ARCHEOASTRONOMIA COME DIDATTICA DELL'ASTRONOMIA
Mario Codebò
Membro: Istituto Internazionale di Studi Liguri
I lettori potranno chiedersi, al primo impatto, che cosa c'entri un
intervento di archeoastronomia in un convegno COAPI. Può entrarci
perché l'astronomia, come ormai tutti sanno, è nata, in Europa,
in età eneolitica (III millennio a.C.) tra i costruttori dei grandi
complessi megalitici Stonehenge, Callanish, Carnac, ecc. che erano,
appunto, degli osservatorii (probabilmente più per scopi di culto
che pratici). In Oriente, Medio ed Estremo, le date vanno arretrate ulteriormente.
E c'è anche chi pensa, pur tra contestazioni anche vivaci, che le
prime osservazioni registrate datino addirittura dal Paleolitico Superiore
Europeo (Marshack, 1970).
Quel che è certo è che quando i popoli si affacciarono
alla storia, con l'invenzione della scrittura, possedevano già un
calendario pressoché completo. In Italia ciò si verificò
agli inizi dell'Età del Ferro (VIII secolo a.C.): i Romani utilizzarono
prima un calendario di 10 mesi attribuito a Romolo e poi uno di 355 giorni,
attribuito al suo successore Numa Pompilio ma in realtà di
epoca decemvirale (451 a.C.) e formato da 12 mesi sinodici. Esso restò
in vigore fino alla riforma cesariana del 46a.C., quando fu introdotto
l'anno di 365 giorni. Tutto ciò testimonia come per
secoli si sia studiato il moto degli astri scoprendone le prime leggi
elementari: si gettavano inconsapevolmente le basi dell'astronomia
di posizione o sferica.
Fino a poche decadi or sono noi utilizzavamo sofisticati strumenti dei
passaggi che hanno reso celebri osservatorii astronomici come Greenwich,
ma i loro predecessori sono da cercarsi nelle varie "Cima 12, Cima del
Mezzodì, Sas del Meszdì e simili, comunissime sulle Alpi.
Chi per esempio volesse osservare la culminazione superiore del Sole non
ha che da recarsi a Pozza (località Méida), in Val di Fassa
CM, dove vedrà il Sole al mezzogiorno locale sulla verticale del
Sasso del Mezzodì o a Genova, in frazione Cremeno, dove potrà
osservare lo stesso fenomeno sulla cima del Bric del Mezzogiorno, o, ancora
meglio, a Sesto, in Val Pusteria (BZ), dove dalla Heidenbuhel (=collina
pagana!) potrà addirittura contare tutte le ore del giorno dalle
9 antimeridiane alle 1 pomeridiane sulle omonime cinque cime.
Chi fosse maggiormente interessato ai moti lunari potrà vedere
la Luna piena alla sua massima stazione (D +29°), ogni 6793 giorni,
specchiarsi a mezzanotte nel pozzo di S. Cristina di Paulilatino (CA),
od occultarsi, alla sua minima stazione (D 29° sul profilo del monte
antistante la necropoli eneolitica (III millennio a.C.) di Saint Martin
de Corleans in Aosta, o, ancora, vederla sorgere dal mare, alla sua minima
stazione (D 29°), esattamente davanti all'apertura del dolmen di BorgioVerezzi
(SV).
Solstizi ed equinozi sono stati abbondantemente osservati nella preistoria,
come dimostrano le vicende del calendario. Per esempio levate e tramonti
solstiziali sono identificabili dall'arce di Alatri (FR) in corrispondenza
di porte dell'oppidum e spigoli delle mura. In proposito, si confronti
l'importanza che gli antichi attribuivano alle porte cittadine ed alla
suddivisione dello spazio (il latino templum) a fini augurali nei rituali
descritti
nelle "tavole di Gubbio" del III sec. a.C.
E ancora, segni alfabetici e simbolici del Cristianesimo sono stati
apposti in epoca medioevale su di una probabile pietra altare pagana al
centro di un doppio allineamento verso i tramonti agli equinozi ed al solstizio
d'inverno nel comune di Orco Feglino (SV). Per non parlare degli straordinari
effetti di luce creati dagli edificatori Giotto compreso
della trecentesca Cappella degli Scrovegni di Padova ad esaltazione del
crescente culto della Vergine. Si noti bene che l'orientamento delle chiese
cristiane verso il sole nascente è stato con accuratezza cercato
per secoli su precise disposizioni ecclesiastiche, a dimostrazione che
il Cristo è il vero ed unico sol invictus. Ancora oggi, esigenze
urbanistiche permettendo, l'abside del tempio è orientato preferibilmente
ad est.
Perfino le stelle più luminose ebbero i loro osservatorii nella
preistoria per es. Callanish, Saint Martin de Corleans, Ahlhorn,
Odry ma i loro allineamenti oggi non sono più direttamente
visibili a causa della precessione equinoziale. Sembra comunque che siano
sempre stati in numero decisamente minore rispetto a quelli lunisolari,
benché questa prospettiva possa anche essere in qualche misura deformata
dalla nostra difficoltà oggettiva ad identificare i loro allineamenti
con sufficientemente sicurezza. Infine qualcuno potrà anche mostrare
incredulità di fronte alla constatazione che circa duemila anni
prima di Euclide i costruttori di megaliti conoscevano già nozioni
di geometria e matematica come i triangoli pitagorici, le unità
di misura. le proprietà di alcune figure circolari, il rapporto
tra il diametro e la sua circonferenza.
Ecco dunque che ai giorni nostri il modo migliore per rendersi visivamente
conto del moto degli astri è quello di costruirsi, magari con qualche
paletto dì legno, gli stessi semplici strumenti dei nostri progenitori,
ripercorrendo esattamente lo stesso cammino che condusse loro alle prime
scoperte astronomiche: si avrà il piacere non solo di acquisire
le informazioni cercate nel modo più convincente, ma anche di ripetere
la loro medesima esperienza, rendendosi più facilmente conto dei
ragionamenti ,dei dubbi e delle meraviglie da essi sperimentati.
Provate, per esempio, a seguire quotidianamente il cammino apparente
dei Sole sull'orizzonte, visibile all'alba od al tramonto per vedere quanto
si sposta nel corso dell'anno e quanti giorni impiega: scoprirete così,
come i nostri antenati, lanno tropico. Oppure seguite le oscillazioni
mensili della Luna sull'asse del suo arco apparente e scoprirete che esse
veramente hanno un'ampiezza di circa 10°, infine, provate a guardare
il cielo notturno in alta montagna: vedrete veramente teste di tori, scorpioni,
granchi e tutte le altre figure che quei primi astronomi megalitici videro
e che noi oggi, attraverso i nostri cieli urbani inquinati, non riusciamo
più a distinguere, chiedendoci quale dose di fantasia quegli antichi
dovevano possedere per immaginarsi quelle figure: no, quelle figure
ci sono realmente!
Per chi volesse approfondire questa affascinante branca della conoscenza,
a metà strada tra l'archeologia e l'astronomia, do qui di seguito
una bibliografia minima e ragionata, dalla quale si possono trarre indicazioni
per maggiori approfondimenti, con l'avvertenza che il settore è
in pieno sviluppo, con produzione continua di lavori monografici e atti
di convegni.
Suggerimenti bibliografici
Fondamentali sono i due testi:
* Proverbio E., Archeoastronomia (reti, 1989);
* Romano G., Archeoastronomia italiana (Padova, CLEUP, 1992).
Il primo esclusivamente sui monumenti esteri ed il secondo esclusivamente su quelli italiani. Entrambi riportano nozioni fondamentali sulle tecniche di rilevamento. Ad essi si affiancano bene:
* Cossard G., Quando il cielo non aveva nome (Aosta, Tipografia Valdostana, 1988);
* Cossard G., Le pietre ed il cielo (Cernobbio, Como, Veco, 1993).
Il primo sull'astronomia egiziana, mesopotamica e cinese; il secondo su una sintesi del megalitismo "astronomico" europeo, in parte frutto di sopralluoghi personali dell'Autore.
Per la Britannia e l'Inghilterra:
Hadingham E., Circles and standing stones (1975). Tr. it.: 1 misteri dell'antica Britannia (Roma, Newton Compton, 1978).
Per la paleoastronomia del Paleolitico Superiore:
Marshack A., Notation dans les gravures du paléolithique supérieur, Memoire n. 8 (Institute de prehistoire de l'université de Bordeaux, 1970).
Per l'astronomia precolombiana:
Aveni A., Empire of time. Calendars, Clocks and Cultures (1989). Tr. it.: Gli imperi del tempo (Bari, Dedalo, 1993).
Per il calendario delle civiltà mediterraneo:
Bickerman E.J., La cronologia nel mondo antico (Firenze, La Nuova Italia, 1963).
Per uno sguardo dinsieme al megalitismo europeo e mediterraneo:
Bernardini E., Guida alle civiltà megalitiche (Firenze, Vallecchi, 1977).
Infine, per l'astronomia sferica o di posizione e per i problemi di calcolo:
Effemeridi nautiche (Genova, Istituto Idrografico della Marina,
annuali);
Flora F., Astronomia nautica (Milano, Hoepli, 1987);
Lenzi E., Determinazioni astronomiche speditive (Firenze, I.G.M.,
1967);
Tavole nautiche (Genova, Istituto Idrografico della Marina,
1961);
Zagar F., Astronomia sferica e teorica (Bologna, Zanichelli,
1948; ristampa anastatica, 1984).
Rammento infine che sono finora usciti gli atti di tre incontri internazionali
di archeoastronomia organizzati in Italia e che l'Accademia Nazionale dei
Lincei ha istituito convegni biennali permanenti.