ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA
Pubblicato in: Sassi: 4000 anni di cultura megalitica in Europa, Arunda Rivista Culturale n. 59, ed. Schlanders, Bolzano, 2002, pp. 154-159,
ISBN 3-7066-2336-6.
CHE COSA E’ L’ARCHEOASTRONOMIA
Mario Codebò
L’archeoastronomia è il ramo
della ricerca scientifica archeologica che studia le conoscenze astronomiche,
acquisite con metodi propri, dalle popolazioni preistoriche, protostoriche,
classiche, tardo-antiche e medioevali. Nacque nel XVIII secolo, in Inghilterra,
quando W. Stukeley e J. Wood si accorsero che l’asse principale di Stonehenge è
rivolto verso il sorgere del sole al solstizio estivo (Hadingham 1978; Codebò
1999). Nel XIX secolo Sir J.N. Lockyer e F.C. Penrose studiarono gli
orientamenti, rispettivamente, dei templi egizi e greci e, successivamente ed
in collaborazione, di Stonehenge. Nel XX secolo autori come G. Hawkins, F.
Hoyle, C.A. Newham, A. & A. Thom (rispettivamente padre e figlio), A. Burl,
A. Aveni, M. Hoskin, C. Ruggles, J.A.Belmonte, G. Foderà Serio, V. Castellani
ed altri hanno ampliato enormemente le indagini, estendendole alla maggioranza
delle strutture megalitiche europee e mediterranee ed, in parte, a strutture di
età più recenti. Risultati particolarmente significativi hanno fornito le
indagini eseguite sulle civiltà pre-colombiane, che conobbero un amplissimo
sviluppo dell’astronomia. Anche in Italia, dove le ricerche hanno forse un po’
stentato ad avviarsi, sono stati raggiunti lusinghieri risultati, specialmente
in Val d’Aosta (Cossard, Mezzena, Romano 1991; Cossard 1993), nelle Venezie, in
Puglia (Romano 1992) ed in Sardegna (Proverbio 1986 e 1991 in A.A. V.V.). In
Liguria da alcuni anni opera Archeoastronomia Ligustica, di Mario Codebò ed
Henry De Santis, le cui oltre trenta pubblicazioni sono visibili anche sul sito
www.archaeoastronomy.it.
Altre ricerche sono in corso ad opera di L. Felolo ed E. Calzolari, i risultati
delle quali sono stati solo in parte pubblicati.
Di particolare importanza in ambito nazionale sono:
a) l’opera pionieristica dell’Ing. G. Innerebner in Alto Adige, i cui lavori, interamente pubblicati su Der Schlern, hanno di fatto introdotto l’archeoastronomia in Italia;
b) le vastissime ricerche di A. Tavolaro nel Sud-Italia, con oltre duecento pubblicazioni.
Le prime osservazioni astronomiche forse nacquero nel paleolitico superiore, come testimonierebbero incisioni su ossa e pietre rinvenuti in strati di culture cro-magnoidi (Marshak, 1970) (1), benché questa ipotesi non trovi il favore di gran parte dei paletnologi. Ma è soprattutto con l’avvento dell’agricoltura e della pastorizia nel neolitico che si rese necessario disporre di mezzi che consentissero la misurazione del trascorrere del tempo. Poiché quest’ultimo è definito, ancora ai giorni nostri, dal moto degli astri, in regioni montuose come la penisola italiana bastò probabilmente utilizzare, quali punti di riferimento, i profili e le cime dei monti, nonché le ombre da essi proiettate. Approfondite ricerche, eseguite nel corso di parecchi anni dallo studioso sudtirolese hanno permesso di evidenziare in Alto Adige sistemi cronometrici e calendariali di questo tipo (Innerebner, 1959 et alia). E’ degno di nota il fatto che ricerche indipendenti condotte attualmente da E. Boccaleri nella zona di Carnino (CN) confermerebbero analoghe sopravvivenze in un’area alpina culturalmente diversa. Differente fu invece l’evoluzione nelle pianure, dove l’orizzonte, privo di punti di riferimento, impose l’innalzamento di strutture anche molto poderose. Nacquero così, accanto alle sepolture dolmeniche, gli allineamenti megalitici dell’Europa nord-occidentale come Stonehenge, Callanish, Carnac, per citare solo i principali. Nell’Europa dell’età dei metalli l’osservazione pragmatica del moto degli astri si fuse da subito con il loro culto.
Il megalitismo ebbe la sua massima fioritura nel corso dell’eneolitico europeo (2) (III millennio a.C.) e si esaurì alle soglie dell’età del ferro (I millennio a.C.), sopravvivendo unicamente, in un certo senso, nelle strutture murarie “ciclopiche” difensive delle nascenti città. Nel frattempo l’accumulo plurisecolare di osservazioni celesti aveva consentito l’elaborazione di veri e propri calendari, dei quali tutti i popoli protostorici furono in possesso.
Mentre sui monti permasero a lungo, accanto agli insediamenti rustici, i metodi arcaici di misurazione del tempo - come attesta la sopravvivenza di significativi toponimi quali: Cima Undici, Bric del Mezzogiorno, Sas del Meszdì - nelle pianure e nelle aree cittadine l’osservazione astronomica venne inglobata nelle strutture urbanistiche: città come Marzabotto, Alatri, Elea ed Augusta Bagiennorum furono orientate astronomicamente all’atto della fondazione (Pallottino 1981; Romano 1992; Sassatelli 1992; Barale, Codebò, De Santis 2001, pp. 489-502).
Il Cristianesimo si preoccupò di
sostituirsi al paganesimo non soltanto innestando le proprie festività su
quelle pagane, che erano vere e proprie ricorrenze solari e lunari, ma anche
orientando astronomicamente i propri luoghi di culto. Ottenne così il duplice
scopo di perpetuare il servizio calendariale a vantaggio delle anime di cui si
prendeva cura e di impressionarle con “effetti” scenografici. Ne sono buoni
esempi le chiese medioevali entro la cerchia muraria di Treviso, la cappella
degli Scrovegni a Padova, S. Procolo di Naturno (Codebò 2001; c.s. 1), le
chiese dell’antica Repubblica Marinara ligure di Noli (Bònora, Calzolari,
Codebò, De Santis 199; Bònora, Codebò, De Santis, Marano Bònora 199 ; Bonòra,
Codebò, De Santis, Marano Bonòra c.s.) e, in campo laico, Castel del Monte,
l’edificio ottagonale fatto costruire in Puglia da Federico II Hohenstaufen ed
ampiamente studiato da A. Tavolaro. La cultura umanistica del rinascimento
impose l’orientamento degli edifici secondo le esigenze del progetto
urbanistico, mentre, d’altra parte, l’accumulo ormai plurimillenario di
osservazioni sfociava nella riforma gregoriana dei calendario prima, e nella
rivoluzione copernicana poi: nasceva la moderna astronomia strumentale e
scientifica galileiana.
Le primitive osservazioni astronomiche si riferivano soprattutto ai movimenti
apparenti del sole e della luna, meno frequentemente delle stelle fisse e dei
pianeti. La terra, come è noto, compie un’intera rivoluzione intorno al sole in
365,2422 giorni solari medi (3). Sulla volta celeste il fenomeno si manifesta
come il sorgere od il tramontare del sole dietro uno stesso punto di riferimento
dell’orizzonte - in genere un rilievo orografico - ogni 365 giorni: è questo
l’anno tropico (4) che differisce dall’anno siderale (5) non solo per durata,
ma anche per il fatto che, in esso, il ritorno del sole dopo un anno allo
stesso punto di levata o di tramonto è osservato in riferimento ad una stella
fissa; perciò l’anno siderale è più lungo di quello tropico di circa 20’24”
(Zagar 1984). Oltre a ciò il sole sembra spostare il suo punto di levata o di
tramonto sulla linea dell’orizzonte entro un’ampiezza di gradi sessagesimali
che variano in funzione della latitudine, ad eccezione dell’alba o del tramonto
agli equinozi, che avvengono sempre, a qualunque latitudine ed in qualunque
epoca, rispettivamente a 90° e a 270°. Se consideriamo l’orizzonte visibile
come un cerchio orizzontale al centro del quale sta l’osservatore avendo il
nord alle spalle ed il sud di fronte, alla latitudine della Liguria (circa
44°30’ N) gli estremi settentrionali e meridionali toccati dal sole nel suo
moto apparente sono: all’alba 57° al solstizio d’estate (intorno al 21/6) e
123° al solstizio d’inverno (intorno al 21/12); al tramonto 303° al solstizio
estivo e 237° al solstizio invernale. A latitudini diverse questi estremi
variano molto.
I movimenti della luna sono più complicati di quelli solari, perché la sua orbita è inclinata di circa 5°09' sul piano dell’eclittica (l’orbita sulla quale si spostano apparentemente tutti gli astri mobili - in realtà l'orbita della terra intorno al sole - suddivisa in dodici parti dalle costellazioni zodiacali), la quale, a sua volta, è inclinata di 23° 26’21,448" (al 01/01/2000) sul piano dell’equatore celeste (che è una proiezione nello spazio dell’equatore terrestre); di conseguenza la sua declinazione (cioè l’altezza dall’orizzonte nel sistema delle coordinate equatoriali) (6) massima è di + 28° 36’ e quella minima di - 28° 36’, per cui essa in questi due momenti sorge e tramonta più a N del punto ove sorge e tramonta il sole al solstizio d’estate alla stessa latitudine e 15 giorni dopo più a S dei punto ove sorge e tramonta esso alla stessa latitudine al solstizio d’inverno: sono questi i cosiddetti punti d’arresto maggiori, rispettivamente superiore ed inferiore, o stazioni massima e minima. Ciò si verifica ogni 18 anni e 7 mesi circa quando i nodi dell’orbita lunare (cioè i punti d’incontro dell’orbita lunare con l’eclittica), che ruotano intorno alla Terra in 6798 giorni medi, vanno a coincidere con il punto d’Ariete e il punto di Bilancia (rispettivamente 21 marzo e 23 settembre) dell’eclittica. In questo mese lo spettacolo che si manifesta è veramente straordinario: dapprima la luna compie il semicerchio più alto e più settentrionale di tutto il suo ciclo diciottennale e 15 giorni dopo descrive invece quello più basso e più meridionale. Il fenomeno colpì molto la fantasia dei nostri progenitori che vi dedicarono numerose strutture megalitiche sia a scopo di misurazione (per esempio le quattro pietre di riferimento di Stonehenge I) che di culto (per esempio la maggior parte delle strutture della necropoli eneolitica di Saint Martin de Corléans).
A metà del suo ciclo
diciottennale invece la luna, a causa del sottrarsi dell’inclinazione della sua
orbita rispetto a quella dell’eclittica (+ 18°18’ e – 18°18’), descrive in
cielo un semicerchio molto prossimo alla linea equinoziale (E-W): sono questi i
due punti d’arresto minori o stazioni intermedie, rispettivamente superiore ed
inferiore. Per tutti questi motivi la luna sorge e tramonta allo stesso azimut
una volta ogni 18 anni e 7 mesi circa.
Molto più semplici sono i movimenti delle stelle fisse le quali, però, essendo
dotate di un pur lentissimo moto proprio, dopo qualche migliaio di anni
modificano irreversibilmente i loro azimut di levata e tramonto. Inoltre
particolari fenomeni quali le supernovae (7) rimangono a noi sconosciuti, a
meno che gli antichi non ce ne abbiano lasciata esplicita menzione scritta,
come nel caso della supernovae del 1054 d.C. nella costellazione del Toro,
curiosamente registrata dagli astronomi cinesi ma non da quelli europei.
Per tutte queste ragioni gli allineamenti stellari sono da valutare con prudenza. Tuttavia la loro estrema importanza è dimostrata, oltre che da alcuni reperti (Callanish, Saint Martin de Corléans, etc.), dal fatto che la ripartizione del giorno in 24 ore pare derivare proprio dalla suddivisione della notte, da parte degli antichi Egizi, in 12 parti, scandite dalla levata di 12 stelle luminose.
Infine i moti planetari, per ora
assenti dall’ambito europeo, hanno avuto una parte primaria nelle civiltà
precolombiane.
In taluni siti poi (per esempio nella tomba IV di Saint Martin de Corléans),
sono stati identificati allineamenti con azimut solari in particolari giorni
dell’anno coincidenti con antiche festività, la più celebrata delle quali fu
Beltàne, corrispondente al nostro Calendimaggio. Essi testimonierebbero della
estrema antichità di tali feste tramandatesi di generazione in generazione per
millenni.
Tutti questi allineamenti si misurano di regola con metodi archeoastronomici che implicano l’uso di strumenti di precisione, quali il teodolíte o lo squadro sferico graduato con clinometro, e complessi calcoli. Ciò perché il geomagnetismo varia imprevedibilmente nel tempo, soprattutto sulla scala geologica e paletnologica.
Perciò le misurazioni ottenute con la bussola sono da considerarsi potenzialmente affette da gravi errori, anche quando si è avuta l’accortezza di eseguirle fuori da aree di anomalia, lontano da oggetti metallici e correggendo la declinazione magnetica. Nonostante ciò il suo uso e quello della carta topografica a grande scala, nei modi noti ad ogni escursionista, può risultare utile in via preliminare, specialmente nel corso di una campagna esplorativa.
N O T E.
1) Cro-Magnon = tipo umano
caratterizzato da alta statura e cranio dolicocefalo (ossia allungato in senso
antero-posteriore). appartenente alla specie Homo sapiens-sapiens, comparso in
Europa circa 35.000 anni fa, in concomitanza con la estinzione della specie
Homo Sapiens Neanderthalensis. Da esso deriva l’uomo contemporaneo.
2) Eneolitico = età dei rame; sinonimo di calcolitico (preferito dagli autori
francesi: calcolithique). Cronologicamente inquadrabile, in Italia, nel III
millennio a.C..
3) Giorno Solare Medio o Giorno Medio = media esatta di tutte le durate dei
giorni veri in un anno, convenzionalmente pari a 24 ore. I giorni veri
corrispondono all’intervallo di tempo - pari a ore 24 ±17 minuti circa a
seconda della data - fra due successivi passaggi, superiori od inferiori, del
centro geometrico del disco solare al meridiano.
4) Anno tropico = periodo di
tempo intercorrente tra due successivi passaggi del sole all’equinozio di
primavera (o Punto vernale). Differisce dall’anno siderale perché quest’ultimo
dura 365,2564 giorni solari medi, mentre il primo ne dura 365,2422; ossia
l’anno tropico è più breve di 20 minuti e 24 secondi rispetto all’anno solare.
5. Anno siderale = periodo di tempo impiegato dal sole a percorrere
apparentemente l’intera eclittica rispetto ad un punto fisso di essa. Per la
sua durata si veda nota n. 4.
6) Coordinate equatoriali = uno dei quattro sistemi di coordinate astronomiche.
7). Supernovae = stelle che, a causa di processi interni, aumentano improvvisamente la loro la loro luminosità (magnitudine) da 18 a 20 volte, per poi diminuirla lentamente, fino a scomparire. Si distinguono visivamente dalle novae perché quest’ultime aumentano la loro magnitudine di sole 7-8 volte. Invece i processi interni sono molto differenti.
BIBLIOGRAFIA.