ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA
Pubblicato in: Studi Piemontesi, vol. XXX, fasc. 2, novembre 2001, Rivista interdisciplinare del Centro Studi Piemontesi, Torino, pp. 489-502.
AUGUSTA BAGIENNORUM (REGIO IX): UNA
CITTA’ ASTRONOMICAMENTE ORIENTATA
Piero Barale, Mario Codebò, Henry De Santis*
“Io solo custodisco il vostro
universo e il diritto di volgerlo
sui cardini è tutto in mio potere”
(Ovidio, Fasti)
Sull’attuale terrazzo della Roncaglia di Bene Vagienna (1), dove probabilmente sorgeva l’antica “Bennae o Baginnas”(2), venne edificato durante il principato di Ottaviano Augusto un organizzato insediamento romano. Questo nuovo centro, probabilmente sorto in prossimità di un precedente abitato (3) - per ora non riscontrato archeologicamente – riconosciuto dai romani come il “Caput gentis” (capitale) dei Ligures Bagienni, antico popolo di origine indoeuropea (4), non si sviluppò tutto di getto, ma fu probabilmente il risultato di una graduale evoluzione urbanistica inizialmente favorita da un hospitium publicum, ovvero un contratto statale di ospitalità che poteva regolare i rapporti tra romani e indigeni.
Con la sistemazione di nuovi
mercati, sorti in quest’area all’inizio del I sec. a.C. (5), l’abitato dei Bagienni, che da alcune tracce archeologiche
si può far risalire alla seconda età del Ferro (6),
sembrerebbe aver assunto, dalle eventuali e disarticolate strutture
protostoriche, l’assetto di vero e proprio Emporium o Forum.
La definizione urbana di questo insediamento, già menzionato da Plinio il
vecchio tra i nobilia oppida dell’antica Liguria (7),
si era svolta, come ci ricorda la Cresci Marrone, all’insegna della continuità
del centro indigeno in età augustea (8),
forse tra il 15 e il 14 a.C. durante le campagne militari condotte da Druso e
Tiberio nelle Alpi Marittime. Sebbene rimangano dubbie le modalità e la
cronologia della fondazione è verosimile che tale insediamento sia posteriore
al 27 a.C. (anno in cui Ottaviano acquisì il titolo di “Augusto”) e quindi
collocabile a pieno titolo all’età mesoaugustea, periodo legato ad un preciso
programma di “consacrazione” della figura dell’imperatore.
L’antico spazio romano.
Questa antica città, che in
alcune iscrizioni viene chiamata semplicemente “Bagenni” (9), sembrerebbe quindi impostata su una
preesistente area protourbana, caratterizzata da una particolare struttura
destinata con molta probabilità ad ospitare un conventus civium, ossia un
consorzio ufficiale di commercianti romani. Un simile impianto, che può essere
considerato un Forum in senso romano (centro commerciale e religioso), legato
forse ad una prima sistemazione più modesta, era costituito, come emerge con
molta chiarezza dallo scavo archeologico effettuato nel 1942, da un’area chiusa
su tre ali da un criptoportico (10).
Questa impostazione strutturale, che presenta una stretta analogia d’impianto
con il foro di Augusta Praetoria Salassorum (Aosta) (11), secondo il Carducci “non è nata così tutta di getto ma è il
risultato di una evoluzione più o meno lenta” (12).
In ogni caso le conseguenze di tale sviluppo urbanistico, che di primo acchito
sembrerebbero determinate dalla conformazione geografica del luogo, dovettero
seguire lo schema adottato in genere per gli accampamenti militari.
Benché nato in modo spontaneo, il nobilissimum oppidum dei Liguri Bagienni finì
con l’assumere un impianto esemplare. L’organizzazione urbanistica, progettata
sicuramente a tavolino, ma come ci informa il Sartori, non necessariamente ex
novo (13), venne avviata sin dalla
fondazione verso un probabile, progressivo potenziamento che dovette rispettare
l’esistenza del nucleo precedente, il quale avrebbe con la sua ubicazione imposto
quella dell’area forense.
L’asse di questa struttura condizionato innanzitutto dall’andamento,
sostanzialmente perpendicolare del torrente Mondalavia, che delimita,
attraverso un relativo salto di quota, il margine Sud-Est dell’antico abitato,
si dovette esprimere, nel modo classico romano, secondo il concetto del
tracciato ortogonale, e probabilmente anche dell’orientamento astronomico.
Quindi è possibile che l’antico Forum dei Bagienni, spazio quadrangolare
assialmente organizzato, non fosse arbitrario ma derivasse dalla delimitazione
e dall’orientamento del templum celeste determinato nel rito di fondazione.
In quest’ottica di preventivazione dei venturi spazi urbani, la primitiva maglia del Forum bagienno, privilegiando l’andamento NE/SW, impostò, come delinea la planimetria del Ferrua (14), l’asse del Kardo-dinis. La realizzazione di questo rettifilo, che secondo le regole teoriche (teoremi già ben espressi dal Müller) doveva essere orientato sul meridiano del luogo, ovvero sullo stesso piano dell’asse del mondo (Nord-Sud), materializzava al suolo il “cardine” attorno al quale ruota l’emisfero celeste. Il cardo si doveva poi intersecare ad angolo retto con il decumano (decumanus), rettifilo secondario che rappresentava la traiettoria solare da Est ad Ovest (15). Nonostante questa rigida struttura simbolica non fosse quasi mai rispettata, - perché veniva verosimilmente prediletta un’organizzazione assiale che ben si adattasse alle forme del paesaggio circostante - esistono tuttavia indizi tali da poter postulare che nel caso dell’Augusta dei Bagienni alla praticità cosiddetta “castrense” si accompagni una certa “superstizione” rituale di antichissima origine che sembrerebbe testimoniare un simile ordine cosmico.
La fondazione, un rituale che coinvolgeva il mondo sotterraneo e quello celeste.
La fondazione di un nuovo centro costituiva un atto importante e ufficiale dello stato romano; una simile iniziativa veniva decisa esclusivamente a Roma e comportava un complesso rituale che determinava la presa di possesso integrale dell’area prescelta, annullando le precedenti divisioni e proprietà. Una simile organizzazione, punto di partenza per la conquista del territorio, veniva considerata una “manifestazione di un ordine cosmico prestabilito” (16), dove il nucleo insediativo concretizzava una particolare immagine “cosmologica”.
Secondo le regole relative alla fondazione, antico cerimoniale etrusco che i romani fecero proprio e che tramandarono attraverso manuali redatti da alcuni loro scrittori, doveva essere individuato il “templum” celeste (17). Questa porzione di cielo, che costituiva lo specifico campo d’osservazione dell’augure, veniva delimitata al suolo dal “recinto augurale”, un quadrilatero disposto lungo gli assi cardinali dove nove punti di riferimento (18) permettevano di verificare, attraverso gli auspici, la disponibilità e la benevolenza degli dèi verso ogni nuova azione.
La volontà di questi ultimi poteva, secondo tale cerimoniale, manifestarsi ex avibus, con l’esame del volo degli uccelli (infatti auspicium deriva da avis, “uccello”, e spicere, “osservare”), o ex caelo, con fenomeni naturali, quali fulmini e tuoni.
Di “volo di uccelli” si parla, appunto, nella cerimonia propiziatoria con cui ha inizio il sacro testo di Gubbio. Queste Tavole, rinvenute nella cittadina umbra nel 1444, contengono un testo religioso che risulta essere molto più antico della redazione delle medesime, che si fa risalire al III-II Sec. a.C.
Dalla traduzione del prof. Giacomo Devoto si può da alcuni paragrafi, chiaramente comprendere che questo rituale, chiamato Persklum o Persclo, iniziava con la cerimonia “espiatoria” così impostata:
“La si inizi con l’osservazione
degli uccelli, quelli che spettano alla regione anteriore e quelli che spettano
alla regione posteriore…..”
(La regione anteriore corrispondeva al Sud e quella posteriore al Nord).
Oppure:
“La si inizi con l’osservazione degli uccelli, il picchio verde e la cornacchia
da occidente, oppure il picchio e la gazza da oriente” (19).
Dopo un attenta osservazione del templum l’augure determinava la direzione “fondamentale” del cardine, orientamento che secondo il Corpus agrimensorum veniva imposto dal sacerdote al gromatico o agrimensore (mensor). Stabilito l’asse cardinale e sempre con l’accordo degli dèi, veniva tracciato il post murum (dietro il muro , da cui pomerium), cioè il perimetro di confine che delimitava la zona franca, che nel caso dell’Augusta dei Bagienni poteva costituire la “maglia primogenita” dello stesso Forum. In questo agro (ager) che in tal modo diventa effatus, cioè dichiarato, e liberatus, ossia libero da qualsiasi presenza pericolosa, troveranno posto in un apposito recinto i templa. Questo particolare locus religiosus, che verso l’inizio del II sec. d.C. (20) verrà ulteriormente ampliato e monumentalizzato, a dimostrazione della sua importanza e del suo valore sacro, oltre essere effatus e liberatus, è anche consecratus, ovvero distinto dal suolo normale dell’intera fondazione in quanto riservato alle divinità.
Di questo sacello, che secondo i due archeologi benesi il dott. Giuseppe Assandria e il prof. Giovanni Vacchetta, un’epigrafe da Dogliani (Corpus Inscriptionum Latinarum, V, 7670) ci ricorda un pontifex, Publio Castricio Secondo, si rinvennero le favisse, ossia i depositi votivi dei quali il Muratori cita nell’Augusta dei Vagienni “un corno di bue trovato nelle favisse” (21). Uno di questi pozzi poteva verosimilmente costituire il “mundus”, una sorta di fossa di fondazione dove la dimensione orizzontale determinava l’estensione del nuovo insediamento e nello stesso tempo separava l’ager dal resto del mondo. Inoltre questo pozzo, attraverso la sua dimensione verticale, manteneva, secondo tale credo, il collegamento del nuovo insediamento con il mondo infero dei Mani, e quello della volta del cielo degli dii caelestes.
Gli orientamenti astronomici dell’antica “città Augustea”.
La Forma Urbis, ovvero la pianta urbana dell’Augusta Bagiennorum tracciata non oltre al 4 a.C. (22) e verosimilmente sulla primitiva distribuzione del Forum, determinò la sua definitiva estensione attraverso il sistema di difesa e la posizione delle porte. Dagli scavi eseguiti nel 1907 e 1909 “…oltre ai due metri di profondità nella parete dello scavo tagliato accuratamente a picco si presentò evidentissima e netta una linea limitante il terreno argilloso perfettamente vergine, costituente il fondo di un grande fosso colmato dal terriccio dello scavo abbondantemente commisto di detriti laterizi di cocci di vasi ecc… Detta linea risulta una spezzata regolare avente in alto una larghezza di m. 7,50 e al fondo un piano di un metro, a circa m. 1,40 sotto il livello attuale del terreno, con due scarpate, una di 4 metri di dolce declivio verso l’esterno e l’altra di m. 2,50 assai più rapida verso l’interno, dove tal scarpata doveva proseguire ad innalzarsi a terrapieno formato dal terreno estratto dal fosso, come è sistema in opere simili di difesa; sul terrapieno doveva esistervi una palizzata costituente pur essa un notissimo sistema di difesa. Trattasi qui evidentemente del Vallum e la conservatissima sua delineazione ci spiega la mancanza del muro di cinta” (23). A differenza dei centri taurino (Augusta Taurinorum) e salasso (Augusta Praetoria Salassorum), città provviste di mura, la cinta difensiva dell’Augusta dei Bagienni, costituita da un vallum-fossato, che, a quanto sembra, cadde in disuso già in epoca antica, pare avesse uno scopo più “simbolico-rituale” che protettivo. Secondo Plutarco (46-120 d.C.) le cortine difensive erano semplicemente protette dalla sanctitas della fondazione, a differenza delle porte che cadevano sotto la giurisdizione dello ius, ovvero uno status di natura giuridica.
Catone il Censore, nel II sec. a.C., descrive nelle sue Origines il complesso rituale che presiedeva la realizzazione del sulcus primigenius: “I fondatori aggiogavano un toro bianco a destra e una vacca bianca dalla parte interna. Cinti alla maniera di Gabi (città laziale), e cioè con il capo coperto da un lembo della toga rimboccata (cintus Gabinus), essi tenevano il manico dell’aratro (con il vomere in bronzo) piegando in modo da far ricadere le zolle all’interno (la terra respinta dal vomere simboleggiava il vallum; il solco, la fossa). E nel tracciare il solco in questo modo essi segnavano il corso delle mura, sollevando l’aratro in corrispondenza del luogo delle porte”.
Questo tracciato non costituiva, però, una regola fissa: oltre alle città a pianta quadrata o rettangolare abbiamo centri con perimetrali mistilineo, come nel nostro caso, dove è stato tracciato, per una lunghezza di 1874 metri (circa 1249 passus), un sulcus a forma leggermente trapezoidale (m 586, 385, 535, 368) (24).
A questo punto il gromatico, partendo dall’orientamento del cardine poteva, tramite un apposito strumento chiamato groma, tracciare le linee tra loro perpendicolari lungo le quali venivano impostate le varie contrade.
La maglia stradale dell’Augusta Bagiennorum si sviluppa quindi su una griglia di vie ortogonali privilegiando l’andamento trasversale in cui si riconosce l’asse dei templa, segno tangibile del significato rituale della nascita della città. Quindi l’antico locus religiosus, dotato di una sua propria dignitas, dovette determinare lo sdoppiamento dell’asse viario primario in due Kardines Maximi anziché uno solo (25).
L’attento studio della topografia locale e le numerose misurazioni in situ hanno permesso di appurare che l’asse dei templa, facilmente rilevabile dalle prospettiche e visibili strutture di fondazione dei sacelli, si snoda in direzione chiaramente Sud-Est e quindi acquisirebbe un’importanza basilare perché coerente con l’orientamento dei cardini. Questo asse “monumentale”, identificabile nel podio del tempio principale (il Capitolium ? – tempio, in genere, solenne, che risale alla fondazione delle città) (26) e nelle fondamenta di quello adiunctum, forse dedicato a Diòniso (27) e riconducibile all’epoca flavia, costituisce un interessante oggetto di indagine archeoastronomica. Tale convincimento, nato nel 1998 durante il rilevamento del Nord-Magnetico dell’area archeologica della Roncaglia, oltre a ridefinire la proposta d’orientamento dell’Assandria e del Vacchetta, con una correzione di circa 18°32’ in senso antiorario rispetto al precedente riferimento, ha imposto di verificare se i costruttori dell’antica città l’avessero orientata in modo da segnare l’occorrenza del solstizio d’inverno.
Nonostante i percorsi dei due
Kardines Maximi (KM 1 e KM 2) non siano conservati in vista, da una precisa
misurazione effettuata sull’asse dei templa, si è potuto rilevare che l’Augusta
Bagiennorum è stata orientata astronomicamente come altre città romane della
cisalpina. Le osservazioni dirette effettuate il 24 dicembre 1999 e ripetute il
21 dicembre del 2000 hanno permesso di localizzare e misurare il punto
dell’orizzonte sul quale leva il Sole quando la sua declinazione raggiunge il
minimo valore (?? = – 23°26’21,448”). Rapportando i dati rilevati rispetto
l’orientamento dell’asse dei due templi affronti, si sono stabiliti i seguenti
azimut:
Tavola 1. Rilievo eseguito da Barale in località fraz. Roncaglia strada mezzana e area Archeologica (Bene Vagienna Cn) nei giorni 24/12/99 e 21/12/2000.
QUOTA ALTIMETRICA m
339 s.l.m. |
Foglio I.G.M.I.
1:25 000 – F°. 80 - I S.E. BENE VAGIENNA, |
DIREZIONE MISURATA(Ax Templa) Ora Rilev.8:17 (Solare) |
Coordinate medie ottenute mediante 2 Bussole Azimutali: LENSATIC COMPASS 20210 (a liquido) Divisione Quadrante 360° e 6400 mils RECTA DP 6 (a liquido). Divisione Quadrante 360° |
DECLINAZIONE MAGNETICA delta (- 5°10’ Al 01/01/1948) I.G.M.I. |
ALTEZZA ORIZZONTE VISIBILE (ho): |
ORIZZONTE VISIBILE |
delta Relativa:
-1°38' (IGMI) |
1,2° |
Langa |
AZIMUTH MAGNETICO |
MERIDIANO GEOGRAFICO (Rilevato) |
(alba solstizio d'inverno): 126°28' Ax Templa 130° 29’ |
358° 33’ (Magnetici) |
Siccome i dati misurati possono essere relativamente compromessi da alcuni fattori di disturbo Barale ha inserito altrettanti valori di correzione:
Tavola 2.
FATTORE DI DISTURBO |
VALORE NOMINALE |
VALORE SCELTO |
PUNTO DELL’ORIZZONTE |
RIFRAZIONE ATMOSFERICA |
Da 0’ a 30’ |
+ 15’ |
Punto di massima amplitudine |
PARALLASSE |
8” |
Trascurabile |
Punto di massima amplitudine |
VARIAZIONE DELL’OBLIQUITA’ DELL’ECLITTICA |
Dall’anno 0 al 2000 d.C. scostamento pari ai ¾ del diametro apparente del Sole (32’) |
+ 24’ |
Punto di massima amplitudine |
SCOSTAMENTO DEL DISCO SOLARE SULL’ORIZZONTE |
Dal primo bagliore al disco tangente l’orizzonte si valuta un arco di 18’ |
+ 9’ |
Punto di massima amplitudine |
AZIMUTH MAGNETICO CORRETTO |
( alba solstizio d'inverno): 127° 16’ |
|
|
Da questi dati si evince che i rilevamenti effettuati hanno fornito un azimut magnetico di 130°29’(Ax Templa), un valore che si avvicina abbastanza a 127°16’( alba solstizio d'inverno).
L’intero tracciato a scacchiera dell’antica città romana dunque risulta all’incirca orientato sul sorgere del Sole al solstizio invernale, con una deviazione azimutale di soli 3°13’, ma per avere un valore di declinazione affidabile è stato necessario misurare astronomicamente il sito.
Le misure astronomiche dell’allineamento dei due templi, effettuate dagli autori mediante teodolite e squadro sferico graduato, hanno confermato le indicazioni ottenute con le bussole azimutali ed hanno permesso di calcolare con precisione la declinazione cui sottende l’allineamento in questione.
Tavola 3. Rilievi eseguiti da Codebò e De Santis in
località fraz. Roncaglia strada mezzana e area Archeologica (Bene Vagienna Cn)
nei giorni 23/09/00 e 11/02/2001.
QUOTA ALTIMETRICA m 339 s.l.m. LATITUDINE 44°33’41” N LONGITUDINE 7°51’12 E |
Coordinate ottenute mediante GPS Maggellan310 (Lat/Long, UTM/UPS) Precisione 15 – 30 mt RMS |
|
DATA 23/09/00 |
ANGOLO MISURATO |
AZIMUTH ASSE TEMPIO |
tm 12h20m52s |
32,60g |
129°40’41,02” |
tm 12h51m33s |
46,95g |
127°19’36,33” |
Azimuth medio |
H vera |
Declinazione sottesa |
128°30’08,67” |
2°14’25,56” |
-24°34’09,80” |
Misurazioni effettuate con:MEOPTA Tlc 605-05 (Teodolite a lettura diretta di un primo di grado centesimale)SQUADRO SFERICO GRADUATO (strumento a lettura diretta di 5’ primi di grado centesimale).
I calcoli svolti hanno confermato che i due templi sono sullo stesso asse, rivolto al sorgere del sole al solstizio d’inverno, in quanto il valore di declinazione si discosta solamente di poco meno di un grado dall’alba solstiziale essendo la declinazione del Sole al solstizio d’inverno di duemila anni fa pari a –23°41’, calcolata con la formula di Laskar (J. Meeus, Astronomical algorithms, Richmond, 1998).
L’altezza vera è stata determinata, non senza difficoltà, con l’uso del teodolite il giorno 11/02/2001, quando, essendo il cielo molto limpido, è stato possibile rilevare con esaustiva precisione l’altezza dell’orizzonte visibile nella direzione misurata.
Riportare sulla carta le coordinate geografiche esatte del sito è apparso alquanto difficoltoso, dato che il tempio principale non è segnalato sulla C.T.R. (Narzole 1:10 000), e comunque a causa della differenza esistente tra la suddetta tavola ed il foglio I.G.M.I. 1:25 000, è stato necessario effettuare diverse rilevazioni attraverso l’utilizzo del sistema satellitare “GPS” (Global Position System) sotto altrettanti punti notevoli, quali la chiesetta di San Pietro alla Roncaglia (44°33’41”N – 7°51’12”E, Q.m 345), la chiesa di S.ta Maria di Roncaglia (44°33’47”N – 7°51’34”E, Q.m 342), la chiesa della frazione Podio (44°33’48”N – 7°50’18”E, Q.m 373), il tempio adiunctum (44°33’36”N – 7°51’21”E, Q.m 340) e il tempio principale (44°33’41”N – 7°51’12”E, Q.m 354).
Ogni punto di stazione misurato è stato contrassegnato con il sistema dei “Landmark”, triangolando successivamente tali punti tra loro, nonché col tempio principale da cui si misurava, è stato possibile ottenere la rotta e la distanza da seguire per il raggiungimento di ogni sito, tale “ragnatela” di dati, riportati graficamente, hanno permesso di determinare con grande precisione le coordinate geografiche del luogo di misura.
Un così buon orientamento dell’asse dei templa, che venne chiaramente facilitato dal luogo aperto e pianeggiante, è addirittura paragonabile a quello riscontrato nell’etrusca Misa (Marzabotto), dove il cardo massimo della città si scosta di appena 2°31’ rispetto alla direzione meridiana (28).
Inoltre si sa che i gromatici romani, a differenza di quelli etruschi che rispettavano più attentamente alcune regole astronomiche, per determinare “ab imis” la direzione fondamentale di una nuova fondazione, applicavano, rispetto all’impostazione determinata dagli auguri, alcune correzioni di ordine pratico. I criteri seguiti, erano basati fondamentalmente sulla funzionalità del nuovo insediamento. Il reticolato urbano doveva essere orientato sulla direzione della pendenza del terreno, in modo da permettere, con molta facilità, la realizzazione di sistemi drenanti funzionali e a basso costo.
Gli scavi dei due studiosi benesi portarono all’identificazione di una particolare articolazione viaria e fognaria a maglie ortogonali, che estendendosi per circa 21 ettari venne impostata dall’incrocio (gromae locus) dei Kardines con il cosiddetto Decumanus Maximus. Questa griglia urbana, strutturata nel caratteristico impianto ad ali codificato da Ippodamo di Mileto (29), pare possa proporre tutti quegli elementi dettati da una specifica volontà di seguire, pure per il decumano, un orientamento non solo geomorfologico e topografico, ma anche astronomico. In questo caso sembrerebbe che il maggior rispetto per questi criteri d’orientamento sia una prerogativa delle porte urbiche disposte, come attesta la ripresa fotogrammetrica del sito della Roncaglia, ai due estremi del Decumano Massimo, all’incirca sull’attuale percorso della via mezzana detta “Saracena” o dei “Carabini” (30).
Anche in età augustea, quando le porte urbiche diventano veri e propri edifici monumentali-celebrativi, quindi, una precisa ed efficace attestazione visiva dell’importanza e del prestigio della città, non vennero meno particolari fattori simbolici e rituali di atavica origine.
Verso le partizioni del cielo ritenute “sfavorevoli”, si affacciava la “porta Sud-Ovest” o Porta Decumana (31). Questo accesso, attualmente interrato, costituito da una facciata di m 9,80 di larghezza racchiusa da due torri angolari (quadrate esternamente e circolari internamente), fu scoperto durante gli scavi condotti dall’Assandria e dal Vacchetta nel 1900 e risultò essere situato nel punto d’incontro tra il decumano e la cosiddetta via delle Gallie (32). L’orientamento di questo accesso monumentalizzato, che in questo caso non risulta impostato sull’andamento dei due rettifili stradali, stabilito attraverso il rilevamento azimutale dell’emergente basamento della torre urbica Sud-occidentale, si allinea perpendicolarmente al tratto del vallum di ponente. E’ probabile che il peculiare ruolo simbolico-celebrativo della Porta Decumana abbia portato ad una particolare attenzione nel disporre ed orientare tale accesso. Secondo le regole castrensi questa porta doveva opporsi all’avanzata di un possibile nemico, proveniente, in questo caso, dalle Alpi Marittime (33). Nonostante questa interpretazione appaia la più plausibile, essendo tale accesso da connettersi al ruolo di monito, attuato appunto dalla massività delle torri (m 6,60 di lato), non conviene tuttavia tralasciare altri fattori potenzialmente del pari importanti come quelli astronomici. In questo modo i due fornices e il cavaedium (cortiletto di disimpegno) della Porta Decumana, risultavano rivolti pressappoco sul tramonto del Sole al solstizio invernale, punto individuato sull’orizzonte, ovvero sulla sky-line alpina, tra la Cima dell’Argentera (m 3297) e il Monte Matto (m 3097).
Tavola 4. Rilievi eseguiti da Barale in località fraz. Roncaglia strada mezzana (Bene Vagienna Cn) nel giorno 21/12/00.
DIREZIONE MISURATA Ora Rilev.16:36 (Solare) |
AZIMUTH MAGNETICO |
DECLINAZIONE MAGNETICA (Rilevata) |
ALTEZZA ORIZZONTE VISIBILE |
ORIZZONTE VISIBILE |
tramonto sole solstizio d'inverno |
231° 45’ |
-1° 27’ |
1,5° |
Alpi Marittime |
Ax Turris |
256° 30’ |
-1° 27’ |
1,5° |
Alpi Marittime |
Una simile disposizione si presenta nuovamente nel vallum posto tra la “porta Nord-Est” o Porta Praetoria - accesso volto verso Roma – e il basamento della torre urbica Nord-occidentale (m 8 di lato). Questo tratto della cortina difensiva che, dagli scavi del 1893, 1907 e 1909 (34), risultò affacciarsi verso le partizioni del cielo ritenute “favorevoli”, risulterebbe nuovamente aderente ai dettami astronomici, denunciando una verosimile matrice progettuale comune con la Porta Decumana. In questo caso è l’orientazione della stessa cortina di fortificazione e dell’interturrio della Porta Praetoria che punta all’incirca sul sorgere del Sole al solstizio d’inverno.
Tavola 5. Rilievi eseguiti da Barale
DIREZIONE MISURATA (Ax Vallum) |
AZIMUTH MAGNETICO |
DECLINAZIONE MAGNETICA (Rilevata) |
ALTEZZA ORIZZONTE VISIBILE |
ORIZZONTE VISIBILE |
alba solstizio d'inverno |
126° 28’ |
-1° 27’ |
1,2° |
Langa |
Ax Vallum |
127° 08’ * |
-1° 27’ |
1,2° |
Langa |
(* Misura rilevata sulla carta archeologica)
Altre testimonianze della stessa natura sono riscontrabili nell’antico centro ernico di Aletrium, l’attuale Alatri (prov. di Frosinone) dove le porte della città risultano anch’esse orientate sui solstizi (35).
Simili testimonianze legate ad
una verosimile lettura di particolari fenomeni celesti, che suggeriscono
l’impiego nell’urbanistica bagienna di criteri astronomici, nati probabilmente
da peculiari esigenze simboliche e liturgico-rituali, si sarebbero facilmente
materializzati attraverso le “porte” sia urbiche che dei templa. Gli accessi
(ianuae) contrapposti dei due templi che guardavano l’esterno e l’interno della
città si potevano riferire al “passaggio” del Sole ai solstizi, momenti legati
a Janus (Giano) antica divinità italica e romana che presiedeva agli inizi e
alla fine del giorno, del mese e dell’anno. Tale concomitanza potrebbe essere
convalidata dall’osservazione diretta del solstizio estivo effettuata il 21
giugno del 2001, dove si è potuto constatare che il punto sullo sky-line alpino
dove il Sole tramonta - con un azimut magnetico di 304° 10’ si discosta di 6°
19’ dall’asse del tempio - , rientra pienamente nel campo visivo anticamente
occupato dalla scalinata di accesso all’edificio. Forse attraverso un
particolare riferimento (ara sacrificale - colonne – tratti di strutture
murarie) veniva traguardato dal prònao o dalla soglia del portale
di accesso alla cella, il tramonto del Sole al solstizio d’estate; proprio come
è stato riscontrato nel tempio dell’acropoli di Velia, dove un tratto di muro
puntava sulla direzione del tramonto della Luna alla sua minima declinazione (36). Un simile utilizzo dell’edificio potrebbe,
forse, spiegare la sua estrema collocazione rispetto al fronte Sud-orientale
del portico (porticus post scaenam) che lo racchiudeva.
La disposizione delle porte dei templa e la realizzazione di un vallum con una simile geometria, ritmo certamente non imposto dalla natura del terreno, dovette assumere in questa nuova fondazione augustea un significato “speciale” che andava oltre alla necessità di creare un vero organismo difensivo. E’ probabile che la Forma Urbis dell’Augusta Bagiennorum potesse celebrare Augusto fissando nel gusto e nei costumi locali un’impronta sempre più decisamente romana, accentuando la politica riformatrice imperiale sia nel campo religioso che calendariale.
Suggestiva è l’ipotesi che vedrebbe nella Forma Urbis dell’antica Augusta dei Bagienni una sorta di meridiana orizzontale deputata all’individuazione di una particolare data dell’anno.
Nulla esclude che Augusto abbia voluto che i suoi architecti impostassero questa città seguendo alcuni particolari criteri astronomici che al tempo venivano ritenuti importanti. A tal riguardo basti ricordare la meridiana di Augusto creata nel Campo Marzio verso il 10 a.C. Questo complesso orologio solare, oltre a determinare il tempo ufficiale di Roma– il primo meridiano – e delle sue province, era stato realizzato in modo che nelle sere degli equinozi l’ombra dell’obelisco, che fungeva da gnomone, cadesse sull’Ara Pacis (37). Ma non solo in Roma venivano impostate strutture sull’asse meridiano in onore di Augusto; a Segusium (Susa) l’arco a lui dedicato risulta esattamente orientato da Sud a Nord, orientazione che secondo il Fogliato è stata verosimilmente voluta (38).
A tali annotazioni mi pare utile aggiungere che nell’8 a.C. il divino Augusto, attraverso una modifica di ordine superstizioso, oltre a riaffermare l’avvenuto passaggio dal calendario Luni-Solare a quello Solare (Giuliano) (39), forse ha voluto lasciare in sculptis ciò che Cesare lasciò in scriptis.
Non pare, infatti casuale il fatto che le festività romane connesse con il solstizio invernale (Solis statio) derivino dalle celebrazioni dei Saturnalia, che in epoca imperiale vennero estese dal 17 al 23 dicembre (Macrobio, Saturnaliorum libri). Del resto, a partire dal II sec. d.C. questa festività verrà commemorata come Dies Natalis Solis Invicti (il natale del Sole invincibile). Plinio ricorda i Bacchanalia celebrati il 5 gennaio, festività dedicate a Diòniso, divinità alla quale gli veniva attribuita l’invenzione dell’aratro e che era anch’essa identificata col Sole (40).
Conclusione.
Dall’antica abitudine di solennizzare questa data dell’anno, rimangono, come abbiamo potuto vedere, diverse testimonianze materializzate in questo antico polo insediativo, essenzialmente connesso allo sfruttamento delle risorse agricole del suo territorio.
Dalle osservazioni esposte in
questo studio si evince, abbastanza chiaramente, che facendo centro su dei
punti particolari, individuabili nel podio del tempio maggiore e su determinati
settori del vallum, si poteva bene identificare il fenomeno astronomico del
solstizio invernale. Del resto, l’astronomia d’orizzonte ha sempre interessato
le popolazioni locali (41); l’osservazione
dei punti di levata e di tramonto del Sole alla sua massima disgressione
potevano infatti costituire un calendario molto importante per stabilire i
momenti più significativi (in questo caso l’inizio dell’anno civile o consolare
Kalendae Januarii).
Per concludere si può affermare che nonostante gli agrimensori romani
seguissero, per tracciare i nuovi centri abitati e per le centuriazioni,
orientamenti stabiliti soprattutto da criteri di ordine “pratico”, il caso
dell’Augusta Bagiennorum rientrerebbe in quelli che, con buona approssimazione,
hanno rispettato “criteri astronomici”, come per Verona e Vicetia (Vicenza)
dove il decumano, imperniato sulla via Postumia, punta sul tramonto del Sole al
solstizio invernale (42).
Se l’Augusta Bagiennorum, che è stata analizzata in codesto modo, ha offerto risultati alquanto interessanti è probabile che anche altri antichi insediamenti di questa regione mostrino riferimenti legati ai fenomeni celesti.
Ringraziamenti.
Si ringraziano per la gentile collaborazione l’Arch. Silvana Barezzi, Giuseppe Chialvetto e Ivo Cometto. Un particolare ringraziamento al dott. Sergio Gazzera e ai suoi collaboratori per aver dato l’impulso principale a condurre sul sito della Roncaglia di Bene Vagienna questa particolare ricerca di carattere “archeoastronomico”.
Le ricognizioni e le misurazioni sono state effettuate da Barale nei giorni 24/12/1999, 21/12/2000 e 21/6/2001; da Barale, Codebò e De Santis nel giorno 23/9/00, da Codebò e De Santis il giorno 11/2/2001.
Lo studio dei dati storici e le misure magnetiche sono state effettuate da Barale, i calcoli topografici sono di Codebò, i calcoli astronomici sono di De Santis, i rilievi astronomici sono di Codebò e De Santis.
* Piero Barale, membro della Società Astronomica Italiana (SAIt - Firenze), della Società di Storia della Fisica e dell’Astronomia (SISFA - Brera) e del Centro Studi e Museo d’Arte Preistorica (CeSMAP – Pinerolo).
Mario Codebò, membro di Archeoastronomia Ligustica e dell’Istituto Internazionale di Studi liguri (IISL – Ventimiglia).
Henry De Santis, membro di Archeoastronomia Ligustica, della Società Astronomica Italiana (SAIt - Firenze), dell’Associazione Ligure per lo Sviluppo degli Studi Archeoastronomici (ALSSA – Genova) e dell’Associazione Ligure Astrofili Polaris (ALAP – Genova).
Appendice - Gli Auguri erano gli interpreti del volere degli dei che si rivelava per mezzo di segni dati dagli uccelli (monstra) e da alcuni generi di fenomeni naturali (fulgura). - In base alla Lex Domitia de sacerdotibus (104 a.C.) gli Auguri venivano eletti dal popolo e a vita. - Durante la presa degli auspici, l’asse ottico dell’Augure doveva essere rivolto a Est come esigeva il rituale. Gli uccelli favorevoli (praepetes) provenivano da Nord-Nord/Est; quelli incerti (remores) da Sud-Sud/Est, direzione poco propizia. - Il Lituo (Lituus sacer) dell’Augure era un bastone ricurvo privo di nodi, usato per circoscrivere il templum ossia la parte di cielo e, conseguentemente di terra, in cui si compivano le osservazioni rituali. - Lo spazio definito nei limiti dell’orizzonte (Horizont) era chiamato “templum” augurale. Il settore celeste veniva accuratamente diviso in 16 parti, dove il Sud corrispondeva alla ”Parte anteriore”, il Nord alla “Parte posteriore”, l’Est alla “Parte favorevole” e l’Ovest a quella “Sfavorevole”. Questa divisione del cielo che seguiva i punti cardinali costituiva, secondo gli Etruschi, le diverse sedi delle divinità. Le otto partizioni meridionali erano rivolte alle divinità “terrestri”e della “natura” mentre le otto partizioni settentrionali a quelle “ctonie”, del “fato” e “celesti”. I due assi cardinali, passando per il centro dividevano lo spazio terrestre in quattro zone: da Nord ad Est il “Templum anticum sinistrum”, da Est a Sud il “Templum anticum dextrum”, da Sud ad Ovest il “Templum posticum dextrum” e da Ovest a Nord il “Templum posticum sinistrum”. - Sul terreno “inaugurato”, riguardo al quale erano stati presi gli auspici favorevoli da parte delle divinità, veniva delimitato il sacello, spazio costituito da un’area sacra (Locus religiosus) cinta da un alto muro (temenos). Il centro era rappresentato dal “mondo” (mundus), un pozzo nel quale vi era custodito un deposito votivo. - Il solco primogenio (sulcus primigenius) veniva tracciato dal fondatore (conditor) attraverso un aratro (aratrum) dalla punta o vomere in bronzo. Questo attrezzo, dalla struttura ancora primitiva, era costituito da un unico pezzo di legno di olmo alla cui estremità veniva fissato il giogo in legno di tiglio mentre sul vomere vi era il timone realizzato in legno di faggio. - La groma era uno strumento geodetico che serviva a scompartire superfici terriere e per tracciare le linee decumane e i cardini delle nuove fondazioni. Costituita da un’asta, che veniva fissata verticalmente nel terreno, sulla quale si appoggiavano due bracci uguali e perpendicolari tra loro. Alle estremità di questa crociera, chiamata “stella” o “machinula”, erano posti quattro fili a piombo tensionati da pesi detti “pondera”. Guardando fra le coppie opposte di fili era possibile tracciare sul terreno linee perfettamente ortogonali fra loro. - In epoca repubblicana i codici del “calendario” erano gestiti come documenti riservatissimi e solo con la vicenda di Gneo Flavio, il quale nel 304 a.C. riuscì a trafugare una copia della sequenza lunisolare, il calendario fu esposto nel Foro dell’Urbe e quindi reso disponibile a tutti. |
DIDASCALIE DELLE FIGURE:
Fig. 1- Schema raffigurante, secondo l’aruspicina etrusca, la partizione del cielo e la suddivisione dello spazio terrestre. (elaborazione Piero Barale)
Fig. 2- Planimetria schematica dell’Augusta Bagiennorum e gli orientamenti astronomici attualmente individuati. “A” e “B” sono le direzioni ove sorge il Sole al solstizio d’inverno; “C” è la direzione ove tramonta il Sole al solstizio invernale; “D” è la direzione ove tramonta il Sole al solstizio d’estate; “e” corrisponde all’area dei ritrovamenti datati alla seconda Età del Ferro (Il tracciato urbano è stato tratto dalla planimetria della Soprintendenza alle Antichità del Piemonte, 1942). (elaborazione Piero Barale)
Fig.
3- Pianta ed alzato ricostruttivo della Porta urbica Sud-Ovest o Decumana. “A”
è l’orientamento del Decumano Massimo; “B” è la direzione ove tramonta il Sole
al solstizio invernale; “C” è la direzione ove sorge il Sole al solstizio
d’inverno (In questo caso la ricostruzione della porta corrisponderebbe a
quella Pretoria). (elaborazione Piero Barale)
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- foto n. 4 - |
- foto n. 5 - |
DIDASCALIE DELLE FOTOGRAFIE:
Foto 1- Resti dell’imponente
podio del Tempio principalis, forse il capitolium, tempio dedicato alla Triade
Capitolina (Giove- Giunone-Minerva) - (foto arch. Silvana Barezzi)
(non disponibile)
Foto 2- Sostruzioni del tempio adiunctum viste dal lato della cella, sullo sfondo a sinistra le emergenze dell’alto podio del Tempio principalis - (foto Piero Barale)
Foto 3- Fotogramma scattato al solstizio d’inverno dai resti del podio del Tempio principale, l’astro compare sul profilo della Langa e a sinistra del paletto posto sull’asse dell’atrio del tempio (24/12/1999) - (foto Piero Barale)
Foto 4- Fotogramma scattato al solstizio d’inverno dal tratto della strada mezzana rivolta verso l’antica Porta Decumana, l’astro scompare tra la Cima dell’Argentera e il Monte Matto (21/12/2000) - (foto Piero Barale)
Foto 5- Fotogramma scattato al solstizio d’estate dal pronao del tempio adiunctum, l’astro scompare dietro alle Alpi Cozie (21/06/2001) - (foto Piero Barale).
NOTE
1 I.G.M.I., Bene Vagienna, 80
I.S.E.; C.T.R., Tav. 210-NE Dogliani, 1:25.000; C.T.R., Sez. n° 210030 Narzole,
1:10.000.
2 G. BELTRUTTI, Le città sepolte, in “Cuneo
Provincia Granda”, a. XVIII, n. 2, Agosto 1969, p.26; Idem., Storia del
Piemonte, Cuneo 1976, p.8; F. RAVERA, Notizie sull’area di “Augusta
Bagiennorum”, Bene Vagienna 1998, p.16.
3 La Bovolo non esclude l’ipotesi che il centro
romano sia sorto su un sito dove già esisteva un abitato ligure (A. BOVOLO,
Augusta Bagiennorum, Fossano 1952, p.11; F. FILIPPI – E. MICHELETTO, Il
territorio tra Tanaro e Stura: contributo alla carta archeologica, in “Quaderni
della Casa di Studio fondazione Federico Sacco”, n.10 (1987), p.21.
4 I Ligures Bagienni o Vagienni vengono citati
da alcuni scrittori latini (VARRONE, De Re Rustica, 1, 51; VELLEIO PATERCOLO,
Historia Romana, 1, 15; PLINIO, Nat. Hist., III, 5, 47; III, 16, 117; III, 20,
135; SILIO ITALICO, De Bello Punico, VIII, 605, 607, 608); Secondo Plinio i
Ligures Bagienni derivavano dalle popolazioni transalpine dei Caturiges (Nat.
Hist., III, 21).
5 F. FILIPPI – E. MICHELETTO, Il territorio tra
Tanaro e Stura cit., p.15.
6 A Nord-Ovest dell’impianto basilicale romana
furono ritrovate, durante gli scavi dell’autunno del 1895, due fibule in bronzo
simili alle tipologie presenti nei sepolcreti di Ornavasso in Val d’Ossola,
necropoli risalenti al III-I sec. a.C. (G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene
Vagienna – Nuove scoperte nell’area dell’antica Augusta Bagiennorum, in
“Notizie degli Scavi”, 1896, p.218; Idem., Augusta Bagiennorum, Bene Vagienna,
scavi, museo, antichità romane trovate sul suo territorio, in “Atti Società
Piemontese Archeologica e Belle Arti” = “A.S.P.A.B.A.”, Vol. VII, fasc. 1,
1897, p.40); Altri oggetti ornamentali, costituiti da fibule con catenelle
vennero ritrovati casualmente nel territorio benese (S. RICCI, Bene Vagienna –
Oggetti di suppellettile funebre preromana provenienti dal territorio del
comune, in “Notizie degli Scavi”, 1896, p.175).
7 PLINIO, Nat. Hist., III, 5, 49.
8 G. CRESCI MARRONE, Il Piemonte in età romana,
in “Museo Archeologico di Chieri. Contributi alla conoscenza del territorio in
età romana”, Chieri 1987, p.20.
9 T. MOMMSEN, Corpus Inscriptionum Latinarum,
Berolini 1877, Vol.V, parte II, C.I.L., V, 7604; Questo centro viene ricordato
nuovamente da Plinio (Nat. Hist., III, 5 (7) 49) e da Tolomeo (Geograf., III -
I, 35).
10 Per la definizione strutturale dell’area
sacra del foro, vedi C. CARDUCCI, Benevagienna (Cuneo) – Saggi di scavo
nell’area dell’antica città, in “Notizie degli Scavi “, 1950, pp.203-211.
11 Il Foro-santuario costituisce una soluzione
urbanistica tipica della prima architettura imperiale presente nelle province
transalpine: Augusta Raurica – Augst -, Lugdunum Convenarum - St. Bertrand de
Comminges -, Lutetia Parisiorum – Parigi – (R. MOLLO MEZZENA, Augusta Praetoria
ed il suo territorio, in “Archeologia in Valle d’Aosta. Dal neolitico alla
caduta dell’impero romano 3500 a.C. – V sec. d.C.” Quart – Aosta 1981, pp.80,
81); Simili schemi architettonici li troviamo applicati a Virunum – Zollfeld -,
Emporiae – Ampurias -, Bagacum – Bavay -, Naviodunum – Nyon – e Augusta
Treverorum – Trier – (E. PANERO, La città romana in Piemonte. Realtà e
simbologia della Forma Urbis nella Cisalpina occidentale, Cavallermaggiore
2000, p.69).
12 C. CARDUCCI, Lavori e ritrovamenti in
Piemonte dal 1945 al 1950, in “Riv. Studi Liguri”, a. XVII, n.1, (1951); Nelle
strutture del criptoportico sono presenti chiare tracce di demolizioni e di
modifiche apportate successivamente alla costruzione (Idem., Benevagienna
(Cuneo) – Saggi di scavo cit., pp.205, 210).
13 A. SARTORI, Pollentia ed Augusta Bagiennorum.
Studi sulla romanizzazione del Piemonte, Torino 1965, pp.101-110.
14 A. FERRUA, Inscriptiones Italiae, IX, Augusta
Bagiennorum et Pollentia, Roma 1948, Tab. II.
15 W. MÜLLER, Die heilige Stadt, Stoccarda 1961,
p.16; Verosimili connessioni di tipo “astronomico”, individuate
nell’orientamento dei cardini dell’antica città, vengono già postulate da
Barale nell’ottobre del 2000 (A. PRIERI, Mistero a Bene Vagienna. Orientata come
Verona e Vicenza, in “La Stampa”, Domenica 1 ottobre 2000, a 134, n 265, p.41;
S. AUDISIO, L’Augusta volge al solstizio? Barale e Codebò studiano gli scavi
con l’Archeoastronomia, in “La Piazza Grande”, Martedì 17 ottobre 2000, a 11, n
37, p.24; M. BIGI, Studi di archeologia e astronomia al tempio della Roncaglia
, in “La Fedeltà”, Mercoledì 18 ottobre 2000, a 103, n 39, p.26).
16 C. NORBERG-SCHULZ, Architettura occidentale.
Architettura come storia di forme significative, Milano 1979, p.43.
Sull’orientamento astronomico delle centuriazioni, vedi F. Castagnoli, Ricerche
sulla centuriazione, Atti Istituto Veneto 1965-1966.
17 W. MÜLLER, Die heilige Stadt, cit., p.36 e
sgg; I precetti del cerimoniale etrusco relativo all’atto di fondazione di un
nuovo centro urbano vennero raccolti da Tarconte in appositi libri rituali,
chiamati etrusci libri o Tagetici (Enciclopedia Universale Fabbri, Milano 1971,
Vol. II, p.2, s.v. Aruspicina; Le splendide città d’Italia, Milano 1982, p.13).
Per un approfondimento, vedi G. ROMANO, Orientamenti Ad Sidera, Ravenna,
ESSEGI, 1995.
18 Per il recinto augurale e i sui punti di
riferimento, vedi A. CARANDINI – R. CAPPELLI, Roma. Romolo, Remo e la
fondazione della città, catalogo della mostra, Electa, Milano 2000.
19 G. MARUOTTI, Nelle Tavole di Gubbio tracce
indo-europee, Firenze 1996, pp. 10, 11. Per un approfondimento sulle Tavole di
Gubbio, vedi G. DEVOTO, Le Tavole di Gubbio, Firenze, Sansoni, 1977.
20 C. CARDUCCI, Benevagienna (Cuneo) – Saggi di
scavo cit., p. 210.
21 G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Augusta
Bagiennorum, Bene Vagienna, scavi, museo, antichità romane trovate sul suo
territorio cit., pp.31, 39.
22 G. SCHMIEDT, Atlante aerofotografico delle
sedi umane in Italia, parte seconda, Le sedi antiche scomparse, Firenze 1970,
Tav. CXXVI, Fig. I – Augusta Bagiennorum.
23 Relazione di scavo inedita (Manoscritto
Assandria 20 febbraio 1924 allegato prot. 8285 del 21 febbraio 1924),
recentemente riportata da: F. FILIPPI, Giuseppe Assandria archeologo e le sue
ricerche su Augusta Bagiennorum, in “La memoria della cultura. Giuseppe
Assandria a 150 anni dalla nascita” a cura di M. Fessia, Atti del Convegno di
Bene Vagienna 15 – 16 settembre 1990, Cuneo 1994, pp. 69 – 71; Presso la torre
angolare Nord-orientale fu rintracciata una parte del Vallum costituito da un
terrapieno e un fossato. “Gli scavi fatti per accertare la presenza di tale
cinta e di altre torri intermedie, che avrebbero dovuto coesistere col presunto
muro, riuscirono negativi e rivelarono invece nel punto VII l’esistenza di un
non grande fossato o vallum scavato secondo le esatte norme del fortificare”
(G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Augusta Bagiennorum. Planimetria generale degli
scavi con cenni illustrativi, in “Atti Soc. Piemontese di Arch. e Belle Arti”,
Vol. X, fasc.2, 1925, p.185); Secondo il Sartori il sistema difensivo del
centro bagienno doveva essere più simbolico che reale in quanto attuato in un
periodo in cui questo territorio era già romanizzato e pacificato (A. SARTORI,
Pollentia ed Augusta Bagiennorum cit., p.116).
24 G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Augusta
Bagiennorum. Planimetria degli scavi, Benevagienna, 1935; Il Pais, oltre ad
escludere “l’idea di considerare esclusivo agli abitatori delle palafitte
emiliane il tipo della stazione di forma trapezoidale, dacchè anche questa si
trova fuori d’Italia…”, cita due città romane sorte nella Gallia con cinte
trapezoidali come: Mediolanum Aulercorum-Eboruvicorum (Évreux) e Caesarodunum
(Tours) (E. PAIS, Le mura poligonali di Alba Pompeia e le mappe dei gromatici latini,
in “Dalle Guerre puniche a Cesare Augusto”, Nardecchia, Roma 1918, p.719 e nota
2).
25 Una soluzione simile si riscontra nel centro
di Brixia, l’attuale Brescia (E. PANERO, La città romana in Piemonte cit.,
p.68).
26 Il basamento del tempio principale viene
localizzato sulla Carta Tecnica Regionale del Comune di Bene Vagienna (1:5
000); Dalla “Planimetria generale di Augusta Bagiennorum” si individua
chiaramente un’affinità nell’orientamento e nella sistemazione dei due templi
bagienni (C. CARDUCCI, Benevagienna (Cuneo) – Saggi di scavo cit., p.204; G.
ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene Vagienna – Nuove scoperte nell’area dell’antica
Augusta Bagiennorum cit., p.216, Fig.2; F. FILIPPI – E. MICHELETTO, Il
territorio tra Tanaro e Stura cit., p.21).
27 G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene Vagienna –
Nuove indagini nell’area dell’antica Augusta Bagiennorum, in “Notizie degli
Scavi “, 1898, p.301, Fig.2; Per un’eventuale dedicazione del tempio, vedi A.
BOVOLO, Augusta Bagiennorum cit., p. 9; P. BARALE, Un teatro per Dionisio.
Alcuni cenni sul complesso teatrale di Augusta Bagiennorum, in “Studi
Piemontesi”, novembre 1999, vol. XXVIII, fasc.2, pp.453-462.
28 Per l’orientamento astronomico dell’antica
Misa, vedi G. ROMANO, Archeoastronomia Italiana, Padova 1992, pp.84-90; Idem.,
Città orientate nell’Italia centro-meridionale, in “Astronomia, dalla Terra ai
confini dell’universo”, Milano 1992, pp.85-86.
29 G. A. MANSUELLI, La città romana nei primi
secoli dell’impero. Tendenze dell’urbanistica, in “Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt,
Tübingen”, vol. II, tomo 12, parte I,
1982, pp.151, 152.
30 G. SCHMIEDT, Atlante aerofotografico delle
sedi umane in Italia cit., Tav. CXXVI, Fig. I – Augusta Bagiennorum.
31 Questo accesso fu considerato, dagli stessi scopritori,
come “Porta Decumana”, in quanto l’impianto urbano dell’augusta dei Bagienni
aveva, secondo l’Assandria e il Vacchetta una castrametatio a norma, con la
“Porta Pretoria” a Est e la “Decumana” a Ovest (G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA,
Augusta Bagiennorum. Planimetria degli scavi cit., vedi nella didascalia della
“Planimetria degli scavi”).
32 G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene Vagienna –
Prosecuzione degli scavi nell’area di Augusta Bagiennorum, in “Notizie degli
Scavi “, 1901, pp.413-416.
33 L’imposizione da parte dei romani di monopoli
e dazi sul sale provocò, da parte delle popolazioni liguri-montane, sempre più
frequenti azioni di guerriglia che si conclusero, come viene ricordato da Dione
Cassio “Alpes Maritimae quas Ligures Capillati incoluerant, in servitutem
redactae sunt” (Dione, LIV, 24), nel 14 a.C. con il definitivo asservimento dei
Capillati ad Augusto.
34 La porta Nord-Est risultò strutturalmente
simile a quella Sud-Ovest (G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene Vagienna –
Prosecuzione degli scavi nell’area di Augusta Bagiennorum cit., p.413; Idem.,
Prosecuzione degli scavi nell’area di Augusta Bagiennorum, in “A.S.P.A.B.A.”,
Vol. VII, fasc. 3, 1901, pp.237, 238; F. FILIPPI, Giuseppe Assandria archeologo
e le sue ricerche su Augusta Bagiennorum cit., p.69).
35 Per l’orientamento astronomico dell’antica
Alatri, vedi G. ROMANO, Archeoastronomia Italiana, cit., pp.93-97; Idem., Città
orientate nell’Italia centro-meridionale cit., p.86.
36 Si può ricordare che nel 1977 su suggerimento
di G. Ferrero, l’architetto J. Daumm misurò il tempio dell’acropoli di Velia,
l’antica Elea, città Magno-Greca fondata attorno alla metà del VI sec. a.C., e
vi riscontrò alcuni riferimenti astronomici mirati alla Luna (G. ROMANO,
Archeoastronomia Italiana, cit., pp.91-93); Nel nostro caso allineamenti mirati
a particolari momenti della Luna sembrano da escludere, poiché con la riforma
di Giulio Cesare il calendario era diventato esclusivamente solare.
37 M.C. FANIGLIULO, Sull’orologio di Augusto, in
“Giornale di Astronomia”, vol. 25°, n.2 – giugno 1999, pp.50-59; G. ROMANO,
L’antico calendario romano, in “Astronomia, dalla Terra ai confini
dell’universo”, Milano 1992, pp.267-268.
38 D. FOGLIATO, Tracce di culti celto-liguri
nella valle di Susa in età imperiale romana, in “Ad Quintum”, n.9, 1996, p.67.
39 Il calendario numano (tetraeteride), nel
quale la durata di un anno variava dai 355 ai 377 o 378 giorni, venne
modificato, nel 45 a.C. da Giulio Cesare e la sua durata rimase dunque fissata
in media di 365,25 giorni. Augusto tolse un altro giorno a febbraio (mese
infausto) e ciò venne celebrato dal senato romano con la mutazione del mese
Sextilis in Augustus (agosto). (M.C. FANIGLIULO, Sull’orologio di Augusto cit.,
p.53).
40 D. CINTI, Dizionario mitologico, Divinità principali
della mitologia greco-romana e di altre mitologie, 1989 Milano, pp.89,90, s.v.
Diòniso o Bacco; L. ZUSI, L’Epifania e gli antichi culti solari, in
“L’astronomia”, a. XV, n. 128, Gennaio 1993, p.38.
41 P. BARALE, Un rebus ai piedi del Monviso. Riferimenti
astronomici emersi da alcune incisioni rupestri delle Alpi Sud-occidentali, in
“Atti del XXVII Congresso Nazionale di Storia della Fisica e dell’Astronomia,
Como 1997, pp. 311-329; Idem., Nella valle dei re. Riferimenti
archeoastronomici emersi da antiche sepolture di rango nella necropoli
protostorica di Valdieri (Valle Gesso – CN), in “Atti del XXVIII Congresso
Nazionale di Storia della Fisica e dell’Astronomia, Como 1998, pp. 271-284;
Altri siti localizzabili nel monregalese sono tuttora oggetto di studio da
parte dello scrivente.
42 G. ROMANO, Archeoastronomia Italiana, cit.,
pp.52-53; Idem., Città orientate nell’Italia centro-meridionale cit., p.85.