Pubblicato in: Atti del XVI Congresso Nazionale C.N.R. di Storia della Fisica e dell'Astronomia, pp. 323-335, Como 24-25 maggio 1996.
 

Mario Codebò


USO DELLA BUSSOLA IN ARCHEOASTRONOMIA

 

1. Introduzione.

Come è noto, un rilievo archeoastronomico preciso ed attendibile richiede l'uso del teodolite per determinare gli azimut degli allineamenti e le corrispondenti declinazioni dei corpi celesti, come pure gli orientamenti delle piante di scavo; è usuale dire che la bussola è troppo imprecisa (massima precisione leggibile nei modelli prismatici: 30') ed inaffidabile (causa le anomalie della declinazione magnetica du) (Romano, 1991, pp. 23-29; 1992, pp. 54-57). Tutto ciò è certamente vero ed è fuor di dubbio che il rilievo astronomico, eseguito come sopra, è ottimale. Tuttavia l'esperienza mi ha dimostrato che la bussola, usata adeguatamente e soprattutto in circostanze proprie, può rivelarsi molto utile. Queste circostanze si compendiano fondamentalmente nel survey (e nella sua più specifica versione del site-catchment), ossia nella ricognizione di un territorio omogeneo allo scopo di registrarne serie di dati fra i quali le eventuali emergenze archeologiche (AA.VV., 1984, p.29; Cocchi Genick, 1993, pp. 28-29). E' ovvio che in tali circostanze, che implicano lunghi percorsi a piedi, spesso per terreni accidentati e resi vieppiù impraticabili dalla vegetazione, il trasporto a spalla di un pesante teodolite e la sua utilizzazione metodica non sono possibili. Un esempio concreto è dato dalla ricognizione sistematica di tutti i castellari liguri noti.

Nel seguito descriverò semplicissime procedure, utilizzabili anche dall'archeologo privo di specifiche cognizioni astronomiche, per utilizzare al meglio la bussola.

 

2. Il geomagnetismo ligure.

Le mie esperienze si sono svolte quasi interamente in Liguria, sede di due aree di anomalia magnetica: una molto più vasta (le serpentine e le peridotiti di Voltri) ed una molto piccola (a Lévanto, attualmente scomparsa) (Aubouin & Brousse, 1977, p. 476; Guarnieri Botti, 1980, p. 68, 72). Parte dei territori indagati - il Finalese orientale, tutta l'area del M. Béigua ed il Genovesato occidentale - si trovano entro i confini della prima. Questi confini, nel corso degli ultimi venti anni, si sono progressivamente ridotti (figg. nn. 1 - 2). Anche la declinazione magnetica, per il fenomeno della deriva occidentale (Guarnieri Botti, 1980, p. 60) che ha spostato la linea ànagona dalla longitudine di Matera nel 1973 a quella di Roma-Perugia-S. Marino nel 1985 (IGMI, 1974; 1988), si è oggi quasi annullata, per cui i dati ad essa relativi riportati in margine alle carte liguri dell'IGMI non sono più da tempo reali. Di conseguenza, anche operando fuori dall'area di anomalia, la declinazione va di volta in volta misurata. "Sul campo" del survey ciò si può ottenere misurando con la bussola, da un punto riconoscibile sulla carta, un congruo numero di azimut di punti anch'essi riconoscibili sulla carta: il confronto tra le misure magnetiche ottenute e quelle geografiche determinate sulla carta fornisce, con un'approssimazione sufficiente per gli scopi, l'importo della declinazione magnetica con il suo segno, come si vedrà in dettaglio più avanti. E non si deve neppure dimenticare che l'espansione urbana delle grandi città, come Genova, ha sensibilmente modificato il magnetismo locale.

 

3. La misurazione della declinazione magnetica du sul campo.

Questa semplicissima tecnica consiste nella sequenza di operazioni appresso indicata:

1) dal punto del quale si vuole determinare il valore di du e purché esso sia ben individuabile sulla carta topografica, si misurano gli azimut magnetici di una serie, la più numerosa possibile, di altri punti visibili e ben riconoscibili sulla medesima carta;

2) se ne effettua poi la media M1;

3) si misurano gli stessi azimut sulla carta topografica con il goniometro (azimut geografici);

4) anche di essi si effettua la media M2;

5) si sottrae la media degli azimut magnetici da quella degli azimut geografici;

6) la differenza ottenuta è la du cercata con il suo segno, nel luogo e nell'istante della misurazione, tenendo presente che se M1 < M2 allora la du è orientale (segno: +); se M1 > M2 allora la du è occidentale (segno: -).

Le operazioni dal n. 3) al n. 5) possono anche essere effettuate successivamente al tavolino, se le modalità del survey lo consentono.

Nelle seguenti tabelle sono riportati esempi di tali operazioni.

Tab. n. 1: Castellaro di M. Cao (o: M. Carlo)(GE),(Melli, 1984. pp. 139-140), 06/03/1994. Lat. 44°32'10"N; Long.8°55'21"E; Q.m. 551 s.l.m.
   

Tabella 1

 

Azimut

Geografici

Magnetici

Differenza

N.

M. Leco

001°30'

003°00'

-000°30'

(1

M. Taccone

328°00'

327°30' 

+000°30'

(2

Bric di Guana

292°00'

294°00'

-002°00'

(3

M. Pesucco

236°00'

237°30'

-001°30'

(4

M. Làrvego

207°00'

206°30'

+000°30'

(5

Bric Bastìa

108°30'

108°00'

+000°30'

(6

Pietralavezzara

081°00'

080°30'

+000°30'

(7

Q.m. 571 s.l.m.

058°30'

059°00'

-000°30'

(8

Media

164°03'45"

164°30'

-000°26'15,000"

 

 

[sigma]

 +\-1°00'48,890"


 

Tab. n. 2: Angolo SW del piazzale delle chiese di Verezzi (SV). Lat. 44°10'10"N; Long. 8°18'28"E; Q.m. 260 s.l.m.
   

Tabella 2

 

Azimut

Geografici

Magnetici

Differenza

N.

M. Grosso

267°00'

264°00'

+003°00'

(1

Cimitero di Borgio

234°00'

231°30'

+002°30'

(2

Media

250°30'

247°45'

+002°45'00,000"

 

 

[sigma]

+\-0°15'00,000"


 
Tab. n. 3: Complesso di M. Dalbuono (SV) (Codebò,1997c, 1999), 21/07/1995. Lat. 44°12'14"N; Long. 8°20'04"E; Q.m. 356 s.l.m.
   

Tabella 3

 

Azimut

Geografici

Magnetici

Differenza

N.

M. Carmo di Loano

252°30'

250°00'

+002°30'

(1

Q.m. 364,4 s.l.m.

094°00'

097°45'

-003°45'

(2

Q.m. 401 s.l.m.

052°00'

056°00'

-004°00'

(3

M. Croce

219°30'

218°45'

+000°45'

(4

M.Settepani

291°00'

287°30'

+003°30'

(5

Chiese di Verezzi

194°30'

195°00'

-000°30'

(6

Media

183°55'00"

184°15'00"

-000°20'00,000"

 

 

[sigma]

+\-2°45'09,090"


 

Tab. n. 4: Complesso di M. Dalbuono (SV), 25/07/1995
 

Tabella 4

 

Azimut

Geografici

Magnetici

Differenza

N.

M. Carmo di Loano

252°30'

251°30'

+001°00'

(1

Q.m. 364,4 s.l.m.

094°00'

092°30'

+001°30'

(2

Q.m. 401 s.l.m.

052°00'

057°00'

-005°00'

(3

M. Croce

219°30'

218°30'

+001°00'

(4

M.Settepani

291°00'

287°30'

+003°30'

(5

Chiese di Verezzi

194°30'

195°45'

-001°15'

(6

Torre Bastìa

208°30'

208°00'

+000°30'

(7

Q.m. 341 s.l.m 

081°30'

088°00'

-006°30'

(8

Media

174°11'15"

174°50'37,5"

-000°39'22,050"

 

 

[sigma]

+\-3°12'13,860"


   

 

 

Tab. n. 5: Bric dei Monti (SV), 21/05/1995; Lat. 44°12'57"N; Long. 8°22'29"E; Q.m. 410 s.l.m.
   

Tabella 5

 

Azimut

Geografici

Magnetici

Differenza

N.

Isola Gallinara

209°30'

210°00'

-000°30'

(1

M. Carmo di Loano

253°30'

254°30'

-001°00'

(2

M. Settepani

282°30'

282°30'

000°00'

(3

Media

248°30'

249°00'

-000°30'00,000"

 

 

[sigma]

+\-0°24'29,690"

 

4. L'anomalia geografica dell'isolotto di Bergeggi (SV) ed il problema dell'affidabilità delle carte topografiche.

Nelle misurazioni sul Bric dei Monti ho constatato una notevole differenza dell'azimut dell'isolotto di Bergeggi.

1) Esso risulta sensibilmente diverso in due carte topografiche:

a) Foglio IGMI (1:100.000): 70°30';

b) Carta Geologica d'Italia (1:25.000): 70°30';

c) Carta Tecnica Regionale - CTR - (1:50.000): 66°30'.

2) Il suo azimut magnetico 65°30' risulta coincidente, con la consueta approssimazione di altri dati rilevati, a quello geografico della CTR.

Per tali motivi l'ho escluso dal computo di tab. n. 5. Appare strano che, mentre tutti gli altri azimut praticamente coincidono, questo solo presenti una differenza di ben 4° tra la cartografia IGMI e quella CTR (la Carta Geologica ricalca esattamente quella dell'IGMI, mentre quella regionale si basa su rilievi autonomi, molto più recenti ed effettuati con metodi aerofotogrammetrici). La motivazione più plausibile sembra essere quella di un errore di rilevamento - già riscontrato in altre occasioni, come per esempio nella determinazione delle coordinate geografiche dei monumenti liguri oggetto di indagine archeoastronomica.(Codebò 1997c)-nella cartografia IGMI, molto più vecchia. Ciò riconduce al problema dell'affidabilità delle carte nel rilievo archeoastronomico, per cui, in taluni casi almeno, potrebbe essere opportuno determinare astronomicamente in loco le coordinate geografiche del sito indagato.

 

5. Anomalie magnetiche locali.

In due soli casi ho constatato in Liguria la presenza di anomalie magnetiche locali tali da alterare sensibilmente il rilevamento bussola:

1) Sulla vetta del Bric Greppino (SV), nell'area archeologica meridionale del M. Bèigua (Codebò 1997c), entro una superficie di pochi metri quadrati, l'ago della bussola può ruotare in senso orario anche fino a circa 170°(Codebò 1999c). E' questa la più vistosa anomalia magnetica riscontrata, del tutto analoga a quella presente alle Hexenbanke (BZ), sull'altopiano della Bullaccia all'Alpe di Siusi, dove i porfidi rosa in cui sono scavate le "panche
delle streghe" (possibile antico luogo di culti astrali) ruotano nello stesso senso l'ago della bussola di circa 150°.

2) Dalla finestra di un palazzo residenziale alla periferia settentrionale di Genova, dove l’anomalia magnetica è di circa 8°-9°W: pressochè uguale, quindi, a quella misurata sulla terrazza dell'Osservatorio Astronomico di Genova, pari a 7°W (Balestrieri 1994 p.10).

 

 

6. Conclusioni.

Dai dati sopra riportati si possono trarre le seguenti conclusioni:

1) con il metodo sopra esposto è possibile determinare "sul campo" il valore della declinazione magnetica e l'esistenza di eventuali anomalie nel luogo e nell'istante della misurazione. Questa misura è affidabile nei limiti della precisione della bussola e della carta topografica;

2) negli anni 1994 e 1995 - epoca in cui sono state effettuate le misurazioni riportate nelle tabelle - la declinazione magnetica ligure si è ridotta a circa 30'W (la tab. n. 2 è basata su troppo pochi dati rispetto alle altre per poter essere presa in adeguata considerazione);

3) il M. Cao, l'Osservatorio Astronomico di Genova ed il palazzo alla periferia settentrionale della città si trovano tutti entro l'area principale di anomalia magnetica della Liguria, anche dopo la riduzione della sua estensione di cui alla fig. n. 2. Ciò nonostante, la differenza tra azimut geografici e magnetici misurati dal M. Cao è minima (inferiore ai 30'W), mentre le altre due differenze sono consistenti e di valore quasi identico. Se ne deduce che la zona principale di anomalia magnetica naturale è ininfluente sulla bussola, mentre molto più disturbante sembra essere l'anomalia prodotta dalla città;

4) senza entrare in ulteriori considerazioni sul geomagnetismo ligure, che esula come argomento dallo scopo del presente lavoro, si può concludere che, una volta applicata la verifica descritta, la misurazione magnetica degli azimut di strutture, specie di tipo megalitico - in quanto si presentano come strutture di maggiore rozzezza e più avanzato deterioramento -, può tranquillamente essere accettata in via speditiva.

 

Appendice: IL BRIC DEL MEZZOGIORNO (GE).

1. Introduzione.

Solo qualche settimana prima dello svolgimento del XVI Congresso Nazionale di Storia della Fisica e dell'Astronomia ho potuto visitare il sito qui descritto e che mi fu segnalato tempo addietro da Pietro Bordo, allora reggente del C.A.I. di Bolzaneto e profondo conoscitore della Val Polcevera. Data la singolarità del ritrovamento e la sua probabile importanza, presentai al Congresso la seguente breve comunicazione non preannunciata.

 

2. Inquadramento storico-archeologico.

La Val Polcevera - attualmente considerata il confine geologico tra gli Appennini e le Alpi (Aubouin & Brousse, 1977, p. 476) -delimita ad occidente, con andamento N-S, il semicerchio ininterrotto di colline che fanno corona a monte al nucleo storico recente della città di Genova, praticamente adagiata sulla riva del mare. Tale cerchia di colline ha sempre costituito, fin dall'Alto Medioevo, il baluardo naturale della città verso l'entroterra, dal XVIII secolo in poi ulteriormente rafforzato con una completa cerchia di mura e fortificazioni ancora perfettamente conservate ed, in parte, utilizzate.

La città romana di Genua, appartenente alla tribù dei Ligures Genuates, si trovava ben entro questo baluardo, mentre nell'alta Val Polcevera si estendeva il territorio dei Ligures Langates (o Langenses) Viturii. Questo territorio fu oggetto nel 117 a.C. di una contesa fra le due tribù, che terminò con una sentenza del senato di Roma circa la definizione esatta dei confini. Tale sentenza, fondamentale per la conoscenza di quel periodo, fu incisa su tre lastre di bronzo, una delle quali, detta per l'appunto "Tavola di Polcevera", fu rinvenuta da un agricoltore nel 1506 nei pressi di Isola, attualmente frazione del comune di Serra Riccò, limitrofo a quello di Genova. Senza entrare nel dettaglio delle vicende di questo documento, ricorderò solo che oggi è conservato nel Civico Museo Archeologico di Villa Durazzo Pallavicini ed è stato da sempre oggetto di importanti ricerche, ultima delle quali una Giornata di Studi (tenutasi il 22/01/1995 al Palazzo Ducale della città sotto il patrocinio del Comune), con successiva pubblicazione degli atti (AA.VV., 1995). Il confine dell'agro pubblico dei Ligures Langenses distava poco più di km. 4 dal Bric del Mezzogiorno , ma la via consolare Postumia, che provenendo da Aquileia raggiungeva Genua passando per Dertona e Libarna, gli passava praticamente accanto (Boccaleri, 1993). Poi proseguiva in costa attraversando l'insediamento tardo-repubblicano di Càmpora di Gemigniano (d'Ambrosio, 1985b, pp. 70-72) e finalmente scendeva su Genua da W lungo la collina di Granarolo. Questa, in sintesi, è la ricostruzione attualmente più accreditata del percorso.

Inoltre, mentre la via consolare romana scendeva, fiancheggiando il bricco (bric è voce pre-indoeuropea o "mediterranea" indicante un rilievo montuoso, in genere erto e dirupato), fino alla confluenza del torrente Secca nel torrente Verde a formare il torrente Polcevera, una importante via ligure preromana proseguiva autonomamente in costa verso NE fino al valico di Crocetta d'Orero nel territorio dei Ligures Odiates. Qui, in località Niusci, venne rinvenuto nel secolo scorso un "tesoretto" di oboli cisalpini del II secolo a.C. imitanti monete massaliote, molto probabilmente nascosto da qualche viaggiatore in pericolo. Il rinvenimento è sempre stato considerato un segno del traffico che si svolgeva su questa strada per la pianura Padana.

Pare che una terza direttrice, correndo più o meno a metà strada fra le due precedenti, salisse in qualche modo al passo dei Giovi per scendere poi in valle Scrivia.

Infine un quarto, importantissimo percorso, dopo essere giunto a Pontedecimo (Pons ad Decimum) lungo il tracciato in comune con la più tarda via Postumia (che da qui svoltava poi a N diretta al passo della Bocchetta), si dirigeva a NW fino alla valle del rio Gorzente per proseguire poi, dopo aver attraversato le Capanne di Marcarolo (località frequentata almeno fin dal neolitico, come provano i rinvenimenti del secolo scorso), fino alla pianura intorno ad Alessandria. L'importanza di questa via nel Medioevo è dimostrata dall'esistenza, poco oltre le Capanne, di un monastero benedettino:la Benedicta.

Un ulteriore, importante ritrovamento archeologico a meno di km. 3 dal bricco, verso NNW, è il castellaro di S. Cipriano, sul tracciato della via Postumia, frequentato fin dalla tarda fase della seconda Età del Ferro (d'Ambrosio, 1985a, pp. 49-69).

In epoca medioevale l'insediamento di Càmpora di Gemigniano continuò ad essere abitato a lungo, sia pure con fasi di abbandono, mentre nella valle del rio Sardorella pare si siano insediati un vescovo ed un conte, indipendenti - almeno fino ad una certa epoca - dalla repubblica e dalla diocesi di Genova (comunicazione personale di E. Boccaleri). La rete viaria romana andò invece in rovina al punto che oggi non ne restano tracce materiali e siamo perciò costretti a ricostruirla per via congetturale, benchè solidamente fondata sui toponimi, l'orografia ed i tracciati medioevali.

Come si vede il Bric del Mezzogiorno (foto n. 1) si trova inserito in un'area archeologica di primaria importanza (figg. nn. 3-4), benchè al momento nulla ci permetta di metterlo in sicura relazione con i siti citati se non la reciproca vicinanza. Non ostante ciò pare poco probabile che non sia in relazione con essi.

Attualmente l'unico reperto visibile è una trincea scavata a zig zag nel terreno per circa m. 10 all'epoca delle guerre austro-genovesi del XVIII secolo. Pietro Bordo l'attribuisce specificamente all'invasione del 1748, che si concluse, come è noto, con gli Austriaci cacciati dall'insurrezione popolare genovese del Balilla.

La collina è alta m. 340 s.l.m.; le sue coordinate sono: Lat. 44°27'47"N, Long. 8°55'11"E (su tavoletta IGMI); è chiamata Bric du Ventu nella Carta Tecnica Regionale 1:50.000 e M. Cucco nella tavoletta IGMI 1:25.000, ma la popolazione del luogo la chiama Bric del Mezzogiorno. Sulle carte IGMI e CTR essa giace a S sullo stesso meridiano delle case Castellazzo, nonchè a 9,5"E rispetto alla attuale chiesa di Cremeno, a 4"E dall'abitato di Cremeno ed a 5,7"W dalla villa Cambiaso: probabilmente è in questi nuclei abitativi moderni che dovrebbe essere cercato quello antico, gravitante intorno al bricco, poichè nei secoli passati le popolazioni non usavano, per varie ragioni, insediarsi nei fondovalle. Un abitante di Cremeno, da me interrogato, ha senza alcuna esitazione chiamato questa collina "Bric del Mezzogiorno" senza però saperne spiegare il motivo: segno questo che purtroppo la memoria storica di questa peculiare tradizione sta scomparendo.

In questo senso la situazione è migliore a Carnino (CN) dove gli anziani del luogo conservano ancora intatto nella memoria un ricco patrimonio di conoscenze su ombre, profili e cime montuose circostanti che consentiva, fino a pochi decenni or sono, di stabilire l'ora del giorno con sufficiente precisione per le necessità agro-pastorali tutt'ora predominanti (Boccaleri, 1982, p. 283 e comunicazione personale). Nel caso della collina ligure ciò che invece appare abbastanza eccezionale è la conservazione di un simile toponimo in un'area ormai fortemente urbanizzata.

 

3. Le "meridiane naturali" nell'arco alpino.

Le vette con funzioni di meridiane naturali sono discretamente frequenti nell'arco alpino. La più famosa di tutte è quella di Sesto in Val Pusteria dove ben cinque cime - Nove, Dieci, Undici, Dodici, Uno - indicano, rispettivamente, le ore 9.00, 10.00, 11.00, 12.00, 13.00 quando il sole è sulla loro verticale (Innerebner, 1959, pp. 19-21; Arborio Mella, 1990, pp. 48-49). Altri esempi sono:

a) il Sas Da Le Undesc ed il Sas Da Le Dìudesc in Val di Fassa, sul meridiano del nucleo storico di Pozza;

b) il Mittagskofl (Cima di Mezzodç) nel massiccio dello Sciliar e che forse poteva essere utilizzato dai fedeli protostorici e classici dei culti solari di M. Castello e\o dai frequentatori protostorici di località Plorg (sempre sullo Sciliar);

c) il Mittagstein (Sasso di Mezzodì, sul meridiano del famoso colle Joben, accertato sito protostorico di osservazione del moto solare (Bernardini, 1977, p. 114; Codebò,1997b; Cossard, 1993, pp. 135, 139; Jesi, 1978, pp. 59-69; Innerebner, 1959, p. 8; Romano, 1992, pp. 12-15), cui Innerebner dedicò nel 1937 l'articolo "Der Jobenbuhel", pubblicato sulla rivista alto-atesina Der Schlern;

d) la Punta di Mezzodì nel massiccio piemontese dell'Orsiera;

e) il Bric di Mezzogiorno nella piemontese Val Troncea;

f) l'Aiguille du Midi nel massiccio del M. Bianco.

A questo proposito l'ing. Innerebner scriveva nel 1959 "... Altre costruzioni del genere [i megaliti, n.d.A.] si trovano dappertutto nei paesi settentrionali d'Europa, specialmente nella Bretagna, in Francia, in Germania e nella Scandinavia.

Un diverso sviluppo troviamo nelle zone montagnose. L'uomo alpino normalmente non aveva bisogno di mezzi artificiali per fissare il suo calendario privato. A lui serviva in modo migliore l'orizzonte vario e bizzarro del suo paese. ..." (Innerebner, 1959, p. 6).

 

4. Conclusioni

Non si può inferire nulla di probatorio dagli accostamenti tra il Bric del Mezzogiorno ed i siti archeologici sopra citati, ma non sarebbe neppure prudente trascurarli: essi sono comunque "dati da esaminare e valutare, poichè collocano il primo in precisi ambiti spaziali, cronologici e culturali le relazioni con i quali dovranno essere attentamente indagate.

Preliminarmente allo scavo archeologico - che, tra l'altro, nel caso in oggetto non trova al momento indicazione - l'indagine futura dovrà, probabilmente, indirizzarsi in quattro direzioni:

1)accertare la consistenza della memoria storica di questa tradizione presso la popolazione locale, eventualmente allargandosi alle frazioni abitative limitrofe (Manesseno, Mòrego, Comago, Cambiaso, S. Quirico, S. Cipriano, Brasile) che avrebbero potuto in qualche modo essere interessate dal/al fenomeno;

2)cercare nei documenti d'archivio a quando risalga l'uso del toponimo. In ciò preziose dovrebbero rivelarsi le raccolte, specie notarili, dell'Archivio di Stato di Genova.

3)ricostruire la morfologia diacronica degli insediamenti locali per individuare quali comunità avrebbero potuto utilizzare il monte come meridiana;

4)raccogliere e catalogare tutte le altre tracce che potrebbero in qualche modo essere legate agli insediamenti locali; tra queste, per esempio, la moneta trovata a Cremeno da un giovanissimo abitante del luogo e da E. Boccaleri riconosciuta di epoca romana (comunicazione personale).

Bibliografia.

Arborio Mella (1990). La misura del tempo nel tempo. Hoepli, Milano.

Aubouin J. & Brousse R. (1977). Compendio di geologia. Vol. II. C.E.A., Milano.

AA.VV. (1984). Paletnologia. Metodi e strumenti per l'analisi delle società preistoriche. N.I.S., Roma.

AA.VV. (1995). La tavola di Polcevera. Comune di Genova, Genova.

Balestrieri R. (1994). L'orizzonte nascosto. In: Bollettino dell'Osservatorio Astronomico di Genova, 66.

Bernardini E. (1977). Guida alle civiltà megalitiche. Vallecchi, Firenze.

Boccaleri E. (1982). Civiltà dei monti. Stringa, Avegno (GE).

Boccaleri E. (1993). La tavola di Polcevera e la comunità rurale dei Langensi Viturii. In: Studi e Ricerche. Cultura del Territorio, 9, Comune di Campomorone (GE).

Carta Geologica d'Italia. Fogli 92-93, Albenga-Savona. Servizio Geologico d'Italia, 1970.

Carta Magnetica d'Italia. Istituto Geografico Militare, Firenze, 1974, 1988.

Carta Tecnica Regionale, Tavola 1:50.000 n. 213-230 Genova. Regione Liguria, 1986, Genova.

Cocchi Genick D. (1993). Manuale di preistoria. Vol. I: Paleolitico e Mesolitico. Comune di Viareggio & Museo Preistorico ed Archeologico A.C. Blanc, Viareggio (LU).

Codebò M. (1997b). Nuove indagini a colle Joben. In: Atti del convegno S.A.It. - Storia dell'Astronomia, Napoli, 1996.

Codebò M. (1997c). Prime indagini archeoastronomiche in Liguria. In: Atti del convegno S.A.It. - Storia dell'Astronomia, Napoli, 1996.

Codebò M. (1999). Archaeo-astronomical hypotheses on some Ligurian engravings. In: Atti del Worldwide Congress of Rock Art News95, Torino, 1995.

Cossard G. (1993). Le pietre e il cielo. Veco, Cernobbio (CO).

d'Ambrosio B. (1985a). L'insediamento di S. Cipriano (Genova). In: Studi e ricerche. Cultura del territorio, Comune di Campomorone (GE), 2.

d'Ambrosio B. (1985b). L'insediamento di Càmpora di Gemigniano (Genova). In: Studi e ricerche. Cultura del territorio, Comune di Campomorone (GE), 2.

Guarnieri Botti L. (1980). Elementi di magnetismo generale e geomagnetismo. Istituto Idrografico della Marina, Genova.

Innerebner G. (1959). La determinazione del tempo nella preistoria dell'Alto Adige. In: Annali dell'Università di Ferrara, N.S., Sez.XV 1,1.

Jesi F. (1978). Il linguaggio delle pietre. Rizzoli, Milano.

Melli P. (1984). Monte Carlo. In: AA.VV. Archeologia in Liguria II. Scavi e scoperte 1976-81. Soprintendenza Archeologica della Liguria, Genova.

Romano G. (1991). Orientamenti magnetici ed astronomici nelle mappe archeologiche. In: Rivista di Archeologia, supplemento n. 9.

Romano G. (1992). Archeoastronomia italiana. CLEUP, Padova.
 
 

Home