Pubblicato in: Bollettino dell'Osservatorio Astronomico di Genova, n. 68, 1995, pp.113-117.
 
 

ARCHEOASTRONOMIA COME DIDATTICA DELL'ASTRONOMIA
 
 

Mario Codebò
Membro: Istituto Internazionale di Studi Liguri



I lettori potranno chiedersi, al primo impatto, che cosa c'entri un intervento di archeoastronomia in un convegno COAPI. Può entrarci perché l'astronomia, come ormai tutti sanno, è nata, in Europa, in età eneolitica (III millennio a.C.) tra i costruttori dei grandi complessi megalitici Stonehenge, Callanish, Carnac, ecc.  che erano, appunto, degli osservatorii (probabilmente più per scopi di culto che pratici). In Oriente, Medio ed Estremo, le date vanno arretrate ulteriormente. E c'è anche chi pensa, pur tra contestazioni anche vivaci, che le prime osservazioni registrate datino addirittura dal Paleolitico Superiore Europeo (Marshack, 1970).
Quel che è certo è che quando i popoli si affacciarono alla storia, con l'invenzione della scrittura, possedevano già un calendario pressoché completo. In Italia ciò si verificò agli inizi dell'Età del Ferro (VIII secolo a.C.): i Romani utilizzarono prima un calendario di 10 mesi attribuito a Romolo e poi uno di 355 giorni, attribuito al suo successore Numa Pompilio  ma in realtà di epoca decemvirale (451 a.C.) – e formato da 12 mesi sinodici. Esso restò in vigore fino alla riforma cesariana del 46a.C., quando fu introdotto l'anno di 365 giorni. Tutto ciò testimonia come per
secoli si sia studiato il moto degli astri scoprendone le prime leggi elementari: si gettavano  inconsapevolmente  le basi dell'astronomia di posizione o sferica.

Fino a poche decadi or sono noi utilizzavamo sofisticati strumenti dei passaggi che hanno reso celebri osservatorii astronomici come Greenwich, ma i loro predecessori sono da cercarsi nelle varie "Cima 12, Cima del Mezzodì, Sas del Meszdì e simili, comunissime sulle Alpi. Chi per esempio volesse osservare la culminazione superiore del Sole non ha che da recarsi a Pozza (località Méida), in Val di Fassa CM, dove vedrà il Sole al mezzogiorno locale sulla verticale del Sasso del Mezzodì o a Genova, in frazione Cremeno, dove potrà osservare lo stesso fenomeno sulla cima del Bric del Mezzogiorno, o, ancora meglio, a Sesto, in Val Pusteria (BZ), dove dalla Heidenbuhel (=collina pagana!) potrà addirittura contare tutte le ore del giorno dalle 9 antimeridiane alle 1 pomeridiane sulle omonime cinque cime.
Chi fosse maggiormente interessato ai moti lunari potrà vedere la Luna piena alla sua massima stazione (D +29°), ogni 6793 giorni, specchiarsi a mezzanotte nel pozzo di S. Cristina di Paulilatino (CA), od occultarsi, alla sua minima stazione (D – 29° sul profilo del monte antistante la necropoli eneolitica (III millennio a.C.) di Saint Martin de Corleans in Aosta, o, ancora, vederla sorgere dal mare, alla sua minima stazione (D –29°), esattamente davanti all'apertura del dolmen di BorgioVerezzi (SV).
Solstizi ed equinozi sono stati abbondantemente osservati nella preistoria, come dimostrano le vicende del calendario. Per esempio levate e tramonti solstiziali sono identificabili dall'arce di Alatri (FR) in corrispondenza di porte dell'oppidum e spigoli delle mura. In proposito, si confronti l'importanza che gli antichi attribuivano alle porte cittadine ed alla suddivisione dello spazio (il latino templum) a fini augurali nei rituali descritti nelle "tavole di Gubbio" del III sec. a.C.
E ancora, segni alfabetici e simbolici del Cristianesimo sono stati apposti in epoca medioevale su di una probabile pietra altare pagana al centro di un doppio allineamento verso i tramonti agli equinozi ed al solstizio d'inverno nel comune di Orco Feglino (SV). Per non parlare degli straordinari effetti di luce creati dagli  edificatori  Giotto compreso  della trecentesca Cappella degli Scrovegni di Padova ad esaltazione del crescente culto della Vergine. Si noti bene che l'orientamento delle chiese cristiane verso il sole nascente è stato con accuratezza cercato per secoli su precise disposizioni ecclesiastiche, a dimostrazione che il Cristo è il vero ed unico sol invictus. Ancora oggi, esigenze urbanistiche permettendo, l'abside del tempio è orientato preferibilmente ad est.
Perfino le stelle più luminose ebbero i loro osservatorii nella preistoria  per es. Callanish, Saint Martin de Corleans, Ahlhorn, Odry  ma i loro allineamenti oggi non sono più direttamente visibili a causa della precessione equinoziale. Sembra comunque che siano sempre stati in numero decisamente minore rispetto a quelli lunisolari, benché questa prospettiva possa anche essere in qualche misura deformata dalla nostra difficoltà oggettiva ad identificare i loro allineamenti con sufficientemente sicurezza. Infine qualcuno potrà anche mostrare incredulità di fronte alla constatazione che circa duemila anni prima di Euclide i costruttori di megaliti conoscevano già nozioni di geometria e matematica come i triangoli pitagorici, le unità di misura. le proprietà di alcune figure circolari, il rapporto tra il diametro e la sua circonferenza.

Ecco dunque che ai giorni nostri il modo migliore per rendersi visivamente conto del moto degli astri è quello di costruirsi, magari con qualche paletto dì legno, gli stessi semplici strumenti dei nostri progenitori, ripercorrendo esattamente lo stesso cammino che condusse loro alle prime scoperte astronomiche: si avrà il piacere non solo di acquisire le informazioni cercate nel modo più convincente, ma anche di ripetere la loro medesima esperienza, rendendosi più facilmente conto dei ragionamenti ,dei dubbi e delle meraviglie da essi sperimentati.
 Provate, per esempio, a seguire quotidianamente il cammino apparente dei Sole sull'orizzonte, visibile all'alba od al tramonto per vedere quanto si sposta nel corso dell'anno e quanti giorni impiega: scoprirete così, come i nostri antenati, l’anno tropico. Oppure seguite le oscillazioni mensili della Luna sull'asse del suo arco apparente e scoprirete che esse veramente hanno un'ampiezza di circa 10°, infine, provate a guardare il cielo notturno in alta montagna: vedrete veramente teste di tori, scorpioni, granchi e tutte le altre figure che quei primi astronomi megalitici videro e che noi oggi, attraverso i nostri cieli urbani inquinati, non riusciamo più a distinguere, chiedendoci quale dose di fantasia quegli antichi
dovevano possedere per immaginarsi quelle figure: no, quelle figure ci sono realmente!
Per chi volesse approfondire questa affascinante branca della conoscenza, a metà strada tra l'archeologia e l'astronomia, do qui di seguito una bibliografia minima e ragionata, dalla quale si possono trarre indicazioni per maggiori approfondimenti, con l'avvertenza che il settore è in pieno sviluppo, con produzione continua di lavori monografici e atti di convegni.
 

Suggerimenti bibliografici

 Fondamentali sono i due testi:

* Proverbio E., Archeoastronomia (reti, 1989);

* Romano G., Archeoastronomia italiana (Padova, CLEUP, 1992).

Il primo esclusivamente sui monumenti esteri ed il secondo esclusivamente su quelli italiani. Entrambi riportano nozioni fondamentali sulle tecniche di rilevamento. Ad essi si affiancano bene:

* Cossard G., Quando il cielo non aveva nome (Aosta, Tipografia Valdostana, 1988);

* Cossard G., Le pietre ed il cielo (Cernobbio, Como, Veco, 1993).

Il primo sull'astronomia egiziana, mesopotamica e cinese; il secondo su una sintesi del megalitismo "astronomico" europeo, in parte frutto di sopralluoghi personali dell'Autore.

Per la Britannia e l'Inghilterra:

•     Hadingham E., Circles and standing stones (1975). Tr. it.: 1 misteri dell'antica Britannia (Roma, Newton Compton, 1978).

 Per la paleoastronomia del Paleolitico Superiore:

•  Marshack A., Notation dans les gravures du paléolithique supérieur, Memoire n. 8 (Institute de prehistoire de l'université de Bordeaux, 1970).

 Per l'astronomia precolombiana:

•  Aveni A., Empire of time. Calendars, Clocks and Cultures (1989). Tr. it.: Gli imperi del tempo (Bari,  Dedalo, 1993).

 Per il calendario delle civiltà mediterraneo:

•  Bickerman E.J., La cronologia nel mondo antico (Firenze, La Nuova Italia, 1963).

Per uno sguardo d’insieme al megalitismo europeo e mediterraneo:

•  Bernardini E., Guida alle civiltà megalitiche (Firenze, Vallecchi, 1977).

Infine, per l'astronomia sferica o di posizione e per i problemi di calcolo:

•  Effemeridi nautiche (Genova, Istituto Idrografico della Marina, annuali);
•  Flora F., Astronomia nautica (Milano, Hoepli, 1987);
•  Lenzi E., Determinazioni astronomiche speditive (Firenze, I.G.M., 1967);
•  Tavole nautiche (Genova, Istituto Idrografico della Marina, 1961);
•  Zagar F., Astronomia sferica e teorica (Bologna, Zanichelli, 1948; ristampa anastatica, 1984).

Rammento infine che sono finora usciti gli atti di tre incontri internazionali di archeoastronomia organizzati in Italia e che l'Accademia Nazionale dei Lincei ha istituito convegni biennali permanenti.
 
 

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