ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA

 

 

Pubblicato in: Pre-Atti del XVII Valcamonica Symposium “Decifrare le immagini, arte preistorica e tribale”, 1999, Capo di ponte (BS).

 

 

AN ARCHAEOASTRONOMICAL INVESTIGATION ABOUT A VAL CAMONICA'S ENGRAVING NEAR THE CAPITELLO DEI DUE PINI

 

Codebò Mario, Barale Piero, Castelli Marco, De Santis Henry, Fratti Liliana, Gervasoni Elena (1)

 

 

1) Premessa.

Il presente lavoro esce in lingua italiana ed in forma molto ridotta a causa dei tempi di pubblicazione molto stretti e del poco spazio editoriale disponibile per i pre-atti. Siamo stati così costretti a rinunciare a discutere molti argomenti ed a limitarci a fornire di essi i soli dati essenziali. Il lavoro, pertanto, ha le caratteristiche più di un ampio riassunto che di uno studio completo. Ci riproponiamo di ovviare a questi inconvenienti nel testo definitivo in lingua inglese.

 

2) La ricerca.

Lo studio archeoastronomico della località camuna Plas, caratterizzata da splendide incisioni calcolitiche (fig. 5), nacque nel 1997 per iniziativa di Elena Gervasoni, che invitò Enrico Calzolari e Mario Codebò ad effettuare misurazioni in valle. Al Valcamonica Symposium '97 Gervasoni stessa preannunciò nel suo intervento la futura pubblicazione del presente lavoro, allora in elaborazione (Gervasoni 1997).

Mentre quella campagna si risolse fondamentalmente in una prima presa di contatto con l'ambiente e con misure sull'orientamento di due chiese (di prossima pubblicazione), sulla base di analoghe esperienze (Codebò, c.s. 1; Codebò e Michelini 1997 a, pp.341‑358), Codebò credette di poter ravvisare in località Plas le caratteristiche tipiche del luogo di culto preistorico: elevazione sul territorio circostante, ampia panoramicità, frequentazione in epoca pagana, segni di cristianizzazione.

Considerata la geomorfologia del luogo, dal versante orientale ripidissimo ed elevato, e la tradizione, riferita da Fratti e Gervasoni, delle nozze sacre tra il principio maschile del Pizzo Badile e quello femminile della Concarena, con relativi giochi di luce atmosferici (Priuli 1983, foto n. 1; crf. anche Brunod 1997, foto n. 23) ed astronomici (Beretta 1997, p. 68), ritenemmo che quest'ultima fosse l'oggetto delle antiche osservazioni.

Successivamente, Barale e Codebò hanno riscontrato una analoga ierogamia montuosa in provincia di Cuneo, ove un proverbio locale dice che "... il Monviso sposa la Bisalta...". Infatti dalla pianura locale ‑ e ancor meglio dalla collina di Mondovì ‑ l'aguzzo e massiccio Monviso appare consono a rappresentare bene il principio maschile e l'ondulata e mammellonata Bisalta quello femminile. Gli stessi nomi maschili e femminili delle due coppie di montagne camune e piemontesi ci parvero rafforzare la nostra ipotesi, anche considerando che gli oronimi femminili sono assai più rari di quelli maschili. Sotto questo profilo, riteniamo che sarebbe interessante uno studio sul profilo visivo delle montagne italiane con nomi femminili.

Notammo che dietro il profilo della Concarena si vede l'intera escursione annuale del sole al tramonto. E poiché ben due petroglifi in loco raffigurano l'astro diurno, pensammo che proprio esso fosse lo specifico oggetto del culto.

Per di più Calzolari, Codebò, Fratti e Gervasoni avevano già avuto modo, nel settembre 1997, di osservare dal sito lo spettacolare fenomeno atmosferico della proiezione vespertina di fasci di luce e di ombre da dietro la Concarena: visione che poteva apparire agli antichi osservatori, ignari di fisica meteorologica, come una manifestazione della divinità della montagna, analogamente a quella mattutina del Pizzo (Priuli, op. cit.; crf. anche Brunod 1997, foto n. 23). Questo non frequente fenomeno si attagliava particolarmente all'iconografia del petroglifo costituito da tre dischi affiancati, dal maggiore e centrale dei quali si dipartono tre fasci di raggi diretti verso il basso (foto n. 1).

 

Foto n. 1 (Foto Mario Codebò)

 

Sarebbero stati pertanto riprodotti in un unico simbolo, con un processo di condensazione ben noto alla psicoanalisi (2), almeno due fenomeni realmente visibili: i raggi occasionalmente prodotti dalla rifrazione atmosferica ed il tramonto solare, simboleggiato dai raggi rivolti verso il basso.

Restava da verificare l'ipotesi e da chiarire il perché di tre dischi solari anziché di uno. Impostammo così un programma di osservazioni, misurazioni e fotografie del tramonto del sole nei suoi tre momenti fondamentali: gli equinozi ed i solstizi.

Iniziato al solstizio invernale del 1997, esso si è concluso al solstizio estivo del 1999. Per i rilievi sono stati utilizzati: squadro sferico graduato con lettura diretta dei 5' centesimali; inclinometro a gravità con lettura diretta di 1°; orologio radio‑ controllato; bussola prismatica Wilkie a lettura diretta di 1° e stima diretta di 0,5°. Le procedure di calcolo seguite sono quelle riportate in Codebò 1997 b, pp. 39‑109, frutto, per altro, di una collazione di altri testi ivi citati in bibliografia.

Le coordinate geografiche del sito, rilevate mediante una serie di triangolazioni su carte topografiche I.G.M. 1:25000 e 1:100000, sono risultate: Lat. 46°02'24"N, Long. 10°21'49"E, Q.m. 900 s.l.m. Abbiamo verificato che agli equinozi (rilievi del 20/03/1998) il sole tramonta alle ore 17h 35m nella sella apparente tra la vetta della Concarena a sud e la vetta del m. Elto (o del Pizzo Garzeto) a nord (foto n. 2) (3). Con un'altezza dell'orizzonte visibile misurata in 7°, l'azimut astronomico risulta essere oggi 264°. Quello magnetico fu misurato in 260° (4).

 

Foto n. 2 (Foto Mario Codebò)

 

Al solstizio d'inverno (rilievi del 18/12/1998 e giorni successivi) esso tramonta 34,5° a sud rispetto al punto di tramonto agli equinozi, in un punto di altezza visibile 7°sul versante meridionale della Concarena (foto n. 3). L'azimut magnetico fu misurato in 225°. Purtroppo, non essendo stata erroneamente rilevata l'ora del tramonto, non è stato possibile calcolare l'azimut astronomico (4).

 

Foto n. 3 (Foto Marco Castelli)

 

Al solstizio d'estate (rilievi del 18/06/1999) l'ultimo lembo del sole tramonta (foto n. 4) alle ore 19h 41m 40s dietro la vetta del M. Elto (o del Pizzo Garzeto). Con un'altezza dell'orizzonte visibile misurata in 14°, l'azimut astronomico risulta essere oggi 290,5° e 291,3° nel 2500 a.C. (4). Quello magnetico fu misurato in 289°.

 

Foto n. 4 (Foto Mario Codebò)

 

L'escursione tra il punto di tramonto equinoziale e quello solstiziale estivo fu misurato con lo squadro sferico graduato in 29°, mentre quello che risulta dalla differenza tra gli azimut astronomici misurati è di 26,5°. Possiamo quindi assumere un'escursione media attuale di 27,8°, con un s.q.m. ±1,4°.

Risulta così che le amplitudini solstiziali occase invernale ed estiva del sole (ossia: i due archi di orizzonte compresi tra i punti di tramonto equinoziali, solstiziale invernale e solstiziale estivo) sono oggi, rispettivamente, 34,5° e 27,8°, mentre l'arco totale, espressione dell'escursione locale annua apparente del sole, è di 62,35° (quello magnetico di 64°).

Ciò è quanto si rileva anche sul petroglifo oggetto del nostro studio: i due angoli tra i raggi centrali, quelli di sinistra e quelli di destra (guardando l'incisione) sono, rispettivamente, 32° e 28,5°, mentre l'angolo totale è 60,5° (fig. n. 1).

 

 

Fig. n. 1: Roccia del Sole o Capitello dei Due Pini (particolare). Loc. Plas, Val Camonica, rilievo del 21/03/1999 (Disegno Piero Barale)

 

L'ipotesi iniziale di lavoro ci pare quindi provata, nei limiti della validità delle prove nel campo infido dell'arte rupestre.

L'artista, intento ad osservare l'orizzonte occidentale, vedeva esattamente di rimpetto il tramonto agli equinozi, alla sua sinistra ‑ e con un arco più ampio ‑ il tramonto al solstizio d'inverno ed alla sua destra ‑ con un arco più breve ‑ il tramonto al solstizio d'estate. Voltandosi verso la parete rocciosa, egli poteva riprodurre la stessa configurazione disegnando un arco più ampio alla propria sinistra ed uno più breve alla destra.

I due piccoli cerchi a lato di quello maggiore potrebbero rappresentare tre fenomeni:

1) le posizioni del sole agli equinozi ed ai solstizi;

2) le posizioni del sole all'alba, a mezzogiorno ed al tramonto;

3) le due stazioni estreme che la luna raggiunge (qui al tramonto) ogni 18,61 anni (5), quando le sue amplitudini ortiva ed occasa sono maggiori di quelle solstiziali del sole. Si vede allora l'astro notturno sorgere e tramontare più a sud e più a nord dell'astro diurno ai solstizi, rispettivamente, invernale ed estivo.

I primi due casi ci sembrano meno probabili, perché il n. 1) è già stato rappresentato con i tre fasci di raggi ed il n. 2) è malamente visibile a causa, come già detto, della geomorfologia del luogo, che occulta pressoché completamente la visuale dell'alba. Perciò riteniamo che il n. 3) sia quello rappresentato sulla roccia di Plas, in ciò confortati anche dal fatto che le stazioni estreme della luna furono, statisticamente, le più osservate nel megalitismo europeo. Per esempio, nella sola necropoli calcolitica di S. Martin de Corléans (AO), su diciotto allineamenti astronomici, ben sette ‑ compreso quello dei pali di legno, primo e più antico ‑ puntano su di esse.

Ad ulteriore rafforzamento dell'interpretazione di località Plas come luogo di osservazione e culto degli astri, il 18/06/1999 si è visto che il sole al tramonto nel solstizio estivo illumina con i suoi ultimi raggi, pochi minuti prima di scomparire dietro la vetta del M. Elto (o del Pizzo Garzeto), l'estremità superiore del Capitello dei Due Pini, ed esattamente l'incisione del disco solare a ventiquattro raggi. Purtroppo, data la brevissima durata del fenomeno ed essendo il rilevatore impegnato, da solo, nelle misure d'azimut, non ha potuto documentare fotograficamente il fenomeno. Si spera di poter rimediare al giugno del 2000.

Si è notato anche che un campo, visibilissimo nella sottostante piana di fondo‑valle immediatamente a sud del lago artificiale, era stato arato a ferro di cavallo aperto (Brunod 1997, p. 97) (foto n. 5). Ciò ci fa ritenere che altre incisioni analoghe (Brunod 1997, n. 220) ‑ come: Caven 3, Cornal, Borno 1, Ossimo 2 lato C ‑ siano interpretabili come raffigurazioni stilizzate ma veristiche dell'insieme terra‑cielo, in accordo con altri autori (Brunod 1997, foto nn. 74‑75, pp. 95‑117 e passim).

 

Foto n. 5 (Foto Mario Codebò)

 

P. Barale, studiando specificamente le due incisioni antropomorfe (figg. nn. 2‑3) sul suolo roccioso di Plas, ha identificato in una di esse una scena di zappatura ed ha rilevato che entrambe sono rivolte perfettamente all'ovest magnetico, di rimpetto al sole tramontante agli equinozi. Se effettivamente sono post‑ calcolitiche, potrebbero manifestare un utilizzo archeoastronomico molto prolungato e policulturale del sito.

La abbastanza fedele riproduzione della difforme ampiezza delle due amplitudini solstiziali occase, estiva ed invernale, poté essere facilmente ottenuta impiantando in loco quattro pali lignei, uno dei quali fungeva da punto di osservazione e gli altri tre erano posti in direzione dei tre tramonti rispetto al primo. Avvolgendo poi delle corde intorno a questa struttura a ventaglio (o a "settore circolare"), si potevano "misurare" in "tratti di corda" le amplitudini cercate.

E' possibile che le quattro coppelle incise a " ventaglio" sul masso adiacente (fig. n. 4) rappresentassero graficamente proprio questa operazione di misura. Abbiamo invece accertato che non indicano allineamenti solari. Uno studio specifico è tutt'ora in corso da parte di M. Castelli.

 

Figg. nn. 2-3-4-5 (figure nr. 2-3-5 Piero Barale, figura nr. 4 Marco Castelli)

 

Rammentiamo che funzioni analoghe ma ben più complesse sono state proposte da A. Thom per gli allineamenti megalitici a ventaglio bretoni e scozzesi (Hadingham 1978, pp. 130‑132; Proverbio 1989, pp. 108‑115, 179‑187; Cossard 1993, 39‑41); da C. A. Newham per le Causeway Post Holes di Stonehenge I (Hadingham 1978, pp. 94‑95; Proverbio 1989, p. 96); e che, nonostante la yarda megalitica di A. Thom sia ormai non più accettata dalla maggioranza degli studiosi, vere e proprie "unità di misura" sembra siano state utilizzate a S. Martin de Corléans (Mezzena 1997, pp. 79‑80).

Castelli propone un'altra possibile interpretazione di queste coppelle, disposte ad arco e di diametro (de)crescente, quali rappresentazioni dei (de)crescenti lunari e, più in generale, le coppelle disposte ad arco come simboli lunari (Brunod 1997, p. 12, fig. 166).

Vogliamo infine accennare a quello che ci pare l'iter evolutivo di questo petroglifo, rinviando al testo definitivo per una più approfondita discussione: inizialmente concepito come la rappresentazione grafica "fedele" e concreta di un singolare fenomeno atmosferico e del moto apparente annuo del sole al tramonto, sembra essersi successivamente trasformato in un simbolo ed infine in un'icona decorativa "rimossa" dal suo contesto originario e non più leggibile in relazione ad esso, secondo processi mentali ben noti alla psicoanalisi (2).

 

 

3) Ringraziamenti.

Ringraziamo Paolo Turelli e tutti coloro che hanno contribuito in qualsiasi modo alla realizzazione di questa ricerca.

 

 

NOTE

 

(1) P. Barale ha eseguito lo studio, i frottage ed i disegni degli antropomorfi e del petroglifo raggiato (figg. nn. 1, 2, 3, 5).

M. Castelli ha eseguito lo studio ed il frottage delle coppelle (fig. n. 4), nonché la fotografia n. 3.

M. Codebò ha eseguito i rilievi ed i calcoli astronomici; le foto nn. 1, 2, 4, 5; le determinazioni topografiche. Ha redatto la versione definitiva del presente testo.

H. De Santis ha eseguito i calcoli astronomici e topografici.

L. Fratti, guida turistica, ha fornito i dati storico‑artistici sul sito in particolare e sull'arte rupestre ed i monumenti camuni in generale. Ha coordinato e fornito il supporto logistico.

E. Gervasoni ha promosso ed introdotto le nostre indagini archeoastronomiche in Valcamonica. Ha curato e coordinato l'organizzazione dei sopralluoghi. Ha raccolto i dati storici sul sito

(2) La letteratura psicoanalitica sul simbolismo è vastissima. Limitandoci solo ad alcune opere fondamentali, citiamo:

A) Per la scuola freudiana:

S. Freud (1899). L'interpretazione dei sogni. In: O.S.F., vol. III, Boringhieri, Torino, 1980.

S. Freud (1915‑1917). Introduzione alla psicoanalisi. Lezione X. In: O.S.F., vol. VIII, Boringhieri, Torino, 1976.

O. Fenichel (1951). Trattato di psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi. Cap. IV, par. 8. Astrolabio, Roma, 1951.

C. Rycroft (1970). Dizionario critico di psicoanalisi. Astrolabio, Roma.

J. Laplance, J.B. Pontalis (1990). Enciclopedia della psicoanalisi. Laterza, Bari.

A.A.Semi (a cura di...) (1988). Trattato di psicoanalisi. Vol. I, pp. 298. Raffaello Cortina, Milano.

B) Per la scuola junghiana:

C.G. Jung (1950). Simboli della trasformazione. In: O.C.G.J., vol. V. Bollati Boringhieri, Torino, 1992.

C.G. Jung (1980). L'uomo e i suoi simboli. Longanesi & C., Milano.

(3) Le due montagne, prospetticamente quasi allineate con località Plas e di altezza quasi uguale, non sono facilmente distinguibili l'una dall'altra.

(4) Per il calcolo delle variazioni dell'obliquità dell'eclittica, che modifica declinazione ed azimut degli astri mobili in un ciclo di circa 41000 anni, ci siamo avvalsi della formula di Laskar (Meeus 1998, pp. 147‑148). Agli equinozi, la declinazione 0°  e l'azimut del sole restano invariati. Ci riserviamo di fornire maggiori informazioni nel testo definitivo.

(5) Questo periodo è la retrogradazione dei nodi dell'orbita lunare sul piano dell'eclittica. Zagar 1948, p. 236, lo calcola in 6793 giorni. Meeus, De Meis 1990, p. 68, in 6798 giorni.

 

 

BIBLIOGRAFIA.

 

·        Beretta Claudio (1997). Toponomastica in Valcamonica e Lombardia. Edizioni del Centro, Capo di ponte (BS) (I).

 

·        Brunod Giuseppe (1997). Massi incisi in Valcamonica. Associazione Cristoforo Beggiani editrice, Savigliano (CN) (I).

 

·        Codebò Mario, Michelini Manuela (1997 a). Un percorso rituale sulle pendici meridionali del M. Bèigua (SV)?. In: Atti del XVII Congresso Nazionale di Storia della Fisica e dell'Astronomia, Milano.

 

·        Codebò Mario (1997 b). Problemi generali dell'indagine archeoastronomica. In: Atti del I seminario ligure di archeoastronomia. A.L.S.S.A. e Osservatorio Astronomico di Genova, Genova.

 

·        Codebò Mario (c.s.1). Archaeoastronomical hypoteses on some Ligurian engravings. In: Atti del Worldwide Congress of Rock Art News95, Torino.

 

·        Cossard Guido (1993). Le pietre e il cielo. Veco editore, Cernobbio (CO).

 

·        Gervasoni Elena (1997). Per un'archeoastronomia rupestre in Val Camonica. In: Atti del Valcamonica Symposium '97, Capo di ponte (BS).

 

·        Hadingham Evan (1978). I misteri dell'antica Britannia. Newton Compton, Roma (I). Ed. originale: (1975) Circles and standing stones (UK).

 

·        Meeus Jean, De Meis Salvo (1990). Astronomia con il computer. Hoepli, Milano.

 

·        Meeus Jean (1998). Astronomical Algorithms. Willman‑Bell Inc., Richmond, Virginia, U.S.A.

 

·        Mezzena Franco (1997). La Valle d'Aosta nel neolitico e nell'eneolitico. In: Atti della XXXI riunione scientifica. Istituto Italiano di Preistoria e protostoria, Firenze.

 

·        Priuli Ausilio (1983). Incisioni rupestri nelle Alpi. Priuli & Verlucca, Ivrea (TO).

 

·        Proverbio Edoardo (1989). Archeoastronomia. Nicola Teti editore.

 

·        Zagar Francesco (1948). Astronomia sferica e teorica. Zanichelli, Bologna.

 

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