Circa due anni fa Pietro Bordo, conosciuto il mio interesse per l'archeoastronomia,
mi segnalò l'esistenza di un toponimo molto promettente proprio
nella nostra Valpolcevera.
Si trattava di una piccola collinetta a est di Brasile e a sud di Cremeno,
che la tavoletta IGMI 1:25.000 riporta con il nome di M. Cucco (q.m. 337
s.l.m.) e la Carta Tecnica Regionale (CTR) 1:50.000 con il nome di Bric
du Ventu (q.m. 340 s.l.m.), ma che la gente dei posto - sia di Manesseno
che di Cremeno - chiama Bric di Mezzogiorno.
Queste "meridiane naturali" sono numerose nell'arco alpino e sono pure
presenti - come nel nostro caso - in quello appenninico: sono le varie
cime e sassi "numerati" (undici, dodici, tre, ecc.), spesso in dialetto
(Sas del Meszdì, Sas Doudesc, ecc.), o con altri nomi analoghi.
La più famosa ed interessante di tutte è quella di Sesto
in Val Pusteria, dove ben cinque cime poste in sequenza - Nove, Dieci,
Undici, Dodici, Uno - indicano, rispettivamente, le ore 9.00, 10.00, 11.00,
12.00, 13.00 quando il Sole è sulla loro verticale (Innerebner,
1959; Arborio Mella, 1990, pp. 48-49). Se ne trovano anche, per citare
qualche esempio, in Vai di Fassa (Sas Da Le Undesc e Sas Da Le Dòudesc:
Sasso delle Undici e Sasso delle Dodici), nel massiccio dell'Orsiera (Punta
di Mezzodì), nella Val Troncea (Bric di Mezzogiorno) e nel M. Bianco
(Aiguille du Midì). Esse sono il metodo arcaico ma molto efficace
(e soprattutto preciso!) con il quale le comunità non tecnologiche
scandivano il tempo prima dell'avvento degli orologi meccanici. E se consideriamo
che i primi tra questi risalgono in Europa al XIII secolo d.C. (benché
siano menzionati un orologio meccanico cinese dell'XI secolo d.C. ed uno
donato nel VIII secolo d.C. a Carlo Magno dal sultano Harun al Rascid;
cfr. Arborio Mella, 1990, pp. 51-70), ci possiamo rendere conto di quanto
sia antica la tradizione delle "meridiane naturali". Esse anzi affondano
la loro origine nei megaliti della preistoria, quando le popolazioni neolitiche
e delle Età dei Metalli gettarono le basi del calendario (Codebò,
1993, pp. 30-31; 1994, pp. 811; 1996, pp. 2732; 1997; 1999).
In proposito G. lnnerebner, nel suo articolo del 1959, affermava, probabilmente
in maniera lungimirante, che l'assenza in Italia di grandi strutture megalitiche,
paragonabili a quelle del Nord Europa, può anche spiegarsi con l'utilizzo
dei monti quali allineamenti ed indicatori naturali, là dove la
loro assenza, tra le "piane" inglesi e brettoni (per citare le più
importanti), costringeva all'innalzamento di "mirini ed osservatorii artificiali".
Ai giorni nostri l'utilizzo di meridiane naturali è ancora attivo
presso alcune comunità agro-pastorali abbastanza integre, come per
esempio quella di Carnino nel basso Cuneese (Boccaleri, 1982, p. 283).
Nel 1996 finalmente Elisabetta ed io siamo riusciti a trovare il tempo
di recarci sul nostro Bric di Mezzogiorno. Attualmente l'unico reperto
archeologico visibile in superficie è una trincea scavata a zig
zag nel terreno per una decina di metri e che Piero Bordo attribuisce alle
guerre austro-genovesi dei XVIII secolo (un'altra è poco più
a monte, a quota m. 365 s.l.m., entro una proprietà privata).
Per il resto la cima è coperta da un bosco rado e parzialmente
invasa da rovi. Un'antica, ampia mulattiera, oggi in disuso, scende fino
all'abitato di Cremeno. Qui, interrogando una persona, ho avuto la sorpresa
di scoprire che ella chiama la collina Bric di Mezzogiorno, ma ignora il
motivo di tale nome: segno evidente - e temibile - che la memoria della
tradizione sta scomparendo.
Un motivo di ulteriore, particolare interesse è che la vetta
del bricco si trova lungo il tracciato di quella un tempo importante via
di transito che, uscendo a Granarolo da Genova, conduceva nella pianura
padana attraverso le Capanne di Marcarolo ed i passi della Bocchetta, dei
Giovi, di Crocetta d'Orero. Altro dato interessante, ma al momento di difficile
valutazione è che il nostro Bric di Mezzogiorno dista solo m. 750
dal l'insediamento, in origine di età romana tardorepubblicana (e
proseguito, con alcune fasi di abbandono, fino ai giorni nostri; cfr. d'Ambrosio,
1985 b, pp. 70-72), di Campora di Gemignano, con il quale si trova, probabilmente
per puro caso, sullo stesso meridiano e km. 3,750 da quello della seconda
Età del Ferro di S.Cipriano (d'Ambrosio, 1985 a, pp. 49-69) da qui
altimetricamente visibile. E che la zona fosse allora abitata e perciò
oggi archeologicamente importante ce lo conferma la famosa sentenza dei
fratelli Minucii incisa sulla tavola bronzea di Polcevera, notoriamente
rinvenuta nel 1506 ad Isola, km. 2,250 a NE del Bric di Mezzogiorno.
Al momento non è possibile dire di più; anzi gli accostamenti
sopra esposti sono anche troppo arditi perché non sostenuti da alcuna
prova, ma i dati posseduti stimolano ad ulteriori ricerche: sarà
opportuno indagare nei ricordi dei più anziani abitanti della zona
e tra gli archivi parrocchiali per inseguire il più possibile indietro
nel tempo l'età del Bric di Mezzogiorno.
Bibliografia
Arborio Mella F. (1990), La misura del tempo nel tempo, Hoepli, Milano.
AA. VV. (1995), La tavola di Polcevera, G Gallery Editrice, Genova.
Boccaleri E. (1982), Civiltà dei monti, Stringa, Avegno (Ge).
Codebò M. (1993), "I menhir di Torre Bastia", in Notiziario C.A.I. Bolzaneto, 11.
Codebò M. (1994), "Le cime, i profili, le ombre dei monti: calendari preistorici" in C.A.I. - Rivista della Sezione Ligure, 2.
Codebò M. (1996), "La pietra-fitta dei prati di S. Lorenzo", in R' ni d'àigura, 25.
Codebò M. (1997), "Prime indagini archeoastronomiche in Liguria", in Memorie della S.A.It., 1997.
Codebò M. (1999), "Archaeo-astronomical hypotheses on some Ligurian engravings", in Atti del Worldwide Congress of Rock Art News 95,Torino 30/8-6/9/1995.
D'Ambrosio B. (1985 a), "L' insediamento di S.Cipriano (Genova)" in Studi e Ricerche. Cultura del Territorio, 2.
D'Ambrosio B. (1985 b), "L'insediamento di Campora di Gemigniano, (Genova)", in Studi e Ricerche. Cultura del Territorio, 2.
lnnerebner G. (1959), "La determinazione del tempo nella preistoria
dell'Alto Adige", in Annali dell'università di Ferrara, N.S., sez.
XV,1,1.