ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA

 

 

Pubblicato in: Atti del XV seminario A.L.S.S.A. di Archeoastronomia, Genova, 13-14 aprile 2013, pp. 146-151.

 

 

MISURAZIONE ASTRONOMICA DEI RUDERI DELLA CHIESA DI SANTO STEFANO AD ISOLA DEL CANTONE (GE)

 

Henry De Santis[1], Sergio Pedemonte[2]

 

 

Introduzione storica.

Isola del Cantone è il Comune più a Nord della Liguria, posto alla confluenza del torrente Vobbia nello Scrivia. La sua storia è legata alle vie che passavano sulle sponde dello Scrivia e che furono alternativamente utilizzate in vari periodi: sulla destra orografica nell’Età del Ferro, in Età Repubblicana Romana, nel periodo Longobardo e, successivamente, sino all’XI secolo; sulla sinistra orografica in Età Imperiale e dal XII secolo in poi.

L’antica chiesa di Santo Stefano, oggi purtroppo ridotta a rudere, fu costruita sulla sponda destra dello Scrivia, sul terrazzamento più antico del torrente, a quota 370 s.l.m., abitato nel Neolitico, nell’Età del Ferro ed in epoca Longobarda, come dimostrato dai reperti ritrovati e dalla toponomastica locale.

La chiesa, originariamente ricadente sotto la Diocesi di Tortona, è oggi ricompresa in quella di Genova e, si presume, che Santo Stefano sia stata la prima chiesa di Isola del Cantone, forse antecedente al secolo XII, posizionata poco sopra la strada principale (fig. 1).

 

 

 

                                                                                                                     

 

I ruderi attualmente visibili evidenziano un’abside - presumibilmente, in origine, di forma ottagonale - che parrebbe risalire al XIII secolo (vedi fig. 2).

 

 

 

 

 

 

Durante i lavori di ripulitura dell’area circostante (1986 – 1988) furono trovate un’ascia in pietra verde di tipologia Neolitica e dei tegoloni romani, oggi depositati presso il Museo Archeologico del Centro Studi Storici Alta Valle Scrivia. Il sito è quindi di accertata frequentazione fin dalla preistoria.

 

Senza una scavo stratigrafico che interessi le fondamenta e l’area prospicente l’edificio, non è però possibile stabilirne l’esatto periodo di costruzione, tuttavia, lungo la sponda destra dello Scrivia insistono dei toponimi longobardi, o di poco successivi, tipo Gazzo, Guardia, Guasone e Prodonno. Affermare, quindi, che esistesse una chiesa - fondata forse su qualcosa di preesistente dato che i tegoloni potrebbero indicare tombe a cappuccina o insediamenti tardo imperiali - a partire dai secoli X o XI non ci sembra un azzardo eccessivo.

 

Si presume che alla chiesa afferissero gli abitanti dei villaggi dei dintorni, quali Sciorba, Piancastello, San Lazzaro, Spinola, il Pagliaio, Noceto, Prodonno, Montecanne e Prarolo, sempre rimanendo in destra orografica dei torrenti Vobbia e Scrivia. E’ probabile che anche la vecchia Insula (attuale Cantone) e Campolungo fossero piccoli villaggi e che gli abitanti si recassero alle funzioni nella chiesa di Santo Stefano.

 

Fabrizio Benente[3] afferma che l’istituzione della Pieve entra in crisi nell’epoca degli insediamenti politici e militari dei castelli e che la vecchia unità di circoscrizione territoriale entra in contrasto con la Curtis, cioè l’area di giurisdizione del castello secondo Lamboglia nel XI – XIII secolo. In questo quadro la Pieve o rimane isolata o viene attratta dal castello. Non solo, Benente attribuisce importanza all’influenza dei Vescovi sui castelli mentre ritiene che i monaci controllino, creino e fortifichino i Burgi. In questo quadro storico si può inserire forse lo spostamento della Parrocchia da Santo Stefano a Montessoro e l’insediamento dei benedettini con la creazione del Borgo Nuovo, nonché la costruzione del castello Spinola tra il Vobbia e lo Scrivia.

Santo Stefano, pur declassata a cappella rurale, ebbe comunque diverse visite pastorali che la descrivevano, nel 1600, 1645, 1658, 1708 e 1787.

 

 

Misure astronomiche.

Dalle misure astronomiche, effettuate il 17.09.2011 con lo squadro sferico graduato a lettura diretta di 5’ centesimali, è stato determinato l’asse centrale della chiesa, la cui abside è orientata verso 89°08’, mentre la facciata sottende un azimut pari a 269°08’.

A fronte delle rispettive altezze di orizzonte, pari a 7°35’e 8°35’, le declinazioni sottese dalle due direzioni sono di 5°56’ e 5°24’, posizioni che il sole raggiunge intorno al 03/04 aprile e 08/09 settembre.

 

Poste tali risultanze, l’edificio è orientato, quasi esattamente, nella direzione cardinale E-W, tuttavia data l’elevazione delle montagne sull’orizzonte visibile, in entrambe le direzioni, possiamo escludere che la chiesa sia stata impostata in maniera tale da essere illuminata internamente dal sole - sorgente o tramontante - nei giorni degli equinozi.

Tantomeno, in quei giorni si festeggia la ricorrenza di Santo Stefano o di un santo ad esso collegato (vedi figure 3 e 4).

 

 

 

 

 

 

Per esclusione, un tale orientamento, se si considera anche la complessa orografia del territorio, dimostrerebbe l’applicazione “alla lettera” delle linee guida dettate dal Concilio di Nicea e dalle Costituzioni Apostoliche - che prevedevano il criterio del Versus Solem Orientem - e potrebbe esser quindi stato determinato mediante l’uso di tecniche “strumentali”, quali il cerchio indiano o, più semplicemente, con l’utilizzo di uno “gnomone”, infisso verticalmente nel terreno al culminare del sole al mezzogiorno vero locale.

 

 

Appendice (di Sergio Pedemonte)

 

La Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo

 

Nelle Memorie della Chiesa Parrocchiale di San Michele di Isola, compilate da Don Gio Batta Moresini e dai suoi successori a partire dal 1859, si legge che nell’Archivio il libro più antico riguarda gli atti di nascita e di battesimo del 1600.

Ma il primo documento che attesta i diritti del monastero clusino sulla chiesa e cenobio di San Michele di Campo (l’attuale Isola) è del 1154[4], mentre una bolla di Innocenzo III del 1216, la pone in Diocesi di Tortona. Successivamente Innocenzo IV, Sinibaldo Fieschi, il 26 febbraio 1245 confermò tali diritti e la sua appartenenza alla Diocesi tortonese che durò fino al 1248. Nel 1650 iniziarono i lavori all’edificio che assunse i caratteri attuali prolungandosi di circa un terzo. La ristrutturazione non interessò l’abside e forse il nuovo edificio mantiene ancora numerose parti del precedente perchè costruito su quello più antico (in molti casi il vecchio, contenuto all’interno del nuovo, era demolito solo quando quest’ultimo era terminato). Prima dei restauri del 1978 la vetrata sull’abside era molto più scura con una parte trasparente al centro: la luce pertanto veniva concentrata maggiormente in un punto. Tra l’altro quella vetrata rappresentava, e anche oggi rappresenta, proprio il Sole con i suoi raggi. Se volessimo costruire un rudimentale calendario solare dovremmo chiudere la finestra sull’abside e praticarvi un solo piccolo foro: il raggio di luce sarebbe ben più visibile e traccerebbe sulla parete della chiesa rivolta a Sud-Ovest, all’alba, un’impronta in un determinato punto diverso ogni giorno dell’anno. Nel nostro caso al solstizio d’estate, quando la traiettoria del sole è maggiormente verso Nord, in chiesa vediamo il raggio cadere nello spigolo Sud Ovest (a destra entrando), viceversa negli equinozi lo troviamo nello spigolo opposto. Secondo Mario Codebò e Henry De Santis, che hanno effettuato le misure, l’abside della Chiesa Parrocchiale sottende una declinazione solare odierna di 14°56’ (rilevazioni effettuata il 20 agosto 2011). Essa è raggiunta dal Sole l’01/05 e il 12/08; inoltre l’orizzonte “vero” è dato dal profilo Monte Cagnola - Monte Gazzo: pertanto tenendo conto di questi fattori, il Sole sorge in asse alla chiesa il 1° maggio e il 12 agosto. Se ne deduce che l’edificio potrebbe essere stato iniziato e impostato proprio un giorno d’agosto di un anno intorno al 1650 in occasione dell’anniversario della donazione dei Corpi Santi (principale festa religiosa isolese) avvenuta l’8 agosto 1629 da parte del Feudatario Gerolamo Spinola fu Antonio, che oggi si festeggia la seconda domenica d’agosto. L’azimut dell’abside è 81° 54” mentre quello della facciata è 261° 54”.

 

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[1] info@archaeoastronomy.it; www.archaeoastronomy.it

[2] sp27850@alice.it; www.sergiopedemonte.it

 

[3] Fabrizio Benente (a cura di), L’incastellamento in Liguria (X-XII secolo), Atti della giornata di studi, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Rapallo, 26 aprile 1997.

[4] Cancia P, Casiraghi G., Vicende, dipendenze e documenti dell'Abbazia di S. Michele della Chiusa, Deputazione Subalpina di Storia Patria, CCX, 1993.