ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA

 

 

Pubblicato in: Atti del I Congresso Nazionale della Società Italiana di Archeoastronomia, La Serigrafica s.r.l., Buccinasco (MI), febbraio 2003, pp. 36-44.

 

 

STUDI DI ARCHEOASTRONOMIA NEL GENOVESATO

 

Mario Codebò, Henry De Santis

 

 

Summary.

In this article of territorial archaeoastronomy we refer our studies about nine places, in the Province of Genoa, which may have astronomical orientations and two which have ethnoastronomical importance.

The most important results are the setting in a row of the Benedictian churches and the likely identification of the site of the castle of the viscount of Genoa Ydus Carmandini.
 

 

Introduzione.

Nel presente lavoro abbiamo raccolto i risultati di rilievi archeoastronomici su strutture di varie epoche e destinazioni, caratterizzati dalla comune ubicazione nel territorio dell’attuale Provincia di Genova, un tempo della Repubblica marinara. A parte quest’ultimo, il criterio che ci ha guidato è stato quello dell’archeologia del territorio, ossia la catalogazione delle emergenze indipendentemente dalla loro appartenenza cronologica, pratica e culturale, in vista di future analisi archeologiche dettagliate. Questo metodo – di consolidata tradizione, tra l’altro, proprio nell’Istituto Internazionale di Studi Liguri – consente la stesura di vere e proprie mappe delle emergenze archeologiche (come la C.E.S.A. (1) della Regione Liguria), cui auspichiamo i nostri lavori possano contribuire per l’aspetto archeoastronomico.
Per carenza di spazio editoriale abbiamo rinunciato a pubblicare, come nostra costante abitudine, i dati sui quali i calcoli sono stati effettuati, saltando direttamente ai risultati. Di questi ultimi discuteremo brevemente nella conclusione. I dati omessi sono tuttavia a disposizione di chi li desiderasse.

 

Termine della Tavola di Polcevera (foto n. 1).

Lat. 44°30’33”N; long. 8°49’43”E; q. m. 834 s.l.m. [I.G.M.I. 1:25000]

Foto n.1 (Foto Henry De Santis).

 

Posto in località Prato del Gatto, in una radura facilmente accessibile dalla strada provinciale dei Piani di Praglia, è ritenuto (Boccaleri 1989; 1993) l’unico superstite dei quindici cippi confinari eretti nel 117 a.C. su sentenza del Senato Romano dirimente la contesa di proprietà tra i Ligures Viturii Langenses ed i Ligures Genuati, fissando dettagliatamente i confini dell’agro privato e dell’agro pubblico. Tale sentenza fu incisa sulla tavola bronzea ritrovata nel 1506 nel greto del torrente Pernecco a Pedemonte di Serra Riccò (Ge) dall'agricoltore Agostino Pedemonte. Oggi la tavola è custodita nel Museo Archeologico di Villa Durazzo Pallavicini a Genova Pegli.

Nella ricognizione effettuata da noi il 22/04/00 è stato misurato, con lo squadro sferico graduato a lettura diretta di 0,05g, l’asse maggiore del termine (che è di forma grossolanamente paralleloipipedale), ottenendo AaM 218,69°<->38,98°, con, rispettivamente, ee.qq.mm.±2,24°<>0,21, hv 1,89°<>1,36° e decl.M -32,2°<> +34,80°.

L’azimut dell’asse minore è stato dedotto ortogonalmente a quello maggiore: 308,69°<->128,98°. Poiché in tali direzioni le altezze osservate sono, rispettivamente, ho 4° e ho 0°, ne risultano sottese le declinazioni +28,85° e –27,71°.

In base alla formula di Laskar (Meeus 1998, pp. 147-148), nel II secolo a.C. le declinazioni estreme che la Luna raggiungeva ogni 18,61 anni erano ±28,85°, esattamente (e curiosamente!) pari alla declinazione sottesa dall’azimut 308,69°. Il termine, perciò, sembra avere l’asse minore orientato in questa direzione, ma con due incertezze:

1) una differenza di 4,48° tra i valori d’azimut misurati per l’asse maggiore, che impone la ripetizione delle misure con la massima accuratezza;

2) la casualità o l’intenzionalità dell’orientamento Lunare, che non può, al momento, essere valutata statisticamente.

Temiamo che questa incertezza sia destinata a restare per sempre tale, data l’unicità dell’ortòstato, a meno che in futuro non vengano trovati altri termini della Tavola di Polcevera, le cui accurate misurazioni d’azimut possano fornire dati a quel calcolo delle probabilità che ora risulta impossibile.
 

 

Petroglifo orientato dell’Osteria delle Baracche (foto n. 2).

Lat. 44°26’35,27”N; long. 8°56’08,40”E; q. m. 440 s.l.m. [I.G.M.I. 1:25:000]

Foto n.2. (Foto Henry De Santis).

 

L’Osteria delle Baracche, presente nell’omonima località sulle alture settentrionali di Genova da tempi molto antichi, secondo gli attuali proprietari era un fabbricato adibito a ristorazione già nove generazioni fa.

La zona fu teatro di battaglie tra Genovesi ed Austriaci nel XVIII secolo, come dimostrato dai resti di imponenti trinceramenti ancora visibili nei dintorni del fabbricato, adiacente ai forti Sperone e Puìn. Nelle immediate vicinanze si riscontrano anche ruderi di postazioni antiaeree della seconda guerra mondiale con relativa strada di servizio.

Inciso su un lastrone di pietra facente parte di un muretto antistante il fabbricato, il petroglifo cruciforme, riconosciuto e segnalato originariamente da Giuseppe Novelli, ha i quattro “bracci” orientati sui punti cardinali magnetici ed un quinto “braccio” verso 162° magnetici. (Codebò 1997c, p. 742; 1999 fig. 3/c).

L’incisione, data la finezza dei solchi (che, composti da due linee parallele per ogni “braccio”, fanno assumere al manufatto una forma di croce) sembra fatta con un oggetto acuminato e sottile.

Per accertarci del suo effettivo orientamento si è proceduto alla misura astronomica il giorno 19/08/1998, ottenendo i seguenti risultati:

1) Asse E-W: Aa 079,58° <>259,58°; hv 1,60°<>9,79°; decl. 7,41°<>0,47°

2) Asse N-S: AaM 173,02° (con e.q.m. ±1,21°); hv –1,24°; decl. –46,35° (2)

3) Asse braccio laterale: Aa 154,54°; hv –1,24°; decl. –1,74°

Il petroglifo non ha, dunque, alcun orientamento significativo, apparendo la declinazione equinoziale del “braccio” W del tutto casuale. Degna di nota è la differenza tra valori d’azimut magnetici ed astronomici, che prova ancora una volta la necessità di eseguire sempre le misurazioni con quest’ultimo metodo.
L’orientamento magnetico verso i quattro punti cardinali ci induce a pensare che l’incisione sia stata eseguita in passato con la bussola.
 

 

Castelluzzo di Molassana (foto n. 3).

Lat. 44°27’26”,35N; long. 8°59’28”,21E; q. m. 304 s.l.m. [I.G.M.I. 1:25000]

Foto n.3. (Foto Mario Codebò).

 

Il Castello di Molassana, posto su di uno sperone roccioso che si affaccia sulla Valle del Bisagno e su parte della Valle del Geirato (Ge), era composto da una torre quadrata, da una torre centrale semicircolare (per l’esattezza: un quadrangolo con un lato ad arco di cerchio) e da una cinta di mura. Oggi queste strutture sono ancora visibili, anche se molto dirute.

Esso sorge probabilmente sul luogo di un antico castellaro (Mannoni, 1970-1971, p.13-14), il cui toponimo kastelà, successivamente mutato in Castelluzzo (Bazzurro et altri, 1974, p.52), è ancora presente alcune centinaia di metri più a levante, illustrando il ben noto fenomeno dello slittamento a valle del toponimo. A sostegno di questa ipotesi viene il ritrovamento di frammenti ceramici dell’età del ferro, databili intorno ai secoli V-VI a.C. (Mannoni, 1970-71, pp.3-26).Nella C.E.S.A. il castellaro pre-romano è, invece, ubicato poco più a SE (Regione Liguria 1991, p. 170 e carta 4.5).

Le sue funzioni probabilmente erano:

a intorno al sec. X fornire protezione dalle scorrerie dei Saraceni, data l’ampia visuale;

b nel periodo dal XII al XIII secolo garantire protezione notturna;

c in epoca più tarda (sec. XIV-XV) non si esclude un utilizzo nell’ambito delle lotte per il potere condotte dalla famiglia nobile Adorno. (Bazzurro et altri, 1974, pp.52-53 ).

La C.E.S.A. (Regione Liguria 1991, p. 170 e carta 4.5) lo definisce "...F8.Castelluzzo di Molassana. Castello alto-medioevale del Vescovo a controllo della Curia di Molassana e della strada da Genova a Piacenza per S. Siro di Struppa, nella sponda destra del [torrente] Bisagno...".

Lo studio dell’orientamento del sito è stato effettuato il 09/12/98, misurando la direzione del lato rettilineo N-S della torre semicircolare e risolvendo il teorema di Pothenot, date le condizioni meteorologiche avverse e quelle topografiche favorevoli.

I tre punti considerati sono stati: la sommità del Forte Sperone (lat. 44°26’30”N; long. 8°55’52,08”E; q. m. 507); il Forte Diamante (lat. 44°27’43”N; long. 8°56’22,64”E; q. m. 672); la cima del Monte Alpe (lat. 44°29’11,35”N; long. 9°00’21,87”E; q. m. 800).

Le coordinate sono state estratte dalla C.T.R. 1:50000 della Regione Liguria.

Dai calcoli sviluppati l’azimut cercato è risultato pari a 12,85°<->192,85° e gli angoli ortogonali relativi agli altri due lati della torre 102,85° <-> 282,85°. Il quarto lato è un semicerchio.

Le altezze ho e le conseguenti declinazioni relative agli azimut sono:

Azimut 012,85° => ho 7° => decl. +50,11°.

Azimut 192,85° => ho 1°30’ => decl. –43,50°.

Azimut 102,85° => ho 2° => decl. –8,30°.

Azimut 282,85° => ho 3°15’=> decl. +10,90°.

Le declinazioni ottenute non denotano alcun intento costruttivo inerente la direzione del sorgere od il tramontare di Sole o Luna.
Certamente la struttura è stata edificata in tale posizione in virtù di un compromesso tra il settore di visibilità disponibile ed il poco spazio edificabile che offriva la conformazione rocciosa, per di più soggetta a movimenti franosi.

 

 

Presunto circolo megalitico – Rovegno (foto n. 4).

Lat. 44°35’30”N; long. 9°17’30”E; q. m. 800 s.l.m. [Coordinate stimate su I.G.M.I. 1:25000]

Foto n.4. (Foto Henry De Santis).

 

Complessa ed enigmatica struttura (un presunto cromlech ed una pietra-altare) sita in località Il Poggio, ai margini di una paleofrana molto estesa, di cui sono stati utilizzati i massi. L’ipotesi più probabile è che ne sia stata liberata un’area circolare di m. 20 x 16, mentre un parallelepipedo squadrato di m. 1,60x0,60x0,50 sarebbe stato collocato in posizione soprastante e dominante in funzione di altare. Si congettura che il complesso possa risalire all’orizzonte culturale megalitico (Priuli e Pucci 1994, p.145). I nostri rilievi astronomici si sono dimostrate molto incerti a causa delle condizioni ambientali ed impongono nuove misurazioni.
 

 

La Benedicta (AL) (foto n. 5).

Lat. 44°33’52,70”N; long. 08°46’38,98”E; q. m. 694 s.l.m. [I.G.M.I. 1:25000]

Foto n.5. (Foto Henry De Santis).

 

Dall'XI al XVII secolo pare fosse monastero benedettino lungo l'importante percorso che, staccandosi dalla via consolare Postumia poco oltre Pons ad Decimum (oggi Pontedecimo), conduceva, attraverso i Piani di Praglia e le Capanne di Marcarolo ad Aquae Statielle (oggi Acqui Terme). Nel sec. XVII diventò una proprietà della famiglia nobile Spinola con probabili funzioni di postazione stradale (depositi, magazzini, stalle, alloggi) sul tipo della mansio romana (studi in corso): è questo l’edificio che leggiamo tutt’oggi. Nel 1944 fu teatro di una violenta battaglia tra partigiani e truppe tedesche e fu rasa al suolo (per maggiori dati storici vedere sul sito http://www.isral.it). Oggi ne sopravvive solo il perimetro rettangolare e parte dei muri orientali.

Pur appartenendo oggi alla provincia di Alessandria, l'abbiamo inclusa in questo nostro lavoro perché da sempre appartenente all'area culturale e tradizionale genovese.

Vi abbiamo effettuato due campagne nei giorni 18/11/1998 (con squadro sferico graduato) e 21/04/2000 (con squadro sferico graduato e teodolite Meopta T1c 605-05), effettuando quindici misurazioni sui quattro muri perimetrali e ottenendo le seguenti misure medie dei due assi:

1 E-W: AaM 056,96°<>237,61° (e.q.m. ±0,29<>0,95); hvM 1,77°<>7,47° (e.q.m. ±0,21<>0,7); decl.M 24,15°<>-16,68° (e.q.m. ±0,27<>0,87).

2 N-S: AaM 327,16°<>148,48° (e.q.m. ±0,91<>0,33); hoM 10,48°<>11,44° (e.q.m. ±2,47<>0); decl.M 46,17°<>-27,13° (e.q.m. ±2,58<>0,13).

Non si riscontrano, dunque, allineamenti significativi, benché verso E la declinazione sottesa si avvicini, per eccesso, a quella del Sole al solstizio d’estate e verso S, per difetto, alla minima stazione Lunare. Certamente ciò è dovuto alla destinazione sostanzialmente pratica dell’edificio seicentesco ma non possiamo escludere a priori che probabili architetture sottostanti più antiche pertinenti al monastero, al momento sepolte sotto le macerie, avessero più precisi orientamenti.
 

 

Il Cenobio di S. Tommaso – Rapallo (foto n. 6).

Lat. 44°21’38,11”N; long. 9°12’00”E ; q. m. 75 s.l.m. [I.G.M.I. 1:25000]

Foto n.6. (Foto Henry De Santis).

 

I ruderi del Cenobio, posti in località Santa Maria del Campo, rispecchiano ancor oggi lo splendore dello stile romanico che ne caratterizzava la struttura a due navate (una per gli uomini ed una per le donne ed i bambini, secondo l’uso medioevale).

Secondo lo storico Arturo Ferretto il monastero fu fondato intorno al 1160, e pare che fosse considerato una cappella senza cura d'anime, affiancata alla parrocchiale di Santa Maria del Campo e ospitante in certi periodi dell'anno le monache benedettine del convento di S. Tommaso di Genova (oggi scomparso per far posto alla stazione marittima nel XIX secolo). Nel 1582 il visitatore apostolico Mons. Vincenzo Bossio ordinò che il monastero fosse sconsacrato e venduto, e poiché nel 1597 non furono reperiti i fondi per l'improrogabile restauro, l’arcivescovo di Genova Mons. Matteo Rivarola, decretò che i suoi beni fossero alienati per permettere l’esecuzione di ristrutturazioni in Santa Maria del Campo, destinandolo così alla lenta distruzione (Bacigalupo, Benatti, Carta 1999, pp. 71-74). La C.E.S.A. lo definisce: "...S3. S. Tomaso. Ruderi di chiesa romanica su altura a coltura agricola..." (Regione Liguria 1991, p. 178 e carta 4.10).

I nostri rilievi astronomici del 29/05/1999 hanno dato i seguenti risultati: AaM 97,33°<>277,33° (e.q.m. ±0,62); ho M 6,96°<>10,16° (e.q.m. ±0,62<<0,5); decl. –0,33°<>12,30°.

L’asse della struttura, quindi, non giace sull’equinoziale ma punta, dal lato dell'abside, nella direzione in cui sorge il Sole agli equinozi. Se ne deduce che l'orientamento fu ottenuto con “l'osservazione” dell'alba e non con l’uso di strumenti.

Per confronto, rammentiamo che, invece, la chiesa di S. Lorenzo ai Monti (SP) (Bonòra, Calzolari, Codebò, De Santis 1999, pp. 285-292) giace esattamente sull'asse E-W, ma non mira al punto preciso da cui sorge il Sole agli equinozi, perché è deviata a S di alcuni gradi a causa dell'altezza dell'orizzonte visibile. Questa chiesa, pertanto, fu evidentemente orientata "strumentalmente", probabilmente utilizzando l'ombra di uno gnomone.

L'azimut astronomico reciproco medio 277,33° (con hoM 10,5° ed e.q.m. ±0,5), invece, sottende la declinazione che il sole assumeva allora (3) nei giorni 19-18/04 e 12-11/08 del calendario giuliano. Potrebbe quindi essere, ma con scarsa convinzione, un orientamento verso la festa di S. Lorenzo martire.

Le monofore laterali non descrivono orientamenti particolari.

Con S. Tommaso di Rapallo, S. Eugenio di Bergeggi (Bonòra, Calzolari, Codebò, De Santis 1999), S. Michele di Noli (Bonòra, Codebò, De Santis, Marano Bonòra 2000) ammontano fin’ora a tre le chiese benedettine liguri da noi misurate: tutte sono risultate astronomicamente orientate.
 

 

Monastero di Santa Maria in Valle Christi – Rapallo (foto n. 7).

Lat. 44°21’23,51”N; long. 9°12’10,65”E; q. m. 18 s.l.m. [I.G.M.I. 1:25000]

Foto n.7. (Foto Henry De Santis).

 

L’edificio era un imponente monastero femminile di clausura, edificato dall’ordine cistercense tra la fine del secolo XII e l’inizio del XIII, su donazione di due nobildonne genovesi. Alle dirette dipendenze della Santa Sede, ospitò la preziosa reliquia di San Biagio, poi conservata fino ad oggi nella Basilica di Rapallo.

Il complesso fu abbandonato per decreto 3 ottobre 1568 di Papa Pio V, che ne dispose la chiusura. Fu infine venduto all'asta "con li beni e claustro" a tale Nicolò Bardi. Già nel 1688 era del tutto disabitato (Bacigalupo, Benatti, Carta 1999, pp. 65-70). La C.E.S.A. lo classifica: "...S2. alle Christi. Resti di monastero tardomedioevale in fondovalle bonificato..." (Regione Liguria 1991, p. 178 e carta 4.10).

L’asse centrale della chiesa, misurato il 29/05/1999, risulta orientato nelle seguenti direzioni:

AaM: 101,56°<>281,56° (e.q.m. ±0,06<>0,06); hv 4,70°<>13,80°; decl.M sec. XII –5,36°<>17,95° (e.q.m. ±0,32<>0,48) (3).

La declinazione –5,26° era raggiunta dal Sole il 28/02 ed il 29-30/09, feste, queste due ultime, di S. Michele Arcangelo (in antico festeggiato in data 08/06. Crf. Bonòra, Codebò, De Santis, Marano Bonòra 2000) e S. Girolamo Dottore della Chiesa.

La declinazione +17,95° era raggiunta dal Sole il 04/05 ed il 26/07, feste, rispettivamente, di S. Monica, madre di S. Agostino, e S. Anna, madre della B. V. Maria. Trattandosi di un monastero fin dall’inizio femminile è possibile che si sia voluto deliberatamente orientare la chiesa verso il tramonto del Sole nella ricorrenza di queste due insigni Sante.

Sono state infine prese le altezze e gli azimut di tutte le monofore della struttura da tre punti di stazione differenti: il limite interno dell’abside, il limite esterno dell’abside (presunto transetto) e l’atrio della chiesa. L’unico dato interessante è la declinazione –23,43° fornita dalla finestra E della navata S che permetteva l’ingresso della luce del sole al solstizio d’inverno.

 

 

Bric di Mezzogiorno (foto n. 8).

Lat. 44°27’47”N; long. 8°55’11”E; q. m. 340 s.l.m. [I.G.M.I. 1:25000]

Foto n.8. (Foto Mario Codebò).

 

Il Bric di Mezzogiorno era già stato oggetto di un'indagine e di due segnalazioni (Codebò 1997a; 1997d), che però si limitavano, allora, alla semplice descrizione del sito: il meridiano, passante per la cima, attraversa a nord la località Castellazzo o Castellaro, dove si erge una casa, che sarebbe, secondo talune testimonianze orali raccolte localmente nel 1996 da E. Casini e M. Codebò, la più antica del paese e sede, nei secoli XVII-XIX, di una guarnigione militare.
Dalle successive nostre indagini storiografiche (AA.VV. 1870; Cambiaso 1907; Cappellini 1936; Odicini 1974) e toponomastiche (Pastorino 1967), risulta che nel sec. X venne ad abitare in Cremeno (in antico Ceremoen; nel medioevo Carmandinum, Carmadinum, Carmedinum, Carmainum) Ydo, vicecomes del comes Oberto, titolare della Marca Obertenga, cui Genova (allora chiamata Janua) apparteneva. Dalla località il vicecomes trasse il cognome Carmandinus.
La sua presenza a Genova sarebbe attestata nel 952 dall'atto di possesso di una vigna presso la chiesa di San Siro (Cambiaso 1907, p.14; AA.VV. 1870), mentre da due atti notarili - uno dell'aprile 1020 e l'altro del settembre 1026 - risulta che suo nipote Vido II, detto anche Ido, Idone, Ingo, rispettivamente donò e vendette terreni al monastero di S. Stefano. Entrambi questi atti furono rogati "...infra castro Carmandino...".

In sostanza, l'avìto castello dei Carmandino era in Cremeno e Don Cambiaso riteneva che esso fosse ubicato proprio nella località Castellaro, la stessa dove noi abbiamo misurato passare il meridiano del Bric di Mezzogiorno.

Ricerche condotte da De Santis all'archivio di stato di Genova, hanno permesso di accertare che già o ancora nei catasti del 1798, chiuso nel 1814 (ASG – Fondo catasti - n. registro generale 12), e del 1831 (ASG – Fondo catasti - n. registro generale 13) erano usati i toponimi "castellaro", "monte di mezzogiorno", "monte di mezzo giorno", "monti di mezzogiorno", "monte mezzano", come pure – unici riportati nell’attuale cartografia IGM - "monte cucco" e "montecucco".

Ci pare perciò probabile che il Bric di Mezzogiorno fosse la cima sulla verticale della quale si vedeva il Sole culminare a mezzogiorno dal castello dei Visconti Carmandino e riteniamo altresì che la nostra ricerca corrobori tendenzialmente l'ipotesi identificativa del Cambiaso.

Un'ulteriore conferma ci arriva da altri orònimi del mezzogiorno - di prossima pubblicazione - nell'odierna provincia di Cuneo, nei quali i siti a nord sul meridiano sono in due casi castelli ed in uno la grangia di una certosa: mai villaggi contadini, ma sempre abitati per così dire "colti".

Quanto sopra è confermato ed integrato (con il riconoscimento, nello stesso sito, di un preesistente castellaro  protostorico) dalla C.E.S.A.:"...F7. - Castellaro di Cremeno. Insediamento arroccato preromano ed altomedioevale a tutela della Strada proveniente da Genova per Granarolo e Begato e diretta a Tortona, per Mòrego-Bocchetta o passo della Vittoria..." (Regione Liguria 1991, Relazioni p. 170 e CTR 4.5).

 

 

La Prïa du Diaü (foto n. 9).

Lat. 44°39’N; long. 9°00’E; q. m. 700 s.l.m. [I.G.M.I. 1:25000]

Foto n.9. (Foto Mario Codebò).

 

Questo spuntone naturale di roccia (il cui nome, in dialetto ligure, significa: Pietra del Diavolo), ergentesi una decina di metri sopra la piatta campagna circostante nella frazione Piazzo del Comune di Isola del Cantone, è da tempi remoti usato dai contadini locali per determinare le ore del giorno in base all’ombra proiettata sui campi circostanti. Costituisce un esempio ancora vivo di etnoastronomia, tramandata oralmente di generazione in generazione, che non è stato purtroppo possibile approfondire. Temiamo che, con la scomparsa degli ultimi anziani (come nel caso del Bric di Mezzogiorno e della comunità imperiese di Carnino), queste preziose tradizioni vadano irrimediabilmente perdute.

 

La Pietra Cavallina.

Lat. 44°27’40”N; long. 9°12’45”E; q. m. 1077 s.l.m. [C.T.R. 1:50000]

E’ una roccia isolata e panoramica sul crinale WNW del M. Càucaso, nel Comune di Neirone. Da tempo ritenuta popolarmente una specie di altare pagano o preistorico (forse anche per un petroglifo incisovi), non presenta alcuno specifico allineamento astronomico. Infatti la visuale che da essa si gode spazia libera per quasi 360° e, pertanto, tutti i fenomeni significativi dei moti apparenti solare e Lunare sono visibili, senza, per altro, particolari "mire" artificiali.

 

 

La torre del castello di Torriglia (foto n. 10).

Lat. 44°31’22”N; long. 9°09’41”E; q.m. 854 [GPS Magellan 310; CTR 1:50 000]

Foto n.10. (Foto Henry De Santis).

 

Già abitata in epoca preromana e romana, Torriglia è un borgo appartenuto ai Feudi Imperiali fino al XVIII secolo e non alla Repubblica di Genova, nonostante la vicinanza e gli stretti rapporti. La sintetica successione cronologica dei dominii è la seguente: i monaci di Bobbio, poi il vescovo di Tortona nei secoli X-XII; i Malaspina nei secoli XII-XIII; i Fieschi nei secoli XIII- XVI; i Visconti e gli Sforza di Milano nel secolo XV; i Doria dalla celebre congiura dei Fieschi del 02/01/1547 fino al 1797; la Repubblica bonapartista fino al congresso di Vienna; il regno di Sardegna poi regno d’Italia.
Il castrum Turriliae è citato per la prima volta in un documento pontificio del 1153 con l’abbazia di Patrania (5) (Casale 1985, 1995; Stringa 1989, pp. 129-131).

La C.E.S.A. dà la seguente definizione: "...F2. Castello di Torriglia. Ruderi medioevali e d'Età Moderna, sull'antica strada da Genova per Piacenza o Tortona, dominante il borgo..."

La torre quadrata è certamente la parte più antica tra quelle oggi visibili, con il basamento in grosse pietre ben squadrate e bugnate. In vista dei prossimi lavori di restauro ne abbiamo misurato gli azimut e le declinazioni  degli assi, anche ai fini di un ottimale orientamento delle piante di scavo, con i seguenti risultati:

1) Asse N-S: AaM 14,84°<>194,54° (4) (e.q.m. ±0,2<>0,09); hv 11,3°<>0,26°; decl.M 54,4°<>-43,41° (e.q.m. ±0,06<>0,08).

2) Asse E-W: AaM 105,54°<>285,54° (e.q.m.±0,30); hvM 6,84°<>11,74° (e.q.m. ±1,87<>1,12); decl.M –6,62°<>19,14° (e.q.m. ±1,35<>0,77).
Il risultato più interessante è l’azimut dell’asse W, che sottende una declinazione molto vicina a quella della stazione intermedia positiva della Luna, che, nel secolo XI, era 18,42°. Nelle due direzioni E e W, come si deduce dai valori piuttosto alti degli errori quadratici medi delle altezze vere, l’altezza dell’orizzonte visibile è molto accidentata, variando anche di 1° in uno spazio brevissimo. Non avendo potuto salire sulla terrazza della torre a causa dei lavori in corso, siamo stati inoltre costretti ad accontentarci di quattro valori di ho (per ciascuna delle due direzioni) presi al suolo, in mezzo ad infrastrutture edilizie che rendevano molto problematiche le mire. E’ però rimarchevole che due altezze verso W (hv 11,24° e 10,23°) abbiano dato, rispettivamente, decl. 18,90° e 18,21°. Occorrerà attendere la fine dei lavori di restauro per una più precisa misurazione, ma fin d’ora si può dire che, di fatto, l’asse W della torre punta nella direzione in cui tramonta la Luna quando, ogni 6798 giorni, raggiunge la sua declinazione intermedia positiva. Sul significato di questo allineamento (che riteniamo casuale) discutiamo nelle conclusioni.
 

 

Conclusioni.

L'eterogeneità dei monumenti studiati non consente, ovviamente, conclusioni “globali”.

In generale, gli edifici "laici" sono risultati sostanzialmente privi di allineamenti, come era, del resto, prevedibile. Anche la torre del castello di Torriglia ci pare rientrare in questa condizione: un solo allineamento su quattro possibili ha elevatissime probabilità di essere casuale. Per di più la Luna alla sua stazione intermedia è il fenomeno astronomico meno frequente in archeoastronomia fin dalla preistoria, il meno "vistoso" ed il meno utile dal punto di vista crono-calendariale.

Il "termine della tavola di Polcevera" é, come già detto, unico e perciò non è possibile pronunciarsi sulla casualità o meno delle declinazioni sottese in assenza degli altri ortòstati, conditio sine qua non per concludere se il limes dell’ager publicus dei Ligures Viturii Langenses era astronomicamente orientato.

Il Bric di Mezzogiorno continua a rivelarci una ricca documentazione mano a mano che ne approfondiamo l'indagine, contemporaneamente inserendosi in una casistica tipologica che annovera altri consimili reperti delle Alpi sud-occidentali, fin'ora tutti senza eccezione orientati. Preannunciamo che, in questi stessi giorni di maggio 2002 durante i quali stiamo completando le correzioni delle bozze del presente poster, abbiamo individuato una seconda montagna-meridiana in alta Val Polcevera, della quale daremo conto dettagliatamente in un prossimo lavoro.

Con S. Tommaso di Rapallo ammontano a tre le chiese benedettine liguri da noi misurate: tutte si sono rivelate astronomicamente orientate. Pare dunque potersi dedurre, pur ancora nella scarsezza dlle testimonianze materiali raccolte, che quest'ordine religioso avesse, almeno nella nostra regione, una particolare attenzione a questi aspetti.

Più enigmatico appare il monastero di Valle Christi. Non è chiaro se gli orientamenti trovati siano casuali o meno. Da un alto, pur in numero di quattro-cinque, sono comunque pochi rispetto all’elevato numero di strutture (monofore, ecc.) potenzialmente orientabili. Dall’altro tre allineamenti “religiosi” rinvenuti hanno una certa coerenza con l’origine del monastero: S. Girolamo resse a Betlemme una comunità di monache che lo avevano seguito; S. Anna e S. Monica sono, come detto, due insigni figure del Cristianesimo femminile. Ma quante probabilità ci sono che su due direzioni opposte – qual è l’asse della chiesa – si possano sottendere contemporaneamente quattro festività religiose? Pochissime crediamo, a meno di sostenere che il luogo sia stato scelto proprio in funzione di ciò. Più probabilmente questi orientamenti sono casuali ed il monastero nacque senza speciali intenzioni astronomiche. In tal caso, però, dovremmo chiederci il motivo di quest’assenza: forse perché femminile fin dalle origini? Ovvero: possiamo concludere che, a differenza dei coevi monasteri maschili, quelli nati per accogliere comunità femminili escludevano la ricerca architettonica di allineamenti e fenomeni astronomici? La domanda – legittima - ci pare resti al momento senza risposta.
 

 

Ringraziamenti.

Ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito in qualsiasi modo all'esecuzione di questa ricerca ed in particolare: Ettore Bianchi, Edilio Boccaleri, Piero Bordo, Carlo Cipriani, Luigi Felolo, Alessandra Frondoni, i gestori dell'Osteria delle Baracche, Renato Lagomarsino, Tiziano Mannoni, Giovanni Mennella, Romano Nestori, Giuseppe Novelli, il personale dell'Archivio di Stato di Genova, Gian Luca Pesce, Giuseppe Poggi, Italo Pucci, Umberto Torretta.

Un ringraziamento particolarmente sentito:

1) al parroco di Cremeno, che ci ha prestato l'ormai introvabile libro di Don Cambiaso;

2) al comune ed al sindaco di Rapallo, che ci hanno fatto cortesemente omaggio del prezioso volume "Rapallo. Le pietre che parlano";

3) a Mauro Casale, vicesindaco di Torriglia e membro del nostro I.I.S.L. Sez. di Genova, che ci ha fatto dono dei suoi due libri citati in bibliografia.

 

 

Note ed abbreviazioni.

Per i calcoli ci siamo avvalsi delle Effemeridi Nautiche e delle Tavole Nautiche dell’Istituto Idrografico della Marina Militare Italiana I.I.M. ed abbiamo seguito le procedure descritte in Codebò 1997 b, p. 41-109.

1) Significato dei simboli e delle abbreviazioni usate:
      C.E.S..A.: Carta delle Emergenze Storico-Archeologiche, Regione Liguria 1991, vol. 4.
      lat.: latitudine
      long.: longitudine
      q.m.: quota in metri sul livello del mare
      alfa: angolo misurato con lo strumento in gradi (quattro)centesimali, tra il reperto oggetto di  indagine ed il Sole.
      decl.: declinazione astronomica
      M: media dei valori
      e.q.m.: errore quadratico medio
      g: grado (quattro)centesimale
      ho: altezza osservata (altrimenti detta apparente e/o misurata)
      hv: altezza vera
      tm: tempo medio locale
      Amg: azimut magnetico
      Aa: azimut astronomico
      o.m.: orizzonte marino
      IGM: Istituto Geografico Militare Italiano
      CTR: Carta Tecnica Regionale della Liguria
 
2) Non è stato possibile misurare l’orientamento N.

3) Nelle declinazioni degli edifici religiosi, in cui può esistere l’orientamento verso la “memoria” del S. Patrono Titolare, abbiamo già effettuato la riduzione dell’obliquità dell’eclittica con la formula di Laskar (Meeus 1998, pp. 147-148)  e della data gregoriana a quella giuliana.

4) I due azimut N e S differiscono di poco tra loro perché è stato possibile misurarli separatamente anziché    ricavare uno dall’altro aggiungendo o sottraendo a quest’ultimo 180°, come siamo invece stati costretti a fare in altre occasioni, facilmente identificabili dal fatto che i due valori d’azimut sono perfettamente simmetrici.

5) Un’esauriente rassegna della storia del borgo è data nelle due eccellenti opere di Mauro Casale citate in bibliografia. E’ auspicabile che ogni centro storico trovi analoghi studiosi che sappiano raccogliere, conservare  e tramandare ai posteri il patrimonio culturale locale.

 

 

Bibliografia.

 

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