ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA
1) Introduzione
Nel 1959 Georg Innerebner, iniziatore
dell'archeoastronomia italiana, scriveva: <L'uomo alpino normalmente non aveva
bisogno di mezzi artificiali per fissare il suo calendario privato. A lui
serviva in modo migliore l'orizzonte vario e bizzarro del suo paese>
(Innerebner 1959).
Il presente lavoro raccoglie i risultati di una
ricerca condotta da alcuni anni a questa parte dagli scriventi e destinata a
durare certamente ancora molti anni, poiché le montagne italiane con funzione
di meridiana o di orologio naturale sono molto numerose: una ricerca sul Web (vedi
appendice I) condotta da Henry De Santis ne ha identificate parecchie decine,
soprattutto sulle Alpi, ma anche sugli Appennini.
Ai giorni nostri l'utilizzo di meridiane naturali è
ancora parzialmente attivo presso alcune comunità agro-pastorali abbastanza
integre, come per esempio quella di Carnino nel basso Cuneese (Boccaleri, 1982,
p. 283).
Si ricordi che il mezzogiorno
é l'istante in cui il Sole passa al meridiano del luogo, raggiungendo una certa
altezza detta altezza meridiana. Ciò
corrisponde con buona approssimazione - ma non con esattezza - al raggiungimento
della sua massima altezza sull'orizzonte astronomico, detta altezza di culminazione. La non perfetta
coincidenza tra le due altezze è dovuta al fatto che il Sole è un astro a
declinazione variabile e pertanto è soggetto alla sommatoria algebrica del moto
diurno e della variazione di declinazione. Di fatto però la differenza tra
altezza meridiana e altezza di culminazione è trascurabile per il Sole, essendo
piuttosto lenta la sua variazione diurna di declinazione, e pertanto si possono
far coincidere altezza meridiana ed altezza di culminazione senza commettere un
apprezzabile errore. Invece nel caso della Luna tali differenze non sono
affatto trascurabili, essendo rapida la sua variazione di declinazione (Flora
1987, pp. 332-335).
Ciò premesso, due risultano i modi per determinare il
passaggio in meridiano del Sole:
1) la misurazione della sua altezza;
2) il calcolo del suo passaggio al meridiano.
Il primo metodo è evidentemente quello usato in antico
ed applicato alle montagne meridiane.
Il secondo è quello moderno ed implica il calcolo
preventivo dell'ora di tale passaggio mediante un'apposita formula e l'utilizzo
d’effemeridi ed orologio radiocontrollato.
La formula per calcolare l'istante del passaggio al
meridiano è la seguente:
12h + (± cost.
loc.) + (± E.T.)
dove:
12h è il mezzogiorno vero sul meridiano centrale del fuso
orario locale (13h durante il periodo
di vigenza dell’ora estiva);
cost. loc. è la costante locale;
E.T. è l’equazione del tempo nel giorno della misurazione
ed a mezzogiorno.
La costante
locale (Zagar 1984, p. 115) è la longitudine del luogo da quella del
meridiano centrale del fuso orario locale e si calcola sottraendo
algebricamente la prima dalla seconda. Poiché le longitudini da Greenwich si
contano oggi positivamente verso est e negativamente verso ovest, la costante
locale avrà segno positivo se il sito è ubicato ad ovest del meridiano centrale
del fuso orario locale e segno negativo se ubicato ad est. Premesso che gli
orologi sono regolati sul mezzogiorno vero del meridiano centrale del fuso
orario locale, il mezzogiorno locale anticiperà o posticiperà di tanti minuti e
secondi quanti sono quelli della costante locale rispettivamente se il sito è
ubicato ad est o ad ovest del meridiano centrale del fuso orario locale.
Poiché l'Italia appartiene al primo fuso orario
orientale, il cui meridiano centrale passante per l'Etna ha una longitudine
pari a 15° = 1h W da Greenwich, la costante locale di un qualsiasi sito
italiano si misurerà sottraendo la sua longitudine W da Greenwich dai 15° = 1h
W della longitudine del meridiano dell'Etna da Greenwich. Il risultato è la
costante locale con il suo segno: + se il sito è ad W del meridiano dell'Etna e
- se esso è ad est;
Es.:
1) cost loc. del Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE)
lat. 44°27'47"N;
long. 8°55'11"E
15°00'00"E-
08°55'11"E=
--------------
06°04'49" = 0h 24m 19,27s
2) costante locale di Capo d'Otranto
lat. 40°06'N; long.
18°29'E
15°00'00"-
18°29'00"=
------------
-3°29'00" = -0h 13m 56s
Perciò, prescindendo dall'equazione del tempo E.T., al Bric di Mezzogiorno di Cremeno il
mezzogiorno vero si verificherà alle ore solari 12h + 0h 24m 19,27s = 12h 24m
19,27s ed al Capo d'Otranto si verificherà alle ore 12h + (-0h 13m 56s) = 11h
46m 04s.
Infine, al risultato ottenuto si aggiunge algebricamente
(cioè con il suo segno + o -) E.T.:
12h 00m 00s + (±
cost. loc.) + (±E.T.)
E.T. è l'equazione del tempo, cioè la differenza
algebrica tv - tm tra il giorno vero tv (o: tempo vero), di durata variabile con la data a causa dell'ellitticità
dell'eclittica ed il giorno medio tm
(o: tempo medio), di durata
convenzionalmente stabilita sempre costante e di 24h 00m 00,00s (Flora 1978,
pp. 188-200; Zagar 1984, pp. 105-113; Smart 1977, pp. 136-150). Può definirsi
anche, invertendo i segni, come la differenza tm - tv tra giorno medio tm
e giorno vero tv (Effemeridi Nautiche
I.I.M. e Meeus 1990, pp. 93-94; 2005, pp. 183-187). Il tempo vero tv è variabile nel corso dell'anno perché:
1) l'orbita ellittica fa
variare la velocità di rivoluzione come descritto dalla seconda legge di
Keplero;
2) le proiezioni sull'equatore
di archi uguali di eclittica non sono uguali;
E.T. si azzera quattro volte
all'anno (verso il 15/04, il 15/06, il 01/09 ed il 25/12) ed assume quattro
volte all'anno valori massimi o minimi (verso il 12/02, il 15/05, il 27/07 ed
il 03/11).
Come sopra accennato, due sono le convenzioni secondo
le quali si definisce E.T.:
1) E.T. = t.v. - t.m.
2) E.T. = t.m. - t.v.
Secondo la prima convenzione, il suo valore minimo,
pari a -14,4 minuti, si raggiunge verso il 12/02 ed il suo valore massimo, pari
a +16,4 minuti, si raggiunge verso il 03/11.
L'opposto con la seconda convenzione.
Quest'ultima è quella adottata nelle Effemeridi
Nautiche dell'I.I.M., nelle quali, quindi, l'E.T. minima (-16,4 minuti) si
raggiunge verso il 03/11 e la massima (+14,4 minuti) si raggiunge verso il
12/02.
E.T. può essere calcolata anche mediante alcune
formule (Meeus 1990, pp. 93-94; 2005, pp. 183-187).
Come si è detto, l'ora legale (sia invernale che estiva),
segnata dagli orologi, è regolata sul meridiano centrale del fuso orario
locale: l'orologio segna mezzogiorno quando il Sole passa al meridiano centrale
del fuso orario locale. Poiché gli estremi dei fusi orari distano al massimo 30
minuti dal loro meridiano centrale e poiché E.T. è al massimo circa ±14,4~16,4
minuti, ne consegue che la differenza tra il mezzogiorno legale e quello vero è
al massimo circa ±45 minuti.
Il mezzogiorno
vero o locale o astronomico così calcolato è l'istante in cui il Sole passa
al meridiano del luogo. Se la cima montuosa studiata è meridiana, in
quell'istante il Sole apparirà sulla verticale di essa rispetto a qualsiasi
luogo giacente sul suo meridiano (ovviamente, verso nord nell'emisfero boreale
e verso sud in quello australe).
Ecco un esempio di calcolo del mezzogiorno vero al
Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE) in data 23/09/2000:
a) per trasformare i gradi sessagesimali in tempo
basta dividerli per 15:
long. 8°55'11"E/15 = 0,594648148148h = 0h 35m
40,73s
e, viceversa, per trasformare le unità di tempo in
gradi sessagesimali basta moltiplicarle per 15:
0h 35m 40,73" × 15 = 8,91972222222° =
8°55'11";
b) si calcola la costante locale:
cost. loc. = (15° -
8°55'11"E)/15 = 6°04'49"/15 = 0h 24m 19,27s;
c) si trova l’E.T. del 23/09/2000 UT 12h 00m 00s, che
risulta pari a -0h 07m 47s;
d) si sommano algebricamente tra loro i tre fattori
ottenendo come risultato il mezzogiorno
vero o locale o astronomico a Cremeno (GE):
12h 00m 00s + (+0h
24m 19,27s) + (-0h 07m 47s) = 12h 16m 32,27s
2) Appennino ed Alpi Liguri[3]
In Liguria sono state fin’ora identificate
tre montagne meridiane:
a) il Bric di Mezzogiorno di Cremeno;
b) il Monte di Mezzogiorno di Stellanello (SV);
c) il Bric di Mezzogiorno di Cetta (IM), altrimenti
detto M. Carmo Langàn.
(lat.
44°27'47"N; long. 0h 35m 40,73s E; q. m. 337 s.l.m.; cost. loc. +0h 24m 19,27s; tavoletta I.G.M. 1:25000 n. 82 II NE
Sestri Ponente)
Foto n.1.
Il Bric di Mezzogiorno di Cremeno
(GE), dalla località Castellaro o Castellazzo.
(Foto Mario Codebò).
|
Secondo una teoria più recente, che però raccoglie
meno consensi (Elter e Pertusati 1973), la formazione geologica delle Alpi
comincerebbe più a est, comprendendo l'intero gruppo del M. Antola. In questo
secondo caso il Bric di Mezzogiorno di Cremeno farebbe già parte delle Alpi.
A circa m. 750 a SW del bricco sorgeva, in località
Càmpora di Geminiano, una stazione a tegoloni di età romana (d'Ambrosio, 1985
b, pp. 70-72).
A km. 3,750 a Nord, sul versante settentrionale della
valle del torrente Secca, in località S. Cipriano sorgeva un castellaro ligure
del IV secolo a. C. (d'Ambrosio, 1985 a, pp. 49-69).
Infine, secondo Edilio Boccaleri (Boccaleri 2002a,
2002b) il Bric di Mezzogiorno si trova sul percorso dell'antica via consolare
Postumia che congiungeva Genua con Aquileia passando per Libarna e Dertona
(oggi Tortona). Nella ricostruzione di Boccaleri la via consolare risaliva la
collina di Granarolo; raggiungeva i Piani di Fregoso; continuava a mezza costa
fino al Bric di Mezzogiorno toccando la stazione a tegoloni di Càmpora di Geminiano;
scendeva al guado del torrente Sardorella alla sua confluenza con il torrente
Secca; risaliva la collina di S. Cipriano presso il castellaro ligure
protostorico; giungeva alla località Pons ad Decimum (attuale Pontedecimo);
risaliva fino a Langasco, identificata come il castello dei Ligures Langenses
Viturii della Tavola di Polcevera e valicava l'Appennino, scendendo poi a
Libarna, attraverso il Passo della Bocchetta, che, fino al XIX secolo quando fu
aperta la via del Passo dei Giovi, fu il più importante dell'Appennino
genovese: di qui passò la salma di S. Agostino quando fu traslata fino a S.
Pietro in Ciel d'Oro a Pavia.
Sappiamo però da due atti notarili del 1020 e del 1026
- actum infra castro Carmandino feliciter il primo e actum castro Carmandinum il secondo - che in località Carmandinum
sorgeva il castello dei visconti di Genova. Il firmatario di questi due atti
fu, con sua moglie Gilberga, Windo (o Indo = Guido) II, nipote di Ydo I (=
Guido) citato in un documento del 952 quale proprietario di una vigna presso la
basilica di S. Siro (tutt'ora esistente) e vicecomes
<…vinea quae tenet Ydo vicecomes…>:
egli era cioè il visconte del comes Oberto,
allora titolare della Marca Obertenga cui Genova apparteneva (le altre due
marche in cui era divisa la Liguria, sempre in senso N-S, erano quella
aleramica e quella arduinica). Questi documenti dimostrano che nel secolo X a
Genova risiedeva un visconte e che almeno nel secolo XI, se non prima, il
castello viscontile era in Carmandinum, ossia in Cremeno. Secondo alcuni
autori, dalla famiglia dei Carmandino, che mutuò il proprio cognome dalla
località di residenza, derivarono poi, con altri cognomi in parte derivati
dalle località di residenza, quasi tutte le famiglie nobili genovesi, mentre i
Carmandino come tali, più tardi decaduti, si estinsero nel XVI o nel XVII
secolo (Atti della Società Ligure di Storia Patria, vol II, parte I, Genova,
1870).
Secondo dom Domenico Cambiaso, parroco di Cremeno agli
inizi del XX secolo, il castello viscontile dei Carmandino sorgeva in località
Castellazzo o Castellaro di Cremeno (Cambiaso 1907, pp. 17-23); oggi vi sorge
una vecchia casa colonica - la più antica del paese a detta degli abitanti -
sulla cui facciata meridionale troneggiava, prima del deturpante restauro cui
fu sottoposta negli anni '90, una meridiana (foto n. 2).
Pianta n.1.
(Disegno Mario Codebò).
|
Foto n.2. Casa Castellazzo di Cremeno, parete meridionale. La macchia bianca circolare è quanto restava della meridiana. (Foto Mario Codebò). |
Una ricerca condotta da Henry De Santis all'Archivio
di Stato di Genova ha dimostrato che l’orònimo Monte di Mezzogiorno (anche sotto le varianti Monte di Mezzo Giorno e Monte
Mezzano) era già presente nel 1798.
Ecco quanto scrive il De Santis:
<<CATASTI DESCRITTIVI SUL BRIC DEL MEZZOGIORNO[5].
I dati seguenti sono stati estrapolati dai catasti
descrittivi di Cremeno, Brasile e Casanova iniziati nel 1798 e chiusi
probabilmente nel 1814. I tre catasti sono in un unico registro. (Archivio di Stato di Genova - Fondo
catasti - n. di registro generale 12).
Estratto dal «Cattastro
de beni dello comune sotto la municipalità di Cremeno S.Pietro»:
Settembre 1798 – della proprietà di Antonio Rizzo: «terra castagnativa fruttiva e salvatica con
casa luogo detto il castellaro. Confina da tramontana e mezzo giorno Bartolomeo
Canale; da levante e ponente li eredi Cambiaso. Cannette 76 longhezza e 60
larghezza. Denonciato per lire 12500.» (pag. 7. N. prog. 34).
Settembre 1798 – della proprietà di Niccolò Pittaluga:
«piccola parte di casa luogo detto il
castellaro. Confina da tutti i lati
con li detti eredi Cambiaso. Valutato £ 25». (pag. 8. N. prog. 36).
I Periti sono Nicolò Romairone della parrocchia di
Murta e Giò Batta Pittaluga di Cremeno.
Settembre 1798 – della proprietà di
Bartolomeo Canale: «terra vignetiva e
boschiva luogo detto il castellaro e valle. Confina da tramontana Antonio
Rizzo, da mezzo giorno il fossato, da levante li eredi Cambiaso e ponente
Cipriano Passano. Cannette 75 longhezza e 30 larghezza, valutato lire 600
(detti periti).» (pag. 28. N. prog. 131)
Settembre 1798 – della proprietà di Cesare Doria: «terra castagnativa e salvatica luogo detto
di monte di mezzogiorno. Confina da levante li eredi Cambiaso e Gio Batta
Passano, da tramontana li eredi di Gio Batta Bazzolo, da ponente li stessi beni
e da mezzo giorno Gio Batta Passano. Cannelle 150 longhezza e 120 larghezza.
Estimato £ 1100 (stessi periti) ». (pag. 32. N. prog. 148).
Parlando di un’altra proprietà di Cesare Doria, del
settembre 1798: «terra castagnativa e
salvatica in luogo monte mezzano o sia di mezzo giorno. Confina da levante
Andrea Durante, da tramontana Filippo Airolo, da ponente G.B. Passano e mezzo
giorno le Comunaglie della Parrocchia di Brasile. Cannette 65 longhezza e 80
larghezza. L.425. (stessi periti)». (pag. 32. N. prog. 149).
Parlando sempre di un’altra proprietà del suddetto Doria, denunciata anch’essa nel settembre 1798: «terra vignetiva castagnativa e salvatica di luogo detto monte di mezzo giorno. Confina da levante e tramontana Carlo Poggi, da ponente Giacomo Roncallo e da mezzo giorno le Comunaglie di Geminiano. Cannelle 70 longhezza e 40 larghezza. L 700 (detti periti)». (pag. 33. N. prog. 150).
La parte del volume relativa a Cremeno è firmato in
calce da tali: Angelo Rizzo membro della municipalità dell’anzidetto comune et
Bartolomeo Canale e Giuseppe Pedemonte socii suddetto Angelo.
Dal catasto del comune di Brasile, sempre nel volume
12:
Da una denuncia del 6 settembre 1798, sulla proprietà
di Cesare Doria nel citato comune: «terra
vignetiva fruttiva prativa e seminativa castagnativa salvatica con alberi di
marrone[6] luogo detto il monte
cucco[7]. Confina da tramontana
li siffatti beni che sono nella parrocchia di Cremeno in parte detto Doria[8] il fossato, in parte
gli eredi di Stefano Pagano, a mezzogiorno Agostino Fiesco a ponente li Monaci
Certosini ed in parte Gio Batta Passano. Cannelle 200 larghezza, 300 lunghezza,
estimato £ 13500». (pag. 11. N. prog. 54).
I dati seguenti sono stati invece estrapolati dal
catasto descrittivo delle «parrocchie» di Cremeno, Brasile e Casanova del 1831.
Il volume, successivo al precedente, si intitola: «Nuovo volume del catastro dell’anno 1798 col nome degli odierni
possessori de beni...(omissis) 1831.a»
(Archivio di Stato di Genova - Fondo catasti - n. di registro generale 13).
Nel rinnovato catasto si riscontrano alcune
differenze, sia nelle proprietà che nei toponimi.
Nella parte di Cremeno si riscontra che:
a) La
proprietà di Angelo Rizzo di cui al numero 34 – pag. 7 del volume 12 è passata ad un certo
Grondona Niccolò Girolamo di Genova, con numero progressivo 59 a pag. 38; nulla è invariato nel toponimo il
castellaro.
b) La piccola
proprietà di Niccolò Pittaluga, di cui al numero 36 a pag. 8, è sostanzialmente
confermata, in quanto è passata ad un erede diretto, con il nuovo numero
progressivo 83 a pag. 47; anche qui è
riconfermato il toponimo il castellaro.
c) La proprietà
di Bartolomeo Canale di cui al numero 131 a pag. 28 è diventata proprietà di un
certo Morando Agostino Giuseppe, oste a Bolzaneto, con il nuovo numero 62 a
pag. 38; il toponimo il castellaro rimane invariato.
d) Le terre di
Cesare Doria sono ora presumibilmente di una parente o della moglie, tale Doria
Pallavicini Maria Oriettina, ed i tre lotti posti in località Monte di
Mezzogiorno di cui ai numeri 148, 149, 150 a pag. 32-33 del vecchio catasto,
sono contraddistinti, nel nuovo catasto, rispettivamente dai numeri 57, 58 e 59
e si nota un leggero cambio del toponimo in Monti di Mezzogiorno.
Nella parte di Brasile, si riscontra dalla
denuncia del 6 settembre 1798, che:
a) La proprietà
di Cesare Doria in questa parrocchia - di cui al numero 54 - pag. 11 del volume 12 è anch’essa della
summenzionata Doria Pallavicini Maria Oriettina con numero progressivo 18 a
pag. 8, con la leggera variazione del
toponimo in Montecucco (tutto
attaccato).
Le descrizioni dei terreni del catasto n.13, non
riscritte, erano sostanzialmente uguali a quelle del volume precedente. Tutte
le variazioni presenti sono riportate nelle righe soprastanti.
Da segnalare che nel volume 13 sono riportati, a
fianco di ogni proprietà descritta, alcuni numeri posti in una colonna denominata
«numero dell’antico catastro o registro di mutazione» (non presente nel
precedente catasto) che non hanno alcun riscontro con alcuno dei numeri
progressivi presenti nel citato volume n.12. Ciò potrebbe far ipotizzare
l’esistenza di un catasto precedente ai due presi in considerazione od un’altra
pubblicazione a se stante di cui si sono perse le tracce, dato che all’Archivio
di Stato, riguardo alla zona di Cremeno, più indietro del 1798 non si riesce a
risalire. Tuttavia, si fa riserva di esperire in futuro nuove ricerche riguardo
il significato di questa numerazione alternativa.>>
La venuta a Genova dei futuri Carmandino - poiché
sembra certo che essi non fossero genovesi d'origine - può forse spiegarsi con
la necessità di risollevare le sorti della città devastata dal terribile
saccheggio musulmano del 935~936 e sempre soggetta ad analoghe incursioni. La
scelta di Carmandinum come sede viscontile appare strategica, in quanto la
località è nascosta alla visuale dal mare ma ubicata lungo la via Postumia. Il
castello si trovava così in posizione perfetta per sfuggire alle incursioni
piratesche e per inviare prontamente richieste di soccorsi alle guarnigioni
militari dell'oltregiogo.
Si può quindi ragionevolmente inferire che il Bric di
Mezzogiorno di Cremeno servisse da meridiana naturale agli abitanti del locale
castello viscontile (foto n. 3).
Foto n. 3. Mezzogiorno vero al Bric di Mezzogiorno di Cremeno
(GE): il Sole è sulla verticale della vetta. (Foto Mario Codebò). |
2.2) Il Monte di di Mezzogiorno
di Stellanello (SV)
lat. 43°59'02,29'';
long. 0h 32m 14s E; q. m. 756 s.l.m.; cost. loc. +0h 27m 46s; GPS Magella 310 con WGS84.
E' stato individuato e citato dal De Santis (De Santis
2005, pp. 49) ma non ancora approfonditamente studiato. Sul meridiano passante
per esso ed a Nord si trova la frazione Rossi, sede comunale del comune di
Stellanello e probabile luogo di utilizzo di questa montagna meridiana.
3) Alpi Marittime, Cozie e
Graie
3.1) Il Bric di
Mezzodì della Valcasotto (CN)
(lat.
44°12'17"N; long. 0h 31m 39,2s E; q. m. 1932 s.l.m.; cost. loc. +0h 28m 21s; tavoletta IGM 1:25000 n. 91 I SE
Valcasotto, ed. 4).
Foto n. 4 Il Bric di Mezzodì e la cascina La Grangia. (Foto Mario Codebò). |
E' una cima (foto n. 4) della cresta che si stacca a settentrione
dal M. Antoroto. Domina l'alta Valle Casotto, nel comune di Pamparato. Il nome
della valle deriva da Vallis Casularum, dove le casulae erano le capanne (o casotti) degli eremiti - fra i quali il
Beato Guglielmo Fenoglio da Valsorda - che nel secolo X abitavano la valle. La
riforma certosina di S. Brunone da Charteuse, nel Delfinato, fu accolta da
questi eremiti che ottennero il riconoscimento dell'appartenenza all'ordine
verso il 1150. Nel 1172 edificarono una chiesa e nel 1297 un vero e proprio
monastero che, dopo varie vicissitudini - fra cui tre incendi e la soppressione
napoleonica degli ordini religiosi del 1802 che ne decretarono l'abbandono e la
rovina - fu acquistato dai Savoia che ne fecero un castello ed un casino di
caccia. Infine fu venduto a privati da re Umberto I e recentemente è stato
oggetto di scavi archeologici (AA. VV. 1990). Attualmente è aperto al pubblico
per visite guidate (AA. VV. 1994, vol. III, pp. 263-264).
La Val Casotto fu oggetto di scorrerie saracene con
partenza da Frassineto (attuale St. Tropez) che giunsero, nel 920, all'assedio
del castello di Pamparato. Dalle vicende di quell'assedio o dalla fertilità dei
terreni deriverebbe l'espressione latina panis
paratus, da cui il moderno nome Pamparato (AA. VV. 1995, vol. V, pp.
247-248)
La raccolta di queste notizie e uno sguardo alla carta
topografica fecero subito pensare che il Bric di Mezzodì segnasse il
mezzogiorno vero per i monaci della certosa, ma un successivo sopralluogo
effettuato da Codebò con Piero Barale e Silvana Barezzi (foto n. 5) dimostrò
che il bricco non era visibile dalla ex-certosa. Tuttavia il meridiano
tracciato sulla tavoletta IGM passava per la cascina La Grangia e per la
località I Perrini.
Foto n.5. P. Barale e S. Barezzi in un momento delle
misurazioni in località I Perini. (Foto Mario Codebò). |
Foto n.6. Un particolare dell’architettura di cascina La
Grangia. (Foto Mario Codebò). |
La seconda è una casa colonica, ma la prima (foto n. 4)
è una struttura, oggi pressoché disabitata, di notevoli dimensioni e di
complessa struttura (foto n. 6). Si tratta probabilmente dell'antica grangia che costituiva una componente
essenziale del monastero certosino: era il luogo, interdetto ai monaci professi
ed aperto solo ai laici ed ai novizi, in cui si svolgevano tutte le attività
agricole destinate al sostentamento comune.
Con l'occasione del citato sopralluogo, si sono anche
misurati gli orientamenti dei ruderi del castello di Pamparato e della cappella
di S. Bernardo, non trovando però alcun orientamento significativo. Tuttavia
nella cappella si sono notati alcuni graffiti (foto nn. 7, 8, 9) che potrebbero
essere antichi. Essi si trovano sulla linea dipinta che, ad altezza d'uomo e
perimetralmente, divide in una parte inferiore ed in una superiore le
decorazioni pittoriche dei muri interni della cappella.
Foto n.7. (Foto Mario Codebò). |
Foto n.8. (Foto Mario Codebò). |
Foto n.9. (Foto Mario Codebò). |
3.2) IL M. MIDÌA DI ACCEGLIO (CN).
(lat.
44°27'33"N; long. 0h 27m 55,67s E; q. m. 2128; cost. loc. +0h 32m 05s ; tavoletta IGM 1:25000 79 III NO Prazzo).
Questa montagna meridiana fu studiata da Codebò
nell'aprile 1999 e riservò una sorpresa. Si era supposto che il luogo da cui
veniva osservato il passaggio in meridiano del Sole fosse il castello di
Acceglio, le cui coordinate sono: lat. 44°28'31"N; long. 0h 27m 57s E; q.
m. 1261 s. l. m.
Il castello, che prese il nome di Forte della Torre per la presenza di una massiccia torre quadrata
(AA.VV. 1993a, pp. 7-8), fu costruito tra la fine del XV e gl’inizi inizi del
XVI secolo da Ludovico II, marchese di Saluzzo (AA.VV. 1982, p. 72; 1983,p. 93;
Boggia P. e G. 1989,p. 160), o forse già nell'XI dal marchese Manfredi Oderigo
del comitato di Auriate, il quale cita per la prima volta il toponimo Cilium in un suo atto notarile di
donazione, datato 1028, a favore del monastero di Caramagna (Piovano e Fogliato
Cigna 1976, pp. 33-34). Di certo Acceglio appartenne, in successione
cronologica, ai marchesi Busca, a quelli di Saluzzo, al regno di Francia dal
1548 al 1601, al ducato di Savoia (Bruno 1996, p. 30).
Oggi del castello, che fu importante centro militare
(Casalis 1833, pp. 34-35) e anche roccaforte dei calvinisti in lotta con i
cattolici (AA.VV. 1993a, pp. 7-8; Piovano e Fogliato Cigna 1976, pp. 33-34),
non restano che un muro sulla rupe che domina il paese moderno.
L'osservazione del mezzogiorno vero fu eseguita il
giorno 04/04/1999 dal piano del castello alle ore 13h 35m di ora estiva,
essendo la costante locale di Acceglio pari a +0h 32m 05s e l'equazione del
tempo al mezzogiorno UT del 4 aprile 1999 pari a +03m 06s.
La sorpresa fu vedere il Sole sulla verticale del M.
Midìa Sottano anziché su quella del M. Midìa Soprano, come previsto (foto n.
10). Chiesti chiarimenti in loco al Sig. Pilotto, gestore del bar Parigi e
della locale pompa di benzina ed al Sig. Gian Marco Barali, allora sindaco di
Acceglio, risultò che era ben noto agli abitanti del posto come la vetta
meridiana fosse il M. Midìa Sottano, localmente chiamato Midìa Picciota. Era
dunque chiaro che l’orònimo Midìa
esprimeva effettivamente la funzione astronomica della montagna vista da
Acceglio ma anche che esso era migrato, contrariamente al solito, verso l'alto,
evidentemente per una sorta di attrazione esercitata dalla vetta maggiore su
quella minore.
Foto n. 10. Il Sole
culmina sulla verticale della Midìa Picciota (a sinistra) al mezzogiorno
locale. (Foto Mario Codebò). |
3.3) Altre montagne meridiane
del Cuneese.
Grazie alle preziose indicazioni di Piero Barale e ad
una ricerca sui volumi della Guida dei Monti d'Italia del C.A.I. – T.C.I., è
stato possibile individuare un'altra ventina di montagne meridiane nella Provincia Granda, senza però poterle
studiare nel dettaglio. Fra esse:
Becco del Mezdì: cima della Serra del Lausetto nel
Parco Nazionale delle Alpi Marittime; sembra essere la montagna meridiana della
località S. Bernardo nel vallone del Desertetto;
Beccàs del Mezzodì, q. m. 1931: montagna meridiana per
gli abitati della Val Verde - in particolare Saret - collaterale della Val
Grana;
Bocchetta del Mezzodì, q .m 2229: sul meridiano di
Saretto, in alta Val Maira;
Punta del Mezzogiorno, q. m. 2006: sul meridiano delle
frazioni Ghio, Assarti e S. Margherita, ubicate lungo la carrozzabile per il
colle di S. Margherita;
Col de Miejour, q. m 2658, e Tête de Miejour, q. m.
2689 (entrambi in Francia): sul versante settentrionale dell'Aiguille de
Chambeyron, lungo il meridiano per le frazioni Maljasset, Maurin e Combe
Bremond. Essendo il colle più basso della Tête, è evidentemente quest'ultima la
montagna meridiana ed il colle ha assunto la stessa denominazione per
attrazione, come si vedrà bene a proposito della Valle de Mesdì nel Gruppo del
Sella in Sud Tirolo;
Roche de Miejour, q. m. 2329 (in Francia): sul
meridiano della frazione di St. Paul;
Cumbal del Mesjour: sul meridiano di Casteldelfino, in
Val Varaita. E' interessante notare come in questo caso la funzione meridiana
non sia assolta da una cima montuosa ma da un vallone o comba, sulla verticale del quale culmina il Sole al mezzogiorno
locale rispetto a questo antico castello del Delfinato.
3.4) La Guglia del Mezzodì di
Bardonecchia (TO).[10]
lat.
45°01'16"N; long. 0h 26m 45s E; q. m. 2621 s.l.m.; cost. loc. +0h 33m 15s; foglio IGM 1:100000 n. 54 Bardonecchia.
Già nota fin dal XVIII secolo come Eguille di Mijour (Aruga, Losana e Re
1985, p. 121), domina con la sua sagoma appuntita tutta la conca di
Bardonecchia.
In un primo tempo si era supposto che il punto di osservazione
fosse il castello di Bardonecchia (foto n. 11), sito in posizione strategica
alla confluenza degli antichissimi sentieri del colle del Frejus e del colle
della Rhô. Ma l'osservazione diretta al mezzogiorno locale dimostrò che esso
era troppo ad est e che il punto di osservazione era da cercarsi nella frazione
Mélezet, a km. 2,75 a SW. Ciò fornisce un preciso termine post quem per datare
la nascita dell’orònimo. Infatti Mélezet fu ricostruito nella sede attuale,
giudicata più sicura della precedente, e costituito in comune autonomo in data
07/04/1487. Della vecchia sede, distante km. 1,2 verso SW, resta la chiesa di
S. Sisto Papa, con affreschi quattrocenteschi (Balbiano d'Aramengo 1983, p.
42). E tuttavia si può asserire che la Guglia di Mezzodì abbia da sempre
costituito un punto di riferimento per tutta la valle - in particolare per i
viaggiatori transitanti per il colle del Frejus che si trova pressappoco sullo
stesso meridiano verso nord - a motivo della sua estrema visibilità e della sua
inconfondibile sagoma.
La conca di Bardonecchia, racchiusa tra
gl’importantissimi valichi del Monginevro a Sud e del Moncenisio a Nord, fu
abitata fin dal Neolitico e fu crocevia d'importantissimi percorsi. I colli
della Scala, del Frejus, e, soprattutto, della Rhô furono utilizzati certamente
almeno fin dall'età romana, come dimostrano i ritrovamenti archeologici. Nel 58
a. C. le legioni di Giulio Cesare passarono dalla Val di Susa dirette in
Gallia. Le epoche successive videro parecchi avvenimenti, fra cui le invasioni
saracene del secolo IX e le guerre di religione del XVI secolo fra cattolici e
valdesi. Ancora oggi il dialetto locale è basilarmente un provenzale (Balbiano
d'Aramengo 1983, pp. 23-25).
Foto n.11. Il castello di Bardonecchia e, sullo sfondo, libera
da nubi, l’Eguille di Mijour. (Foto Mario Codebò). |
3.5) Altre montagne
meridiane del Piemonte.
Nell'alta Valle di Rochemolles, il Bric del Mezzodì, q.
m. 2904, il Colletto del Mezzodì, q. m. 2853, e la Cresta Levi-Mezzodì, q. m.
3077, hanno costituito un enigma fino all’agosto 2007 perché sui loro meridiani
verso Nord non si trova alcuna abitazione; anzi qui il terreno diviene
particolarmente impervio e la cresta di confine, coperta da ghiacciai fino ad
alcuni anni fa, non presenta valichi importanti. Si era perciò supposto che
fossero nomi imposti recentemente da topografi militari e/o da alpinisti. Dopo
la scoperta, nell’agosto 2007, della funzione meridiana anche per un passo
alpino, come vedremo più avanti a proposito del Bech de Mezdì del Passo di
Camplongo, è ipotizzabile che anche gli orònimi di Rochemolle svolgessero la
loro funzione meridiana nei confronti d’itinerari di transumanza e/o di viaggio
un tempo importanti. Considerato infatti che l’estensione attuale dei ghiacciai
risale alla Piccola Glaciazione iniziata circa nel XVI secolo e terminata circa
nel XVIII, dal Colletto del Mezzodì privo di ghiaccio si raggiungeva, come ha
notato Ariella Pennacchi, l’importantissima strada del Colle del Moncenisio.
Punta del Mezzodì, q. m. 2640, sul meridiano di
Gravere, Mollare ed Essimonte in Val di Susa;
Punta di Mezzodì, q. m. 2777, sul meridiano di
Malenghi, Gillo e Foresto, in Val di Susa;
Bric di Mezzogiorno, q. m. 2986, nel Parco Naturale
della Val Troncea. Non è chiaro se sia visibile dal lontano abitato di Fraisse
(sul cui meridiano si trova) in Val Chisone o se invece sia in relazione con il
Pian di Fea Nera (che potrebbe avere svolto una funzione analoga al dolomitico
Piano di Fedaia come luogo d’incontro tra le popolazioni della Val Germanasca e
della Val Chisone) nell’ambito di quella funzione meridiana dei passi alpini e
delle vie di transumanza scoperta, come si è detto, nel 2007 per il Bech da
Mezdì del Passo di Campolongo (crf. infra).
Punta Midì o Muret, q. m. 2210, sul meridiano
dell'abitato di Chasteiran nel Vallone di Bourcet in Val Chisone;
4) Alpi Graie.
Risulta esistere una sola montagna meridiana, per
altro celeberrima: l'Aiguille du Midì, q. m. 3842, sul M. Bianco. Sul suo
meridiano a Nord si trova la frazione Les Praz di Chamonix.
5) Alpi Pennine e Lepontine.
Fin’ora non sono state studiate le montagne meridiane
lombarde. Quelle qui di seguito citate sono state solo ricavate dalle carte
topografiche e dalle Guide dei Monti
d'Italia del C.A.I.-T.C.I. e probabilmente si tratta di un elenco
incompleto.
5.1) Il Pizzo di Mezzodì, q. m. 2222,
approssimativamente sul meridiano dell'abitato di Cerentino, nella valle
svizzera di Campo;
5.2) Il Pizzo di Mezzodì, q.m. 2383, sul meridiano
dell'abitato di Trasquera, in Val Divedro;
5.3) Il Piz Mezdì, q. m. 2992, sul meridiano
dell'abitato di Celerina, km. 2,5 da St. Moritz, in Svizzera;
5.4) Due non meglio identificati Pilastro di
Mezzogiorno, q. m. 500, e Croz de Mezdì, q. m. 1665, tra il lago d'Iseo ed il
lago di Garda;
5.6) Il Corno di Mezzodì, q. m. 2966, sul meridiano
dell'abitato di Vione in alta val Camonica;
5.7) Il Monte di Mezzodì, q. m. 2502, pressappoco sul
meridiano dell'abitato di Temù, in alta Val Camonica. A NE di esso si apre la
piccola Valle di Mezzodì, a meridione dell'abitato di Temù;
6) Alpi Retiche,
Noriche e Dolomitiche (Triveneto).
E' nel NE dell'Italia che si concentra il maggior
numero di montagne meridiane dell'arco alpino, con orònimi relativi anche ad
altre ore sia del mattino che del pomeriggio. Sembra però che questi ultimi
siano aggiunte più recenti, forse per analogia. Infatti, mentre il mezzogiorno
è sempre lo stesso nel corso dell'anno, con la piccola differenza della E.T.,
le altre ore diurne presentano spiccate differenze stagionali, essendo
sensibilmente più brevi in inverno e più lunghe in estate a motivo del
differente arco diurno percorso dal Sole. Così, mentre una Cima Dodici segna
sempre il passaggio in meridiano del Sole in qualunque stagione, cime del tipo
Undici, Dieci, Uno (del pomeriggio, cioè tredici), ecc. corrispondono al
passaggio del Sole sulla loro verticale solo in limitati periodi dell'anno
(come fu facile verificare ripetutamente). A loro difesa si potrebbero invocare
le ore uguali, in uso anche in Italia
da tempi abbastanza remoti, ma anche i riscontri documentali orientano di più,
come vedremo, per acquisizioni piuttosto recenti, probabilmente di origine
militare.
6.1) Le Ore Solari della Val Roja (Rojener Sonnenuhr) (BZ).
Cima 10 (Zehnerkopf) lat.
46°47'20"N; long. 0h 41m 58s E; q. m. 2679; cost. loc. +0h 18m 02s;
Cima 11
(Elferspitze) lat. 46°46'37"N; long. 0h 41m 57s E; q. m. 2925; cost. loc. +0h
18m 03s;
Cima 12
(Zwölferkopf) lat. 46°46'55"N; long. 0h 41m 55s E; cost. loc. +0h 18m 05s;
Foglio IGM 1:100000 n. 3 Passo di Resia.
Sono tre cime (foto n. 12) della Val Roja, confluente
da occidente nell'alta Val Venosta all'alteza del paese di Resia.
Il punto di osservazione del mezzogiorno vero è
costituito dalla cappella di S. Nicola, le cui coordinate sono:
lat.
46°48'17"N; long. 0h 41m 54s E; q. m. 1968; cost. loc. +0h 18m 06s.
Da qui gli azimut topografici (ricavati dalle carte
citate) delle tre cime sono:
Cima Dodici: 179°~180°;
Cima Undici: 167°~168°;
Cima Dieci: 151°.
Quelli magnetici, da Codebò misurati il 05/08/2002 dal
vecchio ingresso della chiesa allorché la declinazione magnetica era calcolata
in 0°59' 37,2"E dal programma GMF_2000 dell’I.G.M. - I.N.G.V. allegato
alla Carta Magnetica d’Italia ed. 2001, sono:
Cima Dodici: 177°;
Cima Undici: 167°;
Cima Dieci: 148°;
e quelli misurati dal nuovo ingresso:
Cima Dodici: 175°;
Cima Undici; 165°;
Cima Dieci: 148°
Gianni Bodini, operatore culturale della Val Venosta, riferisce
le seguenti informazioni:
<…la data di costruzione della chiesa è ignota, ma
la si fa risalire al XIII secolo. Nel XV fu ampliata ed arricchita di
affreschi, fra cui alcuni simboli solari, Ma il ciclo più importante è quello
degli episodi della vita di S. Nicola, vescovo di Mira[11]. In
un documento del XVII secolo si afferma che a Rojen esisteva una sorgente
terapeutica. In Val Venosta sono numerose le chiese e le cappelle dedicate a S.
Nicola di Mira e molte di esse si trovano nei pressi di sorgenti e di corsi
d'acqua (Bodini 1996, pp. 124-125, e comunicazioni personali).
Questa chiesa rappresenta un enigma: non si capisce
chi e perché abbia costruito una cappella così pregevole in un luogo così
isolato e lontano da abitati (le poche case nei pressi sono solo masi) e da vie
di comunicazione note. Di fatto essa è una chiesa artisticamente notevole
sperduta in mezzo ai pascoli di una valle secondaria ed abbastanza remota delle
Alpi Retiche. Tuttavia un più attento esame cartografico della zona rivela, alla
luce delle funzioni meridiane relative ai percorsi appena scoperte, una
possibile spiegazione: risalendo la Rojental oltre la chiesa e imboccando la
Griontal, si perviene all’attuale cresta di confine italo-svizzera, al di là
della quale si trova un Piz Mezdì, q. m. 2542, a Nord del quale la Val da la
Stura dà accesso alla Val d’Uina e, attraverso di questa, alla bassa Valle
dell’Engadina (in cui si trova un’altra chiesa di St. Niclà). Sembra quindi
trattarsi di un percorso di collegamento, ormai abbandonato, tra Alta Val
Venosta e Bassa Engadina.
Come si vede dalle longitudini, la cappella giace
sullo stesso meridiano passante per Cima Dodici: è stata quindi la sua presenza
a dare probabilmente il nome alla montagna, mentre probabilmente i nomi delle due
restanti cime sono derivate successivamente per analogia.
Il giorno 05/08/2002 è stato possibile osservare
visivamente il fenomeno, nonostante le nubi, in compagnia di Gianni Bodini e di
suo figlio. Essendo l'E.T. pari a +05m 59s alle ore 12h UT, il mezzogiorno
locale fu calcolato alle ore 13h 24m 03s di ora estiva.
Alle ore 12h circa di ora estiva il Sole era sulla
verticale di Cima Dieci, ritardando di circa un'ora sul tempo indicato
dall’orònimo.
Alle ore 12h 30m circa era sulla verticale dell'azimut
magnetico 163°, che non corrisponde alla vetta di Cima Undici ma al suo pendìo
orientale.
Finalmente, alle ore 13h 24m di ora estiva l'astro era
sulla verticale di Cima Dodici, con ho 61° (foto n. 13).
Risulta quindi evidente come solo quest'ultima montagna
svolga una reale funzione di meridiana naturale e come le altre due abbiano
ricevuto i loro nomi solo per analogia, in quanto vicine alla Cima Dodici.
Foto n.12: da sinistra a destra, le cime Dieci,
Undici e Dodici. (Foto Gianni
Bodini). |
Foto n.13: il Sole culmina sulla verticale di Cima
Dodici al mezzogiorno locale. (Foto Gianni Bodini). |
Un'indagine svolta presso l'Archivio Provinciale di
Bolzano, con la preziosa guida del dott. Cristian Kollmann, ha dimostrato che
la Zwolferspitz era già presente nella mappa militare KK III inft. Truppen Division Tirol Spetial Karte n.12, ed. 1869, scala
1:144000, mentre la Eilferspitze è presente nella mappa K.V.K. Militar Geographisches Institut,
Nachtr 8 II, ed. 1909, 1:200000 Glurns.
Mappe catastali austriache del 1858 citano, nel
territorio rispettivamente dei comuni di Roscien e Haide (oggi S. Valentino
alla Muta) le cime Zenerkopfl e Elferkopfl (quest'ultima indicata pure con il
suo orònimo romancio di Planschpondanella). Secondo Egon Kühebacher la
Zehnerkopf avrebbe preso tale nome solo dal 1900, mentre prima era chiamata
Tiefethalkopf. Tale opinione risulta evidentemente errata poiché l’orònimo
Zehnerkopfl è già presente nella catografia del 1858.
6.2) Le montagne meridiane
della Val Martello.
Cima Undici (Elferspitze), lat. 46°32'14"N; long.
0h 43m 09s E; q. m. 2260; cost. loc. +0h 16m 51s.
Cima Dodici (Zwolferspitz), lat. 46°31'36"N;
long. 0h 43m 07s E; q. m. 2680; cost. loc. +0h 16m 53s.
Cima Dieci (Zehnerspitz), lat. 46°31'20"N; long.
0h 43m 05s E; q. m. 2684; cost. loc. +0h 16m 55s.
tavoletta IGM 1:25000 n. 9 I SO Martello.
Come si può vedere dalle longitudini e dalle costanti
locali, la sequenza delle tre montagne meridiane è errata: la Cima Dieci, che
dovrebbe essere la più orientale di tutte - come è correttamente in Val Roja -
è in realtà la più occidentale, per cui la sequenza da levante a ponente
risulta: Cima Undici, Cima Dodici e Cima Dieci anziché Cima Dieci, Cima Undici
e Cima Dodici, come dovrebbe.
Benché sulla citata tavoletta IGM risultino altri
valori, dalla parrocchia di Martello sono stati misurati il 18/08/2004 i
seguenti azimut magnetici:
verso Cima Undici Am 172°;
verso Cima Dodici Am 181°;
verso Cima Dieci Am 187~190°.
Lo stesso giorno (con E.T. +03m 45s) e dallo stesso
luogo è stato possibile verificare il passaggio del Sole sulla verticale della
Cima Dodici al mezzogiorno vero 13h 20m 38s (11h 20m 38s UT), come previsto.
I tre toponimi non risultano citati né nella D.O.A
Ortler-Gruppe, scala 1:50000 del 1891 (dove Cima Undici è citata come Soiputz);
né nella Specialkarte der Österreich-Ungar. Monarchie, scala 1:75000; né nella
citata K.K. III, ecc., ed. 1869, n. 16.
L'anomala disposizione della sequenza oraria
rappresentata e l'assenza degli orònimi dai documenti più antichi fanno
propendere per un'attribuzione molto recente dei nomi.
6.3) Laces (Latsch)
(BZ).
Il sito è ancora in fase di studio dal punto di vista archeoastronomico;
pertanto le notizie qui riportate sono necessariamente incomplete e
suscettibili di modificazioni. Qui di seguito si riferisce quanto fino ad oggi
emerso.
A Laces (BZ) fu rinvenuto nel 1992 un menhir iconico
in marmo locale di Lasa datato al 3300 a. C. (foto nn. 14 e 15)[12].
L'iconografia del menhir è troppo complessa e ricca per potere essere qui
descritta, ma è opportuno riportare almeno la breve descrizione fattane da
Gianni Bodini (lettera a Codebò del 17/01/2006):
<...Sul retro della stele si notano incisi due
simboli solari e delle linee che potrebbero riprodurre, in maniera stilizzata,
le due cime (Orecchia di Lepre e Cima di Lasa) dietro le quali il Sole scompare
nel periodo invernale.
Inoltre la stele (della quale mancano dei
frammenti) mostra una serie di linee verticali, il cui numero non è noto,
attraversate da linee orizzontali …[omissis]… che dividono la superficie in
quattro fasce rettangolari …[omissis]… ed ogni fascia è il doppio di quella
sottostante. …[omissis]...L'unità di misura adottata viene raddoppiata. Quindi
la prima fascia in basso si raddoppia nella seconda, la quale a sua volta si
raddoppia nella terza ed essa si raddoppia nella quarta. …[omissis]... La
fascia più alta corrisponde quindi otto volte a quella più bassa, ecc.
ecc.>.
Bodini si chiede se dietro a queste peculiarità si
celi un qualche tipo di calcolo. E' interessante notare che un'ipotesi archeo-matematica era già stata avanzata
per un petroglifo di M. Bégo (Bicknell 1972, p. 66; Peluffo 1967) e che nella
necropoli calcolitica di St. Martin de Corléans in Aosta, risalente al III
millennio a. C., pare siano state utilizzate delle unità di misura per la
decorazione delle statue-stele e per la costruzione delle tombe (Mezzena 1997,
pp. 79-80).
Il menhir fu casualmente trovato, durante lavori di
restauro, incorporato nell'altare della piccola chiesa di S. Maria al Colle
(Bichlkirche), attualmente sconsacrata ed ubicata all'ingresso orientale del
paese. Le coordinate della chiesa sono le seguenti:
lat. 46°37'04"N; long. 0h 43m 27s E; q. m. 639;
cost loc. +0h 16m 33s (dal foglio IGM 1:100000 n. 3 Passo di Resia).
Gianni Bodini fornisce le seguenti notizie sulla
Bichlkirche:
<Secondo la legenda venne fatta costruire nel 1204
dall'imperatore Enrico II e venne inaugurata dal papa Benedetto VIII. Un
bassorilievo marmoreo murato all'esterno ricorda la visita dell'antipapa
Giovanni XXIII in occasione del suo viaggio nel 1414 per il concilio di
Costanza>.
Sempre Bodini riferisce che scavi in una casa
adiacente hanno dimostrato come un'imponente massa di materiale colluviale,
proveniente dal soprastante conoide di deiezione su cui si arrocca Tarres
(Tarsch), abbia notevolmente ridotto in tempi moderni la sopraelevazione del
colle rispetto al livello originale del suolo, sicché oggi il colle s'intuisce
appena.
L'abitato di Laces è dominato dal M. Croce delle
Dodici (Zwolferkreuz), sul cui meridiano si trova, a Nord, la parrocchiale del
paese. Essa è:
1) a m. 200 ad W della Bichlkirche;
2) a meno di m. 100 a W della "chiesa dell'ospitale";
3) a m. 189 a E della chiesa di S. Niccolò.
Le quattro chiese si trovano poste reciprocamente in
linea retta, praticamente sul parallelo locale, entro meno di mezzo chilometro,
di modo che la culminazione del Sole sulla verticale del Zwolferkreuz segna il
mezzogiorno vero sostanzialmente per tutte.
Le coordinate geografiche del Zwolferkreuz sono:
lat. 46°34'13"N; long. 0h 43m 27s E; q. m. 2512;
cost. loc. 0h 16m 33s E (foglio IGM 1:100000 n. 3 Passo di Resia).
L'azimut magnetico verso lo Zwolferkreuz misurato il
giorno 18/08/2004, con declinazione magnetica 1°10'53,4"E calcolata dal
sopra menzionato programma GMF_2000, risultò:
1) 183° da S. Maria al Colle;
2) 181° dalla chiesa dell'ospedale;
3) 180° dalla parrocchiale;
4) 178° da S. Niccolò.
Quel giorno il Sole passò sulla verticale dello
Zwolferkreuz alle ore 13h 20m ora locale estiva (11h 20m UT), in perfetto
accordo con il valore teorico calcolato in 13h 20m 17,96s (11h 20m 17,96s UT),
essendo E.T. +03m 45s.
Da S. Maria al Colle si vede pure il solco a forma di V dell'imbocco della
Val Martello, i cui due estremi misurano, rispettivamente, AAmm 225° con ho 7°
e 228° con ho 8°30' (foto n. 16).
Durante una precedente visita, Codebò aveva già
raccolto dalla gentile guida del locale museo la testimonianza secondo cui il
colle ove sorge la chiesa di S. Maria rimane illuminato dal Sole tutto l'anno,
anche al solstizio invernale, mentre gran parte del paese resta completamente
in ombra per settimane. Questo dato pare sia noto a tutti gli abitanti di Laces
ed è uno degli esempi di come popolazioni contemporanee si tramandino ancora
antiche tradizioni e conoscenze astronomiche con finalità pratiche nell'ambito
di culture contadine povere.
Nel dicembre 2005 Gianni Bodini si recò sul posto per
le necessarie verifiche visive.
Ecco quanto egli scrive nel suo rapporto del
23/12/2005:
<...dalle osservazioni risulta in modo
inequivocabile che il colle sul quale sorge la chiesetta …[omissis]... viene
illuminato dal Sole nel corso di tutto l'anno, mentre parte del paese di Laces
resta in ombra per settimane.
...[omissis]… Il primo raggio colpisce, o accarezza,
parte dell'abside e la parte sud alle ore 10h 27m 32s. Dal momento in cui il
disco solare tocca la montagna fino a quando diventa completamente visibile
passano 0h 04m 10s. Alle ore 12h 24m 30s il disco tocca per la prima volta il
bordo della montagna per sparire poi lentamente dietro di essa alle ore 12h 38m
05s. Un tempo lungo dovuto alla pendenza della cresta che in parte è parallela
alla traiettoria del Sole. …[omissis]... Il Sole inizia a sparire proprio
dietro la Cima Dodici che sovrasta Laces...>.
I valori ricavabili dalle osservazioni di Gianni
Bodini sono i seguenti:
1) azimut astronomico del Sole alle ore 9h 27m 32s UT
(primo raggio sulla chiesa): Aa 154°19'18,6";
2) azimut astronomico del Sole alle ore 9h 31m 42s UT
(completa visibilità del Sole dalla chiesa):
Aa 155°15'45,16"
3) azimut ed altezza astronomici del Sole alle ore 12h
24m 30s (11h 24m 30s UT) (tramonto del primo lembo):
Aa 182°09'09,62";
ha 19°55'25.49";
4) azimut ed altezza astronomici del Sole alle ore 12h
38m 05s (11h 38m 05s UT) (tramonto dell'ultimo lembo):
Aa 185°27'37,17";
ha 19°46'08,14".
Protraendo però le sue osservazioni oltre la data del
solstizio, Gianni Bodini ha visto da una posizione privilegiata il fenomeno
luminoso descritto dalla guida del museo: un triangolo di luce, proveniente
dall'imbocco della Val Martello, lambisce Laces al tramonto del Sole (foto n.
16). Ecco come Bodini descrive il fenomeno nella stessa lettera, datata
23/12/2005 ma spedita dopo l'Epifania:
<...Ho eseguito quindi l'osservazione da lontano,
ovvero da un rilievo che sovrasta Laces, sulle pendici del Sonnemberg[13]. …[omissis]...Il
fenomeno del triangolo di luce dura circa un mese - dal 08/12 al 08/01 - ma
proprio nella settimana intorno al solstizio non coinvolge direttamente la
chiesetta del colle, ma colpisce la parrocchiale…[omissis]...Il 04/01 alle ore
15h 45m il triangolo di luce si è spento, ma in questo caso l'ultimo raggio di
Sole ha illuminato la chiesetta sul colle mentre ormai la parrocchiale era in
ombra>.
Dal calcolo risulta che, al momento in cui l'ultimo
raggio si è "spento" proprio sulla Bichlkirche, l'azimut astronomico
e l'altezza astronomica del Sole erano le seguenti:
Aa 226°06'35,33";
ha 6°52'20,64".
Questi valori corrispondono piuttosto bene a quelli
previsti dalle misure che Codebò prese con bussola ed inclinometro il
06/08/2004 dal colle verso l'imbocco della Val Martello:
Am 225°; ho 7°;
Am 228°; ho 8°30'.
Le loro medie AmM 226°30' (con deviazione standard
±1,5) ed ho 7°45' (con deviazione standard ±0,75) danno un'altezza astronomica
ed una declinazione del Sole pari a:
ha Sole 7°03'49"
δ Sole -22°19'26"
corrispondenti ai giorni 04/12 e 08/01 del XXI secolo
d. C., cioè a quando Bodini ha "visto" la punta del triangolo di luce
lambire S. Maria al Colle.
Dunque il M. Zwolferkreuz si rivela essere,
contemporaneamente, sia la montagna meridiana (ora del passaggio in meridiano
al 23/12/2005: 12h 15m 42s = 11h 15m 42s UT) sia il punto occaso solstiziale
invernale di Laces, mentre il triangolo di luce pone in evidenza la chiesa di
S. Maria al Colle poco prima e poco dopo il solstizio invernale: il colle di
Laces sembra veramente un luogo privilegiato di osservazione!
Foto n. 14: il menhir di Laces sulla copertina della
Rivista Arunda n. 59. |
Foto n. 15: il menhir di Laces nell’articolo di p.
121 della rivista Arunda n. 59. |
Foto n.16. La chiesa di S. Maria al Colle e, sullo sfondo,
l’imbocco della Val Martello. (Foto Mario Codebò). |
Foto n. 17. Sequenza temporale della lama di luce invernale su
Laces. (Foto Gianni
Bodini, rielaborata da Henry De Santis). |
6.4) Colle Joben e gli
adiacenti Sasso del Mezzodì, Dosso delle Dodici e Monte di Mezzo.
Come è noto, Colle Joben fu il primo monumento
italiano studiato astronomicamente (Innerebner 1937; 1959). Discusso da tempo
da varii autori (Bernardini 1977, pp. 114, 117; Jesi 1978, pp. 59-70; Leonardi
1991; Cossard 1993, pp. 135, 139; Codebò 1997e, pp. 731-733), in una recente
revisione (Codebò e Lupato 2004) ne è stata messa in dubbio l'attribuzione alla
preistoria a causa della persistente mancanza di reperti datanti.
Colle Joben - le cui coordinate dedotte dalla
tavoletta IGM 1:25000 n. 10 II SO Caldaro ed. 5 sono 44°24'48"N;
11°16'56"E; q. m. 616 - è ubicato su quella dorsale di colline che si
snodano per circa km. 10 da Bolzano ad Auer (Ora) e dividono in due da nord a sud
la valle dell'Adige fino al confine con la provincia di Trento. Su di essa,
oltre ai resti di alcuni castelli medioevali, poco più a sud si ergono due
modeste cime dai significativi nomi di Mitterberg (Sasso di Mezzodì) e
Zwolferbühl (Dosso delle Dodici), le cui coordinate, dedotte dalla medesima
tavoletta IGM, sono, rispettivamente:
46°24'13"N; 0h 45m 06,6s E; q. m. 661;
46°23'40"N; 0h 45m 06,27s E; q. m. 570.
I tre siti non sono, dunque, rigorosamente sullo
stesso meridiano, benché le due cime differiscano tra loro solo per 0h 00m
00,33s. A causa della fitta vegetazione non è poi possibile capire se il Sasso
di Mezzodì è visibile, come sembra sulla carta, da Colle Joben.
Il Sasso del Mezzodì si trova invece quasi esattamente
sullo stesso meridiano di Monticolo, dal quale dovrebbe essere visibile e per
il quale poteva, in tal caso, servire da meridiana naturale piuttosto che per
Colle Joben. Le seguenti sono le coordinate di Monticolo ricavate dalla
tavoletta IGM 1:25000 n. 10 II NO Appiano ed. 4:
46°25'06"N; 0h 45m 06,8s E; q. m. 487.
A nord di Monticolo per km. 5 non appare nulla che
giustifichi una montagna meridiana: solo dopo km. 5 si trova il paese di
Cornaiano e lo stesso Monticolo è un agglomerato di pochissime case, pur
essendo dotato di una chiesa. Potrebbe quindi essere esistito un insediamento,
oggi scomparso, che utilizzava il Sasso del Mezzodì come meridiana naturale.
La situazione del Dosso delle Dodici è ancora più
enigmatica perché, data la sua minore elevazione rispetto al Sasso di Mezzodì, è
praticamente da esso occultato verso nord; è invisibile da Colle Joben e le
colline che lo separano dal primo centro abitato - ancora Monticolo - sono del
tutto prive di insediamenti umani (se si esclude il maso Pichler che però si
trova esattamente sul meridiano del Sasso di Mezzodì). Non si comprende dunque
chi potrebbe avere usato il Sasso delle Dodici come meridiana naturale se non
ammettendo, a maggior ragione, un insediamento oggi scomparso oppure un’antica
via.
Quasi all'estremità meridionale delle colline si trova
il Monte di Mezzo. Il suo nome tedesco è uguale a quello del Sasso di Mezzodì:
Mitterberg. Ne consegue che una delle due traduzioni onomastiche italiane è
errata o, quanto meno, imprecisa. Si noti però come anche per il Bric di
Mezzogiorno di Cremeno (GE) fosse usato un tempo anche l'analogo termine Monte Mezzano, secondo quanto trovato da
De Santis. Di fatto il Monte di Mezzo poteva ottimamente essere usato come
meridiana naturale dagli abitanti del Castelchiaro (Leuchtenburg), oggi ridotto
a rudere, perché i due siti si trovano a meno di m. 600 di distanza e
reciprocamente a vista, come dimostrano le loro coordinate desunte dalla stessa
tavoletta IGM:
Mitterberg 46°22'25"N; 0h 45m 07,87s E; q. m.
536;
Castelchiaro 46°22'43"N; 0h 45m 07,4s E; q. m.
576.
Scavi e sondaggi in loco hanno ripetutamente rivelato
presenze umane fin dall'Età del Ferro (AA.VV. 1999, pp. 106-108):
a) reperti ceramici e metallici e forse strutture
abitative davanti ai ruderi di Castelchiaro;
b) un luogo di roghi votivi sui Denti di Cavallo
(Rosszänhe);
c) un ripostiglio sulla sella tra Vadena e Caldaro;
d) insediamenti e necropoli fino alla Tarda Romanità a
Vadena.
In conclusione, queste colline oggi disabitate si
stanno rivelando piuttosto frequentate in antico. E’ perciò possibile che le
montagne meridiane qui individuate, oggi quasi incomprensibili, fossero
utilizzate da questi antichi insediamenti.
6.5) Il Mittagskofl
(Cima di Mezzodì) dello Sciliar.
lat. 46°29'27"N; long. 0h 46m 14,67s E; q. m.
2187; cost. loc. 0h 13m 45,33s W; foglio IGM 1:100000 n. 11 M. Marmolada e
tavoletta IGM 1:25000 n. 11 III NO Nova Levante.
Il monte si trova sull'altopiano dello
Sciliar, esattamente sul versante meridionale della valle del rio Sciliar. Se
si esclude il maso Viol oggi ridotto ad un semplice fienile e che si trova
sullo stesso meridiano del Mittagskofl verso Nord (tavoletta IGM 1:25000 n. 11
IV SO Castelrotto e carta Tabacco 1:25000 n. 05 Val Gardena/Alpe di Siusi),
anche in questo caso non vi è alcun abitato che possa avere utilizzato la cima
come montagna meridiana. E' dubbio che lo stesso baito Viol (Violereck Stadel)
sia mai stato abitato perennemente, trovandosi a ben m. 2274 di quota.
Tuttavia il sentiero Schäufelesteig (sentiero Palette,
in antico noto come sentiero di Vial), che congiunge Umes con l'altopiano dello
Sciliar passando per il baito Viol, è attestato fin dal 1510 (Colli 1986, pp.
124-125). Furono quindi probabilmente i pastori che lo percorrevano in estate
per condurre gli animali all'alpeggio e che dimoravano stagionalmente al
Violereck Stadel a dare il nome al Mittagskofl.
La presenza umana sull'altopiano dello Sciliar risale
con certezza alla preistoria, come attestano i notevoli ritrovamenti sul Burgstall
(M. Castello), q. m. 2515, in località Plörg, q. m. 2530, e presso il
Roterdspitze o Cima di Terrarossa (Colli 1986, pp. 251, 256; Leonardi 1991;
AA.VV. 1999, pp. 54-55;), q. m. 2655. Il primo ha restituito materiali dall'Età
del Bronzo - fra cui ceramica di Luco fine e decorata - al IV secolo d.C. e si
è rivelato come un luogo cultuale o, meglio, come uno dei tanti luoghi di roghi
votivi - pare di dimensioni considerevoli - dell'Età del Ferro
(Brandopferplätze) delle Alpi orientali, nei quali veniva onorata Reitia (o
Raetia), una dea femminile assimilabile a Diana. Il secondo, anch'esso
Brandopferplätze ma di minori dimensioni, ha restituito ceramica più rozza,
mentre nel terzo fu rinvenuto nel 1983 un focolare con schegge ossee e carboni.
Innerebner aveva già ipotizzato che la Punta Santner
fosse una sorta di enorme gnomone naturale la cui ombra si stendeva sui
sottostanti terreni di S. Vigilio, Siusi, Castelrotto e Alpe di Siusi
(Innerebner 1959). In realtà tutta l'area dell'Alpe di Siusi si sta rivelando
intensamente frequentata fin dal Mesolitico. A titolo di esempii citeremo:
1) il riparo sotto roccia di Cionstoan risalente alla
fine del Paleolitico Superiore (AA.VV. 1993b, p. 30);
2) quindici distinte distribuzioni di manufatti
mesolitici sulla Cresta di Siusi AA.VV. 1993b, p. 38 e foto nn. 13-15);
3) le strutture in località Gschlier, prossime al
Runner-Egg , noto luogo di roghi votivi in cui si compirono pure alcuni
sacrifici umani (AA.VV. 1999b, pp. 57-61, VI), scoperte nel febbraio 2007 da
Michael Trocker con il concorso di Gianni Bodini.
6.6) La meridiana di
Sesto in Val Pusteria.
E' forse la più rinomata meridiana naturale dell'arco
alpino (Innerebner 1959; Romano 1986; Arborio Mella 1990, pp. 48-49). E'
costituita da ben cinque vette chiamate Cima Nove, Cima Dieci, Cima Undici,
Cima Dodici, Cima Uno (nel senso di ore tredici). Secondo Innerebner
(Innerebner 1959, p. 19-20) il punto di osservazione al solstizio invernale era
la Heidenbühel (= collina pagana), di coordinate 46°41'03"N; 0h 49m 26,6s
E; q. m. 1413 (da tavoletta IGM 1:25000 n. 4b II SE Sesto, ed. 5). Egli scrive:
<Pur avendo trovato là sopra solo cocci di consistenza dubbiosa, per me non
c'è dubbio che questa collina, a suo tempo, portasse un tempio solare, anzi
credo di poter sostenere che il Comune di Sesto deriva - contrariamente a
qualche opinione - il suo nome dalla meridiana montana e questo per doppia
ragione.
In primo luogo le tre cime Undici, Dodici e Uno si
trovano nello stemma del Comune di Sesto, il che vuol dire che queste cime
erano di importanza eccezionale per la valle. In secondo luogo sta il fatto
che, tenendo conto del conteggio del tempo dei Romani a cominciare dall'alba,
la odierna Cima Dodici presentava in quei tempi la sexta hora>.
La mancanza di reperti archeologici datanti, il fatto
che le ore naturali siano ore diseguali in ragione della diversa declinazione
del Sole nei vari periodi dell'anno ed il fatto che sulla cima della
Heidenbühel si trovino i ruderi di un vecchi fortino austro-ungarico, induce a
pensare che siano stati piuttosto i topografi militari della Duplice Monarchia
a battezzare le cinque cime con i
nomi delle ore diurne (Codebò e Lupato 2004). E' però indubbiamente suggestiva
l'ipotesi di Innerebner che il nome di Sesto derivi dalla hora sexta dell'orologio romano.
6.7) Le sette cime meridiane
della Val di Fassa (TN)[14]
I nomi di queste sette cime e le loro coordinate
geografiche, desunte dal foglio 1:100000 n. 11 M. Marmolada ed. 5 dell'I.G.M. e
dalle Carte Topografiche Tabacco 1: 25000 nn. 6 e 14, sono, rispettivamente da
S verso N[15]:
Sas da Mesodì o da Mesdì (Sasso del Mezzogiorno):
46°21'19"N; 0h 46m 41s E; m. 2301.
Sasso Vernale o M. Cirelle: 46°25'15"N; 0h 47m
22,47s E; m. 3154.
Sas da le Dòudesc (Sasso delle Dodici):
46°24'24"N; 0h 46m 48,33s E; m. 2428.
Sas da le Undesc (Sasso delle Undici):
46°24'05"N; 0h 46m 50,73s E; m. 2550 (2).
Sasso delle Dodici della Marmolada: 46°26'41"N;
0h 47m 27,47s E; m. 2722 (2).
Sasso delle Undici della Marmolada: 46°26'37"N;
0h 47m 29,67s E; m. 2801 (2).
Bec de Mezdì di Arabba: 46°28'13"N; 0h 47m 30,53s
E; m. 2734.
Come si può già notare, alcuni toponimi sono ladini ed
altri italiani; uno - Sasso Vernale - è, come vedremo, una voce dotta dal
latino. Le ricerche hanno dimostrato che alcuni di essi sono già presenti
nell'Atlas Tyrolensis di Peter Anich e Blasius Hueber, pubblicato nel XVIII
secolo (Anich 1981, foglio XIV) o sono comunque presenti nella parlata ladina,
mentre altri sono riportati nelle mappe militari austro-ungariche
ottocentesche. In particolare, l'Atlas Tyrolensis riporta già i toponimi Sasso
Vernale e Sas da Mesodì (o da Mesdì), mentre il Sas da le Dòudesc è chiamato
Sas da Aloch, che P. Frumenzio Ghetta interpreta come ad lucum = nel bosco [16]. Gli
altri quattro non vi sono nominati.
Se ne deduce che il Sas da Mesodì (o da Mesdì) ed il
Sasso Vernale, che insistono, come vedremo oltre, sul santuario di S. Giuliana,
a differenza degli altri erano già ben noti al principio del XVIII secolo.
6.7.1) Sasso Vernale, Sas da
Mesodi (o da Mesdì) e santuario di S. Giuliana
E' il complesso fassano più interessante.
Il Sasso Vernale (M. Cirello nel foglio 1:100000 n. 11
dell'I.G.M.) è una delle cime che si staccano dalla famosa parete sud della
Marmolada (foto n. 18).
Nella Guida dei Monti d'Italia del C.A.I.-Touring,
vol. Marmolada, ed 1937, il toponimo vernale
veniva interpretato come invernale,
perché il suo versante settentrionale ospitava all'epoca (oggi non più!) un
piccolo ghiacciaio. Questa interpretazione è evidentemente infondata, sia
perché in tal caso ogni altra montagna in analoghe condizioni dovrebbe avere il
medesimo toponimo, sia perché la Marmolada, il cui ghiacciaio del versante nord
è il più esteso delle Dolomiti, avrebbe dovuto, a ragione ben maggiore,
ricevere l'appellativo vernale. E'
evidente che il senso del raro toponimo va cercato altrove e lo si trova
facilmente constatando che la montagna è esattamente ad est dell'abitato di
Vigo di Fassa. Il significato diventa allora quello di Sasso della Primavera,
tenendo conto del fatto che l'aggettivo vernale
- dal latino ver, veris = primavera - indica in astronomia l'equinozio di
primavera (dal Latino primum ver=primo
giorno di primavera) o, appunto, equinozio
vernale[17]. Il toponimo significa
quindi – a differenza del Grande e Piccolo Vernel, che è un fitonimo ladino -
Sasso della Primavera, volendo indicare evidentemente il punto dell'orizzonte
apparente in cui sorge il Sole agli equinozi (come noto, per entrambi il
medesimo), ossia quando la sua declinazione è 0°. Poiché il monte si trova,
come detto, sullo stesso parallelo di Vigo di Fassa, è quest'ultimo la sede
dell'osservazione.
Il problema è stato individuare il punto preciso,
essendo due i candidati possibili: la pieve di S. Giovanni ed il santuario di
S. Giuliana. La visita alle due località ha permesso di dirimere immediatamente
il dubbio, perché dalla pieve, ubicata sul fondovalle, il Sasso Vernale non è
visibile, causa altre montagne interposte.
E' bastato salire a piedi verso il santuario (fot n.
19) per verificare che la montagna diventa visibile già dalla stazione a valle
della funivia Mèida-Bufàure, ove però non vi sono tracce di abitato antico.
Proseguendo la salita, in particolare lungo il sentiero che passa accanto al cimitero
di guerra austro-ungarico, non si perde mai di vista il Sasso Vernale.
Il Sas da Mesodì (foto n. 20) diventa invece già
visibile dal fondovalle, ma è solo sul piazzale del santuario che entrambe le
vette sono visibili. S. Giuliana è dunque il luogo da cui si può:
a) determinare quotidianamente il mezzogiorno quando
il Sole culmina sulla verticale del Sas da Mesodì, posto a sud lungo il
meridiano passante a nord per il santuario, la cui costante locale è ore
0h13m20,36s W rispetto al meridiano centrale (passante per l’Etna) del fuso
orario locale;
b) determinare annualmente l'inizio della primavera e
dell'autunno quando il Sole sorge all'alba con declinazione 0° dietro al Sasso
Vernale.
Premesso che nel corso dell’indagine archeoastronomica
fassana effettuata da Codebò è stata utilizzata una bussola prismatica Recta,
un inclinometro Suunto ed un orologio radiocontrollato Oregon Scientific, nelle
seguenti tabelle nn. 1 e 2 sono dati i valori medi rispettivamente di dodici e
di sette misure di azimut magnetico e di altezza misurata con relative
deviazioni standard e corrispondenti altezza vera e declinazione calcolata,
prese dal piazzale del santuario verso il Sasso Vernale:
Tab. n. 1: S. Giuliana - Sasso Vernale (dodici misure
di azimut magnetico medio e di altezza osservata, con relative deviazioni
standard)
AmM |
91,5° |
σ ±0,636 |
ho |
6,5° |
σ ±0,12 |
hv Sole |
5° |
|
δ Sole 2003 |
0°02’46” |
|
Tab. n. 2: S. Giuliana – Sas da Mesodì (sette misure di
azimut magnetico e di altezza osservata, con relative deviazioni standard)
AmM |
179,5° |
σ ± 0,74 |
ho |
6,6° |
σ ± 0,69 |
Ovviamente non si è calcolata qui la declinazione del Sole
poiché l’astro culmina sul meridiano ad altezze diverse secondo la stagione e
per l’identificazione del mezzogiorno vero locale necessita e basta solamente
l’azimut, che, indicando sempre il sud, deve essere pari a 180°.
Le misure verso il Sas da Mesodì sono state inoltre
effettuate osservando la posizione del Sole al mezzogiorno vero locale il
24/08/2003. Con l’ausilio di un filo a piombo, l’astro è stato osservato
verticale sulla cima all’ora estiva 13h10m~13h12m, in buon accordo con l’ora
estiva calcolata 13h15m47s, essendo l’equazione del tempo +02m27s. La minuscola
differenza di circa 5 minuti tra i due orari può essere imputata ad un modesto
errore di longitudine del sito dal meridiano dell’Etna sul foglio IGM 1:100000
usato[18],
oppure ad una sorta di tolleranza
degli antichi osservatori nella scelta del punto di riferimento, considerato
che il Sas da Mesodì è comunque l’unica cima nei dintorni su cui dal santuario
si vede culminare il Sole. Infatti esattamente all’ora estiva 13h15m l’astro
appariva sulla verticale della sella apparente ubicata a meno di 1°W dalla
vetta: non c’è dubbio che il Sas da Mesodì indica la culminazione del Sole sul
meridiano di S. Giuliana.
Riteniamo che la presenza di un sistema di misurazione
del tempo, sofisticato al punto di permettere di determinare il mezzogiorno e
l'inizio dell'anno tropico, sia giustificato dall'importanza del sito.
In un'area inferiore ad un chilometro quadrato si
ergono ben tre edifici sacri: la chiesa gotica quattrocentesca di S. Giuliana,
la piccola chiesa duecentesca di S. Maurizio, il Capitello cinquecentesco.
Quest'ultimo non è altro che un altare coperto ma aperto alla vista, tale da
permettere ad una moltitudine di fedeli, assiepati sul prato circostante, di
seguire la messa officiata al suo interno dal celebrante. Fu costruito nel
1519, quando le due chiese divennero insufficienti ad accogliere la sempre
crescente massa dei fedeli in occasione delle due memorie di S. Giuliana: rispettivamente la nuova il 16/02 secondo il martyrologio romano e la vecchia il 03/06 secondo il martyrologio
geronimiano. S. Giuliana vecchia è
così chiamata perché fu celebrata fin dalle origini; la successiva annessione
della diocesi di Sabiona-Bressanone, di cui la Val di Fassa faceva parte,
all’archidiocesi di Salisburgo impose l’adozione del rito romano e, di
conseguenza, la celebrazione di S. Giuliana il 16/2, che venne chiamata la nuova (Ghetta 1994, pp. 9-10).
A questi tre edifici tutt'oggi visibili, si aggiunse
nel XVII secolo un romitorio in cui vissero come eremiti dal 1661 al 1681
Mattio Massar e Dom Domenico Pederiva (Baroldi e Ghetta 1966, p. 126). Di
questo edificio, oggi completamente scomparso, furono rinvenute le tracce
durante gli scavi condotti in loco da Piero Leonardi (Leonardi 1954, pp.
117-131). Ma già nel sec. XIV il sito era sicuramente abitato da altri eremiti,
fra cui un certo Giovanni (Baroldi e Ghetta 1966, pp. 126-127).
Gli scavi condotti nel 1989 (Cavada 1991, pp. 151-188)
hanno dimostrato che la prima presenza umana documentata risale ai secc. III~IV
a.C., probabilmente con funzioni già cultuali anziché abitative.
Successivamente fu costruita una primitiva chiesa paleocristiana; più tardi una
chiesa romanica ed infine nel 1452 l'edificio gotico attualmente visibile.
Dunque, come ben si comprende, il sito riveste
un'imponente valenza sacrale pressoché ininterrotta da almeno 2400 anni ed è
tutt'oggi il principale santuario della Val di Fassa: in quest’ottica appare
ben giustificabile la necessità - forse degli stessi eremiti - di disporre dei
due maggiori marcatori del tempo: il mezzogiorno e l’equinozio di primavera.
Foto n. 18. Il Sasso Vernale (la punta sullo sfondo) dal
piazzale di S. Giuliana. (Foto Mario Codebò). |
Foto n. 19. Il santuario di S. Giuliana di Vigo di Fassa (TN). (Foto Mario Codebò). |
Foto n. 20. Il Sas da Mesodì dal piazzale di S. Giuliana. (Foto Mario Codebò). |
6.7.2) Sas da le Dòudesc, Sas
da le Undèsc, parrocchia di Mazin, I Pigui.
E' il secondo complesso orario fassano da sud verso nord
ma anche in ordine di complessità archeoastronomica.
Il meridiano tracciato verso nord dal Sas da le
Dòudesc (foto n. 21 passa prima sul sito archeologico de I Pigui e poi sulla
parrocchiale di Mazin (foto n. 22). La cima del Sas da le Undèsc dista dall'altra
molto approssimativamente 15° = 1 ora.
Un sopralluogo presso la parrocchia, la cui costante
locale (Zagar 1984, pp. 115-116) è ore 0h 13m 11,69s W dal meridiano dell'Etna,
ha permesso a Codebò di verificare visivamente, tramite filo a piombo, la verticalità
del Sole sul Sas da le Dòudesc il 22/08/2003 al momento della sua culminazione
superiore preventivamente calcolata all’ora estiva 13h 16h 10s. Dalla chiesa
però non è visibile il Sas da le Undèsc, per vedere il quale occorre spostarsi
oltre l'estremo occidentale dell'abitato.
Un sito alternativo di osservazione potrebbe
teoricamente essere stato l'insediamento retico detto I Pigui. Si tratta di un
castelliere del V-III secolo a.C. arroccato sulla sommità di una collina a
quota m. 1550 (Leonardi 1969, pp. 3-9; Alberti e Bombanato 1993, pp. 113-122)
(foto n. 23). Curiosamente i dati di scavo tendono a dimostrare che
l'insediamento era perenne nonostante le palesi difficoltà climatiche invernali
dipendenti sia dalla quota, sia dalla sua collocazione sulle pendici
settentrionali di una cresta che, con andamento SSW-NNE, supera i m. 2100 di
quota.
Dalla cima più bassa, dove si affollavano le capanne,
è visibile solo il Sas da le Dòudesc; ma da un piccolo spiazzo della cima più
alta, a quota m. 1622 ed a pochi minuti di cammino, è visibile anche il Sas da
le Undèsc (foto n. 24).
L'affascinante ipotesi che proprio questo sia il
centro osservativo cozza per altro contro alcune gravi difficoltà:
a) nulla ci è noto delle cognizioni astronomiche dei
Reti protostorici; non sappiamo neppure se avevano dei sistemi di misurazione
del tempo;
b) anche nella migliore delle ipotesi, resta comunque
il problema delle ore diurne irregolari dovute alla diversa lunghezza del
giorno e della notte nelle quattro diverse stagioni;
c) dovremmo infine ipotizzare la conservazione e la
trasmissione di un orònimo immodificato per oltre duemila anni, attraverso
orizzonti culturali multipli e molto differenti tra loro: retico, romano, alto
e basso medioevale, rinascimentale, ecc., fino alla modernità.
In sostanza, in assenza di prove consistenti ed
adeguate, per il principio del rasoio di Occam è doveroso ipotizzare che
l'insediamento da cui si osservava il Sole culminare in meridiano sul Sas da le
Dòudesc fosse la parrocchia di Mazin e che l’orònimo Sas da le Undesc sia stato
dato alla cima vicina per analogia. In questo contesto il limite “ante quem
essi non risalgono” potrebbe essere il 1573, data di erezione della chiesa; ma
non si deve trascurare il fatto che nessuno dei due compare nel citato Atlas
Tyrolensis del XVIII secolo, dove invece il Sas da le Dòudesc è chiamato Sas da
Aloch: questo potrebbe essere un secondo limite ante quem.
Foto n.21. Sas da le Dòudesc e Sas da le Undèsc dall’abitato di
Pozza di Fassa. (Foto Mario Codebò). |
Foto n.23. I Pigui. (Foto Mario Codebò). |
Foto n.24. Sas da le Dòudesc e Sas da le Undèsc dai Pigui (le
due vette s’intravedono in mezzo alle cime degli alberi). (Foto Mario Codebò). |
Foto n. 22. La Parrocchia di Mazin. Le colline alberate in
secondo piano a sinistra e al centro sono i Pigui. A destra del campanile e
sullo sfondo il Sas da le Dòudesc, mentre il Sas da le Undèsc è invisibile.
(Foto Mario Codebò). |
6.7.3) Sasso delle Undici e
Sasso delle Dodici sul versante nord della Marmolada.
Queste due cime non sono altro che costoloni di roccia
che emergono dal moribondo ghiacciaio della Marmolada e corrono quasi paralleli
e rettilinei verso il Piano Fedaia (foto n. 25), sul quale la tracciatura del
meridiano e della linea oraria delle ore 11:00 imporrebbe l'esistenza del
centro di osservazione. Ma il piano sembra essere sempre stato soltanto un
pascolo stagionale privo di abitati permanenti e la recente costruzione di un
invaso artificiale lo ha trasformato in lago. Di conseguenza l'unica ipotesi
plausibile era parsa a lungo che i due orònimi fosssero nati durante la prima
guerra mondiale per esigenze militari. Qui infatti correva, come è noto, il
fronte italo-austriaco dal 1915 al 1917 e nello spessore del ghiacciaio, allora
di proporzioni ben maggiori, proprio ai piedi delle due cime meridiane, gli
Austriaci ricavarono una decina di chilometri di gallerie note come la Città
del Ghiaccio, che dava rifugio a uomini e cannoni. La loro linea si estendeva
poi attraverso il Piano Fedaia fin sullo spartiacque tra l'Alta Val di Fassa e
il Livinallongo del Col di Lana (la valle di Arabba), proprio a nord delle due
cime meridiane. Gli Italiani invece erano arroccati sulla Punta Serauta (sul
versante est della Marmolada), sul passo Fedaia e sulla Mésola. Sul ghiacciaio
della Marmolada si svolsero per due anni furiosi combattimenti per la conquista
e la riconquista di microscopici spazi geograficamente insignificanti - perciò
forse fino ad allora rimasti senza nome - ma strategicamente fondamentali,
quali per esempio la cosiddetta Forcella a V. Era perciò parso probabile che
l'esigenza di tenere sotto controllo operativo ogni metro di terreno avesse
costretto i militari di ambo le parti a creare nuovi toponimi per rocce fino ad
allora innominate. Lo stesso meridiano passante per il Sasso delle Dodici
cadeva a nord sui baraccamenti austriaci di Porta Vescovo e del Belvedere. Ma
una successiva indagine di Codebò, con la preziosa consulenza del dott.
Cristian Kollman, su carte militari austriache del XIX secolo conservate presso
l'Archivio Provinciale di Bolzano ha dimostrato che almeno dal 1869 i due
toponimi erano già in uso. Ciò non esclude necessariamente la loro origine
militare, ma impone che essa sia comunque anteriore alla I guerra mondiale[19].
Dopo
la pubblicazione dell’articolo Archeoastronomia
in Val di Fassa, da cui questo capitolo 6.7 è tratto, il dott. Fabio
Chiocchetti, direttore dell’Istituto Culturale Ladino di Vigo di Fassa, ci
segnala di non sottovalutare l’importanza del Piano di Fedaia. Ecco quanto egli
ci scrive: < …però non sottovaluterei l'importanza del passo (e relativo
alpeggio) come luogo di prospezione: non dobbiamo dimenticare che le
popolazioni insediate in queste valli derivavano da comunità pastorali, che
avevano negli alpeggi l'unica ragione vera di vita e sopravvivenza a queste
quote; pensi che fino nel '600 (se non ricordo male) al passo di Fedaia si
teneva persino un'importante fiera del bestiame, alla quale convenivano gli
allevatori delle valli vicine. Anche il clima doveva essere diverso in
antichità: al Fedaia nell'800 fu ritrovata un stadera romana...
Quindi
dobbiamo pensare agli alpeggi come i veri "primi insediamenti", oltre
che a luoghi strategici di incontro e di contatto, e ad una società pastorale
(arcaica) si addice questo tipo di osservazioni astronomiche e denominazioni
toponomastiche più ancora che non alle fasi storiche già avvezze all'uso
dell'orologio…>.
L’avvertenza
dataci dal dott. Chiocchetti corrisponde bene a quanto sta emergendo dalle
nostre ricerche. In un primo tempo ci era sembrato che i luoghi di utilizzo di
queste montagne meridiane fossero insediamenti importanti e, per così dire,
pubblici od ufficiali: castelli, monasteri, chiese, ecc. Solo successivamente
ci siamo resi conto che ve ne sono alcune il cui riferimento sono semplici
abitati di pastori o contadini, come nel caso del Bric di Mezzogiorno di Cetta
(IM), ed altre addirittura il cui riferimento sono valichi di montagna e vie di
transito. Il problema è che queste comunità “povere” ben difficilmente hanno
lasciato testimonianze scritte dei toponimi da esse creati e pertanto ci
vengono a mancare le sicurezze ed i raffronti che invece possono dare le fonti
ufficiali. Ciò non deve spaventare, perché questa è esattamente la situazione
in cui si viene a trovare praticamente sempre la ricerca paletnologica; ma nel
caso dell’archeoastronomia, che nonostante tutto sta ancora muovendo i suoi
primi passi e non ha ancora una codificazione metodologica consolidata, il
problema dell’assenza di fonti scritte di confronto genera un surplus
d’insicurezze: se è normale per l’archeologo dedurre la presenza di
frequentazioni umane in luoghi apparentemente “impossibili” sulla base di selci
scheggiate, frammenti metallici, ecc. non è ancora “normale” per
l’archeoastronomo dedurre analoghe frequentazioni da reperti di cultura astronomica.
Foto n.25. Sasso delle Undici e Sasso delle Dodici sul versante
nord della Marmolada da Porta del Vescovo. (Foto Mario Codebò). |
6.7.4) Bech da Mezdì
di Passo Campolongo.
Questa cima (foto n. 26)si trova sullo spartiacque tra
la Val di Fassa e il Livinallongo del Col di Lana, dove correva il fronte
austriaco tra il 1915 ed il 1917.
Come supposto in un precedente articolo
(Codebò 2006), nel sopralluogo del 2003 era stato commesso un errore
d’identificazione: quello che allora fu scambiato per il Bech da Mezdì è in
realtà il Monte Pizac, il quale, pur essendo alto solo m. 2213, visto da Arabba
nasconde il primo e, essendo a 170° dalla parrocchiale di Arabba, segna il
passaggio del Sole sulla sua verticale circa un’ora prima del mezzogiorno vero.
Il Bech da Mezdì è in realtà la montagna meridiana del passo di Campolongo, dal
quale è visibile a 180° esatti (foto n. 26).
Foto n.26. Bech da Mezdì di Arabba (BL), al centro, da Passo
Camplongo. (Foto Mario Codebò). |
Questa inattesa identificazione dell’agosto 2007 apre
nuove prospettive nello studio delle montagne meridiane. Fin’ora si era
supposto che esse fossero in relazione ad insediamenti fissi più o meno di
fondovalle. Ora, per la prima volta, siamo costretti a riconoscere che anche un
valico alpino – cioè una via di transito! – poteva essere il luogo da cui
popolazioni evidentemente non sedentarie avevano necessità di misurare il
mezzogiorno. Nel caso specifico del Passo di Campolongo, ci troviamo
probabilmente davanti alla transumanza di popolazioni ladine della Val Badia e,
forse, anche della Val Gardena, che si recavano all’incontro con quelle delle
valli di Fassa e del Livinallongo forse proprio al Piano di Fedaia attraverso
il valico di Porta Vescovo. In questo contesto Bech da Mezdì, Sasso delle
Undici e Sasso delle Dodici del versante nord della Marmolada sarebbero
montagne meridiane lungo un unico percorso di transumanza.
Ecco perché diciamo che, in un contesto più generale,
la ormai provata funzione meridiana dalla prospettiva di un valico alpino rende
in via ipotetica comprensibili, ancorché da verificare, altre “cime del
mezzogiorno” rimaste enigmatiche e segnatamente il Bric del Mezzodì, il
Colletto del Mezzodì e la Cresta Levi-Mezzodì nell'alta Valle di Rochemolles;
il Bric di Mezzogiorno del Parco Naturale della Val Troncea; le cime Dieci,
Undici e Dodici della Rojental ed il Monte di Mezzogiorno dello Sciliar.
6.8) I Lagorai
Tre sono le montagne meridiane della catena dei
Lagorai:
la Cima di Mezzogiorno di Caoria;
il Dos di Mezzodì di Cavalese;
la Cima di Mezzodì di Fierozzo.
6.8.1) La Cima di
Mezzogiorno di Caoria (TN)
lat. 46°10'40"N; long. 0h 46m 43,4s E; q. m.
1940; cost. loc. 0h 13m 16,6s W
(foglio IGM 1:100000 Feltre)
L'insediamento di Caorìa, paese della Valle del Vanoi,
è documentato con certezza da una Crocifissione dipinta nel 1585 sul muro di
una casa. Nel 1611 il paese è raffigurato su una mappa di Matthias Burgklehner.
Si sa però con certezza che i terreni e le miniere locali erano sfruttati già
nei secoli precedenti e che i primi abitanti stabili furono minatori immigrati
da Praga.
La vita degli abitanti di Caoria, fortemente segnata
dalla Grande Guerra che aveva nella catena dei monti Lagorai il suo fronte
italo-austriaco, era scandita ogni anno da un esodo in massa di tutti gli
abitanti abili - uomini, donne e bambini, con animali e masserizie - verso i
pascoli alti circa dal 19/03, festa di S. Giuseppe ma anche antivigilia
dell'equinozio di primavera, al 2/11, festa dei morti. In paese restavano solo
gli anziani e i disabili, benché i bambini scendessero quotidianamente per
frequentare la scuola e risalissero poi ogni pomeriggio al pascolo (Bortolotti
2004). Questa transumanza
relativamente limitata nello spazio potrebbe essere il residuo moderno di
quella vita seminomade che, come ci comunica il dott. Chiocchetti, era, forse
da millenni, la norma per queste popolazioni alpine.
Poiché:
a) le coordinate di Caoria, tratte dal foglio IGM
1:100000 n. 22 Feltre ed. 6, sono 46°11'58"N; 0h 46m 42,2s E; q. m. 850;
b) il M. di Mezzogiorno dista m. 2300 in linea d'aria;
c) sopravanza Caoria di m. 1090;
ne consegue che 25° è l'altezza trigonometrica della
vetta vista dall’abitato, in buon accordo con la misura di 24° presa da Codebò
in loco con l'inclinometro annesso alla bussola Recta DP10.
Alla latitudine di Caoria il Sole al solstizio
d'inverno raggiunge l'altezza di 20,3° e, pertanto, viene occultato dalla Cima
di Mezzogiorno a cominciare, secondo i calcoli, dalla metà di novembre, quando
la declinazione del Sole è -18° fino alla fine di Gennaio.
Ciò è sostanzialmente in buon accordo con le
testimonianze di alcuni residenti secondo le quali il nome della Cima di
Mezzogiorno deriverebbe dal fatto che vicino al mezzodì locale di dicembre il
Sole è occultato dalla vetta e ricompare successivamente nel primo pomeriggio
nella sella virtuale tra il Monte di Mezzogiorno ed il M. Conte Moro (le cui
coordinate, dal foglio IGM 1:100000 n. 22 Feltre ed. 6, sono 46°09'58"N;
0h 46m 36s E; q. m. 2407).
Ma la cima di Mezzogiorno è anche sul meridiano di
Caorìa, per cui la culminazione del Sole sulla sua vetta è anche il passaggio
al meridiano locale e, perciò, l'indicatore del mezzogiorno vero, come è stato
possibile verificare visivamente il 05/08/2005 alle ore 13h 19m da località
Refiei, dove cade esattamente il meridiano passante per la Cima di Mezzogiorno
(foto n. 27).
Questa montagna assolveva dunque a due compiti:
1) segnava quotidianamente il mezzogiorno locale;
2) segnava, con l’inizio delle occultazioni, la data
del rientro a valle dagli alti pascoli, mentre la partenza dalla valle per i
pascoli era annunciata dall'equinozio di primavera, sostanzialmente coincidente
con la festa di S. Giuseppe.
Foto n. 27. Mezzogiorno vero sulla Cima di Mezzogiorno di Caorìa
(TN). (Foto Mario Codebò). |
6.8.2) Il Dos di
Mezzodì di Cavalese (TN).
lat. 46°15'06"N; long. 0h 45m 52,43s E; q. m.
1847; cost. loc. 0h 14m 07,57s W (foglio IGM 1:100000 n. 22 Feltre, ed. 6).
Dati GPS Magellan 310: lat. 46°15'07"N; long. 0h
45m 52,53s E; q. m. 1820; cost. loc. 0h 14m 07,47s W
Cavalese, capoluogo della Val di Fiemme e sede storica
della Magnifica Comunità omonima, è dominato dalla catena dei Lagorai ed in
particolare dal Dosso di Mezzodì (foto n. 28). I suoi dintorni sono sede
d'insediamenti umani risalenti almeno alla Protostoria. In particolare, presso
la chiesa di S. Valerio (foto n. 29) sono stati ritrovati i resti di un piccolo
abitato utilizzato dall'Età del Ferro fino al Medioevo (Leonardi 1991) e sul
Dos Zelòr (foto nn. 30-31) i resti di un vasto abitato frequentato dall'Età del
Ferro fino alla Romanità (Leonardi 1954; 1991). Già Innerebner aveva segnalato
l'orientamento solstiziale dello storico Banc
de la Reson, vasto sedile circolare con ingressi ubicato nel parco della
chiesa parrocchiale <...ove ancora nel secolo passato veniva amministrata la
Magnifica Comunità Generale di Fiemme> (Innerebner 1959, p. 8 e fig. 10).
Foto n. 28. Il Dosso di Mezzodì, al centro sullo sfondo, dalla
pieve di Cavalese. (Foto Mario Codebò). |
Il Dosso di Mezzodì costituisce una meridiana naturale
indicante il mezzogiorno locale (foto n. 31) rispetto alla chiesa parrocchiale,
che fu Pieve della Val di Fiemme, e tale funzione, secondo la cortese
testimonianza di una guardia campestre della Magnifica Comunità, continua ad
essere nota tutt'oggi. Nel vasto parco della pieve furono rinvenuti in varie
occasioni reperti archeologici datanti fin dall’Età del Ferro (Leonardi 1991,
pp. 385-390), a dimostrazione di come anche questo dosso, analogamente a quelli
vicini di S. Valerio e di Zelòr, fu abitato fin dalla Protostoria. Tuttavia il
Dosso di Mezzodì – la cui vetta fu esplorata da Codebò nel 2003 e si dimostrò
priva di costruzioni e del tutto incolta - non funziona come cima meridiana per
S. Valerio e, soprattutto, per il Dos Zelòr, ma solo per il parco della Pieve
(foto n. 32).
Foto n.29. S. Valerio. (Foto Mario Codebò). |
Foto n.30. Il Dos Zelòr (la collinetta alberata e scoscesa al
centro della foto). (Foto Mario Codebò). |
Foto n.31. Resti dell’abitato romano al Dos Zelòr. (Foto Mario Codebò). |
Foto n.32. Il Sole sulla verticale della cima del Dosso di
Mezzodì al mezzogiorno locale. (Foto Mario Codebò). |
6.8.3) Cima di
Mezzodì di Fierozzo (TN).
lat. 46°04'57"N; long. 0h 45m 16,73s E; q. m. 1688;
cost loc. 0h 14m 43,27s W (Foglio IGM 1:100000 n. 21 Trento, ed. 7).
Fierozzo è uno dei comuni mòcheni della Valle del
Fèrsina, che da Pèrgine Valsugana si estende fino al passo Cagnon di Sopra,
attraverso il quale si accede alla Val Calamento.
Non essendo purtroppo possibile dare qui neppure una
sintesi delle complesse vicende che in circa settecento anni hanno portato alla
formazione di questa enclave tedesca in Italia[20], si
rimanda gl'interessati alla letteratura specifica (Lorenzi 1930; Piatti 1996;
Rogger 1978) consultata per questo articolo.
I Mòcheni sono una popolazione di lingua tedesca che
nel XIII secolo si insediò in queste contrade per coltivarle. Ad essa si
aggiunsero nei secoli successivi i minatori germanici chiamati a lavorare nelle
miniere di rame locali. Il risultato di queste immigrazioni in terre italiane
fu il dialetto mòcheno, tutt'oggi parlato localmente.
Quattro sono oggi i comuni mòcheni della Valle del
Fersina - S. Orsola, Palù, Fierozzo e Frassilongo - ma le antiche gastaldie erano
più numerose. I primi due si estendono sulla riva idrografica destra; il terzo
ed il quarto sulla riva idrografica sinistra, ove si erge pure la Cima di
Mezzodì.
Essa è chiamata dialettalmente Mittospitze
(letteralmente: Punta di Mezzo) dagli abitanti del comune di Fierozzo e, pare,
Silberspitze (letteralmente: Punta dell'Argento) da quelli del comune di
Frassilongo e della sua frazione Roveda[21].
Le differenti denominazioni sembrano corrispondere bene
alle differenti funzioni svolte in ciascuno dei due comuni: a Frassilongo
prevarrebbe il ricordo dell’estrazione mineraria dell'argento dalle pendici del
Silberspitze, mentre a Fierozzo quella meridiana del Mittospitze. Infatti la
Cima di Mezzodì si trova a SE rispetto a Frassilongo, ma a sud rispetto a
Fierozzo ed esattamente sul meridiano passante per l’attuale chiesa
parrocchiale di S. Felice, rispetto alla quale segna il mezzogiorno vero quando
il Sole culmina sulla sua vetta (foto n. 33).
Foto n. 33. La Cima di mezzodì dalla parrocchiale di S. Felice
in Fierozzo. (Foto Mario Codebò). |
In origine la chiesa dei Mòcheni era S. Lorenzo sul
Dossalto, oggi purtroppo ridotta ad un rudere infrascato, dalla quale non è
visibile la Cima di Mezzodì la cui funzione meridiana, pertanto, non è
certamente relativa a questa chiesa primitiva.
Poiché la parrocchia di S. Felice, dedicata al
presbitero di Nola che subì dure persecuzioni per la sua fede nel III secolo,
fu costruita nel 1696 (Piatti 1996, p. 107; Rogger 1978, p. 170): questa data
sembra essere la più probabile come termine post
quem, piuttosto che quella della nascita dell'abitato stabile tra il 1320
ed il 1348 (Piatti 1996, pp. 93-109) sotto forma di masi in enfiteusi.
6.9) Alcune altre
cime meridiane delle Alpi Orientali.
L'elenco che segue prende in considerazione soltanto
alcune delle numerose montagne meridiane delle Alpi Orientali. Un più
dettagliato elenco, completo di coordinate geografiche, è leggibile in Romano
1986, p. 2.
6.9.1) Il Gruppo del Sella.
Qui sono presenti: una Val de Mesdì, un Sas de Mesdì,
un Bech de Mesdì, un Dent de Mesdì, un Sas dle Nu, un Sas dle Diesc, un
Ciampanis de Val Mesdì, un Mesdì Turm, le Mesules. C’è anche un Zwischenkofel,
che però significa letteralmente Monte di Mezzo. L’origine di questi toponimi
così numerosi sembra essere lo snodarsi verso Sud della lunga Val de Mesdì
rispetto agli abitati di Colfosco e Corvara, cui seguono per omonimìa ed
analogia gli altri orònimi. Si noti come anche qui il Sas dle Nu ed il Sas dle
Diesc sono cronologicamente invertiti, analogamente alle tre cime meridiane
della Val Martello.
6.9.2) Sas dales Nu, q. m.
2968, e Sas dales Desc, q. m. 3026, dell’Alpe di Fanes.
Queste due cime sembrano essere in relazione con il
santuario di S. Berbora (S. Barbara) nel paese di La Val in Badìa. Valgono per
essi tutte le riserve dovute alle ore diseguali. Una coincidenza, che però non
pare avere alcuna relazione astronomica con le due vette: a poche centinaia di metri
a Sud di esse s’erge il Ciastel de Fanes, q. m. 2657, che è il più elevato
luogo di roghi votivi (Brandopferplätze) delle Dolomiti.
6.9.3) Becco di
Mezzodì, m. 2602.
Montagna a sud dell'Alpe di Federa, nella conca di
Cortina d'Ampezzo.
Potrebbe essere la montagna meridiana del Castello di
Podestagno, m. 1513, distante però km. 17,6 - tale distanza la vetta appare
alta circa 3,5° - oppure dell’Alpe di Federa.
6.9.4) Cima Dodici,
m. 2351 della Valle dei Molini.
Vetta del versante meridionale della Valle dei Molini
(Mülwaldertal), confluente nella Valle di Tures, a sua volta confluente nella
Val Pusteria. Sulla carta non sembra identificabile alcun abitato significativo
da cui potesse essere usata.
6.9.5) Cima Nove, m.
2581, della Val Pusteria.
Sembra essere in relazione oraria con Rienza, frazione
di Dobbiaco. Anche per essa valgono tutte le riserve dovute alle ore diseguali.
6.9.6) Cima Dodici,
m. 2336, e Cima Undici, m. 2228, dell’Ortigara.
Sui fianchi occidentali del M. Ortigara, sono palesemente
montagne meridiane per Borgo Valsugana.
6.9.7) La Val di Sole.
Il costone che, staccandosi dalla Cima di Val Gelada e
terminando nella quota trigonometrica m. 2217 con andamento S-N, separa la Val
Gelata dalla Val Baselga, in Val di Sole, comprende una serie di toponimi
meridiani tutti sul meridiano dell'abitato di Pellizzano: i Crozzi del Mezdì
(qq. mm. 2607 e 2590), il Passo del Mezdì (q. m. 2408), il Pizzo del Mezdì (q.
m. 2577), i Monti del Mezdì (tre elevazioni con altitudine media m. 2419);
6.9.8) Il Croz delle Gardéne
o Croz del Mezdì.
Vetta sul meridiano dell'abitato di Mezzana, in Val di
Sole;
7) Appendice (di
Henry De Santis).
Elenco delle montagne meridiane rintracciabili su
Internet mediante il motore di ricerca del sito web Atlante Italiano.
VALLE
D’AOSTA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
COSTONE DI MEZZODI |
AO |
SAINT-RHEMY-EN-BOSSES |
X 352781.7 Y 5075796.4 |
45° 49' 12,0469'' 7° 06' 17,5482'' |
2584 |
|
|||
PIEMONTE |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
BEC DI MEZZOGIORNO |
TO |
FRAISSE-VAL GERMANASCA |
X 340738.1 Y 4980580.9 |
44° 57' 38,9305'' N 6° 58' 50,4455'' E |
2986 |
|
|||
GUGLIA DEL MEZZODI |
TO |
EXILLES |
X 317613.4 Y 4987982.7 |
45° 01' 18,5933'' N 6° 41' 06,0705'' E |
2621 |
|
|||
BRIC DEL MEZZODI |
TO |
MELEZET-BARDONECCHIA |
X 328533.3 Y 5000434.3 |
45° 08' 11,6230'' N 6° 49' 09,3387'' E |
2899 |
|
|||
PUNTA DI MEZZODI |
TO |
MEANA DI SUSA |
X 352138.9 Y 4992556.6 |
45° 04' 15,6872'' N 7° 07' 17,8748'' E |
3000 ca. |
|
|||
ROCCA DI NONA |
TO |
ALA DI STURA |
X 367116 Y 5018446.9 |
45° 18' 25,0117'' N 7° 18' 17,6575'' E |
1420 |
|
|||
PUNTA DEL MEZZODI |
TO |
GRAVERE |
X 344055.8 Y 4993626.8 |
45° 04' 44,1033'' N 7° 01' 07,2283'' E |
2691 |
|
|||
BEC DI MEZZODI |
TO |
GROSCAVALLO |
X 362415.6 Y 5023285.9 |
45° 20' 58,4866'' N 7° 14' 37,0607'' E |
2427 |
|
|||
BEC DI NONA |
TO |
GROSCAVALLO |
X 364813.4 Y 5023719.2 |
45° 21' 14,2007'' N 7° 16' 26,7786'' E |
2202 |
|
|||
PUNTA DEL MEZZOGIORNO |
CN |
PRADLEVES-GHIO |
X 360202.3 Y 4921515.3 |
44° 26' 00,3508'' N 7° 14' 36,5710'' E |
2006 |
|
|||
BECCAS DEL MEZZODI |
CN |
DEMONTE - CONVENT |
X 365227.3 Y 4912851.7 |
44° 21' 23,1149'' N 7° 18' 31,8559'' E |
1931 |
|
|||
BEC MEZZODI |
CN |
VENASCA |
X 371374.4 Y 4933038 |
44° 32' 21,1107'' N 7° 22' 51,3869'' E |
1206 |
|
|||
BRIC MEZZODI |
CN |
DRONERO PRALETTO |
X 363954.9 Y 4923229.9 |
44° 26' 58,4713'' N 7° 17' 24,6147'' E |
1134 |
|
|||
BEC DI MEZZODI |
CN |
CASOTTO |
X 413229.8 Y 4895349.4 |
44° 12' 22,3376'' N 7° 54' 50,2610'' E |
1932 |
|
|||
CROCE DI MEZZODI |
VB |
VARZO |
X 441150.2 Y 5114900.7 |
46° 11' 06,5025'' N 8° 14' 14,7686'' E |
2230 |
|
|||
PIZZO DEL MEZZODI |
VB |
VARZO |
X 440963.6 Y 5114556.2 |
46° 10' 55,2835'' N 8° 14' 06,2196'' E |
2383 |
|
|||
PIZZO NONA O DELLA BENNA |
VB |
BANNIO ANZINO |
X 433794.3 Y 5086999.1 |
45° 56' 00,1346'' N 8° 08' 45,6347'' E |
2230 ca. |
|
|||
PIZZO NONA |
VB |
DRUOGNO |
X 454647.6 Y 5104991.5 |
46° 05' 49,1752'' N 8° 24' 47,7712'' E |
2271 |
|
|||
TRENTINO
ALTO ADIGE |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
MONTE A MEZZODI |
BZ |
CASTELBELLO |
X 647296.8 Y 5167476.7 |
46° 38' 40,7673'' N 10° 55' 29,1380'' E |
1100 ca. |
Toponimo molto esteso Coord.centrali |
|||
CIMA MEZZODI |
BZ |
CHIUSA |
X 693110.9 Y 5170703.6 |
46° 39' 43,3353'' N 11° 31' 27,3073'' E |
1370 |
|
|||
CIMA MATTINA |
BZ |
CHIUSA |
X 692533.1 Y 5170703.6 |
46° 39' 43,9340'' N 11° 31' 00,1443'' E |
1570 |
|
|||
CIMA DI MEZZODI |
BZ |
MALLES VENOSTA |
X 628443.9 Y 5174813.2 |
46° 42' 52,3113'' N 10° 40' 50,0407'' E |
2405 |
|
|||
PUNTA DI MEZZODI |
BZ |
RACINES |
X 679895.7 Y 5190122.2 |
46° 50' 25,1528'' N 11° 21' 33,3892'' E |
2052 |
|
|||
DENTE DI MEZZODI |
BZ |
SANTA CRISTINA VALGARDENA |
X 709103.2 Y 5154335.1 |
46° 30' 36,3506'' N 11° 43' 32,4204'' E |
3000 |
|
|||
SASSO LEVANTE |
BZ |
SANTA CRISTINA VALGARDENA |
X 709698.8 Y 5154375.1 |
46° 30' 36,9784'' N 11° 44' 00,4022'' E |
3110 |
|
|||
FORCELLA DE MESDI |
BZ |
SANTA CRISTINA VALGARDENA |
X 711373.2 Y 5164927.4 |
46° 36' 16,5717'' N 11° 45' 36,1958'' E |
2597 |
|
|||
SASSO DE MESDI |
BZ |
SANTA CRISTINA VALGARDENA |
X 711359.9 Y 5164765.2 |
46° 36' 11,3380'' N 11° 45' 35,3046'' E |
2762 |
|
|||
FORCELLA DI MEZZODI |
BZ |
TESIMO |
X 663698.2 Y 5154941.7 |
46° 31' 41,2442'' N 11° 08' 04,2198'' E |
1676 |
|
|||
MONTE DI MEZZODI |
BZ |
SILANDRO |
X 634354.6 Y 5167910.4 |
46° 39' 04,6021'' N 10° 45' 21,0711'' E |
1600-1700 ca. |
Toponimo molto esteso. Coord. indicative centrali del toponimo |
|||
CIMA DI MEZZODI |
BZ |
TIRES-SCILLIAR |
X 696483.1 Y 5151832.4 |
46° 29' 29,0300'' N 11° 33' 37,0232'' E |
2187 |
|
|||
COL DAL MEZDI |
BZ |
CASTELROTTO-ORTISEI |
X 704702.2 Y 5159618.1 |
46° 33' 32,1919'' N 11° 40' 14,5129'' E |
2006 |
|
|||
DENT DE MEZDI |
BZ |
CORVARA IN BADIA-ARABBA |
X 717011.1 Y 5156730.5 |
46° 31' 44,8571'' N 11° 49' 47,0823'' E |
2881 |
|
|||
SASSO DELLE NOVE |
BZ |
CORVARA IN BADIA-ARABBA |
X 717607 Y 5155931.4 |
46° 31' 18,3068'' N 11° 50' 13,6732'' E |
2900 ca. |
|
|||
SASSO DELLE DIECI |
BZ |
CORVARA IN BADIA-ARABBA |
X 717761.2 Y 5156172.6 |
46° 31' 25,9321'' N 11° 50' 21,3086'' E |
2900 ca. |
|
|||
SASSO DI MEZZODI |
BZ |
ARABBA |
X 720909.2 Y 5150523.3 |
46° 28' 19,4427'' N 11° 52' 39,2258'' E |
2727 |
|
|||
PELA DA MEZDI |
BZ |
SELVA DI VAL GARDENA |
X 713389.1 Y 5156040 |
46° 31' 26,6818'' N 11° 46' 56,1201'' E |
1950 ca. |
Toponimo esteso |
|||
PIZ SETEUR |
BZ |
SELVA DI VAL GARDENA |
X 711954.8 Y 5156265.8 |
46° 31' 35,6201'' N 11° 45' 49,2474'' E |
2064 |
|
|||
CIMA UNDICI |
BZ |
SESTO-TRE CIME LAVAREDO |
X 758589.7 Y 5170285.8 |
46° 38' 10,3900'' N 12° 22' 42,9565'' E |
3092 |
|
|||
CIMA DODICI O CRODA DEI TONI |
BZ |
SESTO-TRE CIME LAVAREDO |
X 757237.7 Y 5168319.4 |
46° 37' 08,6648'' N 12° 21' 35,5358'' E |
3094 |
|
|||
CIMA UNA |
BZ |
SESTO-TRE CIME LAVAREDO |
X 756212.7 Y 5170536.1 |
46° 38' 21,7697'' N 12° 20' 51,8479'' E |
2698 |
|
|||
SASSO DI MEZZODI |
BZ |
CALDARO MONTICOLO |
X 674969.9 Y 5141436 |
46° 24' 13,8151'' N 11° 16' 34,6620'' E |
661 |
|
|||
DOSSO DODICI |
BZ |
CALDARO MONTICOLO |
X 674897.1 Y 5140509 |
46° 23' 43,8728'' N 11° 16' 30,0071'' E |
570 |
|
|||
COLLE DELLE DODICI |
BZ |
CAMPO DI TRENS |
X 691038.4 Y 5195769.9 |
46° 53' 16,7677'' N 11° 30' 27,4812'' E |
2044 |
|
|||
CIMA DODICI |
BZ |
CAMPO TURES |
X 733162.3 Y 5201998.5 |
46° 55' 49,8836'' N 12° 03' 46,8774'' E |
2516 |
|
|||
CIMA DELLE OTTO |
BZ |
CAMPO TURES |
X 730827.3 Y 5199602.6 |
46° 54' 35,3129'' N 12° 01' 52,2317'' E |
2667 |
|
|||
CIMA DIECI |
BZ |
VAL RESIA |
X 613861.5 Y 5182780.9 |
46° 47' 19,8667'' N 10° 29' 30,5414'' E |
2675 |
|
|||
CIMA UNDICI |
BZ |
VAL RESIA |
X 613572.6 Y 5181421.8 |
46° 46' 36,0285'' N 10° 29' 15,7066'' E |
2926 |
|
|||
CIMA DODICI |
BZ |
VAL RESIA |
X 613089 Y 5181792.8 |
46° 46' 48,3395'' N 10° 28' 53,2390'' E |
2783 |
|
|||
CIMA DODICI |
BZ |
LACES |
X 642502.1 Y 5159225.5 |
46° 34' 17,3198'' N 10° 51' 34,5561'' E |
2512 |
|
|||
CIMA DIECI |
BZ |
MARTELLO |
X 635607.9 Y 5153648.2 |
46° 31' 21,8486'' N 10° 46' 04,9687'' E |
2684 |
|
|||
CIMA UNDICI |
BZ |
MARTELLO |
X 636965.7 Y 5155349.2 |
46° 32' 15,9414'' N 10° 47' 10,4738'' E |
2260 |
|
|||
CIMA DODICI |
BZ |
MARTELLO |
X 636387.1 Y 5154175.8 |
46° 31' 38,3669'' N 10° 46' 42,0814'' E |
2680 |
|
|||
PUNTA DELLE DODICI |
BZ |
SAN MARTINO IN BADIA |
X 717509 Y 5166151.7 |
46° 36' 49,1314'' N 11° 50' 26,3427'' E |
2384 |
|
|||
CIMA DODICI |
BZ |
SELVA DEI MOLINI |
X 716767 Y 5194700.2 |
46° 52' 13,7461'' N 11° 50' 40,0085'' E |
2351 |
|
|||
CIMA DODICI |
BZ |
SENALES-SIMILAUN |
X 648794 Y 5178430 |
46° 44' 34,2290'' N 10° 56' 52,2727'' E |
2609 |
|
|||
DOSSO DELLE DODICI |
BZ |
VIPITENO-PRATI (VICINO C. DI TRENS) |
X 687936.5 Y 5196383 |
46° 53' 39,7950'' N 11° 28' 01,9522'' E |
1300-1400 ca. |
Toponimo esteso |
|||
CIMA DIECI |
BZ |
SAN GENESIO-SAN VIGILIO-MAREBBE |
X 726579.6 Y 5167425.5 |
46° 37' 19,5406'' N 11° 57' 34,4824'' E |
3026 |
|
|||
CIMA NOVE |
BZ |
SAN GENESIO-SAN VIGILIO-MAREBBE |
X 728177.7 Y 5168374.5 |
46° 37' 48,2945'' N 11° 58' 51,2135'' E |
2968 |
|
|||
CIMA NOVE |
BZ |
DOBBIACO |
X 748859.7 Y 5176970.9 |
46° 41' 59,8735'' N 12° 15' 19,0539'' E |
2580 ca. |
|
|||
DOS DI MEZZODI |
TN |
CAVALESE |
X 690243.7 Y 5124835.3 |
46° 15' 01,6093'' N 11° 28' 05,1405'' E |
1847 |
|
|||
CIMA DI MEZZODI |
TN |
FRASSILONGO |
X 679338.4 Y 5105724.6 |
46° 04' 53,6038'' N 11° 19' 10,1998'' E |
1688 |
|
|||
PIZZO DEL MEZZODI |
TN |
PELLIZZANO |
X 636195.8 Y 5124866.5 |
46° 15' 49,3693'' N 10° 46' 02,3816'' E |
2577 |
|
|||
PALE DEL MEZZODI |
TN |
POZZA DI FASSA |
X 703640.9 Y 5147303.5 |
46° 26' 54,8078'' N 11° 39' 05,3104'' E |
2446 |
|
|||
VEDRETTA VERNALE |
TN |
POZZA DI FASSA |
X 718163.1 Y 5144781.1 |
46° 25' 16,8501'' N 11° 50' 20,9472'' E |
2800 ca. |
|
|||
SASSO VERNALE |
TN |
POZZA DI FASSA |
X 718278.7 Y 5144512.2 |
46° 25' 08,0144'' N 11° 50' 25,9041'' E |
3058 |
|
|||
TORRE DI MEZZODI |
TN |
VALLARSA |
X 666109.2 Y 5066353.3 |
45° 43' 50,8327'' N 11° 08' 05,6398'' E |
1903 |
|
|||
SASSO DI MEZZODI |
TN |
VIGO DI FASSA |
X 707572.7 Y 5142939.2 |
46° 24' 29,2551'' N 11° 42' 02,4168'' E |
2446 |
|
|||
CIMA UNDICI |
TN |
VIGO DI FASSA |
X 708608.2 Y 5142505.9 |
46° 24' 14,0847'' N 11° 42' 50,1670'' E |
2501 |
|
|||
CIMA DODICI O FEROZZO |
TN |
BORGO VALSUGANA |
X 691118 Y 5096740.6 |
45° 59' 51,2924'' N 11° 28' 05,2047'' E |
2336 |
|
|||
CIMA UNDICI |
TN |
BORGO VALSUGANA |
X 692444.4 Y 5097482.7 |
46° 00' 13,9789'' N 11° 29' 07,8876'' E |
2228 |
|
|||
SASSO DELLE DODICI |
TN |
MARMOLADA-CANAZEI |
X 720104.2 Y 5147704 |
46° 26' 49,1633'' N 11° 51' 56,7333'' E |
2722 |
|
|||
SASSO DELLE UNDICI |
TN |
MARMOLADA-CANAZEI |
X 720774.1 Y 5147607 |
46° 26' 45,2370'' N 11° 52' 27,9275'' E |
2801 |
|
|||
SASS VERNAI |
TN |
MARMOLADA-CANAZEI |
X 722837.3 Y 5147481.6 |
46° 26' 38,7388'' N 11° 54' 04,2908'' E |
2000 ca. |
|
|||
CIMA DODICI |
TN |
MEZZANO |
X 719087.7 Y 5109923.8 |
46° 06' 27,7979'' N 11° 50' 05,8523'' E |
2264 |
|
|||
CIMA DODICI |
TN |
SAN GIACOMO-TRANSACQUA |
X 698053.9 Y 5202313.9 |
46° 56' 41,1564'' N 11° 36' 08,9088'' E |
2690 |
|
|||
MONTE SEI |
TN |
PERGINE VALSUGANA |
X 673504.1 Y 5104829.1 |
46° 04' 30,0326'' N 11° 14' 37,5871'' E |
610 ca. |
|
|||
CIMA MEZZOGIORNO |
TN |
ALA |
X 660043.1 Y 5064832.1 |
45° 43' 06,7211'' N 11° 03' 23,3474'' E |
1670 ca. |
|
|||
CIMA LEVANTE |
TN |
ALA |
X 662957.4 Y 5067703.6 |
45° 44' 37,2553'' N 11° 05' 41,5453'' E |
2020 |
|
|||
CIMA DI MEZZOGIORNO |
TN |
CANAL SAN BOVO |
X 706356.4 Y 5117197.8 |
46° 10' 37,4987'' N 11° 40' 24,8562'' E |
1940 |
|
|||
DOSSO MEZZOGIORNO |
TN |
MOENA |
X 705437.3 Y 5137060.8 |
46° 21' 21,3567'' N 11° 40' 13,2222'' E |
2301 |
|
|||
CENGIO DI MEZZOGIORNO |
TN |
TERRAGNOLO |
X 668955.6 Y 5082372.6 |
45° 52' 27,0404'' N 11° 10' 37,4299'' E |
1260 |
|
|||
VENETO |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
BEC DI MEZZODI |
BL |
ALLEGHE |
X 732551.1 Y 5141458.4 |
46° 23' 12,0719'' N 12° 01' 28,1509'' E |
2108 |
|
|||
CIME DI MEZZODI |
BL |
FORNO DI ZOLDO |
X 744978.6 Y 5134239.4 |
46° 19' 02,7527'' N 12° 10' 55,5464'' E |
2324 |
|
|||
SASSO DEL MEZZODI |
BL |
VALMOREL |
X 749860.6 Y 5106450.4 |
46° 03' 57,4119'' N 12° 13' 50,6212'' E |
872 |
|
|||
SASSO DI MEZZODI |
BL |
RIVALGO |
X 758282 Y 5137544.1 |
46° 20' 31,8686'' N 12° 21' 23,1198'' E |
2035 |
|
|||
COL DI MEZZODI |
BL |
PIEVE DEL COL DI LANA |
X 726081.4 Y 5149515.7 |
46° 27' 40,6706'' N 11° 56' 39,6870'' E |
1904 |
|
|||
CRODE DI MEZZODI |
BL |
CHIESA – GAVAZ |
X 740018.6 Y 5135237.8 |
46° 19' 41,4383'' N 12° 07' 05,7991'' E |
1929-2055 |
|
|||
PIZ DI MEZZO DI o MONTE PIZZON |
BL |
RIVAMONTE AGORDINO |
X 734161.2 Y 5122835.4 |
46° 13' 07,5468'' N 12° 02' 10,0397'' E |
2240 |
|
|||
MONTE VERNA |
BL |
VIGO DI CADORE |
X 773014.4 Y 5153456.2 |
46° 28' 45,6195' N 12° 33' 24,4776'' E |
2106 |
|
|||
CIMA DIECI |
BL |
SAPPADA |
X 785686.3 Y 5161900 |
46° 32' 59,7108'' N 12° 43' 36,2192'' E |
2151 |
|
|||
SCOGLIO DI MEZZOGIORNO |
VI |
S.PIETRO IN VALDASTICO |
X 683686 Y 5084075.4 |
45° 53' 08,5861'' N 11° 22' 02,5127'' E |
600 ca. |
|
|||
COL VENTIDUEORE |
VI |
VALSTAGNA |
X 706474.6 Y 5083422.2 |
45° 52' 24,1912'' N 11° 39' 37,7404'' E |
575 ca. |
|
|||
FRIULI |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
PICCO DI MEZZODI |
UD |
CHIUSAFORTE |
X 375147.2 Y 5138501.8 |
46° 23' 18,8160'' N 13° 22' 34,2253'' E |
1866 |
|
|||
PICCO DEL MEZZODI |
UD |
CHIUSAFORTE |
X 378168.9 Y 5138271 |
46° 23' 13,3255'' N 13° 24' 55,8659'' E |
1667 |
|
|||
COL MEZZODI |
UD |
CHIUSAFORTE |
X 368558.3 Y 5138715.1 |
46° 23' 21,2283'' N 13° 17' 25,6447'' E |
923 |
|
|||
COL MEZZODI' |
UD |
FORNI AVOLTRI |
X 329662.6 Y 5160221.4 |
46° 34' 26,2360'' N 12° 46' 37,3823'' E |
1350 ca. |
|
|||
PICCO DI MEZZODI |
UD |
FUSINE VAL ROMANA |
X 395318.7 Y 5146006.8 |
46° 27' 34,2268'' N 13° 38' 12,3275'' E |
2063 |
|
|||
PUNTA DEL MEZZODI |
UD |
FORNI DI SOTTO |
X 321072.6 Y 5136796.7 |
46° 21' 39,9004'' N 12° 40' 26,5274'' E |
1923 |
|
|||
CRETE DEL MEZZODI |
UD |
TIMAU |
X 349802.7 Y 5160997.7 |
46° 35' 08,6681'' N 13° 02' 22,0752'' E |
1723 1980 |
|
|||
CRETA DI MEZZODI |
UD |
DIERICO |
X 356464.2 Y 5149656 |
46° 29' 06,6585'' N 13° 07' 47,5553'' E |
1806 |
|
|||
PUNTA DEL MEZZOGIORNO |
UD |
RESIUTTA-MOGGIO UDINESE |
X 361217.3 Y 5135882.1 |
46° 21' 44,2065'' N 13° 11' 45,1165'' E |
1841 |
|
|||
COL DI MEZZOGIORNO |
PN |
CLAUT |
X 308802.7 Y 5124196.2 |
46° 14' 39,9585'' N 12° 31' 11,2979'' E |
1716 |
|
|||
MONTAGNA DI MEZZOGIORNO |
PN |
CLAUT |
X 306136 Y 5125489.8 |
46° 15' 19,1111'' N 12° 29' 04,9719'' E |
900 ca. |
Toponimo molto esteso Coord. Indicative |
|||
LOMBARDIA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
PIZZO DI MEZZODI |
BG |
CASSIGLIO |
X 549226.8 Y 5087913.9 |
45° 56' 34,9101'' N 9° 38' 06,3193'' E |
1713 |
|
|||
CORNO DI MEZZODI |
BS |
PONTE DI LEGNO-TEMU’ |
X 612123.4 Y 5117407 |
46° 12' 03,6055'' N 10° 27' 11,8652'' E |
2966 |
|
|||
CRAP DEL MEZZODI |
SO |
FORCOLA |
X 550506.3 Y 5110667.3 |
46° 08' 51,7602'' N 9° 39' 14,4248'' E |
1031 |
|
|||
PIZZO DEL MEZZODI |
SO |
GEROLA ALTA |
X 542543.2 Y 5098005.6 |
46° 02' 03,4872'' N 9° 32' 59,1521'' E |
2116 |
|
|||
PIZZO MERIGGIO |
SO |
ALBOSAGGIA |
X 567034.6 Y 5106048.1 |
46° 06' 16,9837'' N 9° 52' 02,4874'' E |
2358 |
|
|||
LIGURIA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
MONTE MEZZOGIORNO |
SV |
STELLANELLO |
X 424482.4 Y 4870523.2 |
43° 59' 02,2853'' N 8° 03' 30,0063'' E |
756 |
|
|||
CARMO LANGAN O CARMU DU MESUDÌ |
IM |
TRIORA - CETTA |
X 398671.1 Y 4868850.9 |
43° 57' 56,9154'' N 7° 44' 12,7262'' E |
1204 |
|
|||
EMILIA
ROMAGNA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
CINGHIO DI MEZZOGIORNO |
MO |
FANANO |
X 644906.2 Y 4892639.3 |
44° 10' 21,3068'' N 10° 48' 45,5304'' E |
1355 |
|
|||
UMBRIA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
BALZA DI MEZZOGIORNO |
PG |
GUALDO TADINO |
X 321848.7 Y 4789094.7 |
43° 14' 01,0092'' N 12° 48' 21,6793'' E |
1050 ca. |
|
|||
LAZIO |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
MORRA DI MEZZOGIORNO |
RM |
ARCINAZZO ROMANO MORRA AFFILANA-PORCHECESE |
X 344395 Y 4635203.3 |
41° 51' 12,4009'' N 13° 07' 31,6018'' E |
1296 |
|
|||
CAMPANIA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
PUNTA MEZZOGIORNO |
NA |
PIMONTE |
X 459627.6 Y 4500914.6 |
40° 39' 29,1899'' N 14° 31' 20,6995'' E |
870 |
|
|||
BASILICATA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
TIMPA MEZZOGIORNO |
PZ |
SAN COSTANTINO ALBANESE |
X 607984.8 Y 4436955 |
40° 04' 33,4077'' N 16° 15' 59,1923'' E |
600 ca. |
|
|||
CALABRIA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
TIMPA DI MEZZOGIORNO |
CS |
ORSOMARSO |
X 576990.2 Y 4407262.4 |
39° 48' 42,6827'' N 15° 53' 58,1269'' E |
693 |
|
|||
TIMPONE GROTTA DI MEZZOGIORNO |
CZ |
SIMERI CRICHI |
X 642218.2 Y 4308955.4 |
38° 55' 04,7736'' N 16° 38' 25,6528'' E |
319 |
|
|||
SICILIA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
PIZZO DEL MERIO |
PA |
CARINI |
X 337574.1 Y 4222348.9 |
38° 08' 03,8161'' N 13° 08' 48,0496'' E |
935 |
|
|||
ROCCA DI MEZZOGIORNO |
PA |
CACCAMO |
X 386558.2 Y 4197555.2 |
37° 55' 06,5172'' N 13° 42' 33,7223'' E |
1048 |
|
|||
COZZO MERIGGIO |
PA |
MONREALE |
X 354815.8 Y 4190540 |
37° 51' 02,7402'' N 13° 20' 59,1604'' E |
788 |
|
|||
PIZZO MERIO |
TP |
CASTELLAMMARE DEL GOLFO |
X 307355.6 Y 4209283.3 |
38° 00' 38,8023'' N 12° 48' 20,2152'' E |
404 |
|
|||
COZZO MERIO |
EN |
AGIRA |
X 459267.1 Y 4155745.4 |
37° 32' 52,1152'' N 14° 32' 19,9535'' E |
286 |
|
|||
PIZZO MEZZOGIORNO |
CT |
BRONTE |
X 479057.4 Y 4183092 |
37° 47' 41,8415'' N 14° 45' 43,6590'' E |
1217 |
|
|||
SARDEGNA |
|||||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
|||
PUNTA MEZZODI' |
CA |
NEBIDA |
X 452554.2 Y 4351092.9 |
39° 18' 28,5397'' N 8° 26' 58,8597'' E |
352 |
|
|||
PUNTA DI MEZZODI' |
CA |
VILLAMASSARGIA CARBONIA |
X 464249.7 Y 4341777.1 |
39° 13' 28,3726'' N 8° 35' 08,9812'' E |
437 |
|
|||
BRUNCU MEZZODI |
NU |
OSINI-TAQUISARA |
X 540754.9 Y 4410678.4 |
39° 50' 42,5151'' N 9° 28' 34,9450'' E |
1044 |
|
|||
Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla
realizzazione di questa ricerca ed in particolare:
il bibliotecario Giovanni Anelli;
l'archeoastronomo Piero Barale, di Cuneo;
l'architetto Silvana Barezzi, di Cuneo;
l'operatore culturale della Val Venosta (BZ) Gianni
Bodini;
il sig. Gian Marco Barali, sindaco di Acceglio (CN)
nel 1999;
la sig.ra Teresa Battisti, dell'Istituto Culturale
Mòcheno di Palù del Fèrsina (TN);
l'ex reggente del C.A.I. di Bolzaneto (GE) Piero
Bordo;
il dott. Fabio Chiocchetti, direttore dell'Istitut
Cultural Ladin di Vigo di Fassa (TN);
l'anonima guardia campestre della Magnifica Comunità
di Fiemme (TN);
il dott. Kristian Kollmann, già collaboratore dell'Archivo
Provinciale di Bolzano;
la sig.ra Rosina Iobstraibizer Immoltrer, di Fierozzo
(TN);
il sig. Ottavio Laner, di Frassilongo (TN);
la dott.ssa Rosanna March, bibliotecaria pro tempore
dell'Istitut Cultural Ladin di Vigo di Fassa (TN);
il ricercatore dell’I.I.S.L. Bruno Olindo †
la sig.ra Uliva Palauro, di Frassilongo (TN);
il parroco di Cremeno (GE);
l'archeologa Ariella Pennacchi;
la famiglia Pilotto di Acceglio (CN);
Il sindaco di Pamparato (CN);
il sig. Leo Toller, dell'Istituto Culturale Mòcheno di
Palù del Fèrsina (TN);
il sig. Michael Trocker, albergatore di Siusi (BZ);
lo storico della musica Mauro Viberti, di Pamparato
(CN).
·
De Santis Henry
(2005) Montagne meridiane dell'Appennino
Ligure, in: Atti del VIII Seminario A.L.S.S.A. di Archeoastronomia, Genova.
·
Elter P.,
Pertusati P. (1973) Considerazioni sul
limite Alpi-Appennino e sulle sue relazioni con l'arco delle Alpi occidentali,
in: Memorie della Società Geologica Italiana, 12.
[1] Il presente lavoro è aggiornato alle ricerche condotte fino all’agosto 2007.
[2] Le parti scritte da De Santis sono: il catasto del Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE) e l’appendice finale contenente l’elenco delle montagne meridiane reperite sul Web; egli ha inoltre studiato i Bric di Mezzogiorno di Stellanello e di Cetta. Tutto il resto è opera di Codebò.
[3] Dove non altrimenti specificato, le coordinate geografiche sono desunte dalla cartografia dell’Istituto Geografico Militare Italiano I.G.M.
[4] L'antichità e l'importanza di Cremeno nel passato è testimoniata da documenti del XIII secolo (Alfonso 1994, pp. 160-161) ma il Cambiaso la ritenne assai più antica e originariamente soggetta alla pieve-parrocchia di S. Cipriano (Cambiaso 1907, pp. 80-82).
[5] Ricerca eseguita da Henry De Santis presso l’Archivio di Stato di Genova.
[6] Marrone, cioè castagne.
[7] Uno degli odierni nomi del sito.
[8] Proprietà del Monte di Mezzogiorno.
[9] Socio della sez. di Genova dell'I.I.S.L.
[10]
Codebò ringrazia
Ariella Pennacchi e Giovanni Anelli per averlo ospitato nella loro casa di
Bardonecchia ed averlo assistito in tutti i modi, sia logisticamente che
culturalmente, nello svolgimento di questa ricerca. Ad Ariella Pennacchi si
deve anche la segnalazione del Bric del Mezzodì nell'alta Valle di Rochemolles.
[11] Celeberrimo in tutto il mondo per avere dato origine al mito di Babbo Natale e attuale patrono di Bari che ne conserva le spoglie.
[12] Si ringraziano Gianni Bodini e la redazione di Arunda per avere gentilmente concesso la pubblicazione di queste immagini tratte dal n. 59 della rivista.
[13] Il Monte Sole, sul versante settentrionale della Val Venosta.
[14] Il testo di questo capitolo 6.7 è estratto, con piccole modifiche, dall’articolo Archeoastronomia in Val di Fassa, di M. Codebò, pubblicato nella “Rivista Italiana di Archeoastrronomia”, IV, 2006.
[15] Toponimi ed oronimi sono tratti dalle Carte Tabacco 1:25000 nn. 6 e 14.
[16] Questa informazione è dovuta alla cortesia del dott. Fabio Chiocchetti e della dott.ssa Rosanna March.
[17] In Tito Livio: vere primo; in Catone Maggiore ed in Q. Orazio Flacco: primo vere. In entrambi i casi il significato è: “al principio della primavera”; da cui, in Italiano: primavera. Gli equivalenti vocaboli sono:
a) in Greco ’′εαρ, da un originario *ƒέσαρ con digamma;
b) in Indoeuropeo uesr;
c) in Sanscrito vasantah;
d) in Antico Indiano vasar.
Ciò dimostra come il vocabolo sia molto arcaico, in quanto presente nelle lingue antiche del ceppo indoeuropeo.
[18]
Nei fogli IGM 1:100000 la longitudine di M.
Mario da Greenwich è 12°27’08,40”E, mentre nella cartografia posteriore al 1950
sono adottati i dati dell’elissoide europeo 1950, in cui la longitudine di M.
Mario da Greenwich è 12°27’10,93”E.
[19]Sarebbe quanto mai opportuno uno studio approfondito su questi problemi topografici militari, magari sotto forma di tesi di laurea.
[20] Si noti che praticamente tutto l'arco alpino è popolato da popolazioni di lingua non italiana: Occitani, Patois, Walser, Ladini, Tirolesi, Mòcheni, Slavi!
[21] Queste notizie toponomastiche sono state raccolte grazie alla grande disponibilità della sig.ra Teresa Battisti che ha fatto da guida a Codebò ed alla testimonianza dei signori:
Rosina Iobstraibizer coniugata Immoltrer, di anni settantaquattro, Ottavio Laner, Uliva Palauro.