ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA

 

 

Pubblicato in: Notiziario C.A.I. Bolzaneto n.11, 1993, Genova, pp. 30-31.

 

 

I MENHIR DI TORRE BASTIA

 

Mario Codebò

 

 

Torre Bastia è una collina di quota m. 321 situata alle spalle dell'abitato di Borgio Verezzi, sulla cui cima pianeggiante si trovano i ruderi della torre omonima.

Pur non essendo il più alto rilievo della zona, da essa si gode un ampio panorama in tutte le direzioni, con l'unica eccezione del Monte Caprazoppa, coperto a SE dalla sommità di una vicina collina poco più elevata.

Ad una ventina di metri a E dei ruderi della torre sporgono dal terreno due menhir (1), uno dei quali tuttora eretto, l'altro giacente a terra spezzato in due tronconi di ineguale misura (Tizzoni M.. 1975; Giuggiola 1984).

Ponendosi in piedi sul primo menhir (1), precisamente sulla sporgenza a gradino della faccia e avendo così il vertice all'altezza degli occhi, traguardando con la bussola il menhir abbattuto, si misura un azimut che oscilla tra i 270° e i 280° a seconda che si prenda di mira rispettivamente il vertice affusolato del troncone abbattuto o il troncone interrato. Analogamente dal secondo menhir si misura verso il primo un azimut oscillante tra i 90° e i 100° a seconda che ci si ponga rispettivamente sul vertice affusolato del troncone abbattuto o su quello interrato.

Poiché 90° corrispond  ono al punto di levata del Sole nel giorno dell'equinozio sia primaverile, sia autunnale, e 270° al punto di tramonto, l'ipotesi che propongo è che l'allineamento dei due menhir fosse destinato in qualche epoca alla determinazione del giorno di inizio di queste due stagioni, presumibilmente a fini agricoli. Ciò anche in considerazione della ampia panoramicità del luogo e della vicinanza del castellaro di Verezzi, sito a poche centinaia di metri; parimenti nei pressi il dolmen (2), così detto, della Caprazoppa (Giuggiola O., 1984). Recentemente nella stessa zona è stata trovata una seconda struttura di forma dolmenica, per ora inedita. Una ricognizione effettuata a Torre Bastìa dal personale del Civico Museo di Finalborgo durante l'estate 1988 intesa ad evidenziare materiale fittile di superficie ha dato, in questo senso, esito negativo, suscitando forti dubbi sull'origine artificiale dei due menhir, ritenuti di conseguenza spuntoni di roccia emergenti dal terreno. Tuttavia bisogna considerare che non sempre alla base di menhir si trovano, sia in superficie sia in profondità, manufatti: tale è il caso, per esempio, del menhir di Biassa (Formentini R., 1950/1954); che nel caso di Torre Bastìa non è stato eseguito, a quanto sembra. nessuno scavo; che, infine, la collina è stata oggetto di intenso sfruttamento umano fino a qualche decennio fa, soprattutto a scopo agricolo, secondo quanto riferito da abitanti del luogo e come dimostra anche la costruzione addossata in tempi successivi alla più antica torre.

Da solo, un tale sfruttamento può anche aver cancellato pressoché ogni traccia di antica presenza umana in superficie e fino ad alcuni centimetri di profondità. Sicché, per dirimere ogni dubbio, sarebbe utile uno scavo inteso ad evidenziare la presenza o l'assenza di una continuità con la roccia sottostante delle due pietre emergenti.

Nel caso invece risultassero due menhir allineati secondo l'asse degli equinozi, essi sarebbero, in ordine di tempo, la terza struttura in Liguria per la quale si è supposto un uso paleoastronomico, la prima essendo il già citato menhir di Biassa e la seconda la cosiddetta stele di Triora (Bausani A.,1973).

Oltre a queste si è proposto, per l'Italia, tale uso per due strutture altoatesine  l'una al Colle Joben, l'altra al Colle S. Pietro (Bernardini E.. 1977) e per il cromlech (3) del Piccolo S. Bernardo (Cossard G.. 1988).

 

 

RILEVAMENTO.

Il menihr eretto è situato lungo il perimetro di un muro a secco circolare che circonda quasi tutta la sommità collinare, in questo punto con dislivello di quasi due metri. Esso è alto cm 160 sulla faccia W, leggermente convessa; cm 250 sulla faccia E, rivolta verso il dislivello e leggermente concava; cm 200 di larghezza alla base di interramento; cm 75 di larghezza al vertice, cm 65 di spessore è dunque fortemente appiattito in senso E – W.  Il vertice è perfettamente piano ed ha una larghezza massima di cm 42; una frattura naturale, profonda cm 4, lo attraversa nel senso della larghezza per circa cm 30, con andamento irregolare e con punto di partenza a circa metà della sua lunghezza sullo spigolo W. Mentre lo spigolo N del menhir scende obliquamente senza irregolarità di rilievo dal vertice fino al punto di interramento, lo spigolo S inizia dal vertice con un’incisura semilunare lunga cm 20, profonda cm 45 e leggermente inclinata verso il basso e verso l'esterno. Sulla faccia E, concava, una sporgenza lunga cm 130, larga da un minimo di cm 1 ad un massimo di cm 20 nel senso E  W , posta a cm 155 dal vertice, forma una specie di scalino sul quale è possibile salire, grazie anche alla concavità del profilo, venendosi cosi a trovare con il viso all'altezza del vertice piano.

Il secondo menhir dista dal primo cm 650 circa e consta, a quanto sembra, di due tronconi diseguali. Il maggiore è lungo cm 210, largo nel punto massimo cm 90, spesso da cm 40 a cm 65, di forma affusolata giace per terra con direzione SN.

Sulla faccia rivolta verso l'alto presenta un’incisura, abbastanza profonda e larga; naturale all'aspetto; posta nel senso della larghezza; lunga circa i due terzi di essa, a cm 20 di distanza dalla supposta superficie di frattura. All’estremo opposto, quello che sembra il vertice originario si presenta, come quello del menhir eretto, pressoché spianato, tranne un modestissimo rilievo alto non più di un centimetro all'estremo N.

Il secondo troncone è interrato a pochi centimetri di distanza verso N. E' largo cm 80, alto cm 50, spesso cm 46. La superficie di frattura è irregolare e sembra coincidere con quella del troncone maggiore. Se originariamente era, come sembra, un unico monolito la sua altezza da terra raggiungeva i cm 260.

 

 

NOTE.

(1) Menhir (dal bretone men = pietra e hir = lunga): pietra infitta nel terreno tipica della cultura megalitica. La funzione dei menhir

tuttora oggetto di studio.

(2) Dolmen (dal bretone dol = tavola e men = pietra): struttura fondamentalmente costituita da lastre di pietra più o meno sagomate ed infisse verticalmente nel terreno e sormontate da una o più lastre litiche orizzontali. I dolmen avevano funzione di sepolture, singole o collettive. nell'ambito della cultura megalitica.

(3) CromIech (dal bretone croum = cerchio, curva e lech = pietra sacra): spazio generalmente circolare, ovale o a forma di uovo, più raramente di altra forma geometrica; delimitato da menhir, appartenente alla cultura megalitica. La funzione dei cromlech è tuttoggi oggetto di studio, specialmente da quando è stata avanzata l'ipotesi del loro uso come arcaici osservatori astronomici dei movimenti dei corpi celesti, particolarmente del sole e della luna.

 

 

BIBLIOGRAFIA.

·        Bausani A.(1973)  Interpretazione paleoastronornica della stele di Triora. BCSP, X. 127134.

·        Bernardini E. (1977)  Guida alle civiltà megalitiche. Vallecchi, Firenze.

·        Cossard G. (1988)  Il cromlech del Piccolo San Bernardo. L'astronomia, LXXXII, 3538.

·        Formentini R. (1950/1954)  Civiltà megalitica nel golfo di La Spezia. Giornale storico della Lunigiana, N.S., I, III, 1921.

·        Giuggiola O. (1984)  Una costruzione megalitica a Finale. Rivista ingauna e intemelia III, 6769.

·        Tizzoni M. (1975)  Incisioni all'aperto nel Finalese. BCSP. XII, 86102.

 

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