ARCHEOASTRONOMIA
LIGUSTICA
Pubblicato
in: Bollettino dell'Osservatorio Astronomico di Genova, n. 68, Genova, pp.
34-37.
L’ARCHEOASTRONOMIA
COME DIDATTICA DELL'ASTRONOMIA
Mario Codebò
I lettori
potranno chiedersi, al primo impatto, che cosa c'entri un intervento di
archeoastronomia in un convegno COAPI. Può entrarci perché l'astronomia, come
ormai tutti sanno, è nata, in Europa, in età eneolitica (III millennio a.C.)
tra i costruttori dei grandi complessi megalitici Stonehenge, Callanish,
Carnac, ecc. che erano, appunto, degli
osservatorii (probabilmente più per scopi di culto che pratici). In Oriente,
Medio ed Estremo, le date vanno arretrate ulteriormente. E c'è anche chi pensa,
pur tra contestazioni anche vivaci, che le prime osservazioni registrate datino
addirittura dal Paleolitico Superiore Europeo (Marshack, 1970).
Quel
che è certo è che quando i popoli si affacciarono alla storia, con l'invenzione
della scrittura, possedevano già un calendario pressoché completo. In Italia
ciò si verificò agli inizi dell'Età del Ferro (VIII secolo a.C.): i Romani
utilizzarono prima un calendario di 10 mesi attribuito a Romolo e poi uno di
355 giorni, attribuito al suo successore Numa Pompilio ma in realtà di epoca decemvirale (451 a.C.)
– e formato da 12 mesi sinodici. Esso restò in vigore fino alla riforma
cesariana del 46a.C., quando fu introdotto l'anno di 365 giorni. Tutto ciò
testimonia come per secoli si sia studiato il moto degli astri scoprendone le
prime leggi elementari: si gettavano
inconsapevolmente le basi
dell'astronomia di posizione o sferica.
Fino
a poche decadi or sono noi utilizzavamo sofisticati strumenti dei passaggi che
hanno reso celebri osservatorii astronomici come Greenwich, ma i loro
predecessori sono da cercarsi nelle varie "Cima 12, Cima del Mezzodì, Sas
del Meszdì e simili, comunissime sulle Alpi. Chi per esempio volesse osservare
la culminazione superiore del Sole non ha che da recarsi a Pozza (località
Méida), in Val di Fassa CM, dove vedrà il Sole al mezzogiorno locale sulla
verticale del Sasso del Mezzodì o a Genova, in frazione Cremeno, dove potrà
osservare lo stesso fenomeno sulla cima del Bric del Mezzogiorno, o, ancora
meglio, a Sesto, in Val Pusteria (BZ), dove dalla Heidenbuhel (=collina
pagana!) potrà addirittura contare tutte le ore del giorno dalle 9
antimeridiane alle 1 pomeridiane sulle omonime cinque cime.
Chi
fosse maggiormente interessato ai moti lunari potrà vedere la Luna piena alla
sua massima stazione (D +29°), ogni 6793 giorni, specchiarsi a mezzanotte nel
pozzo di S. Cristina di Paulilatino (CA), od occultarsi, alla sua minima
stazione (D – 29° sul profilo del monte antistante la necropoli eneolitica (III
millennio a.C.) di Saint Martin de Corleans in Aosta, o, ancora, vederla
sorgere dal mare, alla sua minima stazione (D –29°), esattamente davanti
all'apertura del dolmen di BorgioVerezzi (SV).
Solstizi
ed equinozi sono stati abbondantemente osservati nella preistoria, come
dimostrano le vicende del calendario. Per esempio levate e tramonti solstiziali
sono identificabili dall'arce di Alatri (FR) in corrispondenza di porte dell'oppidum e spigoli delle mura. In
proposito, si confronti l'importanza che gli antichi attribuivano alle porte cittadine
ed alla suddivisione dello spazio (il latino templum) a fini augurali nei rituali descritti nelle "tavole
di Gubbio" del III sec. a.C.
E
ancora, segni alfabetici e simbolici del Cristianesimo sono stati apposti in
epoca medioevale su di una probabile pietra altare pagana al centro di un
doppio allineamento verso i tramonti agli equinozi ed al solstizio d'inverno
nel comune di Orco Feglino (SV). Per non parlare degli straordinari effetti di
luce creati dagli edificatori Giotto compreso della trecentesca Cappella degli Scrovegni di
Padova ad esaltazione del crescente culto della Vergine. Si noti bene che
l'orientamento delle chiese cristiane verso il sole nascente è stato con
accuratezza cercato per secoli su precise disposizioni ecclesiastiche, a
dimostrazione che il Cristo è il vero ed unico sol invictus. Ancora oggi, esigenze urbanistiche permettendo,
l'abside del tempio è orientato preferibilmente ad est.
Perfino
le stelle più luminose ebbero i loro osservatorii nella preistoria per es. Callanish, Saint Martin de Corleans,
Ahlhorn, Odry ma i loro allineamenti
oggi non sono più direttamente visibili a causa della precessione equinoziale.
Sembra comunque che siano sempre stati in numero decisamente minore rispetto a
quelli lunisolari, benché questa prospettiva possa anche essere in qualche
misura deformata dalla nostra difficoltà oggettiva ad identificare i loro
allineamenti con sufficientemente sicurezza. Infine qualcuno potrà anche
mostrare incredulità di fronte alla constatazione che circa duemila anni prima
di Euclide i costruttori di megaliti conoscevano già nozioni di geometria e
matematica come i triangoli pitagorici, le unità di misura. le proprietà di
alcune figure circolari, il rapporto tra il diametro e la sua circonferenza.
Ecco
dunque che ai giorni nostri il modo migliore per rendersi visivamente conto del
moto degli astri è quello di costruirsi, magari con qualche paletto dì legno,
gli stessi semplici strumenti dei nostri progenitori, ripercorrendo esattamente
lo stesso cammino che condusse loro alle prime scoperte astronomiche: si avrà
il piacere non solo di acquisire le informazioni cercate nel modo più
convincente, ma anche di ripetere la loro medesima esperienza, rendendosi più
facilmente conto dei ragionamenti ,dei dubbi e delle meraviglie da essi
sperimentati.
Provate,
per esempio, a seguire quotidianamente il cammino apparente dei Sole
sull'orizzonte, visibile all'alba od al tramonto per vedere quanto si sposta
nel corso dell'anno e quanti giorni impiega: scoprirete così, come i nostri
antenati, l’anno tropico. Oppure seguite le oscillazioni mensili della Luna
sull'asse del suo arco apparente e scoprirete che esse veramente hanno
un'ampiezza di circa 10°, infine, provate a guardare il cielo notturno in alta
montagna: vedrete veramente teste di tori, scorpioni, granchi e tutte le altre
figure che quei primi astronomi megalitici videro e che noi oggi, attraverso i
nostri cieli urbani inquinati, non riusciamo più a distinguere, chiedendoci
quale dose di fantasia quegli antichi dovevano possedere per immaginarsi quelle
figure: no, quelle figure ci sono realmente!
Per chi volesse approfondire questa affascinante
branca della conoscenza, a metà strada tra l'archeologia e l'astronomia, do qui
di seguito una bibliografia minima e ragionata, dalla quale si possono trarre
indicazioni per maggiori approfondimenti, con l'avvertenza che il settore è in
pieno sviluppo, con produzione continua di lavori monografici e atti di
convegni.
Suggerimenti
bibliografici
Fondamentali sono i due testi:
* Proverbio E.,
Archeoastronomia (reti, 1989);
* Romano G., Archeoastronomia italiana (Padova,
CLEUP, 1992).
Il primo esclusivamente sui monumenti esteri ed il
secondo esclusivamente su quelli italiani. Entrambi riportano nozioni fondamentali
sulle tecniche di rilevamento.
Ad essi si affiancano bene:
* Cossard G., Quando il cielo non aveva nome (Aosta, Tipografia Valdostana, 1988);
* Cossard G., Le pietre ed il cielo (Cernobbio, Como,
Veco, 1993).
Il primo sull'astronomia egiziana, mesopotamica e
cinese; il secondo su una sintesi del megalitismo "astronomico"
europeo, in parte frutto di sopralluoghi personali dell'Autore.
Per la Britannia e l'Inghilterra:
* Hadingham E., Circles and standing stones (1975). Tr. it.: 1 misteri
dell'antica Britannia (Roma, Newton Compton, 1978).
Per la paleoastronomia del Paleolitico Superiore:
* Marshack A., Notation dans les gravures du paléolithique supérieur, Memoire n. 8 (Institute de prehistoire de
l'université de Bordeaux, 1970).
Per l'astronomia precolombiana:
* Aveni A., Empire of time. Calendars, Clocks and
Cultures (1989). Tr. it.: Gli imperi
del tempo (Bari, Dedalo, 1993).
Per il calendario delle civiltà mediterranee:
* Bickerman
E.J., La cronologia nel mondo antico (Firenze, La Nuova Italia, 1963).
Per uno sguardo d’insieme al megalitismo europeo e
mediterraneo:
* Bernardini
E., Guida alle civiltà megalitiche (Firenze, Vallecchi, 1977).
Infine, per l'astronomia sferica o di posizione e per
i problemi di calcolo:
* Effemeridi nautiche (Genova, Istituto Idrografico della Marina, annuali);
* Flora F., Astronomia nautica (Milano, Hoepli, 1987);
* Lenzi E., Determinazioni astronomiche speditive (Firenze,
I.G.M., 1967);
* Tavole nautiche (Genova, Istituto
Idrografico della Marina, 1961);
* Zagar F., Astronomia sferica e teorica (Bologna,
Zanichelli, 1948; ristampa
anastatica, 1984).
Rammento infine che sono finora usciti gli atti di tre
incontri internazionali di archeoastronomia organizzati in Italia e che
l'Accademia Nazionale dei Lincei ha istituito convegni biennali permanenti.