Henry De Santis
Marco Greco
Archeoastronomia Ligustica
http://www.archaeoastronomy.it
 
Breve analisi archeoastronomica e storico-archeologica della chiesa di S.Maria Maddalena di Lavina (IM).
 

I ruderi del santuario di Santa Maria Maddalena, posti nel comune di Pieve di Teco (IM), si ergono su di un contrafforte montuoso soprastante la frazione di Lavina, alle pendici del Monte delle Valazze, con coordinate: lat. 44°01’15,41”N; long. 07°53’55,38”E e quota m. 704 (¹) (I.G.M.I. (²) 1:25.000 tavoletta Pieve di Teco 91 II SE) (foto nr.1).

 - foto nr.1-

La zona è già stata oggetto di studi da parte dello scrivente negli scorsi anni. (De Santis 2002, 2003).

Analisi storico-archeologica.
Le notizie storiche sull’edificio sono scarsissime. Da diverse fonti, tra cui il Lamboglia, si ha notiza della presenza in loco di un insediamento fortificato paleocristiano o altomediovale, una cui testimonianza potrebbe essere il sentiero con muri laterali “megalitici” che vi cinge parte del costone orientale, forse con funzione di cinta muraria.
Le stesse fonti affermano che i Provenzali nel 1270 avrebbero distrutto l’insediamento fortificato ed importato il culto della Maddalena. Con i dati di cui disponiamo oggi non possiamo né confermare né escludere l’esistenza di questo supposto insediamento paleocristiano se non addirittura di un “luogo di culto pagano”, sulle rovine del quale potrebbe esser sorto l’edificio eretto dai Provenzali nel XIII sec.. Pare anche che la chiesa avesse assunto funzioni di pieve per il circondario e che l’area fosse utilizzata come area sepolcrale fin da tempi antichissimi (De Moro 1988).

Le rovine attuali dell’edificio, a navata unica monoabsidata, sono il risultato della sovrapposizione di diverse unità stratigrafiche murarie (USM) riferibili ad un arco di tempo di centinaia d’anni, dalla fine del XIII sec all’epoca moderna.

Alle prime fasi edilizie sono seguiti, dopo breve tempo, ulteriori interventi architettonici.

Queste integrazioni e modificazioni sono da attribuire probabilmente ai costruttori-fruitori locali e sono probabilmente motivate anche dalla necessità di rinforzare e ripristinare l’edificio lesionato e minacciato dai movimenti del terreno e dal dissesto geologico, massicciamente presenti in questa zona, dai quali pare derivi il toponimo Lavina=slavina.
Il livello sul quale sono impostate le strutture infatti è in continuo movimento e le lesioni sono chiaramente visibili ancora oggi.
Un errore di valutazione sulla stabilità idrogeologica del sito, la consapevolezza di tale situazione e la rassegnazione dopo vari tentativi di consolidamento e ristrutturazione, potrebbe essere delle cause dell’abbandono dell’edificio.
Della fase più antica rimane visibile l’abside, soprattutto il cordolo di fondazione, parte della parete SUD e vari conci squadrati riutilizzati nelle fasi di rimaneggiamento successive. (foto n. 2).

- foto n. 2 -

I muri (PARAMENTI) visibili oggi sono stati innalzati a ridosso di quelli antichi con funzione strutturale statica ed in alcuni punti sono contigui, in altri distanziati leggermente. Nel secondo caso si nota tra alcuni muri un riempimento a sacco (EMPLECTON) avente funzioni di dare continuità e solidità alla struttura muraria nonché di coibentazione. Quindi le dimensioni esterne e il volume interno della chiesa sono sensibilmente mutate nel tempo.
Il tetto ha subito un crollo consistente e da esso emergono le travi della struttura lignea che sorreggeva la copertura in lastre litiche. La coesione di questi elementi strutturali, nel caso della Maddalena, determina la tipologia di tetto a “capanna”.
Probabilmente le cause del crollo sono da attribuire al peso considerevole delle strutture e al dissesto del terreno (scivolamento), oggettivamente evidenziato dalle crepe e dalle lesioni della tessitura muraria. (foto nr.3).

- foto nr.3 -

Esternamente, davanti all’ingresso, si trovano i resti di alcuni elementi architettonici che costituivano l’arco ogivale in arenaria.
L’arco a sesto acuto suggerisce una “datazione tipologica”riferibile al periodo gotico tra XIII e XIV secolo.
Dagli stipiti dell’ingresso sono state asportate le strutture sulle quali appoggiava l’arco, lasciato in sito probabilmente per il suo considerevole peso. (foto nr.4).

- foto nr.4 -

L’edificio ha poi subito interventi di discutibile qualità in epoca moderna.
E’ stato intonacato sia internamente che esternamente, forse anche per tamponare e coprire con malta e intonaco, peraltro di scarsa qualità, alcune lesioni.
Sono visibili alcuni affreschi nella zona absidale, anch’essi molto tardi, rappresentanti dei fiori rossi. (foto nr. 5).

- foto nr. 5 -

Nella zona a ridosso della volta absidale è emersa una pavimentazione costituita da ghiaia e malta battute. Solo uno scavo nell’intera area interna potrebbe chiarire se quella era la pavimentazione superficiale o solo la base livellata sulla quale appoggiavano materiali più pregiati.

Analisi astronomica.
L’analisi astronomica, effettuata in data 23.03.2003, con l’uso dello squadro sferico graduato a lettura diretta di 5’ centesimali e di una bussola prismatica Recta a lettura diretta di 1° sessagesimale e stima del ½°, ha preso in considerazione l’asse facciata-abside (W-E) con misurazioni effettuate su entrambi i lati dell’edificio:

Lato meridionale
1 tm 11h 56m 33s, angolo alfa 86,30g, ho 1°;
2 tm 12h 01m 14s, angolo alfa 88,55g, ho 1°;
Lato settentrionale
1 tm 12h 09m 54s, angolo alfa 92,65g, ho 30’.
2 tm 12h 12m 56s, angolo alfa 94,55g, ho 30’.
Tempi espressi in T.M.E.C.

Dai calcoli effettuati è emerso che l’azimut medio della struttura è 87°55’38”? 267°55’38” con e.q.m. ± 0°23’02”.
Le declinazioni medie sottese sono, rispettivamente, 1°31’50”, con e.q.m. ± 0°16’33, e 2° 29’15”, con e.q.m. ± 0°11’42”.
La declinazione ottenuta nel primo azimuth si avvicina con buona approssimazione alla direzione equinoziale.

Conclusioni.
Attualmente non è ancora stata fatta una vera e propria analisi stratigrafica degli elevati in maniera scientifica e metodologica. Questo lavoro è molto oneroso sotto tutti i punti di vista e comunque non sembra indispensabile o determinante in questo caso.
I diversi gradi di documentazione dovrebbero essere proporzionali all’interesse storico del complesso architettonico esaminato ed adeguati alle finalità dell’indagine (Brogiolo 1988).
Ad oggi possiamo affermare con relativa certezza che l’orientamento grossolanamente equinoziale dell’edificio risale alla prima macrofase di edificazione, in parte ancor oggi visibile, ed è dunque attibuibile alla fine del XIII sec.
La non perfetta corrispondenza dell’asse dell’edificio alla linea equinoziale potrebbe essere dovuta, oltre che a possibili errori di costruzione, allo spostamento - ancorchè minimo - di tutta la struttura a causa del dissesto geologico.

Oppure i costruttori si sono limitati ad edificare la chiesa senza orientarne la pianta con estrema precisione, a differenza di quanto veniva fatto da particolari ordini religiosi come i Benedettini di Lerins, che orientavano i loro edifici con grandissima cura, precisione e varietà d’intenti (Bonòra, Calzolari, Codebò, De Santis 1999, 2000, 2004; De Santis 2001).
Il fatto però che non siano mai state mutate drasticamente le dimensioni dell’edificio, nonostante oggettive ed impellenti cause statiche e che la sua pianta abbia sempre mantenuto lo stesso orientamento, porta a pensare che nel tempo si sia mantenuta la coscienza e la consapevolezza dell’orientamento equinoziale impostato in fase di edificazione.

Note ed abbreviazioni.
1. Le coordinate riportate sono riferite alle Tavolette I.G.M.I. in scala 1:25.000, con dati europei 1940.
2. Significato dei simboli e delle abbreviazioni usate:
I.G.M.I.: Istituto Geografico Militare Italiano.
T.M.E.C.: Tempo Medio Europa Centrale.
alfa: angolo misurato con lo strumento in gradi quattrocentesimali tra il reperto oggetto d'indagine ed il Sole.
e.q.m.: errore quadratico medio.
g: grado quattrocentesimale.
ho: altezza osservata o apparente.
tm: tempo medio locale.

Ringraziamenti.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno prestato il loro aiuto nella ricerca ed in particolare: Mario Codebò per i consigli datomi nella stesura del presente testo; i proprietari del ristorante-albergo “La Lavinella” di Lavina;  la signora Irene Garello e la signora Silvia Parigi De Canis di Lavina e tutte le fonti orali locali.

Bibliografia.
Bonòra V., Calzolari E., Codebò M., De Santis H. (1999). Gli orientamenti delle chiese del Caprione (SP) e dell'isola di Bergeggi (SV). In: Atti del XVIII Congresso Nazionale C.N.R. di Storia della Fisica e dell'Astronomia, Milano, pp. 285-292, http://albinoni.brera.unimi.it/Atti-Como-98.

Bonòra V., Codebò M., De Santis H., Marano Bonòra A. (2000). Gli orientamenti astronomici delle chiese di S. Michele e di S. Lazzaro a Noli (SV). In: Atti del XIX Congresso Nazionale C.N.R. di Storia della Fisica e dell'Astronomia, Milano, http://albinoni.brera.unimi.it/Atti-Como-99.

Bonòra V., Codebò M., De Santis H., Marano Bonòra A. (2004). Gli orientamenti astronomici delle chiese di S. Giulia e S. Margherita di Capo Noli (SV). In: Atti del II° Convegno S.I.A., Monte Porzio Catone (Roma) 27-28/09/2002.

Brogiolo Gian Pietro (1988). Archeologia dell’edilizia storica, Edizioni New Press-Como.

De Moro Gianni (1988). La Valle di Rezzo – Vol. 1 I tempi del quotidiano, Dominici Editore – Imperia 1988.

De Santis Henry (2001). Chiese benedettine nell'area culturale ligure, tradizione e continuità negli orientamenti archeoastronomici. In 3° Circolare A.L.S.S.A. settembre 2001, Genova.

De Santis Henry (2002). I petroglifi di Carpasio e Lavina (IM). In: R' nì d' àigüra, n. 37, Genova  pp. 62-63.

De Santis Henry (2003). La costellazione del Corvo su una roccia incisa: un'ipotesi di astronomia culturale. In: Atti del VI° Seminario A.L.S.S.A. di Archeoastronomia, Genova 08/03/2003.

I.G.M.I.. Foglio Pieve di Teco 91 II SE. Tavoletta 1:25.000.