontà divina e demonizzò il politeismo.

 

 

Qumran

 

Qumran, qualunque cosa esso fosse, è il luogo dove l'apocalittica ed il messianismo raggiunsero i livelli estremi. La comunità di Qumran si era fisicamente ritirata dal mondo, praticava in larga misura il celibato (inviso agli ebrei ortodossi); viveva nella costante attesa del conflitto finale tra i figli della luce ed i figli delle tenbre; era guidata da un maestro giusto o maestro di giustizia che era stato perseguitato dagli avversari; si aspettava la venuta di due Messia: uno religioso, predominante, ed uno militare subordinato; seguiva rigorosamente un calendario di 364 + 1 giorni, diviso in quattro stagioni di tre mesi ciascuna, due dei quali di trenta giorni ed il terzo di trentuno; alla fine dell'anno si aggiungeva sempre un giorno. Un simile calendario, rigorosamente solare e tipico degli ambienti apocalittici, aveva il pregio che i giorni ricorrevano sempre alla stessa data, anno dopo anno, fugando il pericolo che una festività, per esempio uno shabat, potesse passare accidentalmente – ma non per questo meno colpevolmente – inosservata. Esso è accolto anche nel Pentateuco di Enoch e nell'apocrifo Libro dei Giubilei. Curiosamente costituisce ancora oggi una delle migliori proposte di riforma del calendario gregoriano (Bakulin, Kononovic, Moroz 1984, p. 53). Poiché l'Ebraismo ufficiale, del tempio di Gerusalemme, adottava invece un calendario lunare ed era fortemente osteggiato dai Qumraniani, sorge legittimamente il sospetto che questi ultimi intendessero i figli della luce, nei quali s'identificavano, come i seguaci del calendario solare di 364+1 giorni ed i figli delle tenebre, loro avversari, come coloro che seguivano il calendario lunisolare. Il conflitto finale descritto nel Rotolo della Guerra non sarebbe dunque che il conflitto tra il calendario solare e quello lunare. Non sembra perciò infondata l'ipotesi dell'ing. De Cesaris che identifica il Maestro Giusto in colui che sapeva effettuare correttamente i calcoli astronomici e calendariali (De Cesaris 2001, pp. 97-98).

I rotoli trovati a Qumran sono ricchissimi di problemi calendariali, soprattutto in relazione con i turni sacerdotali, ma uno dei frammenti, il 4Q318, ci fornisce una delle “prove” che la precessione degli equinozi era probabilmente nota ben prima d'Ipparco.

 

 

L'ambiente culturale cristiano

 

Prescindendo dal capitolo 2 del Vangelo di Matteo, quel che interessa ai fini della tesi qui esposta è il fatto che il più antico simbolo di riconoscimento tra i cristiani non furono né il pane ed il vino né la croce ma il pesce. L'interpretazione più semplice ed ovvia è naturalmente che esso richiamasse alla memoria il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci di Mt 14, 13-21; 15, 32-39; Mc 6, 31-44; 8, 1-10; Lc 9, 10-17; Gv 6, 1-13: miracolo spettacolare, con il quale erano state nutrite alcune migliaia di persone e perciò fortemente carico di quel senso "sociale" che improntava a quel tempo le rivendicazioni di cui ho accennato nel Quadro storico[11]. Neppure convincente risulta la nota spiegazione per la quale il vocabolo greco χθς = piscis è un acrostico della frase ’Ιησούς Χριστός Θεου̃ ’Υιός Σωτήρ = Gesù Cristo di Dio Figlio Salvatore, perché essa è un'interpretazione dei ceti più colti parlanti il greco, difficilmente alla portata dei primissimi cristiani che erano in maggioranza schiavi e plebei, ed appare perciò piuttosto come una re-interpretazione tardiva di un simbolo il cui significato era diventato oscuro. Ritengo piuttosto che esso volesse simbolizzare il fatto che Cristo era l'uomo della nuova Era Zodiacale dei Pesci, nella quale, come abbiamo visto più sopra, tutti riponevano grandissime speranze. Infatti, proprio in quegli anni, il punto ^ entrava nella costellazione dei Pesci. Secondo De Cesaris (De Cesaris 2001, pp. 124 – 125; 319) ed altri autori esso entrò nei Pesci l'anno 55 a. C. e certamente a questa data si vedevano ormai in levata eliaca non le stelle dell’Ariete ma quelle dei Pesci. Secondo i miei calcoli, ο Piscium raggiunse l’A.R. 0h 00m 00s alla data del 51 a. C., quando cioè il punto ^ fu esattamente allineato con essa. Ciò è in buon accordo con la riforma cesariana del calendario nel 46 a. C. e con l'inizio della nuova Età dell'Oro da collocarsi, secondo Virgilio, nel 40 a. C., anno del consolato di Asinio Pollione (Carea 1971). Queste date però sono anche in accordo con l’ipotesi d’inizio dell’era messianica nel 48 a. C., ottenuta facendo cominciare le 70 settimane di Dn 9,24-27 dall’editto di liberazione degli Ebrei promulgato da Ciro nel 538 a. C.

Nel 21 d. C., secondo i miei calcoli eseguiti con le procedure descritte nei capitoli 11, 14, 15 , 16 di Meeus 1990, il punto^ si trovò esattamente in linea retta tra ο e η Piscium[12]. Questa data corrisponde all’ingresso del punto ^ nella “figura” dei Pesci. In generale, preferisco utilizzare o l'allineamento dei punti ^ ed d tra due stelle ove possibile, o l'ascensione retta 0h 00m 00s raggiunta da una stella formante la figura della costellazione. Solo in qualche caso (per esempio, per 139 Tauri) utilizzo un'altra procedura, a mio parere più incerta: poiché Tolomeo differenzia le stelle riportate nel suo catalogo del libro VII dell'Almagesto (Taliaferro 1980) in formatae ed informatae, cioè facenti e non facenti parte della figura della costellazione, in qualche caso ho calcolato quando la stella più periferica, in genere informata, della costellazione tolemaica raggiunse l’ascensione retta 0h 00m 00s. In sostanza, dato preferenzialmente l’ingresso o l’uscita dei punti ^ e d nelle/dalle costellazioni zodiacali al momento dell’ingresso/uscita nella/dalla figura della costellazione e non nei/dai suoi confini, per cui le mie datazioni sono “più ristrette” di quelle di altri autori. Ciò premesso, la data del 21 d. C. è certamente più tarda della nascita di Gesù ma altrettanto certamente precedente la Sua morte in croce e non impedisce assolutamente che i primi cristiani riconoscessero in Lui, dopo la morte e la resurrezione, l’uomo della nuova Era dei Pesci.

 

 

L’ambiente culturale zoroastriano: i Magi e l’Avesta

 

Il Vangelo di Matteo ci dice che dei Magi vennero a Betlemme ad adorare il  Bambino, Gli portarono doni e poi tornarono nelle loro sedi d’origine. Ma chi erano i Magi?

Sappiamo da fonti extrabibliche (Erodoto I,101.107.120.128.132.140; III,60.63-69.71.74-80.88.118.126.140.150.153; IV,132; VII,19.37.43.113.191; crf. anche Panaino 2005, pp. 84 – 101) che i Μάγοι furono i componenti di una popolazione meda particolarmente versata nelle conoscenze astrologico-astronomiche e che operarono presso i re persiani come sapienti e consiglieri, talora non alieni da intrighi di palazzo. La μαγεία era esattamente la loro scienza, ossia quel complesso di dottrine e di conoscenze astronomiche alla base delle religioni iraniche che trovò la sua più completa formulazione nello Zoroastrismo, il cui testo sacro, l'Avesta, andò quasi completamente perduto nel IV secolo a. C. durante la conquista macedone, tranne circa un quarto dell’originale che sopravvive ancora oggi come testo sacro del Parsismo, evoluzione dello Zoroastrismo.

Trascurando per motivi di spazio una disamina sul vocabolo e sui suoi sinonimi, ci basti qui rilevare che nel mondo latino l'equivalente della moderna magia era espresso prevalentemente con il vocabolo veneficium = avvelenamento e che solo in epoca cristiana la μαγεία ed il veneficium furono assimilati fino all'identificazione, in quanto opera demoniaca.

A tal proposito è interessante notare come talune formule medioevali di veleni usati a scopo omicida (Bertol e Mari 2001) riproducano quei supposti intrugli magici, a base di vari prodotti vegetali ed animali, talora anche fantasiosi, che secondo la voce popolare erano fabbricati da fattucchiere, streghe e maghi.

I Magi di Mt 2 erano dunque esperti astronomi, non stregoni.

La religione avestica (o zoroastriana, o mazdaica) è una riforma monoteistica introdotta da Zarathustra tra le genti politeistiche di stirpe indo-europea dell’altopiano iranico. Esistono tre ipotesi sulla data in cui egli visse ed operò: VI – V secolo a. C. (tesi di età classica, che oggi non ha più molto credito); X – IX secolo a. C. (che gode attualmente del maggior consenso); XV – XIV secolo a. C. (moderna tesi “di punta”). Sembra però ormai certo che la riforma zoroastriana debba farsi risalire a tempi più remoti di quanto fin’ora creduto, soprattutto dagli autori classici.

Il libro sacro del Mazdeismo è l’Avesta (Alberti 2004), sostanzialmente costituito da una lunga serie di canti: suddiviso in Avesta, Khordah Avesta, Yuvadevdat e Vispe Ratavo (o Visperad), comprende settantré Yasna, ventidue Yast, ventidue Fargard, ventiré Karda, dieci “preghiere”, due Sirozah, quattro Afrinagan e cinque frammenti di Nask. Quel che ci rimane oggi è solo circa un quarto dell’originale, perché il resto andò perduto soprattutto durante l’invasione macedone del IV secolo guidata da Alessandro Magno che venne dipinto come una specie di anticristo nei testi sacri post-avestici.

L’Avesta è ricco di riferimenti astronomici, sia di tipo calendariale che astrale: cinque canti sono dedicati a cinque stelle di prima magnitudine ed uno al Toro celeste (di cui parlerò diffusamente più avanti), ma ciò che c’interessa qui maggiormente è la sua dottrina escatologica.

Ahura Mazda, dio unico attorniato da creature (gli Asa) a lui sottomesse e che di fatto sono sue ipòstasi, creò il mondo per sconffigere il demone Angra Mainyu, coadiuvato da una schiera di demoni (i Daeva). Questa creazione è destinata a durare 12000 anni, divisi in quattro trimillenni: nel primo, una specie di Età dell’Oro il bene regna supremo; nel secondo il male comincia ad infiltrarsi; nel terzo esso dilaga e soverchia il bene; nel quarto sembra che il male trionfi, fino al momento in cui, alla fine del quarto trimillennio, cioè dopo 12000 anni dalla creazione, un Saosyant nascerà da una vergine bagnatasi nelle acque di un lago sacro in cui è conservato il seme di Zarathustra. Costui ha il compito di guidare i fedeli di Ahura Mazda, che non si sono piegati ad Angra Mainyu attraverso un giudizio tecnicamente chiamato “fusione del metallo”. Nella successiva evoluzione i Saosyant divennero tre, ciascuno nascente alla fine degli ultimi tre trimillenni oppure alla fine di ogni millennio dell’ultimo trimillennio. Uno di essi sarebbe stato lo stesso Zarathustra ma il terzo ed ultimo era atteso comunque dopo la sua predicazione.

Appare quindi evidente che i Magi si recarono a Betlemme non per cercare il Messia ebraico, estraneo alla loro cultura, ma il Saosyant, come del resto aveva già sostenuto Giuseppe Messina s.j. (Messina 1933). Nei nostri precedenti articoli (Bianchi e Codebò 2005; Bianchi, Codebò, Veneziano 2005; 2009; 2010a; 2010b) avevamo ipotizzato che l’ingresso del punto d in Vergine fosse stato il segno dell’attesa nascita: 13000 anni prima era il punto ^ ad essere in Vergine; dopo 12000 anni nasce e predica Zarathustra ed infine, quando nuovamente la Vergine accoglie un equinozio, nasce l’ultimo Saosyant[13]. Questo ingresso avvenne nel 16 a. C., quando il punto d si trovò allineato con α e κ Virginis. Si noti come questa data sia sostanzialmente in buon accordo con quella dell’inizio dell’era messianica nel 26 a. C., secondo il calcolo che veniva fatto a Qumran.

Prima di chiudere questo breve excursus sullo Zoroastrismo è opportuno ricordare che vi sono già presenti gran parte di quei concetti che diverranno poi patrimonio delle tre grandi religioni monoteistiche: una sorta di inferno dei malvagi (benché non eterno) ed una sorta di paradiso dei buoni, quindi una retribuzione post-mortem; il peccato di “pensieri, parole ed opere” ed i comandamenti di “buoni pensieri, buone parole e buone opere”; il giudizio finale; il “salvatore” Saosyant; gli “angeli-asa” ed i “demoni-daeva”[14]. Se consideriamo l’antichità della riforma zoroastriana, la certa recenziorità di Islam e Cristianesimo, la relativa antichità dell’Ebraismo, non si può evitare il sospetto che queste tre religioni siano in qualche misura debitrici dello Zoroastrismo.

 

 

il vangelo di matteo, cap. II

 

Nel nostro articolo precedente del 2005 (Bianchi, Codebò e Veneziano 2005) avevo scritto: “Il testo greco[15] – che per noi è l'originale perché un precedente in aramaico, molto probabilmente esistito, non ci é pervenuto – ammette con riferimento alla stella due interpretazioni ugualmente corrette.

Mt 2,2 <<…ε̉ίδομεν γάρ αυ̉του̃ τόν α̉ςτέρα ε̉ν τη̣̃ α̉νατολη̣̣̃̃…>> può tradursi sia come stato in luogo <<…vedemmo in oriente la sua stella…>>, sia come complemento di tempo <<…vedemmo la sua stella al sorgere…>>. Il testo latino della Vulgata geronimiana (Nestle e Aland 1963; Weber 1969; Merk 1992) traduce il testo greco come complemento di luogo.

Mt 2,9 <<…καὶ ι̉δοὺ ‘ο α̉στήρ, ‘ον ε̉ίδον ε̉ν τη̣̃ ανατολη̣̃, προη̃γεν αυ̉τοὺς ‘έως ε̉λθών ε̉στάθη ε̉πάνω ο̉ύ η̃ν τὸ παιδίον…>> è tradotto nella Vulgata (Nestle e Aland 1963; Weber 1969; Merk 1992) nel modo seguente: <<...et ecce stella, quam viderant in oriente, antecedebat eos, usquedum veniens staret supra, ubi erat puer…>>.

Tuttavia, poiché il vocabolo greco ως può ugualmente significare tanto l'avverbio temporale "finché" quanto il sostantivo "aurora" - entrambi scritti esattamente nello stesso modo, con le stesse lettere e gli stessi accento e spirito - la frase del testo greco può parimenti tradursi correttamente e letteralmente, ancorché un po' forzatamente, come segue: <<…ed ecco la stella, che avevano visto al sorgere, li guidava; l'aurora, sopraggiunta, stette [= sorse] sopra il luogo ove era il bambino…>>, ad indicare che i Magi arrivarono presso il bambino quando sorse l'aurora. Ammettendo che la stella vista dai Magi fosse il sorgere del Sole agli equinozi nelle allora nuove costellazioni dei Pesci e della Vergine, Mt 2,9 significherebbe che essi riconobbero il luogo dove era il bambino perché vi giunsero da Gerusalemme giusto all'alba.

Queste considerazioni restano valide, ma oggi sono più incline a credere che il vocabolo ως sia qui usato come avverbio di tempo che come sostantivo. Tuttavia quell’interpretazione, tecnicamente possibile, mi ha fatto comprendere un dato fondamentale: la stella non si muove – quindi non è una cometa – ed i Magi sono da essa guidati come la Polare guida i naviganti. E’ però successivamente intervenuto un interessante articolo dell’astrofilo Alessandro Veronesi che, sull’onda della nostra interpretazione, ha voluto studiare nei dettagli al computer la dinamica della triplice congiunzione Giove - Saturno del 7 a. C. ed ha scoperto che, ponendo una certa durata del viaggio dei Magi da una certa area geografica all’inizio della triplice congiunzione, il movimento del Sole e quello reciproco dei due pianeti poté effettivamente corrispondere al racconto evangelico (Veronesi 2010; www.effedieffe.com ). E’ quindi possibile che la stella si “muovesse”, ma nel senso del moto diretto e retrogrado, compresi i due arresti per l’inversione; di Giove e Saturno. Ecco la traduzione “astronomica” di Mt 2,2.9 che Veronesi dà: <<Dov’è nato il re dei Giudei? Perché abbiamo veduto la sua stella sorgere all’alba/dal Sole e siamo venuti per adorarlo. … Ed ecco la stella, che avevano visto sorgere all’alba/dal Sole, andare di moto retrogrado verso Ovest, conducendoli innanzi fin quando, giunta [con i Magi] sopra il luogo dov’era il bambino, terminò il suo moto retrogrado>>.

Ed ecco la sequenza cronologica degli avvenimenti secondo la sua ipotesi (e da me parzialmente riadattata):

01/03/7 a.C.: congiunzione planetaria multipla di Giove, Saturno, Mercurio, Venere, Luna e Urano (quest’ultimo ovviamente invisibile ed ignoto);

01/03-29/05: Giove e Saturno emergono progressivamente dalla luce del Sole, di moto diretto; formazione della “stella”;

29/05: prima congiunzione;

29/05-18/07: Giove e Saturno non si separano e rallentano il moto diretto;

18/07: arresto del moto diretto dei due pianeti sempre uniti ed inizio del moto retrogrado;

07/08: la stella manifesta chiaramente il moto retrogrado; i Magi decidono di partire;

22/08-22/10: i Magi partono alla volta di Gerusalemme e arrivano dopo circa due mesi;

30/09: seconda congiunzione; possibile data di nascita di Gesù;

22/10: i Magi arrivano a Gerusalemme e sono accolti da Erode;

23/10: eclisse totale di Sole visibile all’alba da Libia, Egitto, Arabia ed Oceano Indiano; da Gerusalemme è visto come parziale con magnitudine 73%;

23/10-13/11: Giove e Saturno rallentano il moto retrogrado; i Magi partono per Betlemme;

13/11: cessa il moto retrogrado e riprende quello diretto; la stella si è “fermata” mentre i Magi sono giunti a Betlemme;

05/12: terza ed ultima congiunzione Giove - Saturno; da oggi in poi i due pianeti si allontaneranno definitivamente l’uno dall’altro.

Indipendentemente dall’affascinante ricostruzione di Veronesi, la nascita di Gesù avvenne sotto il duplice segno della triplice cogiunzione di Giove - Saturno in una costellazione in cui sta entrando il punto ^: Egli è dunque nacque all’inizio dell’Era Zodiacale dei Pesci.

 

Tab. n. 1: la triplice congiunzione Giove – Saturno del 7 a. C. nei Pesci

data

Ora di Greenwich UT

Minima separazione angolare apparente tra i due corpi

Ascensione Retta A.R. di Giove

Declinazione di Giove

Angolo di posizione di Saturno rispetto a Giove contato da S verso N

04/06/7 a.C.

UT 06:11:36

1,04769°

352,94°

-4,58°

180°

23/09/7 a.C.

UT 05:25:34

1,05376°

350,10°

-6,24°

180°

13/12/7 a.C.

UT 21:19:31

1,15389°

347,98°

-6,76°

180°

 

 

Contrariamente a quel che pensa De Cesaris (De Cesaris 2001, pp. 76-91), secondo Meeus la triplice congiunzione di Giove - Saturno non avrebbe una periodicità regolare (Meeus 2000, p. 251). Il calcolo che io ho eseguito col programma Solex 11.0 di Aldo Vitagliano (e che Meeus esalta ripetutamente nei suoi cinque volumi Mathematical Astronomy Morsels) su una distanza di tempo compresa tra il 30000 a. C. ed il 30000 d. C. (uno dei due limiti cronologici del programma) mostrerebbe invece una qualche forma di periodicità, diversa comunque da quella riferita da De Cesaris, che però utilizza il programma Planetario 2.0 non basato sull’integrazione numerica. Al momento mi è impossibile dare una risposta sicura e definitiva, avendo ancora allo studio il problema ed essendo questo uno degli obiettivi futuri della nostra ricerca sulla Stella di Betlemme. Posso però confermare, con de Cesaris, che una triplice congiunzione Giove – Saturno avvenne effettivamente nella costellazione dei Pesci nell’anno 980 a. C., cioè pressappoco durante il regno di Davide o di suo figlio Salomone, comunque prima della divisione dell’unico regno in due distinti. Potrebbe quindi essere vera l’ipotesi di De Cesaris di vedere nella triplice congiunzione Giove – Saturno il magen Dawid, cioè la Stella di Davide a sei punte. All’epoca però il punto ^ era nella costellazione dell’Ariete ed il punto d in quello della Bilancia: non  vi fu cioè la rara coincidenza di una triplice congiunzione Giove – Saturno nella costellazione in cui erano i due punti equinoziali e tanto meno in quella in cui essi stavano entrando. Questo avvenne, prima dell’epoca della nascita di Cristo, solo circa 4000 anni prima ed esattamente, secondo Solex 11.0, nel 4038 a. C., quando la triplice congiunzione Giove – Saturno avvenne nella costellazione del Toro in cui il punto ^ stava allora entrando. L’esatta sequenza degli avvenimenti, da me calcolata con le formule di Newcomb per i dati FK4 B1950.0 (Meeus 1990, pp. 63-73) astronomici è la seguente:

1) nel 4438 a. C. 139 Tauri, la prima stella informata del Toro secondo il catalogo di Tolomeo, raggiunse A. R. 0h 00m 00s: fu il primo contatto del punto ^ con la costellazione del Toro;

2) nel 4059 a. C. il punto ^ si allineò tra γ e ζ Tauri, entrando nella figura zodiacale del Toro[16];

3) nel 4038 a. C. avvenne la triplice congiunzione Giove – Saturno proprio a ridosso del punto ^. Si noti bene che Giove “scavalcò” il punto ^ nella terza congiunzione con Saturno. Ecco in tabella n. 2 i valori dell’evento calcolati da Solex 11.0:

 

Tab. n. 2: la triplice congiunzione Giove – Saturno del 4038 a. C. in Toro

data

Ora di Greenwich UT

Minima separazione angolare apparente tra i due corpi

Ascensione Retta A.R. di Giove

Declinazione di Giove

Angolo di posizione di Saturno rispetto a Giove contato da S verso N

05/07/4038 a.C.

UT 04:27:55

1,25779°

004,31°

+0,71°

180°

21/11/4038 a.C.

UT 13:14:57

1,48524°

001,22°

-0,68°

180°

17/01/4037 a.C.

UT 14:13:48

1,49704°

359,98°

-0,93°

180°

 

 

Oltre al raro evento astronomico, che cosa rende queste due triplici congiunzioni Giove – Saturno, all’inizio di un’Era Zodiacale, così significative? Il fatto è che secondo il Vecchio Testamento la creazione sarebbe avvenuta proprio circa 4000 anni avanti l’avvento dell’atteso Messia: secondo il vescovo anglicano James Ussher, operativo a Dublino nel XVII secolo, esattamente nel 4004 a. C.; secondo i moderni testimoni di Geova nel 4026 (AA.VV. 1991, p. 286); secondo lo Seder Olam Rabbah, risalente al II secolo d. C., nel 3761 (AA.VV. 1971-1972, p. 1092). E’ noto però che lo Seder Olam Rabbah commette due significativi errori di datazione: pone la distruzione del secondo tempio di Gerusalemme al 68 d. C. invece che al 70 d. C., come effettivamente avvenne, e stima la durata della dominazione persiana sulla Giudea in soli 34 anni, mentre essa durò almeno 208 anni, dal 539 a. C., data della conquista di Babilonia da parte di Ciro, al 331 a. C., data della battaglia di Gaugamela in cui Alessandro Magno sconfisse l’ultimo re persiano Dario III Codomano ed entrò trionfalmente in Babilonia. Se dunque correggiamo in tal senso gli errori del Seder Olam Rabbah, otteniamo una data della creatio mundi CM molto prossima al 4000 a. C. Pare dunque che l’intervallo di tempo intercorrente tra la creatio mundi e l’inizio dei tempi messianici corrisponda a due ere zodiacali – quella del Toro e quella dell’Ariete – entrambe contrassegnate nel loro inizio da una triplice congiunzione Giove – Saturno nella costellazione in cui stava entrando il punto ^: questo raro evento che, secondo i calcoli di Solex 11.0 si verificò solo due volte tra il 5000 a. C. e il 1 d. C.[17] è, secondo la nostra interpretazione, la Stella di Betlemme.

Riteniamo così di potere rispondere alla domanda implicita che l’enciclopedia cattolica si pone alla voce Cronologia. VIII La cronologia del diluvio e dei tempi precedenti, p. 1014:

<<...Le genealogie sono dunque da considerare come schemi fatti dal s. Autore per esprimere qualche idea religiosa o culturale, la quale però ora ci sfugge.>>.

Quest’idea culturale è la precessione degli equinozi. Essa è anche religiosa perché, come abbiamo visto, per gli antichi popoli del Medio Oriente il cielo era la sede degli dei, gli astri – e  specificamente i pianeti – erano gli dei stessi ed il monoteismo ebraico dovette affrontare, come già detto, il problema di sottomettere questi ultimi all’unico YHWH, che, non a caso, è detto ripetutamente Tsevaoth, cioè Dio degli eserciti terreni e celesti (AA.VV. 1978, p. 98, n. 4; AA.VV. 1964, p. 7, n. 5)

Ma c’è un secondo dato importante: la data della creatio mundi circa nel 4000 a. C. appartiene al testo ebraico del Vecchio Testamento ed è stato accolto da S. Girolamo nella sua Vulgata, che si attirò così, a quanto pare, le critiche di s. Agostino[18]. Invece la versione greca detta dei Settanta o Septuaginta pone la creatio mundi circa nel 5500 a. C. Ciò è dovuto al fatto che nelle genealogie dei patriarchi pre-diluviani vi sono aumenti di cento anni all’età in cui alcuni di essi generarono il loro primogenito. La tabella n. 3 mostra le differenze cronologiche tra Testo Masoretico[19], Vulgata, Septuaginta, Libro dei Giubilei[20] e Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio (Flavio 1998).

 

tab. n. 3: differenze cronologiche nella generazione del primogenito da parte dei patriarchi da Adamo ad Abramo.

Numero progressivo

Patriarca

Testo Masoretico

Vulgata

Versione greca dei LXX

Antichità Giudaiche

Libro dei Giubilei

Bibbia di Gerusalemme

Bibbia del Diodati

Testimoni di Geova

01

Adamo

0130

0130

0230

0230

130 CM

0130

0130

0130

02

Seth

0105

0105

0205

0205

229 CM

0105

0105

0105

03

Enos

0090

0090

0190

0190

327 CM

0090

0090

0090

04

Kenan

0070

0070

0170

0170

396-461 CM

0070

0070

0070

05

Mahalaleel

0065

0065

0165

0165

461 CM

0065

0065

0065

06

Jared

0162

0162

0162

0162

523 CM

0162

0162

0162

07

Enoch

0065

0065

0165

0165

588 CM

0065

0065

0065

08

Matusalemme

0187

0187

0167

0187

653 CM

0187

0187

0187

09

Lamech

0182

0182

0188

0188

701-708 CM

0182

0182

0182

10

Noè

0500

0500

0500

0500

1208 CM

0500

0500

0500

 

I subtotale

1556

1556

2142

2162

 

1556

1556

1556

 

DILUVIO

 

 

 

 

1308 CM?

 

 

 

11

Sem

0100

0100

0100

 

 

0100

0100

0100

12

Arpaxad

0035

0035

0135

0135

1376 CM

0035

0035

0035

13

Kainan

 

 

0130

 

1433 CM

 

 

 

14

Selach

0030

0030

0130

0130

1455 CM

0030

0030

0030

15

Eber

0034

0034

0134

0134

1567 CM

0034

0034

0034

16

Peleg

0030

0030

0130

0130

1580 CM

0030

0030

0030

 

BABELE

 

 

 

 

1638 CM

 

 

 

17

Reu

0032

0032

0132

0130

1687 CM

0032

0032

0032

18

Serug

0030

0030

0130

0132

1793 CM

0030

0030

0030

19

Nakor

0029

0029

0079

0120

1806-1813 CM

0029

0029

0029

20

Thera

0070

0070

0070

0070

1876 CM

0070

0070

0070

 

NASCE ABRAMO

 

 

 

 

1876 CM

 

 

 

 

II subtotale

0390

0390

1170

1081

 

0390

0390

0390

 

TOTALE

1946

1946

3312

3243

 

1946

1946

1946

 

DIFFERENZE

 

 

+1366

+1298

-70

-1436

-1367

 

 

 

 

Abramo

0100

0100

0100

 

 

0100

0100

0100

 

Isacco

0060

0060

0060

 

 

0060

0060

0060

 

Giacobbe

0130

0130

0130

 

 

0130

0130

0130

 

1500-1367=133

Thera muore a 205 anni in Haran (Gen 11,32). Secondo il Pentateuco Samaritano, egli muore a 145 anni.

Thera genera Abramo a 70 anni (Gen 11,26) ed Abramo parte da Haran a 75 anni (Gen 12,4): 70+75=145, come l’età della morte di Thera secondo il Pentateuco Samaritano.

205-145=60: mancano 60 anni ai 1500 in più della cronologia “greca” (LXX e Giuseppe Flavio).

 

Posto che l’intervallo di circa 4000 anni tra la data della creatio mundi e quella dell’inizio dei tempi messianici corrisponde alla velocità reale del punto ^ e, quindi, della precessione degli equinozi, pari a circa 50,290966” J2000.0[21] all’anno, cioè 1° ogni 72 anni, i 5500 della Septuaginta corrispondono al tempo che avrebbe impiegato il punto ^, e quindi la precessione degli equinozi, se si fosse mosso alla velocità che Tolomeo attrribuisce – secondo me erroneamente, come vedremo più avanti – a Ipparco, cioè 36” all’anno, pari a 1° ogni 100 anni. Bianchi, Veneziano ed io abbiamo quindi supposto che la precessione degli equinozi fosse nota prima d’Ipparco e che esistessero due teorie: una per così dire “esatta”, di origine babilonese e passata poi all’Ebraismo probabilmente durante l’esilio del VI secolo a. C., ed una “errata”, di ambiente greco. Si rammenti che la Septuaginta fu redatta ad Alessandria in ambito culturale ellenistico, per volere dei Tolomei, nel III – II secolo a. C. e che intorno al 140 a. C. Tolomeo VIII perseguitò duramente gli scienziati della Biblioteca provocando, tra l’altro, la fuga d’Ipparco (Cimmino 2003, p. 440).

Stimolato da queste inaspettate coincidenze, su suggerimento di Ettore Bianchi ne ho cercate altre eventuali nelle date degli eventi fondamentali della Torà: il diluvio, la “vocazione” di Abramo e l’esodo.

Prendendo come “data” di questi eventi quella calcolata dai Testimoni di Geova (AA.VV. 1991, pp. 294-298), per altro pochissimo dissimile da quella calcolata dal vescovo Ussher, ecco i risultati che ho trovato:

1) la data convenzionale del diluvio è il 2370 a. C. Secondo i miei calcoli, nel 2317 a. C. τ Librae, punto ^ e θ Librae si trovarono in linea retta: l’equnozio di primavera entrò nella figura della Bilancia;

2) nel 2305 a. C. ρ Scorpii raggiunse A. R. 0h 00m 00s: il punto d uscì dalla figura dello Scorpione;

3) nel 2018 a. C. nacque Abramo e nel 1943 a. C. egli abbandonò “Ur dei Caldei” migrando in Canaan. Nel 2003 a. C. ο Tauri raggiunse A. R. 0h 00m 00s, cioè il punto ^ uscì dalla figura del Toro, ponendo fine all’Era Zodiacale del Toro. Nel 1816 a. C. iniziò quella dell’Ariete, quando τ Arietis raggiunse A. R. 0h 00m 00s. Si noti che il sacrificio di Isacco fu sostituito all’ultimo momento con quello di un ariete (Gen 22,13) e che la promessa fatta ad Abramo (Gen 22,17) fu che la sua discendenza sarebbe stata numerosa sicut stellas caeli (Weber 1969), ovvero ς τος στρας το ορανο (Rahlfs 1935);

4) nel 1593 a. C. nacque Mosè e nel 1513 avvenne l’Esodo dall’Egitto. Nel 1621 il punto ^ entrò nella “figura” dell’Ariete, quando δ Arietis raggiunse A. R. 0h 00m 00s;

5) nel mentre sto scrivendo questo testo, è emersa un’altra correlazione che sembrerebbe potenzialmente significativa o, quanto meno, interessante. Non ho potuto approfondirla e mi limito perciò a citarla: all’epoca della rivolta dei Maccabei, 167 a. C., fu scritto, secondo i moderni esegeti, il libro di Daniele in cui è riportata la profezia delle settanta settimane, concordemente riferita da tutti alla venuta del Messia. Nel 165 a. C. il punto ^ uscì dalla figura dell’Ariete perché γ Arietis raggiunse A. R. 0h 00m 00s. Era quindi evidente che stava terminando l’Era Zodiacale dell’Ariete e stava per iniziare quella dei Pesci. Perciò il redattore del libro di Daniele poteva facilmente costruire la sua profezia in maniera tale che la sua data di fine coincidesse con l’ingresso del punto ^ in Pesci. E’ possibile che Gesù, come del resto altri contemporanei candidati al ruolo di Messia abbia dato corso alla sua missione di servo sofferente di YHWH proprio perché <<i tempi erano compiuti>>, sia quelli della profezia delle settanta settimane che quelli dell’inizio dell’Era Zodiacale dei Pesci. Da un punto di vista storico, la differenza sta nel fatto che i vari candidati al ruolo di Messia fallirono tutti più o meno e che solo il Cristianesimo si affermò, superando anche alcuni candidati “pagani” come Mithra, Iside, ecc. che si proponevano in quel periodo come fonti di salvezza.

Un discorso a parte va fatto sul Toro e sulla sua Era Zodiacale. Esso è presente in molteplici culti del mondo protostorico. L’Avesta lo cita ripetutamente e lo considera uno yazata, cioè un’entità spirituale degna di onore di preghiera. Come Gav o Geus, rappresenta la conoscenza religiosa che conduce a Dio. Fa il paio con Geus Urvan, l’anima della vacca, essenza della dottrina mazdea nelle Gatha e protettore divino del bestiame[22] (Alberti 2004, p. 632). Nell’apocrifo Testamento ebraico di Neftali un Giuseppe “malvagio” cavalca un toro alato (Sacchi 1993, p. 520). Nelle varie versioni della saga mesopotamica di Gilgamesh la dea Istar (o Inanna) si innamora dell’eroe ma ne viene sdegnosamnete respinta. Per vendicarsi ottiene dal suo padre celeste Anu[23] d’inviare il toro celeste a devastare Sumer. Ma Gilgamesh ed Enkidu lo uccidono. Mentre ne stanno squartando la carcassa Istar/Inanna si affaccia ed Enkidu per spregio le scaglia in faccia un quarto dell’animale (Pettinato 2004, pp. XLI-XLIV, 62-71, 196-198, 347-361, 442): ciò spiega perché la costellazione del Toro è formata solo dalla parte anteriore dell’animale. Elementi fondamentali di questa saga sono confluiti nel libro biblico del Genesi: oltre alla nota vicenda del diluvio, Enkidu viene creato dagli dei come un “primitivo” che pascola insieme agli animali ed è da essi ben accetto; perderà la sua “innocenza” dopo essere stato sedotto dalla prostituta sacra Samhat che – dopo un accoppiamento durato sei giorni e sette notti, dopo che gli animali non lo accettarono più come uno di loro, dopo che ebbe perso agilità ma acquisito in cambio “intelligenza”, tanto che “...il suo sapere era diventato vasto...” – gli dirà: <<Tu sei diventato buono, o Enkidu, sei diventato simile a un dio>> (Pettinato 2004, pp. 8-18). Come si vede, sono presenti tutti gli elementi della creazione e del peccato di Adamo (Gen 1 – 3): l’innocenza primordiale e l’armonia con la natura[24]; la perdita di questa innocenza per la seduzione di una donna; l’acquisto, in cambio, di “sapienza”; l’assimilazione a Dio.

Abramo è descritto come un esule dalla città mesopotamica di Ur: è naturale quindi che si porti dietro le leggende e le tradizioni della sua terra d’origine, salvo poi interpretarle, diluvio compreso, in chiave etica e monoteistica. In altre parole, i primi undici capitoli del Genesi non sarebbero altro che il residuo delle tradizioni sumeriche che una tribù di esuli, il cui eponimo si sarebbe chiamato Abramo, si portò dietro quando migrò verso occidente dalla Mesopotamia alla Palestina, forse per sfuggire alla grave crisi del potere politico che proprio nel 2000 a. C. provocò la fine di Sumer (Pettinato 2007, p. 391). In altre parole, il materiale mitico del politeismo mesopotamico, comprese le conoscenze astronomiche, sarebbe stato interpretato monoteisticamente ed eticamente dal nuovo popolo ebraico in formazione. Ecco forse perché la data biblica della creazione risale agli inizi del IV millennio a. C.: perché è l’epoca in cui i Sumeri si stabilirono in Mesopotamia giusto agl’inzi dell’età zodiacale del Toro, provenienti tutt’oggi non si sa con certezza da dove. Infine non si dimentichi che il toro è presente in molteplici manifestazioni artistiche: dalle protomi tauriformi di Çatal Hüyük, ai petroglifi a bucranio di M. Bégo (Felolo 2004), all’evoluta arte minoica. Non è quindi insostenibile la tesi che una così abbondante presenza di rappresentazioni del Toro nel IV-II millennio a. C. sia da mettere in relazione con la presenza, in quest’epoca, dell’equinozio di primavera in tale costellazione. Il fatto che tale abbondanza si prolunghi anche oltre l’Era Zodiacale del Toro si spiega bene con la nota tendenza al ritardo tra la posizione astronomica e quella astrologica del punto ^. Come vedremo più avanti, esistettero zodiaci inizianti dal Toro addirittura alla fine del I millennio a. C.

La tabella n. 4 mostra i rapporti tra date bibliche ed eventi astronomici.

 

Tab. 4: date bibliche e corrispondenti eventi astronomici

Date Bibliche (in parte secondo i Testimoni di Geova TG)

Fenomeni Astronomici

 

 

5500 a.C. creazione secondo Bibbia LXX

4438 a.C. 138 Tauri A.R. 0h 00m 00s

 

4059 a.C. punto ^, β e ζ Tauri in linea retta e triplice congiunzione Giove-Saturno secondo Planetario 2.0

4026 a.C.: creazione secondo TG

4038 a.C. triplice cong. Giove-Saturno per Solex 11.0

23/10/4004 a.C. ore 12 creazione secondo James Ussher

 

3761 a.C creazione secondo Seder Olam Rabbah (3828 anni prima della distruzione del II Tempio di Gerusalemme ad opera dei Romani), che diventa 3988 a.C. correggendo gli errori del libro.

3947 a.C. G Scorpii A.R. 12h 00m 00s(il punto autunnale entra in Scorpione)

 

2317 a.C. punto d, τ e θ Librae in linea retta

2370 a.C.: diluvio universale secondo TG

2305 a.C. ρ Scorpii A.R. 0h: punto d esce da Scorpius

 

2220 a.C. η Tauri (Alcyone) A.R. 0h 00m 00s

 

2163 a.C. punto ^, η e ο Tauri in linea retta

2018 a.C. nascita di Abramo secondo TG

2003 a.C. o Tauri A.R. 0h 00m 00s (punto ^ esce dal Toro)

1943 a.C. vocazione di Abramo secondo TG

1816 a.C. τ Arietis A.R. 0h 00m 00s (punto ^ entra in Ariete)

 

 

1593 a.C. nascita di Mosè secondo TG

1621 a.C. δ Arietis A.R. 0h 00m 00s

1513 a.C. Esodo secondo TG

 

 

1259 a.C. μ Librae A.R. 0h 00m 00s (punto d esce dalla Bilancia)

 

684 a.C. λ Virginis A.R. 12h 00m 00s

165 a.C. ri-consacrazione del tempio di Gerusalemme secondo TG

165 a.C. γ Arietis A.R. 0h 00m 00s (punto ^ esce da Ariete)

133-129 a. C. rivolta degli Eliopolitani di Pergamo

 

 

51 a.C. ο Piscium A.R. 0h 00m 00s (punto ^ entra in Pesci)

 

16 a.C. punto d, α e κ Virginis in linea retta

7 - 6 a.C. (?) nascita di Gesù

7 a.C. triplice congiunzione Giove-Saturno in Pesci

29 d.C. (?) battesimo di Gesù

21 d.C. punto ^, η e ο Piscium in linea retta

30 d.C. (?) morte e resurrezione di Gesù

 

70 d. C. fine della I guerra giudaica

 

135 d. C. fine della II guerra giudaica

 

 

237 d.C. η Piscium A.R. 0h 00m 00s

 

mentre la tabella n. 5 mostra la datazione sinottica dei principali eventi biblici:

 

Tab. n. 5: date dei principali eventi biblici

EVENTI

PERSPICACIA[25]

BIBBIA GERUSALEMME

CRONOLOGIA EBRAICO-LATINA

CRONOLOGIA EBRAICO-GRECA

Giubilei

James Ussher

ALTRE FONTI

DATE STORICHE

ALTRI EVENTI

Creazione

4026 a.C.

 

3761 a.C.

5500 a.C.

1 C.M.

23/10/4004  12:00:00a.C.

4097 a.C. (B.C.V.)[26]

 

 

Diluvio

2370 a.C.

 

 

3258 a.C.

1308 C.M.

 

 

 

 

Patriarchi in Egitto

1728 a.C.

 

 

 

 

 

 

 

 

Esodo

1513 a.C.

1250 a.C.

 

 

 

 

2250 a.C. (Anati)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Yksos 1720-1552 a.C.

Ingresso in Canaan

1473 a.C.

1220 a.C.

 

 

2450-2500 C.M.

 

 

 

 

Presa Samaria

 

722-721 a.C.

 

 

 

 

 

 

 

I deportazione (Daniele)

607 a.C.

604 a.C.

 

 

 

 

 

 

Inizio 70 anni di schiavitù in Babilonia

II deportazione (Ioiakìn)

 

16/03/597 a.C.

 

 

 

 

 

 

 

 

III deportazione (Sedecìa)

 

19/07/586 a.C.

 

 

 

 

 

587 a.C.

 

IV deportazione (Geremia)

 

582 a.C.

 

 

 

 

 

 

 

Editto di Ciro

538-537 a.C.

538 a.C.

 

 

 

 

 

538 a.C.

 

Nascita di Cristo

 

 

 

 

 

 

 

-7 a.C. – 1 d.C.

 

 

 

Ipparco, Tolomeo e la precessione degli equinozi

 

Da quanto sopra descritto si evince inequivocabilmente che la precessione degli equinozi doveva essere nota nelle culture medio-orientali assai prima della tradizionale scoperta attribuita ad Ipparco.

Innanzi tutto è bene chiarire che la lettura diretta del testo greco dell’almagesto di Tolomeo mostra che Ipparco non affermò affatto che la velocità della precessione è di 1° ogni cento anni, ma che questa è solo la conclusione di Tolomeo[27]! Ipparco affermò invece esattamente che tale velocità non è minore di 1° ogni cento anni. Quindi nel suo pensiero poteva essere, come di fatto è, superiore[28].

Ecco il testo greco del cap. VII, par. 2 dell’Almagesto (Heiberg 1903):

<<Ει̉ γρ παρ ταύτην τν αι̉τίαν αί τε τροπα κα ι̉σεμηρίαι μετέβαινον ει̉ς τ προηγούμενα τν ζω̣δίων ε̉ν τ ε̉νιαυτ μ λασσον καστν μις μοιρας, δει ε̉ν τοι̃ς τριακοσίοις τεσιν μ λασσον γ¯ μοίρας αυτα μεταβεβηκεναι>>,

la cui traduzione latina (Ptolemaeus 1528; foto n. 1)[29] è:

<<Si enim - inquit - propter hanc causam solstitia & aequinoctia ad precedentia signorum non minus per annum quam centesimam unius gradus partem mouerent. In 300 certe annis non minus quam per tres gradus transgressa fuissent>>

e quella italiana[30]

<<Se infatti per queste cause i solstizi e gli equinozi si muovevano verso i segni zodiacali precedenti non meno di un grado all’anno, in trecento anni si sono mossi non meno di tre gradi>>.

Il punto fondamentale è il passo μ λασσον che significa non minus quam, cioè non meno di.

Non è questo l’unico punto in cui Tolomeo si mostra inaccurato, per non dire errato.

Già negli anni ’50 Otto Neugebauer scriveva nel suo testo Le scienze esatte nell’antichità che <<Questi parametri dimostrano che la Luna potrebbe avvicinarsi all’osservatore fino a R – 2s – r = 34;7. Ciò significa ovviamente che il diametro apparente della Luna stessa dovrebbe raggiungere quasi il doppio del suo valore medio; ciò che è assolutamente da escludere. Questa discrepanza è passata sotto silenzio da Tolomeo, pur essendo egli sicuramente a conoscenza del fatto che le distanze geocentriche effettive della Luna fossero molto diverse da quanto richiedeva il suo modello. Questo  modello venne nondimeno conservato da quasi tutti i suoi successori, semplicemente perché si dimostrava in grado di prevedere correttamente almeno le longitudini>> (Neugebauer 1974, p. 232).

Più recentemente Dennis Duke ha sostenuto che, usando i dati posizionali e gli algoritmi dell’Almagesto per Marte, Giove e Saturno, si ottengono posizioni diverse da quelle ivi riferite ed essendo indubitabilmente Tolomeo un esperto matematico, l’unica conclusione cui si può giungere è che egli abbia “forzato” intenzionalmente i dati per far tornare i conti, visto che comunque la teoria generale funzionava (Codegoni 2004, p. 117).

Anche nell’ultimo seminario A.L.S.S.A. di archeoastronomia, tenutosi a Genova nel 2012, sono emersi ulteriori “errori” di Tolomeo.

Ne consegue che l’illustre astronomo egiziano non è, tutto sommato, un testimone affidabile.

Oltre alla scarsa affidabilità di Tolomeo, sono emersdi altri dati che  mostrano come le culture pre-ipparchiane fossero a conoscenza, anche se forse incompletamente, della precessione degli equinozi:

 

1) La coppa Foroughi

Si tratta di un manufatto di ambito culturale aramaico datato all’VIII secolo a. C. e descritto ampiamente da Maria Giulia Amadasi Guzzo e Vittorio Castellani (Amadasi e Castellani 2005; 2006). Nel suo interno è riprodotto un cielo stellato – completo di comete, Sole e Luna – al cui centro sta un personaggio incedente da destra verso sinistra. Vi si riconoscono alcune costellazioni fra cui le due Orse situate quasi simmetricamente al “polo” occupato dal personaggio incedente, come effettivamente erano nel IV – III millennio a. C., quando la stella polare era Thuban (α Draconis)[31]. Ai quattro vertici sono rappresentate, entro cerchi, le costellazioni zodiacali del Toro e del Leone e probabilmente dello Scorpione. Purtroppo la quarta costellazione è stata cancellata da un’incisione sovrappostavi: questa era, ancora una volta, la posizione dei quattro punti tropicali durante il IV – III millennio a. C.: l’equinozio di primavera in Toro, il solstizio d’estate in Leone, l’equinozio di autunno in Scorpione, il solstizio d’inverno in Acquario (che dovrebbe essere la costellazione cancellata dall’incisione sovrapposta). Dunque la coppa, inequivocabilmente databile alla prima metà del I millennio a. C. grazie a sette iscrizioni aramaiche in essa riportate, riproduce una configurazione tropicale del IV – III millennio a. C. anzichè quella del II – I cui appartiene, durante il quale l’equinozio di primavera era in Ariete, il solstizio d’estate in Cancro, l’equinozio d’autunno in Bilancia ed il solstizio d’inverno in Capricorno. Gli autori stessi concludono che la coppa Foroughi è “...la prima rappresentazione grafica di un cielo del passato ove risultano manifesti gli effetti della precessione” (Amadasi e Castellani 2006, p. 5).

 

2) Il Brontologion

E’ il frammento 4Q318 di Qumran, trovato appunto nella grotta n. 4 (Eisenman e Wise 2006, pp. 258 – 267). Come dice il nome, si tratta di un testo di divinazione basato su fenomeni naturali (tuoni, fulmini, ecc.), contenente però anche un “calendario” dei dodici mesi dell’anno religioso ebraico, che, come noto, inizia dal mese di Abib o Nisan, cioè marzo/aprile[32]. Ogni giorno (od ogni gruppo di 2 – 3 giorni) dell’anno è posto sotto un segno zodiacale. Trattandosi di un testo di Qumran, la cui operatività si colloca tra il I secolo a. C. ed il I secolo d. C,. ci si aspetterebbe che il primo segno zodiacale del primo giorno del primo mese siano i Pesci o al massimo, invocando il solito ritardo tipico dell’astrologia rispetto all’astronomia, l’Ariete. Invece Nisan 1 e 2 cominciano sotto il segno del Toro e Tisri 1 e 2 sotto il segno dello Scorpione. Si può dedurre facilmente che Tammuz – cioè giugno/luglio – 1 e 2 e Tebet – cioè dicembre/gennaio – 1 e 2 cominciassero rispettivamente sotto il Leone e l’Acquario: ancora una volta siamo di fronte alla configurazione tropicale del IV – III millennio a. C.

 

3) Due zodiaci babilonesi

Sono due elenchi di costellazioni zodiacali aventi la caratteristica di contenere la sequenza classica dei segni, ma con inizio uno dal Leone e l’altro dalla Vergine (Pettinato 1998, pp. 113 – 115). Il primo contiene soltanto dieci segni zodiacali, mancando i Gemelli ed il Cancro; il secondo invece li contiene tutti e dodici. Il fatto che la sequenza sia quella canonica induce a supporre che l’inizio con Leone e con Vergine indichino un’epoca in cui questi segni contenevano l’equinozio di primavera. Se così fosse, saremmo di fronte a configurazioni tropicali addirittura del X – IX e del XII – XI millennio a.C.! Quest’ultima, in particolare, sarebbe quella in cui, come detto sopra, parrebbe datata dall’Avesta la creazione di Ahura Mazda.

Un’alternativa potrebbe essere che questi due zodiaci inizino non dall’equinozio di primavera ma da un altro evento tropicale. Se questo fosse il solstizio d’estate, essi descriverebbero la configurazione tropicale rispettivamente del IV – III e del VI – V millennio a. C.

Resta la possibilità che lo zodiaco principiante dalla Vergine si riferisca alla configurazione tropicale del I millennio a. C., con inizio dall’equinozio di autunno, ma l’altro comunque non può essere cronologicamente avvicinato più del VI – V millennio a. C..

Infine un inizio dal solstizio d’inverno ci porterebbe indietro nel tempo assai più del XII millennio a. C.

Naturalmente è sempre possibile che questi due inizi anomali nulla abbiano a che vedere con le configurazioni tropicali, ma trattandosi di zodiaci e per di più babilonesi appare un’ipotesi molto fragile.

Da notare che la presenza di soli dieci segni nello zodiaco iniziante dal Leone potrebbe deporre per una sua relativa antichità, quando forse lo zodiaco canonico non era ancora del tutto formato. nella tabella n. 6 sono date le posizioni zodiacali “schematiche” dei quattro punti tropicali dal XII millennio a. C. al II d. C.[33]

 

Tab. n. 6

Millennio

Equinozio vernale

Sosltizio d’estate

Equinozio d’autunno

Solstizio d’inverno

I – II d. C.

Pesci

Gemelli

Vergine

Sagittario

II – I a. C.

Ariete

Cancro

Bilancia

Capricorno

IV – III a. C.

Toro

Leone

Scorpione

Acquario

VI – V a. C.

Gemelli

Vergine

Sagittario

Pesci

VIII – VII a. C.

Cancro

Bilancia

Capricorno

Ariete

X – IX a. C.

Leone

Scorpione

Acquario

Toro

XII – XI a. C.

Vergine

Capricorno

Pesci

Gemelli

 

 

4) I simboli del culto di Mithra[34]

Come noto, l’evento centrale del culto di Mithra è l’uccisione del toro, ma nel suo mito sono presenti altri simboli che potrebbero avere significato zodiacale: il leone, l’anfora ed il serpente, rispettivamente riferibili, piuttosto che a quelle della Coppa e dell’Idra Femmina a mio parere, alle costellazioni del Leone, dell’Acquario e di Ophiucus (quest’ultimo, come è noto, s’incunea tra Scorpione e Sagittario e, secondo l’archeologo americano Jeffrey Rose, l’uomo avvolto nelle spire del serpente o manipolante in qualche modo il serpente è molto comune nell’iconografia delle culture dell’Arabia antica). Potremmo quindi trovarci ancora una volta di fronte alla configurazione tropicale del IV – III millennio a. C.: equinozio di primavera in Toro, solstizio d’estate in Leone, equinozio d’autunno in Scorpione/Ophiuco, solstizio d’inverno in Acquario e la tauromachia di Mithra potrebbe rappresentare la fine dell’era Zodiacale del Toro e l’inizio della nuova Era dell’Ariete. Non si dimentichi che Mithra, prima di acquisire autonomia devozionale, soprattutto in epoca imperiale romana[35], era stato uno yazata nell’Avesta, cioè uno spirito fedele del dio unico Ahura Mazda o meglio una sua ipòstasi[36], e che probabilmente nella religione arya pre-zoroastriana (turanica?) era una delle divinità del pantheon politeistico. Potrebbe quindi avere conservato caratteristiche “celesti” di un’epoca arcaica. Un’interessante e dettagliata disamina delle relazioni tra simbolismo mithraico ed astronomia è presente nell’articolo L’antro di Mithra di Serena Massa, in cui soprattutto sono descritte le “funzioni” astronomiche del mitreo (Massa 2009, pp. 350 – 357) [37].

 

 

conclusioni

 

Riassumo i dati salienti risultanti da questa lunga indagine, partita dal vangelo di Matteo cap 2 e tutt’oggi ancora non conclusa:

1) il fenomeno Stella di Betlemme fu una triplice congiunzione del 7 a. C. in una costellazione in cui stava entrando il punto ^, segnando la fine della vecchia Era Zodiacale dell’Ariete e l’inizio di quella nuova dei Pesci;

2) questo rarissimo fenomeno era già avvenuto nel 4038 a. C. nella costellazione del Toro;

3) la cronologia biblica pone la creazione del mondo proprio quattromila anni prima dell’era cristiana;

4) tutti i popoli del bacino mediterraneo e del medio-oriente aspettavano questa nuova era di pace e liberazione dai mali del mondo;

5) i Magi si misero in movimento alla ricerca non del Messia ebraico ma del Saosyant mazdeo;

6) sembra dunque che il fenomeno della precessione degli equinozi fosse noto, almeno nelle sue manifestazioni anche se forse non nelle sue cause, qualche millennio prima d’Ipparco;

7) prove ulteriori di ciò ed “esterne” alla cronologia biblica sono: la coppa Foroughi, il Brontologion 4Q318, due zodiaci babilonesi e forse alcuni simboli del culto di Mithra.

Ipparco rimane il primo ad avere “spiegato” in termini scientifici il fenomeno della precessione e ad averne dato la misura cronologica (arbitrariamente deformata da Tolomeo): se mi è concesso un paragone, Ipparco giuoca un ruolo simile a quello di Cristoforo Colombo, che fu il primo a rendere formalmente nota al mondo intero l’esistenza del continente americano ma non certamente il primo a giungervi né a conoscerne l’esistenza.

A quanto pare, la precessione degli equinozi fu dunque una sorta di “orologio” o calendario o “grande anno” utilizzato da più culture per definire lunghissimi periodi di tempo. Certamente le culture antiche non ne compresero la dipendenza dal movimento dell’asse terrestre, né forse ne determinarono l’esatta velocità annuale – o almeno non vi sono ad oggi né indizi né prove in tal senso – ma pensare che non si fossero accorti del lento spostamento dei punti tropicali lungo la fascia dello zodiaco è quanto meno ingenuo.

 

 

 

 

Bibliografia

 

AA.VV. 1948 – 1954, Enciclopedia cattolica, Ente per l’Enciclopedia Cattolica e per il Libro Cattolico, Città del Vaticano.

 

AA.VV. 1964, Profeti posteriori, Marietti, Torino.

 

AA.VV. 1967, Agiografi, Marietti, Torino.

 

AA.VV. 1976, Pentateuco ed Haftaroth, Marietti, Torino[38].

 

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[1] A theory about the dynamics of Jupiter and Saturn conjunctios is debatet in De Cesaris 2001 cap. III e Appendice V. Accordino to his theory, the triple conjunction takes place with a regular periodicità, but J. Meeus does not agree with it: according to him "There is no rigorous periodicity for the Triple Conjunctions [of Jupiter and Saturn]…An exact cycle does not exist" (Meeus 2000, p. 251).

[2] According to the software Solex 11.0 by Aldo Vitagliano. Previously, we wrongly wrote the date 4097, according to software Planetario 2.0, by Piero Massimino.

[3] L’inizio di questa ricerca merita di essere menzionato: nel 2005 Veneziano fece osservare a Bianchi ed a me che il testo di Mt 2 autorizza l’interpretazione che i Magi soltanto avessero “visto” la stella. Mi chiesi dunque quale potesse essere un fenomeno astronomico che, ad occhio nudo, fosse invisibile ai più e visibile solo ad esperti astronomi. Trovai un’unica risposta: la posizione del punto ^ sull’eclittica. In quell’anno Bianchi ed io avevamo appena pubblicato uno studio su un’epigrafe bizantina di una chiesa di Grado che avevamo interpretato come un ciclo precessionale di 2160 anni (Bianchi e Codebò 2004) ed eravamo perciò “freschi” deel problema. Oggi sappiamo che quella nostra ipotesi era errata perché il numero 2172 che avevamo interpretato come un ciclo precessionale di 2160 anni + 12 è in realtà una citazione dai libri di Esdra e di Neemia ed indica il numero dei primi rimpatriati a Gerusalemme da Babilonia dopo l’editto di liberazione di Ciro del 538 a. C. (Esd 2,3; Ne 7,8). Si noti anche che il motivo per cui Ciro affrancò dalla schiavitù gli ebrei deportati è la sua appartenenza alla religione zoroastriana, monoteistica e basata su un libro sacro scritto come l’Ebraismo. Ciro dunque vide un’affinità tra i persiani e gli ebrei e riservò a questi ultimi un trattamento di favore, come faranno mille anni più tardi gli arabi nei confronti degli zoroastriani all’epoca della conquista islamica della Persia.

[4] Si veda, in tal senso, la conclusione del romanzo "L'asino d'oro" di Lucio Apuleio, in cui il protagonista, riacquistate finalmente le sembianze umane grazie all'intervento d'Iside, si converte al culto della dea e ne diviene un fervido apostolo: la precedente trasformazione in asino è da leggersi come una metafora dell'imbestialimento e dell'”asininità” dei non credenti in Iside e, quindi, di tutti i seguaci delle vecchie religioni non più capaci di risolvere i problemi esistenziali dell'uomo di età imperiale. Non si dimentichi che pure Luciano di Samosata, nei suoi Dialoghi dei Morti, si fa beffe degli antichi dei.

[5] Secondo la mitologia greco-romana, la vergine rappresenta Δίκη = στραία = Iustitia, la Giustizia, che ai tempi dell'Età dell'Oro, quando regnava Saturno/Κρόνος, viveva, come gli altri dei, in mezzo agli uomini. All'avvento dell'Età dell'Argento Δίκη si ritirò su un monte, disgustata dal peggioramento del carattere degli umani, ed infine, con l'Età del Bronzo, quando gli uomini divennero francamente cattivi, si rifugiò in cielo nello Zodiaco, rimanendovi per tutta la successiva Età del Ferro, alla fine della quale, appunto in quegli anni, sarebbe tornata con Saturno sulla Terra dove avrebbero regnato in un futuro senza limiti di pace e prosperità. La dea latina Iustitia non corrisponde alla dea greca Θέμις, ma a sua figlia στραία = Δίκη (Grimal 1990). Si noti come nel nome στραία sia contenuta la radice della parola στηρ = stella. A sua volta στηρ è formata da α protetico e dalla radice ster = spargere. Per i Greci, dunque, la Giustizia è una Stella e le stelle sono le "sparse", come effettivamente si presentano in cielo all'occhio dell'osservatore. Molto ci sarebbe da dire su στραία = Δίκη, sul suo mito e su quello delle quattro Età, ma ancora di più su Saturno e sulla sottile differenza tra Κρόνος (cioè il titano Crono o Saturno) e Χρόνος, il Tempo. In proposito si veda in De Santillana e von Dechend 2004, voci Kronos e Chronos.

[6] Versione CEI in Vattioni 1977.

[7] a quanto pare trenta prima del XVI secolo (Garofalo 1960, p. 1097 vol. II)

[8] Si rammenti che, nella concezione degli antichi, chi era gradito agli dei moriva presto. Il favore divino si manifestava col sottrarre l'amato alle sofferenze della vita quanto prima possibile. Il dio Sileno dirà al re Mida che la cosa migliore per l'uomo è non essere mai nato e, in subordine, morire presto. Una madre chiese agli dei di concedere ai suoi figli, che l'avevano particolarmente onorata, il massimo dono cui gli umani potessero aspirare ed essi fecero passare i due giovani dal sonno alla morte quella notte stessa. Tanto era pessimistica la weltanshauung del mondo antico!

[9] Tutte le citazione dei testi degli Apocrifi dell'Antico Testamento sono tratte da Sacchi 1981.

[10] Nel pentateuco di Enoch ogni stella è guidata da un angelo o da un demone.

[11] Questo simbolismo dei pesci è ricorrente e notevole nella teologia biblica:

a) essi sono miracolosamente moltiplicati con i pani - a loro volta simbolo dell'Eucarestia - per nutrire il popolo di Dio (passi citati);

b) il Risorto appare agli Apostoli e mangia con essi pesce arrostito, a dimostrazione della Suo essere vivo (Lc 24,42);

c) quattro dei dodici apostoli sono pescatori. Ad essi Gesù aveva promesso di farli diventare "pescatori di uomini" quando li aveva chiamati al proprio seguito (Mc 1,17; Lc 5,10);

d) Gesù preannuncia la sua resurrezione (Mt 12,39-40; Lc 11,29-30) rifacendosi espressamente alla permanenza del profeta Giona nel ventre di un enorme pesce (Gn 2,1-11);

e) infine Tobia usa un pesce come rimedio farmacologico per guarire suo padre Tobi dalla cecità e come rimedio esorcistico contro un demonio (Tb 6,1-19);

[12] Ascensione Retta e Declinazione delle stelle sulle quali ho eseguito i calcoli con le procedure di Newcomb come descritte da Meeus 1990, pp. 61-73, sono tratte dal catalogo FK4 B1950.0 dello Smithsonian Observatory Catalogue consultabile sul sito www.alcyone.de/SIT/bsc/html.index . Si faccia attenzione che in esso il moto proprio in A.R. è erroneamente indicato come arcosecondi, mentre invece si tratta di cronosecondi, come risulta evidente anche dal confronto con altri cataloghi consultabili sulla rete.

[13] Sono consapevole del fatto che i conti non tornano esattamente: tra i 12000 anni della creazione di Ahura Mazda ed i 13000 del tempo intercorso tra le due presenze equinoziali in Vergine c’è un millennio di troppo. Sono altresì consapevole che la Vergine è costellazione greca. Tuttavia essa è già presente nel MUL.APIN (Hunger e Pingree 1989, p. 138), dove è definita il solco (α Virginis e parte della Vergine) e la bilancia (la Bilancia e parte della Vergine); in sculture del XII secolo a. C., dov’è rappresentata con la spiga in mano (Pettinato 1998, tav I); in testi astrologici mesopotamici, dove anzi uno zodiaco babilonese inizia addirittura con il segno della Vergine ed un altro, principiante dal Leone e contenente solo dieci segni zodiacali, la contiene comunque (Pettinato 1998, p. 113-115). Inoltre mi paiono difficilmente casuali la coincidenza tra i 12000 anni della creazione di Ahura Mazda, un mezzo ciclo precessionale e la nascita verginale del Saosyant.

[14] E’ interessante notare, a comprova della diffusione delle religioni indoeuropee in Europa e nell’Estremo Oriente, che gli dei della mitologia nordico-eddica sono definiti Asi e che tutt’oggi nell’Induismo le divinità femminili sono definite Devi.

[15] Poiché il nostro programma informatico di scrittura non supporta il Greco antico, non è stato sempre possibile scrivere spiriti e pedici correttamente. Di ciò ci scusiamo vivamente con i lettori e li rimandiamo a Nestle e Aland 1963 ed a Merk 1992.

[16] Prossimamente cercherò di stabilire anche la data in cui ζ Tauri raggiunse A. R. 0h 00m 00s, corrispondente al momento in cui, circa 4000 anni dopo, il punto ^ entrò nella costellazione dei Pesci, raggiungendo α Piscium A. R. 0h 00m 00s.

[17] Nel 4892 a. C. si verificò un’altra triplice congiunzione Giove – Saturno nella costellazione in cui si trovava allora il punto ^, cioè nei Gemelli, che però ne stava ormai uscendo, determinando la fine dell’era dei Gemelli, ed avviandosi ad entrare in Toro.

[18] Ringrazio Ettore Bianchi per l’informazione.

[19] Il testo ebraico, così detto perché il suo canone fu definitivamente stabilito dai maestri masoreti circa nel X secolo d. C. ed è quello tutt’ora vigente.

[20] L’apocrifo veterotestamentario che conta la cronologia dall’anno I della creatio mundi, in ragione di gruppi 49 anni + uno giubilare.

[21] 0°00’50,290966” è la velocità del punto ^ alla data del 01/01/2000 UT 12:00:00.

[22] Si confronti ciò con la sacralità della vacca nell’Induismo.

[23] Si noti che Anu, arcaico dio del pantheon sumerico, è, con Enlil ed Ea, il custode di uno dei tre sentieri celesti in cui il MUL.APIN divide la volta celeste (Hunger e Pingree 1989, pp. 137-138).

[24] Siamo qui in presenza di una versione biblica dell’Età dell’Oro di Esiodo della quale, come detto più sopra, Virgilio canta il ritorno nella IV Bucolica.

 

 

[27] Ringrazio Ettore Bianchi di avermelo segnalato.

[28] Cioè 1° ogni 72 anni.

[29] Ringrazio la Civica Biblioteca Berio di Genova per avermi concesso il permesso di riprodurre la pagina dell’Almagesto di sua proprietà.

[30] Traduzioni mie.

[31] Una campagna di misurazioni archeoastronomiche in corso da parte di Archeoastronomia Ligustica (Codebò, de Santis, Frenez c.s.), in collaborazione con l’università di Bologna, sta mostrando che gli assi della città di Lothal, nella valle dell’Indo, erano orientati verso Thuban. Si ringrazia il Dipartimento di Archeologia dell’università di Bologna, ed in particolare il prof. Maurizio Tosi, direttore della missione, per averci consentito le misurazioni.

[32] Il calendario ebraico conosce anche un anno civile iniziante dal mese di Etanim o Tisri, cioè settembre – ottobre.

[33] In realtà, muovendosi i punti tropicali alla velocità di 0°00’50,290966” annui, a percorrere 30°, cioè un intero “segno” zodiacale, impiegano non 2000 anni ma 2147,5. Qui però ho voluto dare solo uno “schema” e non l’esatta cronologia delle loro posizioni nel corso di 14000 anni.

[34] Per il culto di Mithra vedere De Marinis, Massa e Pizzo 2009, pp. 350 – 357

[35] I culti di Mithra e d’Iside furono i principali contendenti del Cristianesimo al primato religioso. Il romanzo L’asino d’oro di Lucio Apuleio è un vero e proprio apologo della religione isiaca: il protagonista Lucio si riduce a condizione bestiale, trasformato in asino, finché la fede nella dea Iside non gli fa riacquistare le sembianze umane. Apuleio e Luciano di Samosata, entrambi attivi durante il II secolo d. C., rappresentano molto bene nelle loro opere la crisi religiosa del mondo romano imperiale, quando la fede negli antichi dei tradizionali era venuta pressoché completamente meno e si era alla ricerca di nuove religioni. In questo ambito il Cristianesimo conquistò il suo primato sui numerosi altri “pretendenti”.

[36] Tutte le “divinità” benefiche del mazdeismo, piuttosto che divinità autonome come nei politeismi, sono da intendere come ipòstasi del dio unico Ahura Mazda.

[37] Ringrazio l’archeologa e consulente museale Giovanna Marini e l’archeologa Serena Massa per i loro suggerimenti sulla religione mithraica.

[38] Con AA.VV. 1976, 1978, 1964 e 1967 s’intendono i quattro volumi della Bibbia Ebraica – rispettivamente: Pentateuco e Haftaroth, Profeti anteriori, Profeti Posteriori, Agiografi – curati da un gruppo di rabbini italiani e stampati con i tipi dello Stabilimento Grafico Marietti.

 

 

foto n. 1

Ptolemaeus Claudius: Almagestum seu magnae constructionis mathematicae opus...Venezia, Giunta, 1528

(cinquecentina della Civica Biblioteca Berio di Genova, Sezione di Conservazione, n. C.C.99).