Piero Barale, Mario Codebò, Henry De Santis *
AUGUSTA BAGIENNORUM (Regio
IX)
UNA CITTA’ ASTRONOMICAMENTE
ORIENTATA
“Io solo custodisco il vostro
universo e il diritto di volgerlo
sui cardini è tutto in mio potere”
(Ovidio, Fasti)
Sull’attuale terrazzo della Roncaglia di Bene Vagienna (1),
dove probabilmente sorgeva l’antica “Bennae o Baginnas”(2),
venne edificato durante il principato di Ottaviano Augusto un organizzato
insediamento romano. Questo nuovo centro, probabilmente sorto in prossimità
di un precedente abitato (3) - per ora non riscontrato
archeologicamente – riconosciuto dai romani come il “Caput gentis” (capitale)
dei Ligures Bagienni, antico popolo di origine indoeuropea (4),
non si sviluppò tutto di getto, ma fu probabilmente il risultato
di una graduale evoluzione urbanistica inizialmente favorita da un hospitium
publicum, ovvero un contratto statale di ospitalità che poteva regolare
i rapporti tra romani e indigeni.
Con la sistemazione di nuovi mercati, sorti in quest’area all’inizio
del I sec. a.C. (5), l’abitato dei Bagienni, che da
alcune tracce archeologiche si può far risalire alla seconda età
del Ferro (6), sembrerebbe aver assunto, dalle eventuali
e disarticolate strutture protostoriche, l’assetto di vero e proprio Emporium
o Forum.
La definizione urbana di questo insediamento, già menzionato
da Plinio il vecchio tra i nobilia oppida dell’antica Liguria (7),
si era svolta, come ci ricorda la Cresci Marrone, all’insegna della continuità
del centro indigeno in età augustea (8), forse
tra il 15 e il 14 a.C. durante le campagne militari condotte da Druso e
Tiberio nelle Alpi Marittime. Sebbene rimangano dubbie le modalità
e la cronologia della fondazione è verosimile che tale insediamento
sia posteriore al 27 a.C. (anno in cui Ottaviano acquisì il titolo
di “Augusto”) e quindi collocabile a pieno titolo all’età mesoaugustea,
periodo legato ad un preciso programma di “consacrazione” della figura
dell’imperatore.
L’antico spazio romano
Questa antica città, che in alcune iscrizioni viene chiamata semplicemente
“Bagenni” (9), sembrerebbe quindi impostata su una
preesistente area protourbana, caratterizzata da una particolare struttura
destinata con molta probabilità ad ospitare un conventus civium,
ossia un consorzio ufficiale di commercianti romani. Un simile impianto,
che può essere considerato un Forum in senso romano (centro commerciale
e religioso), legato forse ad una prima sistemazione più modesta,
era costituito, come emerge con molta chiarezza dallo scavo archeologico
effettuato nel 1942, da un’area chiusa su tre ali da un criptoportico (10).
Questa impostazione strutturale, che presenta una stretta analogia
d’impianto con il foro di Augusta Praetoria Salassorum (Aosta) (11),
secondo il Carducci “non è nata così tutta di getto ma è
il risultato di una evoluzione più o meno lenta” (12).
In ogni caso le conseguenze di tale sviluppo urbanistico, che di primo
acchito sembrerebbero determinate dalla conformazione geografica del luogo,
dovettero seguire lo schema adottato in genere per gli accampamenti militari.
Benché nato in modo spontaneo, il nobilissimum oppidum dei Liguri
Bagienni finì con l’assumere un impianto esemplare. L’organizzazione
urbanistica, progettata sicuramente a tavolino, ma come ci informa il Sartori,
non necessariamente ex novo (13), venne avviata sin
dalla fondazione verso un probabile, progressivo potenziamento che dovette
rispettare l’esistenza del nucleo precedente, il quale avrebbe con la sua
ubicazione imposto quella dell’area forense.
L’asse di questa struttura condizionato innanzitutto dall’andamento,
sostanzialmente perpendicolare del torrente Mondalavia, che delimita, attraverso
un relativo salto di quota, il margine Sud-Est dell’antico abitato, si
dovette esprimere, nel modo classico romano, secondo il concetto del tracciato
ortogonale, e probabilmente anche dell’orientamento astronomico. Quindi
è possibile che l’antico Forum dei Bagienni, spazio quadrangolare
assialmente organizzato, non fosse arbitrario ma derivasse dalla delimitazione
e dall’orientamento del templum celeste determinato nel rito di fondazione.
In quest’ottica di preventivazione dei venturi spazi urbani, la primitiva
maglia del Forum bagienno, privilegiando l’andamento NE/SW, impostò,
come delinea la planimetria del Ferrua (14), l’asse
del Kardo-dinis. La realizzazione di questo rettifilo, che secondo le regole
teoriche (teoremi già ben espressi dal Müller) doveva essere
orientato sul meridiano del luogo, ovvero sullo stesso piano dell’asse
del mondo (Nord-Sud), materializzava al suolo il “cardine” attorno al quale
ruota l’emisfero celeste. Il cardo si doveva poi intersecare ad angolo
retto con il decumano (decumanus), rettifilo secondario che rappresentava
la traiettoria solare da Est ad Ovest (15). Nonostante
questa rigida struttura simbolica non fosse quasi mai rispettata, - perché
veniva verosimilmente prediletta un’organizzazione assiale che ben si adattasse
alle forme del paesaggio circostante - esistono tuttavia indizi tali da
poter postulare che nel caso dell’Augusta dei Bagienni alla praticità
cosiddetta “castrense” si accompagni una certa “superstizione” rituale
di antichissima origine che sembrerebbe testimoniare un simile ordine cosmico.
La fondazione, un rituale che coinvolgeva il mondo sotterraneo
e quello celeste
La fondazione di un nuovo centro costituiva un atto importante e ufficiale
dello stato romano; una simile iniziativa veniva decisa esclusivamente
a Roma e comportava un complesso rituale che determinava la presa di possesso
integrale dell’area prescelta, annullando le precedenti divisioni e proprietà.
Una simile organizzazione, punto di partenza per la conquista del territorio,
veniva considerata una “manifestazione di un ordine cosmico prestabilito”
(16), dove il nucleo insediativo concretizzava una
particolare immagine “cosmologica”.
Secondo le regole relative alla fondazione, antico cerimoniale etrusco
che i romani fecero proprio e che tramandarono attraverso manuali redatti
da alcuni loro scrittori, doveva essere individuato il “templum” celeste
(17). Questa porzione di cielo, che costituiva lo
specifico campo d’osservazione dell’augure, veniva delimitata al suolo
dal “recinto augurale”, un quadrilatero disposto lungo gli assi cardinali
dove nove punti di riferimento (18) permettevano di
verificare, attraverso gli auspici, la disponibilità e la benevolenza
degli dèi verso ogni nuova azione.
La volontà di questi ultimi poteva, secondo tale cerimoniale,
manifestarsi ex avibus, con l’esame del volo degli uccelli (infatti auspicium
deriva da avis, “uccello”, e spicere, “osservare”), o ex caelo, con fenomeni
naturali, quali fulmini e tuoni.
Di “volo di uccelli” si parla, appunto, nella cerimonia propiziatoria
con cui ha inizio il sacro testo di Gubbio. Queste Tavole, rinvenute nella
cittadina umbra nel 1444, contengono un testo religioso che risulta essere
molto più antico della redazione delle medesime, che si fa risalire
al III-II Sec. a.C.
Dalla traduzione del prof. Giacomo Devoto si può da alcuni paragrafi,
chiaramente comprendere che questo rituale, chiamato Persklum o Persclo,
iniziava con la cerimonia “espiatoria” così impostata:
“La si inizi con l’osservazione degli uccelli, quelli che spettano
alla regione anteriore e quelli che spettano alla regione posteriore…..”
(La regione anteriore corrispondeva al Sud e quella posteriore al Nord).
Oppure:
“La si inizi con l’osservazione degli uccelli, il picchio verde e la
cornacchia da occidente, oppure il picchio e la gazza da oriente” (19).
Dopo un attenta osservazione del templum l’augure determinava la direzione
“fondamentale” del cardine, orientamento che secondo il Corpus agrimensorum
veniva imposto dal sacerdote al gromatico o agrimensore (mensor). Stabilito
l’asse cardinale e sempre con l’accordo degli dèi, veniva tracciato
il post murum (dietro il muro , da cui pomerium), cioè il perimetro
di confine che delimitava la zona franca, che nel caso dell’Augusta dei
Bagienni poteva costituire la “maglia primogenita” dello stesso Forum.
In questo agro (ager) che in tal modo diventa effatus, cioè dichiarato,
e liberatus, ossia libero da qualsiasi presenza pericolosa, troveranno
posto in un apposito recinto i templa. Questo particolare locus religiosus,
che verso l’inizio del II sec. d.C. (20) verrà
ulteriormente ampliato e monumentalizzato, a dimostrazione della sua importanza
e del suo valore sacro, oltre essere effatus e liberatus, è anche
consecratus, ovvero distinto dal suolo normale dell’intera fondazione in
quanto riservato alle divinità.
Di questo sacello, che secondo i due archeologi benesi il dott. Giuseppe
Assandria e il prof. Giovanni Vacchetta, un’epigrafe da Dogliani (Corpus
Inscriptionum Latinarum, V, 7670) ci ricorda un pontifex, Publio Castricio
Secondo, si rinvennero le favisse, ossia i depositi votivi dei quali il
Muratori cita nell’Augusta dei Vagienni “un corno di bue trovato nelle
favisse” (21). Uno di questi pozzi poteva verosimilmente
costituire il “mundus”, una sorta di fossa di fondazione dove la dimensione
orizzontale determinava l’estensione del nuovo insediamento e nello stesso
tempo separava l’ager dal resto del mondo. Inoltre questo pozzo, attraverso
la sua dimensione verticale, manteneva, secondo tale credo, il collegamento
del nuovo insediamento con il mondo infero dei Mani, e quello della volta
del cielo degli dii caelestes.
Gli orientamenti astronomici dell’antica “città Augustea”
La Forma Urbis, ovvero la pianta urbana dell’Augusta Bagiennorum tracciata
non oltre al 4 a.C. (22) e verosimilmente sulla primitiva
distribuzione del Forum, determinò la sua definitiva estensione
attraverso il sistema di difesa e la posizione delle porte. Dagli scavi
eseguiti nel 1907 e 1909 “…oltre ai due metri di profondità nella
parete dello scavo tagliato accuratamente a picco si presentò evidentissima
e netta una linea limitante il terreno argilloso perfettamente vergine,
costituente il fondo di un grande fosso colmato dal terriccio dello scavo
abbondantemente commisto di detriti laterizi di cocci di vasi ecc… Detta
linea risulta una spezzata regolare avente in alto una larghezza di m.
7,50 e al fondo un piano di un metro, a circa m. 1,40 sotto il livello
attuale del terreno, con due scarpate, una di 4 metri di dolce declivio
verso l’esterno e l’altra di m. 2,50 assai più rapida verso l’interno,
dove tal scarpata doveva proseguire ad innalzarsi a terrapieno formato
dal terreno estratto dal fosso, come è sistema in opere simili di
difesa; sul terrapieno doveva esistervi una palizzata costituente pur essa
un notissimo sistema di difesa. Trattasi qui evidentemente del Vallum e
la conservatissima sua delineazione ci spiega la mancanza del muro di cinta”
(23). A differenza dei centri taurino (Augusta Taurinorum)
e salasso (Augusta Praetoria Salassorum), città provviste di mura,
la cinta difensiva dell’Augusta dei Bagienni, costituita da un vallum-fossato,
che, a quanto sembra, cadde in disuso già in epoca antica, pare
avesse uno scopo più “simbolico-rituale” che protettivo. Secondo
Plutarco (46-120 d.C.) le cortine difensive erano semplicemente protette
dalla sanctitas della fondazione, a differenza delle porte che cadevano
sotto la giurisdizione dello ius, ovvero uno status di natura giuridica.
Catone il Censore, nel II sec. a.C., descrive nelle sue Origines il
complesso rituale che presiedeva la realizzazione del sulcus primigenius:
“I fondatori aggiogavano un toro bianco a destra e una vacca bianca dalla
parte interna. Cinti alla maniera di Gabi (città laziale), e cioè
con il capo coperto da un lembo della toga rimboccata (cintus Gabinus),
essi tenevano il manico dell’aratro (con il vomere in bronzo) piegando
in modo da far ricadere le zolle all’interno (la terra respinta dal vomere
simboleggiava il vallum; il solco, la fossa). E nel tracciare il solco
in questo modo essi segnavano il corso delle mura, sollevando l’aratro
in corrispondenza del luogo delle porte”.
Questo tracciato non costituiva, però, una regola fissa: oltre
alle città a pianta quadrata o rettangolare abbiamo centri con perimetrali
mistilineo, come nel nostro caso, dove è stato tracciato, per una
lunghezza di 1874 metri (circa 1249 passus), un sulcus a forma leggermente
trapezoidale (m 586, 385, 535, 368) (24).
A questo punto il gromatico, partendo dall’orientamento del cardine
poteva, tramite un apposito strumento chiamato groma, tracciare le linee
tra loro perpendicolari lungo le quali venivano impostate le varie contrade.
La maglia stradale dell’Augusta Bagiennorum si sviluppa quindi su una
griglia di vie ortogonali privilegiando l’andamento trasversale in cui
si riconosce l’asse dei templa, segno tangibile del significato rituale
della nascita della città. Quindi l’antico locus religiosus, dotato
di una sua propria dignitas, dovette determinare lo sdoppiamento dell’asse
viario primario in due Kardines Maximi anziché uno solo (25).
L’attento studio della topografia locale e le numerose misurazioni
in situ hanno permesso di appurare che l’asse dei templa, facilmente rilevabile
dalle prospettiche e visibili strutture di fondazione dei sacelli, si snoda
in direzione chiaramente Sud-Est e quindi acquisirebbe un’importanza basilare
perché coerente con l’orientamento dei cardini. Questo asse “monumentale”,
identificabile nel podio del tempio principale (il Capitolium ? – tempio,
in genere, solenne, che risale alla fondazione delle città) (26)
e nelle fondamenta di quello adiunctum, forse dedicato a Diòniso
(27) e riconducibile all’epoca flavia, costituisce
un interessante oggetto di indagine archeoastronomica. Tale convincimento,
nato nel 1998 durante il rilevamento del Nord-Magnetico dell’area archeologica
della Roncaglia, oltre a ridefinire la proposta d’orientamento dell’Assandria
e del Vacchetta, con una correzione di circa 18°32’ in senso antiorario
rispetto al precedente riferimento, ha imposto di verificare se i costruttori
dell’antica città l’avessero orientata in modo da segnare l’occorrenza
del solstizio d’inverno.
Nonostante i percorsi dei due Kardines Maximi (KM 1 e KM 2) non siano
conservati in vista, da una precisa misurazione effettuata sull’asse dei
templa, si è potuto rilevare che l’Augusta Bagiennorum è
stata orientata astronomicamente come altre città romane della cisalpina.
Le osservazioni dirette effettuate il 24 dicembre 1999 e ripetute il 21
dicembre del 2000 hanno permesso di localizzare e misurare il punto dell’orizzonte
sul quale leva il Sole quando la sua declinazione raggiunge il minimo valore
(?? = – 23°26’21,448”). Rapportando i dati rilevati rispetto l’orientamento
dell’asse dei due templi affronti, si sono stabiliti i seguenti azimut:
Tavola 1. Rilievo eseguito da Barale in località
fraz. Roncaglia strada mezzana e area Archeologica (Bene Vagienna Cn) nei
giorni 24/12/99 e 21/12/2000.
QUOTA ALTIMETRICA m 339 s.l.m.
LATITUDINE 44° 33’ 39” N
LONGITUDINE 07° 51’ 11” E
La zona risulta priva di anomalie magnetiche |
Foglio I.G.M.I. 1:25 000 – F°. 80 - I S.E. BENE VAGIENNA,
(U.T.M.): Riferito al fuso 32
C.T.R. 1:25 000 – Tavola 210-NE DOGLIANI
C.T.R. 1:10 000 Sez. n° 210030 NARZOLE |
DIREZIONE MISURATA(Ax Templa)
Ora Rilev.8:17 (Solare)
|
Coordinate medie ottenute mediante 2 Bussole Azimutali: LENSATIC
COMPASS 20210
(a liquido) Divisione Quadrante 360° e 6400 mils RECTA DP 6
(a liquido).
Divisione Quadrante 360°
|
DECLINAZIONE MAGNETICA delta
(- 5°10’ Al 01/01/1948) I.G.M.I.
|
ALTEZZA ORIZZONTE VISIBILE (ho):
|
ORIZZONTE VISIBILE
|
delta Relativa: -1°38' (IGMI)
delta Rilevata: -1°27' |
1,2°
1,2° |
Langa
Langa |
AZIMUTH MAGNETICO
|
MERIDIANO GEOGRAFICO (Rilevato)
|
(alba solstizio d'inverno): 126°28'
Ax Templa 130° 29’
|
358° 33’ (Magnetici)
|
Siccome i dati misurati possono essere relativamente compromessi da alcuni
fattori di disturbo Barale ha inserito altrettanti valori di correzione:
Tavola 2.
FATTORE DI DISTURBO
|
VALORE NOMINALE
|
VALORE SCELTO
|
PUNTO DELL’ORIZZONTE
|
RIFRAZIONE ATMOSFERICA
|
Da 0’ a 30’
|
+ 15’
|
Punto di massima amplitudine
|
PARALLASSE
|
8”
|
Trascurabile
|
Punto di massima amplitudine
|
VARIAZIONE DELL’OBLIQUITA’
DELL’ECLITTICA
|
Dall’anno 0 al 2000 d.C.
scostamento pari ai ¾ del diametro apparente del Sole (32’)
|
+ 24’
|
Punto di massima amplitudine
|
SCOSTAMENTO DEL DISCO SOLARE SULL’ORIZZONTE
|
Dal primo bagliore al disco tangente l’orizzonte si valuta un arco
di 18’
|
+ 9’
|
Punto di massima amplitudine
|
AZIMUTH MAGNETICO CORRETTO
|
( alba solstizio d'inverno):
127° 16’
|
|
|
Da questi dati si evince che i rilevamenti effettuati hanno fornito un
azimut magnetico di 130°29’(Ax Templa), un valore che si avvicina abbastanza
a 127°16’( alba solstizio d'inverno).
L’intero tracciato a scacchiera dell’antica città romana dunque
risulta all’incirca orientato sul sorgere del Sole al solstizio invernale,
con una deviazione azimutale di soli 3°13’, ma per avere un valore
di declinazione affidabile è stato necessario misurare astronomicamente
il sito.
Le misure astronomiche dell’allineamento dei due templi, effettuate
dagli autori mediante teodolite e squadro sferico graduato, hanno confermato
le indicazioni ottenute con le bussole azimutali ed hanno permesso di calcolare
con precisione la declinazione cui sottende l’allineamento in questione.
Tavola 3. Rilievi eseguiti da Codebò e De Santis
in località fraz. Roncaglia strada mezzana e area Archeologica (Bene
Vagienna Cn) nei giorni 23/09/00 e 11/02/2001.
QUOTA ALTIMETRICA m 339 s.l.m.LATITUDINE 44°33’41” N
LONGITUDINE 7°51’12 E
|
Coordinate ottenute mediante GPS Maggellan310
(Lat/Long, UTM/UPS)
Precisione 15 – 30 mt RMS
|
|
DATA
23/09/00
|
ANGOLO MISURATO
|
AZIMUTH ASSE TEMPIO
|
tm 12h20m52s
|
32,60g
|
129°40’41,02”
|
tm 12h51m33s
|
46,95g
|
127°19’36,33”
|
Azimuth medio
|
H vera
|
Declinazione sottesa
|
128°30’08,67”
|
2°14’25,56”
|
-24°34’09,80”
|
Misurazioni effettuate con:MEOPTA Tlc 605-05 (Teodolite a lettura diretta
di un primo di grado centesimale)SQUADRO SFERICO GRADUATO (strumento a
lettura diretta di 5’ primi di grado centesimale).
I calcoli svolti hanno confermato che i due templi sono sullo stesso
asse, rivolto al sorgere del sole al solstizio d’inverno, in quanto il
valore di declinazione si discosta solamente di poco meno di un grado dall’alba
solstiziale essendo la declinazione del Sole al solstizio d’inverno di
duemila anni fa pari a –23°41’, calcolata con la formula di Laskar
(J. Meeus, Astronomical algorithms, Richmond, 1998).
L’altezza vera è stata determinata, non senza difficoltà,
con l’uso del teodolite il giorno 11/02/2001, quando, essendo il cielo
molto limpido, è stato possibile rilevare con esaustiva precisione
l’altezza dell’orizzonte visibile nella direzione misurata.
Riportare sulla carta le coordinate geografiche esatte del sito è
apparso alquanto difficoltoso, dato che il tempio principale non è
segnalato sulla C.T.R. (Narzole 1:10 000), e comunque a causa della differenza
esistente tra la suddetta tavola ed il foglio I.G.M.I. 1:25 000, è
stato necessario effettuare diverse rilevazioni attraverso l’utilizzo del
sistema satellitare “GPS” (Global Position System) sotto altrettanti punti
notevoli, quali la chiesetta di San Pietro alla Roncaglia (44°33’41”N
– 7°51’12”E, Q.m 345), la chiesa di S.ta Maria di Roncaglia (44°33’47”N
– 7°51’34”E, Q.m 342), la chiesa della frazione Podio (44°33’48”N
– 7°50’18”E, Q.m 373), il tempio adiunctum (44°33’36”N – 7°51’21”E,
Q.m 340) e il tempio principale (44°33’41”N – 7°51’12”E, Q.m 354).
Ogni punto di stazione misurato è stato contrassegnato con il
sistema dei “Landmark”, triangolando successivamente tali punti tra loro,
nonché col tempio principale da cui si misurava, è stato
possibile ottenere la rotta e la distanza da seguire per il raggiungimento
di ogni sito, tale “ragnatela” di dati, riportati graficamente, hanno permesso
di determinare con grande precisione le coordinate geografiche del luogo
di misura.
Un così buon orientamento dell’asse dei templa, che venne chiaramente
facilitato dal luogo aperto e pianeggiante, è addirittura paragonabile
a quello riscontrato nell’etrusca Misa (Marzabotto), dove il cardo massimo
della città si scosta di appena 2°31’ rispetto alla direzione
meridiana (28).
Inoltre si sa che i gromatici romani, a differenza di quelli etruschi
che rispettavano più attentamente alcune regole astronomiche, per
determinare “ab imis” la direzione fondamentale di una nuova fondazione,
applicavano, rispetto all’impostazione determinata dagli auguri, alcune
correzioni di ordine pratico. I criteri seguiti, erano basati fondamentalmente
sulla funzionalità del nuovo insediamento. Il reticolato urbano
doveva essere orientato sulla direzione della pendenza del terreno, in
modo da permettere, con molta facilità, la realizzazione di sistemi
drenanti funzionali e a basso costo.
Gli scavi dei due studiosi benesi portarono all’identificazione di
una particolare articolazione viaria e fognaria a maglie ortogonali, che
estendendosi per circa 21 ettari venne impostata dall’incrocio (gromae
locus) dei Kardines con il cosiddetto Decumanus Maximus. Questa griglia
urbana, strutturata nel caratteristico impianto ad ali codificato da Ippodamo
di Mileto (29), pare possa proporre tutti quegli elementi
dettati da una specifica volontà di seguire, pure per il decumano,
un orientamento non solo geomorfologico e topografico, ma anche astronomico.
In questo caso sembrerebbe che il maggior rispetto per questi criteri d’orientamento
sia una prerogativa delle porte urbiche disposte, come attesta la ripresa
fotogrammetrica del sito della Roncaglia, ai due estremi del Decumano Massimo,
all’incirca sull’attuale percorso della via mezzana detta “Saracena” o
dei “Carabini” (30).
Anche in età augustea, quando le porte urbiche diventano
veri e propri edifici monumentali-celebrativi, quindi, una precisa ed efficace
attestazione visiva dell’importanza e del prestigio della città,
non vennero meno particolari fattori simbolici e rituali di atavica origine.
Verso le partizioni del cielo ritenute “sfavorevoli”, si affacciava
la “porta Sud-Ovest” o Porta Decumana (31). Questo
accesso, attualmente interrato, costituito da una facciata di m 9,80 di
larghezza racchiusa da due torri angolari (quadrate esternamente e circolari
internamente), fu scoperto durante gli scavi condotti dall’Assandria e
dal Vacchetta nel 1900 e risultò essere situato nel punto d’incontro
tra il decumano e la cosiddetta via delle Gallie (32).
L’orientamento di questo accesso monumentalizzato, che in questo caso non
risulta impostato sull’andamento dei due rettifili stradali, stabilito
attraverso il rilevamento azimutale dell’emergente basamento della torre
urbica Sud-occidentale, si allinea perpendicolarmente al tratto del vallum
di ponente. E’ probabile che il peculiare ruolo simbolico-celebrativo della
Porta Decumana abbia portato ad una particolare attenzione nel disporre
ed orientare tale accesso. Secondo le regole castrensi questa porta doveva
opporsi all’avanzata di un possibile nemico, proveniente, in questo caso,
dalle Alpi Marittime (33). Nonostante questa interpretazione
appaia la più plausibile, essendo tale accesso da connettersi al
ruolo di monito, attuato appunto dalla massività delle torri (m
6,60 di lato), non conviene tuttavia tralasciare altri fattori potenzialmente
del pari importanti come quelli astronomici. In questo modo i due fornices
e il cavaedium (cortiletto di disimpegno) della Porta Decumana, risultavano
rivolti pressappoco sul tramonto del Sole al solstizio invernale, punto
individuato sull’horizont, ovvero sulla sky-line alpina, tra la Cima dell’Argentera
(m 3297) e il Monte Matto (m 3097).
Tavola 4. Rilievi eseguiti da Barale in località
fraz. Roncaglia strada mezzana (Bene Vagienna Cn) nel giorno 21/12/00.
DIREZIONE MISURATA
Ora Rilev.16:36 (Solare)
|
AZIMUTH MAGNETICO
|
DECLINAZIONE MAGNETICA
(Rilevata)
|
ALTEZZA ORIZZONTE VISIBILE
|
ORIZZONTE VISIBILE
|
tramonto sole
solstizio d'inverno
|
231° 45’
|
-1° 27’
|
1,5°
|
Alpi Marittime
|
Ax Turris
|
256° 30’
|
-1° 27’
|
1,5°
|
Alpi Marittime
|
Una simile disposizione si presenta nuovamente nel vallum posto tra la
“porta Nord-Est” o Porta Praetoria - accesso volto verso Roma – e il basamento
della torre urbica Nord-occidentale (m 8 di lato). Questo tratto della
cortina difensiva che, dagli scavi del 1893, 1907 e 1909 (34),
risultò affacciarsi verso le partizioni del cielo ritenute “favorevoli”,
risulterebbe nuovamente aderente ai dettami astronomici, denunciando una
verosimile matrice progettuale comune con la Porta Decumana. In questo
caso è l’orientazione della stessa cortina di fortificazione e dell’interturrio
della Porta Praetoria che punta all’incirca sul sorgere del Sole al solstizio
d’inverno.
Tavola 5. Rilievi eseguiti da Barale
DIREZIONE MISURATA
(Ax Vallum)
|
AZIMUTH MAGNETICO
|
DECLINAZIONE MAGNETICA
(Rilevata)
|
ALTEZZA ORIZZONTE VISIBILE
|
ORIZZONTE VISIBILE
|
alba
solstizio d'inverno
|
126° 28’
|
-1° 27’
|
1,2°
|
Langa
|
Ax Vallum
|
127° 08’ *
|
-1° 27’
|
1,2°
|
Langa
|
(* Misura rilevata sulla carta archeologica)
Altre testimonianze della stessa natura sono riscontrabili nell’antico
centro ernico di Aletrium, l’attuale Alatri (prov. di Frosinone) dove le
porte della città risultano anch’esse orientate sui solstizi (35).
Simili testimonianze legate ad una verosimile lettura di particolari
fenomeni celesti, che suggeriscono l’impiego nell’urbanistica bagienna
di criteri astronomici, nati probabilmente da peculiari esigenze simboliche
e liturgico-rituali, si sarebbero facilmente materializzati attraverso
le “porte” sia urbiche che dei templa. Gli accessi (ianuae) contrapposti
dei due templi che guardavano l’esterno e l’interno della città
si potevano riferire al “passaggio” del Sole ai solstizi, momenti legati
a Janus (Giano) antica divinità italica e romana che presiedeva
agli inizi e alla fine del giorno, del mese e dell’anno. Tale concomitanza
potrebbe essere convalidata dall’osservazione diretta del solstizio estivo
effettuata il 21 giugno del 2001, dove si è potuto constatare che
il punto sullo sky-line alpino dove il Sole tramonta - con un azimut magnetico
di 304° 10’ si discosta di 6° 19’ dall’asse del tempio - , rientra
pienamente nel campo visivo anticamente occupato dalla scalinata di accesso
all’edificio. Forse attraverso un particolare riferimento (ara sacrificale
- colonne – tratti di strutture murarie) veniva traguardato dal prònao
o dalla soglia del portale
di accesso alla cella, il tramonto del Sole al solstizio d’estate;
proprio come è stato riscontrato nel tempio dell’acropoli di Velia,
dove un tratto di muro puntava sulla direzione del tramonto della Luna
alla sua minima declinazione (36). Un simile utilizzo
dell’edificio potrebbe, forse, spiegare la sua estrema collocazione rispetto
al fronte Sud-orientale del portico (porticus post scaenam) che lo racchiudeva.
La disposizione delle porte dei templa e la realizzazione di un vallum
con una simile geometria, ritmo certamente non imposto dalla natura del
terreno, dovette assumere in questa nuova fondazione augustea un significato
“speciale” che andava oltre alla necessità di creare un vero organismo
difensivo. E’ probabile che la Forma Urbis dell’Augusta Bagiennorum potesse
celebrare Augusto fissando nel gusto e nei costumi locali un’impronta sempre
più decisamente romana, accentuando la politica riformatrice imperiale
sia nel campo religioso che calendariale.
Suggestiva è l’ipotesi che vedrebbe nella Forma Urbis dell’antica
Augusta dei Bagienni una sorta di meridiana orizzontale deputata all’individuazione
di una particolare data dell’anno.
Nulla esclude che Augusto abbia voluto che i suoi architecti impostassero
questa città seguendo alcuni particolari criteri astronomici che
al tempo venivano ritenuti importanti. A tal riguardo basti ricordare la
meridiana di Augusto creata nel Campo Marzio verso il 10 a.C. Questo complesso
orologio solare, oltre a determinare il tempo ufficiale di Roma–
il primo meridiano – e delle sue province, era stato realizzato in modo
che nelle sere degli equinozi l’ombra dell’obelisco, che fungeva da gnomone,
cadesse sull’Ara Pacis (37). Ma non solo in Roma venivano
impostate strutture sull’asse meridiano in onore di Augusto; a Segusium
(Susa) l’arco a lui dedicato risulta esattamente orientato da Sud a Nord,
orientazione che secondo il Fogliato è stata verosimilmente voluta
(38).
A tali annotazioni mi pare utile aggiungere che nell’8 a.C. il divino
Augusto, attraverso una modifica di ordine superstizioso, oltre a riaffermare
l’avvenuto passaggio dal calendario Luni-Solare a quello Solare (Giuliano)
(39), forse ha voluto lasciare in sculptis ciò
che Cesare lasciò in scriptis.
Non pare, infatti casuale il fatto che le festività romane connesse
con il solstizio invernale (Solis statio) derivino dalle celebrazioni dei
Saturnalia, che in epoca imperiale vennero estese dal 17 al 23 dicembre
(Macrobio, Saturnaliorum libri). Del resto, a partire dal II sec. d.C.
questa festività verrà commemorata come Dies Natalis Solis
Invicti (il natale del Sole invincibile). Plinio ricorda i Bacchanalia
celebrati il 5 gennaio, festività dedicate a Diòniso, divinità
alla quale gli veniva attribuita l’invenzione dell’aratro e che era anch’essa
identificata col Sole (40).
Conclusione
Dall’antica abitudine di solennizzare questa data dell’anno, rimangono,
come abbiamo potuto vedere, diverse testimonianze materializzate in questo
antico polo insediativo, essenzialmente connesso allo sfruttamento delle
risorse agricole del suo territorio.
Dalle osservazioni esposte in questo studio si evince, abbastanza chiaramente,
che facendo centro su dei punti particolari, individuabili nel podio del
tempio maggiore e su determinati settori del vallum, si poteva bene identificare
il fenomeno astronomico del solstizio invernale. Del resto, l’astronomia
d’orizzonte ha sempre interessato le popolazioni locali (41);
l’osservazione dei punti di levata e di tramonto del Sole alla sua massima
disgressione potevano infatti costituire un calendario molto importante
per stabilire i momenti più significativi (in questo caso l’inizio
dell’anno civile o consolare Kalendae Januarii).
Per concludere si può affermare che nonostante gli agrimensori
romani seguissero, per tracciare i nuovi centri abitati e per le centuriazioni,
orientamenti stabiliti soprattutto da criteri di ordine “pratico”, il caso
dell’Augusta Bagiennorum rientrerebbe in quelli che, con buona approssimazione,
hanno rispettato “criteri astronomici”, come per Verona e Vicetia (Vicenza)
dove il decumano, imperniato sulla via Postumia, punta sul tramonto del
Sole al solstizio invernale (42).
Se l’Augusta Bagiennorum, che è stata analizzata in codesto
modo, ha offerto risultati alquanto interessanti è probabile che
anche altri antichi insediamenti di questa regione mostrino riferimenti
legati ai fenomeni celesti.
Ringraziamenti
Si ringraziano per la gentile collaborazione l’Arch. Silvana Barezzi, Giuseppe
Chialvetto e Ivo Cometto. Un particolare ringraziamento al dott. Sergio
Gazzera e ai suoi collaboratori per aver dato l’impulso principale a condurre
sul sito della Roncaglia di Bene Vagienna questa particolare ricerca di
carattere “archeoastronomico”.
Le ricognizioni e le misurazioni sono state effettuate da Barale nei
giorni 24/12/1999, 21/12/2000 e 21/6/2001; da Barale, Codebò e De
Santis nel giorno 23/9/00, da Codebò e De Santis il giorno 11/2/2001.
Lo studio dei dati storici e le misure magnetiche sono state effettuate
da Barale, i calcoli topografici sono di Codebò, i calcoli astronomici
sono di De Santis, i rilievi astronomici sono di Codebò e De Santis.
* Piero Barale (pierobarale@libero.it)
membro della Società Astronomica Italiana (SAIt - Firenze), della
Società di Storia della Fisica e dell’Astronomia (SISFA - Brera)
e del Centro Studi e Museo d’Arte Preistorica (CeSMAP – Pinerolo).
Mario Codebò (mario.codebo@libero.it)
membro di Archeoastronomia Ligustica, della Società Astronomica
Italiana (SAIt - Firenze) e dell’Istituto Internazionale di Studi liguri
(IISL – Ventimiglia).
Henry De Santis (henry.desantis@libero.it)
membro di Archeoastronomia Ligustica, della Società Astronomica
Italiana (SAIt - Firenze), dell’Associazione Ligure per lo Sviluppo degli
Studi Archeoastronomici (ALSSA – Genova), dell’Istituto Internazionale
di Studi liguri (IISL – Ventimiglia) e dell’Associazione Ligure Astrofili
Polaris (ALAP – Genova).
Appendice
- Gli Auguri erano gli interpreti del volere degli dei che si rivelava
per mezzo di segni dati dagli uccelli (monstra) e da alcuni generi di fenomeni
naturali (fulgura).
- In base alla Lex Domitia de sacerdotibus (104 a.C.) gli Auguri venivano
eletti dal popolo e a vita.
- Durante la presa degli auspici, l’asse ottico dell’Augure doveva
essere rivolto a Est come esigeva il rituale. Gli uccelli favorevoli (praepetes)
provenivano da Nord-Nord/Est; quelli incerti (remores) da Sud-Sud/Est,
direzione poco propizia.
- Il Lituo (Lituus sacer) dell’Augure era un bastone ricurvo privo
di nodi, usato per circoscrivere il templum ossia la parte di cielo e,
conseguentemente di terra, in cui si compivano le osservazioni rituali.
- Lo spazio definito nei limiti dell’orizzonte (Horizont) era chiamato
“templum” augurale. Il settore celeste veniva accuratamente diviso in 16
parti, dove il Sud corrispondeva alla ”Parte anteriore”, il Nord alla “Parte
posteriore”, l’Est alla “Parte favorevole” e l’Ovest a quella “Sfavorevole”.
Questa divisione del cielo che seguiva i punti cardinali costituiva, secondo
gli Etruschi, le diverse sedi delle divinità. Le otto partizioni
meridionali erano rivolte alle divinità “terrestri”e della “natura”
mentre le otto partizioni settentrionali a quelle “ctonie”, del “fato”
e “celesti”. I due assi cardinali, passando per il centro dividevano lo
spazio terrestre in quattro zone: da Nord ad Est il “Templum anticum sinistrum”,
da Est a Sud il “Templum anticum dextrum”, da Sud ad Ovest il “Templum
posticum dextrum” e da Ovest a Nord il “Templum posticum sinistrum”.
- Sul terreno “inaugurato”, riguardo al quale erano stati presi gli
auspici favorevoli da parte delle divinità, veniva delimitato il
sacello, spazio costituito da un’area sacra (Locus religiosus) cinta da
un alto muro (temenos). Il centro era rappresentato dal “mondo” (mundus),
un pozzo nel quale vi era custodito un deposito votivo.
- Il solco primogenio (sulcus primigenius) veniva tracciato dal fondatore
(conditor) attraverso un aratro (aratrum) dalla punta o vomere in bronzo.
Questo attrezzo, dalla struttura ancora primitiva, era costituito da un
unico pezzo di legno di olmo alla cui estremità veniva fissato il
giogo in legno di tiglio mentre sul vomere vi era il timone realizzato
in legno di faggio.
- La groma era uno strumento geodetico che serviva a scompartire superfici
terriere e per tracciare le linee decumane e i cardini delle nuove fondazioni.
Costituita da un’asta, che veniva fissata verticalmente nel terreno, sulla
quale si appoggiavano due bracci uguali e perpendicolari tra loro. Alle
estremità di questa crociera, chiamata “stella” o “machinula”, erano
posti quattro fili a piombo tensionati da pesi detti “pondera”. Guardando
fra le coppie opposte di fili era possibile tracciare sul terreno linee
perfettamente ortogonali fra loro.
- In epoca repubblicana i codici del “calendario” erano gestiti come
documenti riservatissimi e solo con la vicenda di Gneo Flavio, il quale
nel 304 a.C. riuscì a trafugare una copia della sequenza lunisolare,
il calendario fu esposto nel Foro dell’Urbe e quindi reso disponibile a
tutti. |
DIDASCALIE DELLE FIGURE:
Fig. 1- Schema raffigurante, secondo l’aruspicina etrusca,
la partizione del cielo e la suddivisione dello spazio terrestre
Fig. 2- Planimetria schematica dell’Augusta Bagiennorum
e gli orientamenti astronomici attualmente individuati. “A” e “B” sono
le direzioni ove sorge il Sole al solstizio d’inverno; “C” è la
direzione ove tramonta il Sole al solstizio invernale; “D” è la
direzione ove tramonta il Sole al solstizio d’estate; “e” corrisponde all’area
dei ritrovamenti datati alla seconda Età del Ferro (Il tracciato
urbano è stato tratto dalla planimetria della Soprintendenza alle
Antichità del Piemonte, 1942)
Fig. 3- Pianta ed alzato ricostruttivo della Porta
urbica Sud-Ovest o Decumana. “A” è l’orientamento del Decumano Massimo;
“B” è la direzione ove tramonta il Sole al solstizio invernale;
“C” è la direzione ove sorge il Sole al solstizio d’inverno (In
questo caso la ricostruzione della porta corrisponderebbe a quella Pretoria).
- foto n.2 - |
- foto n.3 - |
- foto n.4 -
|
- foto n.5 -
|
DIDASCALIE DELLE FOTOGRAFIE:
Foto 1- Resti dell’imponente podio del Tempio principalis,
forse il capitolium, tempio dedicato alla Triade Capitolina (Giove- Giunone-Minerva)
- (foto arch. Silvana Barezzi)
(non disponibile)
Foto 2- Sostruzioni del tempio adiunctum viste dal lato
della cella, sullo sfondo a sinistra le emergenze dell’alto podio del Tempio
principalis - (foto Piero Barale)
Foto 3- Fotogramma scattato al solstizio d’inverno dai
resti del podio del Tempio principale, l’astro compare sul profilo della
Langa e a sinistra del paletto posto sull’asse dell’atrio del tempio (24/12/1999)
- (foto Piero Barale)
Foto 4- Fotogramma scattato al solstizio d’inverno dal
tratto della strada mezzana rivolta verso l’antica Porta Decumana, l’astro
scompare tra la Cima dell’Argentera e il Monte Matto (21/12/2000) - (foto
Piero Barale)
Foto 5- Fotogramma scattato al solstizio d’estate dal
pronao del tempio adiunctum, l’astro scompare dietro alle Alpi Cozie (21/06/2001)
- (foto Piero Barale).
NOTE
1 I.G.M.I., Bene Vagienna, 80 I.S.E.; C.T.R., Tav. 210-NE
Dogliani, 1:25.000; C.T.R., Sez. n° 210030 Narzole, 1:10.000.
2 G. BELTRUTTI, Le città sepolte, in “Cuneo Provincia
Granda”, a. XVIII, n. 2, Agosto 1969, p.26; Idem., Storia del Piemonte,
Cuneo 1976, p.8; F. RAVERA, Notizie sull’area di “Augusta Bagiennorum”,
Bene Vagienna 1998, p.16.
3 La Bovolo non esclude l’ipotesi che il centro romano
sia sorto su un sito dove già esisteva un abitato ligure (A. BOVOLO,
Augusta Bagiennorum, Fossano 1952, p.11; F. FILIPPI – E. MICHELETTO, Il
territorio tra Tanaro e Stura: contributo alla carta archeologica, in “Quaderni
della Casa di Studio fondazione Federico Sacco”, n.10 (1987), p.21.
4 I Ligures Bagienni o Vagienni vengono citati da alcuni
scrittori latini (VARRONE, De Re Rustica, 1, 51; VELLEIO PATERCOLO, Historia
Romana, 1, 15; PLINIO, Nat. Hist., III, 5, 47; III, 16, 117; III, 20, 135;
SILIO ITALICO, De Bello Punico, VIII, 605, 607, 608); Secondo Plinio i
Ligures Bagienni derivavano dalle popolazioni transalpine dei Caturiges
(Nat. Hist., III, 21).
5 F. FILIPPI – E. MICHELETTO, Il territorio tra Tanaro
e Stura cit., p.15.
6 A Nord-Ovest dell’impianto basilicale romana furono
ritrovate, durante gli scavi dell’autunno del 1895, due fibule in bronzo
simili alle tipologie presenti nei sepolcreti di Ornavasso in Val d’Ossola,
necropoli risalenti al III-I sec. a.C. (G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene
Vagienna – Nuove scoperte nell’area dell’antica Augusta Bagiennorum, in
“Notizie degli Scavi”, 1896, p.218; Idem., Augusta Bagiennorum, Bene Vagienna,
scavi, museo, antichità romane trovate sul suo territorio, in “Atti
Società Piemontese Archeologica e Belle Arti” = “A.S.P.A.B.A.”,
Vol. VII, fasc. 1, 1897, p.40); Altri oggetti ornamentali, costituiti da
fibule con catenelle vennero ritrovati casualmente nel territorio benese
(S. RICCI, Bene Vagienna – Oggetti di suppellettile funebre preromana provenienti
dal territorio del comune, in “Notizie degli Scavi”, 1896, p.175).
7 PLINIO, Nat. Hist., III, 5, 49.
8 G. CRESCI MARRONE, Il Piemonte in età romana,
in “Museo Archeologico di Chieri. Contributi alla conoscenza del territorio
in età romana”, Chieri 1987, p.20.
9 T. MOMMSEN, Corpus Inscriptionum Latinarum, Berolini
1877, Vol.V, parte II, C.I.L., V, 7604; Questo centro viene ricordato nuovamente
da Plinio (Nat. Hist., III, 5 (7) 49) e da Tolomeo (Geograf., III - I,
35).
10 Per la definizione strutturale dell’area sacra del
foro, vedi C. CARDUCCI, Benevagienna (Cuneo) – Saggi di scavo nell’area
dell’antica città, in “Notizie degli Scavi “, 1950, pp.203-211.
11 Il Foro-santuario costituisce una soluzione urbanistica
tipica della prima architettura imperiale presente nelle province transalpine:
Augusta Raurica – Augst -, Lugdunum Convenarum - St. Bertrand de Comminges
-, Lutetia Parisiorum – Parigi – (R. MOLLO MEZZENA, Augusta Praetoria ed
il suo territorio, in “Archeologia in Valle d’Aosta. Dal neolitico alla
caduta dell’impero romano 3500 a.C. – V sec. d.C.” Quart – Aosta 1981,
pp.80, 81); Simili schemi architettonici li troviamo applicati a Virunum
– Zollfeld -, Emporiae – Ampurias -, Bagacum – Bavay -, Naviodunum – Nyon
– e Augusta Treverorum – Trier – (E. PANERO, La città romana in
Piemonte. Realtà e simbologia della Forma Urbis nella Cisalpina
occidentale, Cavallermaggiore 2000, p.69).
12 C. CARDUCCI, Lavori e ritrovamenti in Piemonte dal
1945 al 1950, in “Riv. Studi Liguri”, a. XVII, n.1, (1951); Nelle strutture
del criptoportico sono presenti chiare tracce di demolizioni e di modifiche
apportate successivamente alla costruzione (Idem., Benevagienna (Cuneo)
– Saggi di scavo cit., pp.205, 210).
13 A. SARTORI, Pollentia ed Augusta Bagiennorum. Studi
sulla romanizzazione del Piemonte, Torino 1965, pp.101-110.
14 A. FERRUA, Inscriptiones Italiae, IX, Augusta Bagiennorum
et Pollentia, Roma 1948, Tab. II.
15 W. MÜLLER, Die heilige Stadt, Stoccarda 1961,
p.16; Verosimili connessioni di tipo “astronomico”, individuate nell’orientamento
dei cardini dell’antica città, vengono già postulate da Barale
nell’ottobre del 2000 (A. PRIERI, Mistero a Bene Vagienna. Orientata come
Verona e Vicenza, in “La Stampa”, Domenica 1 ottobre 2000, a 134, n 265,
p.41; S. AUDISIO, L’Augusta volge al solstizio? Barale e Codebò
studiano gli scavi con l’Archeoastronomia, in “La Piazza Grande”, Martedì
17 ottobre 2000, a 11, n 37, p.24; M. BIGI, Studi di archeologia e astronomia
al tempio della Roncaglia , in “La Fedeltà”, Mercoledì 18
ottobre 2000, a 103, n 39, p.26).
16 C. NORBERG-SCHULZ, Architettura occidentale. Architettura
come storia di forme significative, Milano 1979, p.43. Sull’orientamento
astronomico delle centuriazioni, vedi F. Castagnoli, Ricerche sulla centuriazione,
Atti Istituto Veneto 1965-1966.
17 W. MÜLLER, Die heilige Stadt, cit., p.36 e sgg;
I precetti del cerimoniale etrusco relativo all’atto di fondazione di un
nuovo centro urbano vennero raccolti da Tarconte in appositi libri rituali,
chiamati etrusci libri o Tagetici (Enciclopedia Universale Fabbri, Milano
1971, Vol. II, p.2, s.v. Aruspicina; Le splendide città d’Italia,
Milano 1982, p.13). Per un approfondimento, vedi G. ROMANO, Orientamenti
Ad Sidera, Ravenna, ESSEGI, 1995.
18 Per il recinto augurale e i sui punti di riferimento,
vedi A. CARANDINI – R. CAPPELLI, Roma. Romolo, Remo e la fondazione della
città, catalogo della mostra, Electa, Milano 2000.
19 G. MARUOTTI, Nelle Tavole di Gubbio tracce indo-europee,
Firenze 1996, pp. 10, 11. Per un approfondimento sulle Tavole di Gubbio,
vedi G. DEVOTO, Le Tavole di Gubbio, Firenze, Sansoni, 1977.
20 C. CARDUCCI, Benevagienna (Cuneo) – Saggi di scavo
cit., p. 210.
21 G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Augusta Bagiennorum,
Bene Vagienna, scavi, museo, antichità romane trovate sul suo territorio
cit., pp.31, 39.
22 G. SCHMIEDT, Atlante aerofotografico delle sedi umane
in Italia, parte seconda, Le sedi antiche scomparse, Firenze 1970, Tav.
CXXVI, Fig. I – Augusta Bagiennorum.
23 Relazione di scavo inedita (Manoscritto Assandria
20 febbraio 1924 allegato prot. 8285 del 21 febbraio 1924), recentemente
riportata da: F. FILIPPI, Giuseppe Assandria archeologo e le sue ricerche
su Augusta Bagiennorum, in “La memoria della cultura. Giuseppe Assandria
a 150 anni dalla nascita” a cura di M. Fessia, Atti del Convegno di Bene
Vagienna 15 – 16 settembre 1990, Cuneo 1994, pp. 69 – 71; Presso la torre
angolare Nord-orientale fu rintracciata una parte del Vallum costituito
da un terrapieno e un fossato. “Gli scavi fatti per accertare la presenza
di tale cinta e di altre torri intermedie, che avrebbero dovuto coesistere
col presunto muro, riuscirono negativi e rivelarono invece nel punto VII
l’esistenza di un non grande fossato o vallum scavato secondo le esatte
norme del fortificare” (G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Augusta Bagiennorum.
Planimetria generale degli scavi con cenni illustrativi, in “Atti Soc.
Piemontese di Arch. e Belle Arti”, Vol. X, fasc.2, 1925, p.185); Secondo
il Sartori il sistema difensivo del centro bagienno doveva essere più
simbolico che reale in quanto attuato in un periodo in cui questo territorio
era già romanizzato e pacificato (A. SARTORI, Pollentia ed Augusta
Bagiennorum cit., p.116).
24 G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Augusta Bagiennorum.
Planimetria degli scavi, Benevagienna, 1935; Il Pais, oltre ad escludere
“l’idea di considerare esclusivo agli abitatori delle palafitte emiliane
il tipo della stazione di forma trapezoidale, dacchè anche questa
si trova fuori d’Italia…”, cita due città romane sorte nella Gallia
con cinte trapezoidali come: Mediolanum Aulercorum-Eboruvicorum (Évreux)
e Caesarodunum (Tours) (E. PAIS, Le mura poligonali di Alba Pompeia e le
mappe dei gromatici latini, in “Dalle Guerre puniche a Cesare Augusto”,
Nardecchia, Roma 1918, p.719 e nota 2).
25 Una soluzione simile si riscontra nel centro di Brixia,
l’attuale Brescia (E. PANERO, La città romana in Piemonte cit.,
p.68).
26 Il basamento del tempio principale viene localizzato
sulla Carta Tecnica Regionale del Comune di Bene Vagienna (1:5 000); Dalla
“Planimetria generale di Augusta Bagiennorum” si individua chiaramente
un’affinità nell’orientamento e nella sistemazione dei due templi
bagienni (C. CARDUCCI, Benevagienna (Cuneo) – Saggi di scavo cit., p.204;
G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene Vagienna – Nuove scoperte nell’area dell’antica
Augusta Bagiennorum cit., p.216, Fig.2; F. FILIPPI – E. MICHELETTO, Il
territorio tra Tanaro e Stura cit., p.21).
27 G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene Vagienna – Nuove
indagini nell’area dell’antica Augusta Bagiennorum, in “Notizie degli Scavi
“, 1898, p.301, Fig.2; Per un’eventuale dedicazione del tempio, vedi A.
BOVOLO, Augusta Bagiennorum cit., p. 9; P. BARALE, Un teatro per Dionisio.
Alcuni cenni sul complesso teatrale di Augusta Bagiennorum, in “Studi Piemontesi”,
novembre 1999, vol. XXVIII, fasc.2, pp.453-462.
28 Per l’orientamento astronomico dell’antica Misa, vedi
G. ROMANO, Archeoastronomia Italiana, Padova 1992, pp.84-90; Idem., Città
orientate nell’Italia centro-meridionale, in “Astronomia, dalla Terra ai
confini dell’universo”, Milano 1992, pp.85-86.
29 G. A. MANSUELLI, La città romana nei primi
secoli dell’impero. Tendenze dell’urbanistica, in “Aufstieg und Niedergang
der Römischen Welt, Tübingen”, vol. II, tomo 12, parte I, 1982,
pp.151, 152.
30 G. SCHMIEDT, Atlante aerofotografico delle sedi umane
in Italia cit., Tav. CXXVI, Fig. I – Augusta Bagiennorum.
31 Questo accesso fu considerato, dagli stessi scopritori,
come “Porta Decumana”, in quanto l’impianto urbano dell’augusta dei Bagienni
aveva, secondo l’Assandria e il Vacchetta una castrametatio a norma, con
la “Porta Pretoria” a Est e la “Decumana” a Ovest (G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA,
Augusta Bagiennorum. Planimetria degli scavi cit., vedi nella didascalia
della “Planimetria degli scavi”).
32 G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene Vagienna – Prosecuzione
degli scavi nell’area di Augusta Bagiennorum, in “Notizie degli Scavi “,
1901, pp.413-416.
33 L’imposizione da parte dei romani di monopoli e dazi
sul sale provocò, da parte delle popolazioni liguri-montane, sempre
più frequenti azioni di guerriglia che si conclusero, come viene
ricordato da Dione Cassio “Alpes Maritimae quas Ligures Capillati incoluerant,
in servitutem redactae sunt” (Dione, LIV, 24), nel 14 a.C. con il definitivo
asservimento dei Capillati ad Augusto.
34 La porta Nord-Est risultò strutturalmente simile
a quella Sud-Ovest (G. ASSANDRIA – G. VACCHETTA, Bene Vagienna – Prosecuzione
degli scavi nell’area di Augusta Bagiennorum cit., p.413; Idem., Prosecuzione
degli scavi nell’area di Augusta Bagiennorum, in “A.S.P.A.B.A.”, Vol. VII,
fasc. 3, 1901, pp.237, 238; F. FILIPPI, Giuseppe Assandria archeologo e
le sue ricerche su Augusta Bagiennorum cit., p.69).
35 Per l’orientamento astronomico dell’antica Alatri,
vedi G. ROMANO, Archeoastronomia Italiana, cit., pp.93-97; Idem., Città
orientate nell’Italia centro-meridionale cit., p.86.
36 Si può ricordare che nel 1977 su suggerimento
di G. Ferrero, l’architetto J. Daumm misurò il tempio dell’acropoli
di Velia, l’antica Elea, città Magno-Greca fondata attorno alla
metà del VI sec. a.C., e vi riscontrò alcuni riferimenti
astronomici mirati alla Luna (G. ROMANO, Archeoastronomia Italiana, cit.,
pp.91-93); Nel nostro caso allineamenti mirati a particolari momenti della
Luna sembrano da escludere, poiché con la riforma di Giulio Cesare
il calendario era diventato esclusivamente solare.
37 M.C. FANIGLIULO, Sull’orologio di Augusto, in “Giornale
di Astronomia”, vol. 25°, n.2 – giugno 1999, pp.50-59; G. ROMANO, L’antico
calendario romano, in “Astronomia, dalla Terra ai confini dell’universo”,
Milano 1992, pp.267-268.
38 D. FOGLIATO, Tracce di culti celto-liguri nella valle
di Susa in età imperiale romana, in “Ad Quintum”, n.9, 1996, p.67.
39 Il calendario numano (tetraeteride), nel quale la
durata di un anno variava dai 355 ai 377 o 378 giorni, venne modificato,
nel 45 a.C. da Giulio Cesare e la sua durata rimase dunque fissata in media
di 365,25 giorni. Augusto tolse un altro giorno a febbraio (mese infausto)
e ciò venne celebrato dal senato romano con la mutazione del mese
Sextilis in Augustus (agosto). (M.C. FANIGLIULO, Sull’orologio di Augusto
cit., p.53).
40 D. CINTI, Dizionario mitologico, Divinità principali
della mitologia greco-romana e di altre mitologie, 1989 Milano, pp.89,90,
s.v. Diòniso o Bacco; L. ZUSI, L’Epifania e gli antichi culti solari,
in “L’astronomia”, a. XV, n. 128, Gennaio 1993, p.38.
41 P. BARALE, Un rebus ai piedi del Monviso. Riferimenti
astronomici emersi da alcune incisioni rupestri delle Alpi Sud-occidentali,
in “Atti del XXVII Congresso Nazionale di Storia della Fisica e dell’Astronomia,
Como 1997, pp. 311-329; Idem., Nella valle dei re. Riferimenti archeoastronomici
emersi da antiche sepolture di rango nella necropoli protostorica di Valdieri
(Valle Gesso – CN), in “Atti del XXVIII Congresso Nazionale di Storia della
Fisica e dell’Astronomia, Como 1998, pp. 271-284; Altri siti localizzabili
nel monregalese sono tuttora oggetto di studio da parte dello scrivente.
42 G. ROMANO, Archeoastronomia Italiana, cit., pp.52-53;
Idem., Città orientate nell’Italia centro-meridionale cit., p.85.