Abstract. Some differences between the Ing. G. Innerebner's description of Jobenbuhel site and the results of a late survey of the author are described here.
1.1 Introduzione.
Nel 1937 l'Ing. G. Innerebner pubblicava sul giornale Der Schlern i risultati della sua indagine sul "castelliere dell'Età del Bronzo" (Jesi 1978 pp. 59-70) di Colle Joben, presso i laghi di Monticolo (BZ), e li riportava poi nuovamente nell'unico suo articolo in Italiano del 1959: due allineamenti verso l'alba degli equinozi e del solstizio invernale ed uno verso il tramonto di quest'ultimo. Nel 1993, seguendo in parte un itinerario sulle tracce dell'ingegnere altoatesino, ho visitato il sito registrando alcune significative differenze tra quanto tutt'ora a vista e quanto pubblicato. Per una migliore comprensione di quanto segue è bene precisare che:
a) dei due lavori originari di Innerebner, ho fin'ora potuto consultare solo quello del 1959. Ho dovuto perciò avvalermi principalmente di quanto riportato da altri (Bernardini 1977, p. 114; Jesi 1978; Romano 1992, pp. 12-15; Cossard 1993, p. 135);
b)
delle differenze da me rilevate mi sono accorto solo dopo essere ripartito
dal sito confrontando gli appunti presi con le descrizioni in bibliografia.
Non ho quindi potuto tornare a meglio indagarle né allora né,
nonostante un preciso programma, recentemente.
1.2 Il sito.
Attualmente il colle è inserito nel circuito naturalistico Waldlehrpfad Feuchtgehiete che lo attraversa separando con un avvallamento la cima orientale da quella occidentale. Il complesso megalitico si trova su quest'ultima ed ha una pendenza di circa 5,5°. Il corridoio orientato ha una forma assai più complessa di quella riprodotta a suo tempo da Innerebner (figg. 1-2). Le principali differenze osservate sono le seguenti:
1) esistono tre corridoi laterali più piccoli con azimut magnetico oscillante tra i 15° ed i 18°; quello intermedio tra essi forma un vero e proprio cul di sacco;
2) un sottile prolungamento lungo circa m. 2, allineato con la prima metà del corridoio principale - e quindi teoricamente sull'asse del tramonto equinoziale - si stacca dallo sbocco di quello sulla sommità collinare;
3) l'accesso al corridoio principale ha, in realtà, una forma a T;
4) è scomparsa la pietra-altare posta nel punto più acclive del corridoio principale, l'asse minore della quale puntava verso il tramonto al solstizio d'inverno; al suo posto c'è un banco di terra, privo di sequenza stratigrafica, sul quale essa probabilmente poggiava;
5) la sommità occidentale della collina, sulla quale si trova il complesso, è del tutto priva di cinta muraria, come invece si rinviene normalmente nei castellari dell'Età del Ferro propriamente detti a causa della loro funzione di oppida fortificati (Bernardini 1982; Peroni 1994). Invece sulla piccola spianata sommitale si notano due cerchi di pietre, uno dei quali, più a N, con una croce, pure di pietre, inscritta, e due concavità nel perimetro collinare occidentale, entrambe rivestite di pietre a secco (resti di mura?). Più in generale, non si notano segni di fortificazione vera e propria in alcun punto, né la collina si presenta in alcun punto naturalmente inaccessibile. La sommità orientale non presenta alcun segno di insediamento. All'apparenza, pertanto, il sito sembra da interpretarsi più come un insediamento d'altura (AA.VV. 1990), forse con funzioni di culto, che come un'arce (iguvino: ocra; cfr. Devoto 1977) difensiva;
6) le "mire" nel corridoio principale sembrano essere due anziché una, a circa m. 1 di distanza l'una dall'altra. Sono comunque troppo basse per assolvere la funzione per loro ipotizzata verso l'alba, a meno che l'osservatore non si sdrai al suolo, con il risultato, però, di vedere solo il terreno dell'avvallamento sottostante a causa dell'inclinazione di 5,5°. Solo in direzione dei tramonti possono assolvere la loro supposta funzione, sempre alla condizione che l'osservatore si sdrai al suolo. Sembra perciò più pertinente ipotizzare per esse un altro uso;
7) infine, per un osservatore che si ponga sulla parte più acclive del corridoio principale e miri lungo i due tronchi di esso - quindi verso il basso di 5,5° (fig: 3) - i punti di levata del Sole, questi sono chiaramente occultati dalla cima orientale. Ciò è particolarmente vero per la levata equinoziale, mentre quella solstiziale invernale potrebbe forse essere parzialmente visibile sul fianco collinare: bisogna alzare la testa per vederle sopra il profilo della collina orientale, ma in tal caso la "guida" del corridoio diventa inutile;
8)
viceversa, per un osservatore dal punto più declive del corridoio
principale e lungo i due tronchi di esso, sembrano ben visibili i punti
di tramonto del Sole agli equinozi ed al solstizio estivo sul profilo dei
monti che costituiscono il confine con la provincia di Trento. In particolare,
il secondo dovrebbe avvenire dietro il M. Penegal (q.m. 1.737 s.l.m.) o
il M. Largadan (q.m.1.742 s.l.m.) o, al massimo, poco più a N verso
il solco della Valle Forcolana, a circa 300° (azimut magnetico del
tronco superiore).
Conclusioni.
Benché il mio sopralluogo
sia stato troppo rapido e sommario per permettere di acquisire dati sufficienti
a trarre delle conclusioni anche provvisorie, risulta comunque chiara la
difficoltà di scorgere la levata del Sole lungo la retta indicata
dai due tronchi del corridoio principale e la facilità, al contrario,
di identificare con notevole precisione i punti dei due corrispondenti
tramonti. Il sito merita quindi, a mio parere, un supplemento di indagine
strumentale approfondita (vegetazione permettendo) per dirimere i dubbi
insorti e verificare l'eventuale esistenza di altri allineamenti astronomici
(lunari o siderali) dei tre corridoi minori.
Bibliografia
AA.VV. (1990). Archeologia dell'Appennino ligure. I.I.S.L., Bordighera (IM).
Bernardini E. (1977). Guida alle civiltà megalitiche. Vallecchi, Firenze.
Bernardini E. (1982). La preistoria in Liguria. Sagep, Genova.
Cossard G. (1993). Le pietre ed il cielo. Veco, Cernobbio (CO).
Devoto G. (1977). Le tavole di Gubbio. Sansoni, Firenze.
Peroni R. (1994). Introduzione alla protostoria italiana. Laterza, Bari.
Innerebner G. (1959). La determinazione del tempo nella preistoria dell'Alto Adige. In: Annali dell'università di Ferrara, sez. XV, vol. 1, n. 1, pp. 1-21.
Jesi F. (1978). Il linguaggio delle pietre. Rizzoli, Milano.
Romano G. (1992). Archeoastronomia italiana. CLEUP, Padova.