Indagine archeoastronomica su un petroglifo della Valcamonica presso il Capitello dei due Pini.*
Pubblicato sul Bollettino Camuno di Studi Preistorici n.34 - Edizioni del Centro 2004.
 
CODEBO' Mario (Membro A.L., I.I.S.L., S.A.It. e S.I.A.) (1)
DE SANTIS Henry (Membro A.L., A.L.A.P., S.A.It., S.I.A.)
 
BARALE Piero (Membro Ce.S.M.A.P., S.A.It. e S.I.S.F.A.),
http://digilander.iol.it/archeoastronomia
pierobarale@libero.it
 
CASTELLI Marco (membro Associazione La Gibigiana)
 
FRATTI Liliana (Guida Turistica Professionista)
liliana@serenoeditore.com
 
GERVASONI Elena (Membro C.C.S.P.) (2).
 
 Abstract.
Our triennial archaeoastronomical survey proved that the Camunian Sun Engraving, near the Capitello dei due Pini, can be a stylized picture of the annual movement of the Sun along the western skyline – its sunsets on equinoxes and solstices – and of the seeming dance of the Moon around the Sun. Moreover we verified that the last solar rays, on sunset summer solstice, light up the Sun engraving at the upper end of the Capitello dei Due Pini exclusively. We think that these and other data prove that Plas was a cult spot of the Sun, like some other authors wrote previously. We discuss also the thorny question of the true or fortuitous equinoctial alignments.

*Relazione presentata durante il XVII Valcamonica Symposium, 21-26 settembre 1999.

La ricerca.
Lo studio archeoastronomico della località camuna Plas, caratterizzata da splendide incisioni calcolitiche, nacque nel 1997 per iniziativa di Elena Gervasoni, che invitò Enrico Calzolari e Mario Codebò ad effettuare misurazioni in valle. Al Valcamonica Symposium '97 Gervasoni stessa preannunciò nel suo intervento la futura pubblicazione del presente lavoro, allora in elaborazione (Gervasoni 1977).
Mentre quella campagna si risolse fondamentalmente in una prima presa di contatto con l'ambiente, sulla base di analoghe esperienze Codebò credette di poter ravvisare in località Plas le caratteristiche tipiche del luogo di culto preistorico: elevazione sul territorio circostante, ampia panoramicità, frequentazione in epoca pagana, segni di cristianizzazione (Michelini e Codebò 1997, pp. 341-358; Codebò 1999).
Considerata la geomorfologia del luogo, dal versante orientale ripidissimo ed elevato, e la tradizione, riferita da Fratti e Gervasoni, delle nozze sacre tra il principio maschile del Pizzo Badile e quello femminile della Concarena, con relativi giochi di luce atmosferici (Priuli 1983, foto n. 1; Brunod 1997, foto n. 23) ed astronomici (Beretta 1997, p. 68), ritenemmo che proprio questa seconda montagna fosse l'oggetto delle antiche osservazioni.
Successivamente, Barale e Codebò hanno riscontrato un’analoga ierogamia montuosa in provincia di Cuneo, ove un proverbio locale dice che "... il Monviso sposa la Bisalta...". Infatti dalla pianura locale - e ancor meglio dalla collina di Mondovì - l'aguzzo e massiccio Monviso appare consono a rappresentare bene il principio maschile e l'ondulata e mammellonata Bisalta (o Besimauda) quello femminile. Anch’essa , poi, è sede di curiosi fenomeni luminosi legati presumibilmente alla sua natura geologica, ricca, fra l’altro, di uranio, cavato fino ad alcuni anni or sono. Ricordiamo che un altro monte delle Alpi occidentali (3)– il Bric Greppino (SV) - pare essere sede: durante i temporali di simili fenomeni luminosi e, costantemente, di forti anomalie magnetiche dovute, probabilmente, alla natura ofiolitica delle rocce della zona (4). Anch’esso, inoltre, avrebbe avuto una valenza sacrale e, forse, una funzione archeoastronomica (Michelini e Codebò 1997, pp. 341-359).
Gli stessi nomi maschili e femminili delle due coppie di montagne camune e piemontesi ci parvero rafforzare la nostra ipotesi, anche considerando che gli orònimi femminili sono assai più rari di quelli maschili. Sotto questo profilo, riteniamo che sarebbe interessante uno studio sul profilo visivo delle montagne italiane con nomi femminili.
Notammo che dietro il profilo della Concarena si vede l'intera escursione annuale del Sole al tramonto. E poiché ben due petroglifi in loco raffigurano l'astro diurno, pensammo che proprio esso fosse lo specifico oggetto del culto.
Per di più Calzolari, Codebò, Fratti e Gervasoni avevano già avuto modo, nel  settembre 1997, di osservare dal sito lo spettacolare fenomeno atmosferico della proiezione vespertina di fasci di luce e di ombre da parte del Sole tramontante dietro la Concarena: visione che poteva apparire agli antichi osservatori, ignari di fisica meteorologica, come una manifestazione della divinità della montagna, analoga a quella mattutina del Pizzo Badile sopra citata. Questo non frequente fenomeno si attagliava particolarmente all'iconografia del petroglifo costituito da tre dischi affiancati, dal maggiore e centrale dei quali si dipartono tre fasci di raggi diretti verso il basso (fig. n. 146).

Fig. 146. La roccia del Sole o Capitello dei Due Pini (particolare), località Plas, Valcamonica. (Rilievo P. Barale 1999.)

Sarebbero stati pertanto riprodotti in un unico simbolo, con un processo di condensazione ben noto alla psicoanalisi (5), almeno due fenomeni realmente visibili: i raggi occasionalmente prodotti dalla rifrazione atmosferica ed il tramonto solare, simboleggiato dai raggi rivolti verso il basso.
Restava da verificare l'ipotesi e da chiarire il perché di tre dischi solari anziché di uno. Impostammo così un programma di osservazioni, misurazioni e fotografie del tramonto del Sole nei suoi tre momenti fondamentali: gli equinozi ed i solstizi. Iniziato al solstizio invernale del 1997, esso si è concluso al solstizio estivo del 1999. Per i rilievi sono stati utilizzati: squadro sferico graduato con lettura diretta dei 5 primi centesimali; inclinometro a gravità con lettura diretta di 1° sessagesimale; orologio radiocontrollato; bussola prismatica Wilkie a lettura diretta di 1° sessagesimale e stima di 0°30’. Le procedure di calcolo seguite sono quelle riportate in Codebò 1997a, pp. 39-109, frutto, peraltro, di una collazione di altri testi ivi citati in bibliografia.
Le coordinate geografiche del sito, rilevate mediante una serie di triangolazioni su carte topografiche I.G.M. 1:25000 e 1:100000, sono risultate: Lat. 46°02’24’’N; Long. 10°21’49’’E; Q.m. 900 s.l.m. Abbiamo verificato che agli equinozi (rilievi del 20/03/1998) il Sole tramonta alle ore 17h 35m (6) nella sella apparente tra la vetta della Concarena a sud e la vetta del M. Elto (o del Pizzo Garzeto) a nord (fig n. 147) (7). Con un'altezza dell'orizzonte visibile misurata in 7°, l'azimut astronomico risulta essere oggi 264°. Quello magnetico fu misurato in 260°.

Fig. 147. Tramonto nella sella apparente tra la vetta della Concarena e M. Elto. (foto M.Codebò).

Al solstizio d'inverno (rilievi del 18/12/1998 e giorni successivi) esso tramonta 34,5° a sud rispetto al punto di tramonto agli equinozi, in un punto di altezza visibile ho 7° sul versante meridionale della Concarena (fig. 148 ). L'azimut magnetico fu misurato in 225°. Purtroppo, non essendo stata rilevata l'ora del tramonto, non si è potuto calcolare l'azimut astronomico.

Fig. 148. (foto M.Codebò).

Al solstizio d'estate (rilievi del 18/06/1999) l'ultimo lembo del Sole tramonta (fig. 149) alle ore 19h 41m 40s dietro la vetta del M. Elto (o del Pizzo Garzeto). Con un'altezza dell’orizzonte visibile misurata in 14°, l'azimut astronomico risulta essere oggi 290,5° e 291,3° nel 2500 a.C. (8). Quello magnetico fu misurato in 289°.
L'escursione tra il punto di tramonto equinoziale e quello solstiziale estivo fu misurato con lo squadro sferico graduato in 29°, mentre quello che risulta dalla differenza tra gli azimut astronomici misurati è di 29,7°.

Fig. 149. Al solstizio d'estate il Sole tramonta dietro il M. Elto (foto M.Codebò).

Possiamo quindi assumere un'escursione media attuale di 29,35°, con deviazione standard s ±0,35°.
Risulta così che le amplitudini solstiziali occase invernale ed estiva del Sole (ossia: i due archi di orizzonte compresi tra i punti di tramonto equinoziale, solstiziale invernale e solstiziale estivo) sono oggi, rispettivamente, 34,5° e 29,35°, mentre l'arco totale, espressione dell'escursione locale annua apparente del Sole, è di 63,85° (quello magnetico di 64°).
Ciò è quanto si rileva anche sul petroglifo oggetto del nostro studio: i due angoli tra i raggi centrali, quelli di sinistra e quelli di destra (guardando l'incisione) sono, rispettivamente, 32° e 28,5°, mentre l'angolo totale è 60,5° (fig.146).
L'ipotesi iniziale di lavoro ci pare quindi provata, nei limiti della validità delle prove nel campo infido dell'arte rupestre.
L'artista, intento ad osservare l'orizzonte occidentale, vedeva esattamente: di rimpetto il tramonto agli equinozi, alla sua sinistra - e con un arco più ampio - il tramonto al solstizio d’inverno ed alla sua destra - con un arco più breve - il tramonto al solstizio d'estate. Voltandosi verso la parete rocciosa, egli poteva riprodurre la stessa configurazione disegnando un arco più ampio alla propria sinistra ed uno più corto alla destra.
I due piccoli cerchi a lato di quello maggiore potrebbero rappresentare tre fenomeni:
1) le posizioni del Sole agli equinozi ed ai solstizi;
2) le posizioni del Sole all'alba, a mezzogiorno ed al tramonto;
3) le due stazioni estreme che la Luna raggiunge (qui al tramonto) ogni 18,61 anni (9), quando le sue amplitudini ortiva ed occasa sono maggiori di quelle solstiziali del Sole. Si vede allora 1'astro notturno sorgere e tramontare più a sud e più a nord dell'astro diurno ai solstizi, rispettivamente, invernale ed estivo.
I primi due casi ci sembrano meno probabili, perché il n. 1 è già stato rappresentato con i tre fasci di raggi ed il n. 2 è malamente visibile a causa, come già detto, della geomorfologia del luogo che occulta pressoché completamente la visuale dell'alba. Perciò riteniamo che il n. 3 sia quello rappresentato sulla roccia di Plas, in ciò confortati anche dal fatto che le stazioni estreme della Luna furono, statisticamente, le più osservate nel megalitismo europeo (Thom 1971; Hadingham 1978; Burl 1988a, 1988b, 1993; Proverbio 1989; Cossard 1993; Codebò 1997b) . Per esempio, nella sola necropoli calcolitica di S. Martin de Corléans (AO), su diciotto allineamenti astronomici, ben sette - compreso quello dei pali di legno, primo e più antico (circa 3100 a. C.) - puntano su di esse (Cossard, Mezzena, Romano 1991; Romano 1992, pp. 70-84).
Ad ulteriore rafforzamento dell'interpretazione di località Plas come luogo di osservazione e culto degli astri, il 18/06/1999 si è visto che il Sole al tramonto nel solstizio estivo illumina con i suoi ultimi raggi, pochi minuti prima di scomparire dietro la vetta del M. Elto (o del Pizzo Garzeto), l'estremità superiore del Capitello dei Due Pini ed esattamente l'incisione del disco solare. Purtroppo, data la brevissima durata del fenomeno ed essendo impegnato, da solo, nelle misure d'azimut, Codebò non ha potuto documentare fotograficamente il fenomeno. Si spera di poter rimediare in futuro.
Si è notato anche che un campo, visibilissimo nella sottostante piana di fondo-valle ed immediatamente a sud del lago artificiale, era stato arato a ferro di cavallo aperto (fig. 150).

Fig.150. Campo arato a ferro di cavallo (foto M. Codebò).

Ciò ci fa ritenere che altre incisioni analoghe - come: Caven 3; Cornal; Borno 1; Ossimo 2, lato C - siano interpretabili come rappresentazioni stilizzate ma veristiche dell'insieme terra-cielo, in parziale accordo con altri autori (Brunod 1997, foto nn. 74-75, pp. 95-117 e passim).
Piero Barale, studiando specificamente le due incisioni antropomorfe sul suolo roccioso di Plas (fig. 151 a-b), ha identificato in una di esse una scena di zappatura ed ha rilevato che entrambe sono rivolte perfettamente all'ovest magnetico, dirimpetto al Sole tramontante agli equinozi. Se effettivamente sono postcalcolitiche - e precisamente medioevali (cortese comunicazione personale del prof. Anati) - potrebbero manifestare un utilizzo archeoastronomico molto prolungato e policulturale del sito.
 

Fig. 151 a-b. Due incisioni antropomorfe in località Plas, Paspardo. P. Barale ha identificato nella seconda una scena di aratura (rilievi P.Barale).

L'abbastanza fedele riproduzione della difforme ampiezza delle due amplitudini solstiziali occase, estiva ed invernale, poté essere facilmente ottenuta impiantando in loco quattro pali lignei, uno dei quali fungeva da punto di osservazione e gli altri tre erano posti, rispetto al primo, in direzione dei tre tramonti. Avvolgendo poi delle corde intorno a questa struttura a ventaglio (o a settore circolare), si potevano misurare con lunghezze di corda le amplitudini cercate. Riducendo proporzionalmente e simmetricamente l'intera struttura, si poteva ottenere un settore circolare di minime dimensioni in cui le proporzioni originarie delle lunghezze di corda erano mantenute. Tali lunghezze potevano essere usate come unità di misura per l'incisione fedele del petroglifo.
Prima di sapere che il masso adiacente  era caduto in epoca post-calcolitica, avevamo pensato  che le quattro coppelle incisevi a ventaglio potessero rappresentare  simbolicamente proprio questa operazione di misura. Abbiamo altresì accertato che non indicano allineamenti solari.
Rammentiamo che funzioni analoghe ma ben più complesse sono state proposte  da A. Thom per gli allineamenti megalitici a ventaglio bretoni e scozzesi (Thom 1971; Hadingham 1978, pp. 130-132; Proverbio 1989, pp. 108-115; Cossard 1993, pp. 39-41) e da C. A. Newham per le Causeway Post Holes di Stonehenge I (Hadingham 1978, pp. 94-95; Proverbio 1989, p. 96) e che, nonostante la yarda megalitica di A. Thom sia ormai non più accettata dalla maggioranza degli studiosi, vere e proprie unità di misura sembra siano state utilizzate a St. Martin de Corléans (Mezzena 1997, pp. 79-80) e, forse, nche in Liguria (Codebò 1997b; Codebò e Michelini 1997).
Marco Castelli propone un'altra possibile interpretazione di queste coppelle, disposte ad arco e di diametro decrescente, quale rappresentazione dei (de)crescenti lunari e, più in generale, delle coppelle disposte a ventaglio quali simboli lunari (Brunod 1997, p.112, fig. n. 166).
Vogliamo infine accennare a quello che ci pare l'iter evolutivo di questo petroglifo: inizialmente concepito come la rappresentazione grafica fedele e concreta di un singolare fenomeno atmosferico e del moto apparente annuo del Sole al tramonto, sembra essersi successivamente trasformato in un simbolo ed infine in un'icona decorativa "rimossa" dal suo contesto originario e non più leggibile in relazione ad esso, secondo processi mentali ben noti alla psicoanalisi (5).

Altre interpretazioni.
Durante la nostra campagna, Adriano Gaspani ha studiato questo ed altri petroglifi che potrebbero suggerire un'interpretazione archeoastronomica. La pubblicazione dei suoi lavori è avvenuta dopo quella del nostro (Gaspani 2000, pp. 32-39; 2001, pp. 33, 59-87), sicché non abbiamo potuto discuterne fino ad oggi.
Egli suggeriva, in sintesi, che il petroglifo del Sole rappresenti una cometa con coda trifida tra due stelle. Propone anche altre due possibili interpretazioni: un'eclisse solare od una congiunzione di tre pianeti. Poiché il medesimo petroglifo è tracciato in altre rocce - egli ne elenca dieci - anche lontane dalla località Plas, suggerisce altresì che simbolizzi un evento eccezionale "...realmente osservato in cielo da popolazioni lontane con differenti culture...".
Queste interpretazioni ci paiono deboli perché fondate unicamente su somiglianze morfologiche di eventi non dimostrati ma solo supposti e dei quali riteniamo sia necessario provarne l’accadimento al tempo dell'esecuzione dell'incisione per dare consistenza alle relative ipotesi.
In verità la presenza di un identico  o analogo petroglifo in aree culturali distanti (durante il Valcamonica Symposium 1999 il prof. Anati ce ne segnalò la presenza in parecchi siti europei, compreso l'Est) pone alcuni interrogativi ed induce a considerarlo la rappresentazione di qualcosa d'importante e diffuso (come, per esempio: il pugnale di rame a lama triangolare, costolatura centrale e pomello semilunato; l'ascia ad alette; le doppie spirali metalliche; le pintaderas; ecc.).
Tuttavia riteniamo che i dati raccolti e sopra discussi consolidino l'ipotesi del tramonto del Sole, che fu per altro molto osservato durante le età dei metalli, come dimostrano i monumenti megalitici europei e mediterranei (Burl 1988a; 1988b; 1993; Cossard 1993; Hadingham 1978; Proverbio 1989; Romano 1992).
Riteniamo altresì che una verifica della nostra ipotesi possa venire dallo studio degli altri analoghi petroglifi e dal confronto dei loro angoli con le amplitudini del Sole sull'orizzonte localmente visibile: se anche in essi verranno individuate corrispondenze come a Plas, la nostra ipotesi potrà dirsi validata o invalidata nel caso contrario.
Purtroppo alcuni fra i più importanti menhir con incisioni analoghe (per esempio: Caven) sono stati rimossi ed oggi non è più possibile ritrovare la loro esatta ubicazione, indispensabile per le misurazioni. Perciò simili future ricognizioni dovranno necessariamente riguardare solo i petroglifi incisi su rocce inamovibili.

La questione degli equinozi.
Durante il convegno internazionale Archeoastronomia: un dibattito tra archeologi ed astronomi alla ricerca di un metodo comune che l'I.I.S.L., sez. di Genova, ha organizzato nel 2002 (vedere in http://www.archaeoastronomy.it) è stato discusso se gli allineamenti equinoziali preistorici fin'ora trovati siano intenzionali o casuali.
Al convegno - tenutosi in due fasi, la prima a Genova e la seconda a Sanremo - erano presenti, fra gli altri, anche Michael Hoskin e Clive Ruggles, rispettivamente editor e associate editor della rivista Archaeoastronomy, Supplement to Journal for the History of the Astronomy. Sul n. 22 del 1997 C. Ruggles (Ruggles 1997, pp. S45-S50) aveva pubblicato l'articolo Whose equinox?, in cui, contrapponendosi alla tesi esposta nell'articolo Pre-Hispanic equinoctial markers in Gran Canaria pubblicato in due parti sulla stessa rivista (Esteban, Schlueter, Belmonte, Gonzàlez 1996-1997), sostiene la sostanziale casualità degli allineamenti equinoziali preistorici per il fatto che l'equinozio, a differenza dei solstizi, non è un fenomeno eclatante e ben visibile e che solo misure strumentali, perciò moderne, permettono di riconoscerlo. Ricordiamo che esso è l'istante in cui il centro geometrico del Sole attraversa l'equatore astronomico (cosiddetto equinozio vero); solo in questo momento - che, come noto, si ripete due volte all'anno: intorno al 21/03 ed al 23/09 - l'angolo tra eclittica, su cui si muove apparentemente il Sole, ed equatore celeste è 0°. La conseguenza immediata di ciò è che la giornata è divisa in due metà identiche e simmetriche: dodici ore di luce e dodici di tenebre.
Nonostante questa impossibilità visuale, nella pre-protostoria sono stati tracciati evidenti allineamenti equinoziali ed è ben noto che, soprattutto le popolazioni protostoriche, suddividevano lo spazio in quattro parti. Nella penisola italica tale suddivisione ebbe il nome di templum (crf. anche G. Devoto 1977).
Il problema va dunque riformulato nella seguente maniera: se l’equinozio non è un fenomeno astronomico chiaramente visibile come i solstizi e se, d’altra parte, l’allineamento E-W era noto in antico, come possono essere stati tracciati gli allineamenti equinoziali?
Un primo metodo consiste nel riconoscere la direzione N-S, ossia l’asse polare 0°-180°: la sua ortogonale 90°-270° è l’asse equinoziale o asse E-W . In assenza di una Stella Polare (che però intorno al 6000 a. C. era rappresentata da a Draconis) si può procedere in diversi modi:
1) osservando molto attentamente la rotazione delle stelle circumpolari (10) per una lunghissima serie di notti di seguito: un osservatore attento localizzerà, prima o poi, il punto intorno a cui ruota la volta celeste;
2) osservando il sorgere ed il tramontare di una stella circumpolare su un orizzonte artificiale, quale può essere un muro di pietre o di legna opportunamente costruito ed orizzontalizzato: poiché la circumpolare descriverà su di esso un semicerchio, di cui il piano è, in tutto od in parte, il diametro, il punto di mezzo tra i due estremi di tale semicerchio. identifica il centro di rotazione della volta celeste (Romano 1992, pp. 183-189);
3) misurando - per esempio con una semplice balestriglia – la massima altezza diurna del Sole, che coincide, con buona approssimazione, con la sua culminazione sul meridiano del luogo. E poiché esso decorre da N a S, ossia da 0° a 180°; la sua ortogonale 90°-270° è l’asse equinoziale.
Un secondo metodo consiste nel piantare uno gnomone verticale al centro di uno o, meglio, più cerchi concentrici orizzontali, i cui punti toccati dall’ombra del palo all’alba ed al tramonto giacciono sull’asse equinoziale E-W. Il metodo, detto del cerchio indiano, è noto da tempi antichissimi, ma non è d’immediata intuizione come i precedenti (Romano 1992, pp. 36-39).
Un terzo sistema, non molto preciso, consiste nel calcolare la metà dei giorni che intercorrono tra due solstizi. La sua poca precisione è data da due fattori:
a) l’equinozio non cade esattamente a metà tra due solstizi, poiché l’orbita della terra è un ellisse ed è, perciò percorsa con moto non uniforme: tra l’equinozio di primavera e quello d’autunno intercorrono, attualmente, 186 giorni, mentre tra quello d’autunno e quello di primavera 179 giorni. Ma tali intervalli di tempo sono destinati a modificarsi nel tempo a causa della lenta rotazione della linea degli apsidi - ossia l’asse maggiore che congiunge perielio ed afelio - dell’orbita terrestre (Proverbio 1989, pp. 190-194; Romano 1992, pp. 183-193);
b) il momento esatto del solstizio non è facilmente identificabile. Infatti il Sole si ferma (solis statio) apparentemente per qualche giorno prima d’invertire il suo spostamento diurno sul profilo dell’orizzonte visibile. Perciò l’incertezza sulla data esatta di ciascun solstizio è di circa cinque giorni. Non a caso l’antico calendario romano attribuito a Numa Pompilio era di 354-355 giorni (Bickerman 1963, pp. 37-42; Cappelli 1998, p. 25; Flora 1987, pp. 339-342) e non a caso le festività del S. Natale e di S. Giovanni Battista sono state collocate 3-4 giorni dopo i relativi solstizi!
E’ probabile che tutti questi metodi siano stati usati.
Codebò perciò ha sostenuto al convegno del 2002 che il problema degli allineamenti equinoziali è fondamentalmente un equivoco formale di termini anziché sostanziale di meccanica celeste: quando gli astronomi parlano di allineamenti equinoziali intendono allineamenti sull’istante esatto in cui il centro geometrico del Sole attraversa l’equatore celeste (equinozio vero); gli archeologi, invece, intendono più semplicemente e genericamente l’allineamento E-W.
In archeoastronomia è dunque importante non confondere gli equinozi veri con gli allineamenti E-W.

Le figure di Plas.
L’evidente e suggestivo sperone roccioso di Plas, già conosciuto come “Capitello dei Due Pini”, costituiva sicuramente un’eccezionale postazione di controllo del territorio per un ampio raggio, garantendo non solo un dominio visivo su campi, pascoli e vie di comunicazione ma anche un’ampia visuale sullo Skyline locale, ossia sul profilo dei monti dello spartiacque occidentale della Valcamonica. Non casualmente dunque sulla parete rocciosa posta alle spalle del trampolino, le cosiddette Roccia del Sole e Roccia dei cinque pugnali, sono state incise alcune figure eliomorfe, probabilmente connesse ad eventi astronomici osservati da questo luogo.Nonostante la componente istoriativa di questo sito sia alquanto limitata, la tipologia delle incisioni e il loro contenuto simbolico potevano indicare la necessità di suddividere il tempo attraverso azioni pratiche (osservazioni astronomiche d’orizzonte) che venivano forse collegate alla sfera rituale, in questo caso attestata da una probabile rappresentazione di culto solare, dove alcune figure antropomorfe tipiche dell’età del Rame (2800-2000 a.C.) attorniano un disco, interamente picchiettato, che potrebbe forse rappresentare il Sole.

Fig. 152. Il complesso istoriativo di Plas, Paspardo, in un rilievo schematico di P. Barale.

La piattaforma di Plas sembrerebbe quindi essere stata utilizzata per questo tipo di osservazioni anche in epoche successive a quelle protostoriche. Una simile supposizione pare alquanto verosimile se si tiene in considerazione la presenza di altre incisioni rupestri collocate al di fuori dei contesti precedentemente citati.
La balconata rocciosa sovrastata da alcuni massi di frana, che domina su Capo di Ponte, Seradina, Cemmo e Bedolina - aree dove è la maggiore concentrazione di arte rupestre dell’intera Valcamonica - compaiono due interessanti rappresentazioni antropomorfe del tutto isolate rispetto al nucleo principale dell’intero complesso (parete del Sole e Roccia dei cinque pugnali).
La prima istoriazione rappresenta una figura umana (cm 21 x 25,5) disposta sul piano orizzontale dell’affioramento. Questa incisione, che per la sua struttura simmetrica si presta ad interessanti considerazioni di forma, presenta gambe a “V” e braccia aperte orizzontali con mano a tre dita. Incisa probabilmente in epoca medievale, risulta rivolta perfettamente all’Ovest magnetico. La postura di questo personaggio, come già appare in quelle più antiche presenti su alcune stele della Valcamonica (Cemmo 3, faccia B; Cemmo 4; Borno 1; Ossimo 6, 7 e 8), sembra accennare, come già riconosceva il Leonardi nel 1950 nel “personaggio danzante”, ad un passo di danza forse allusivo al movimento apparente del luminare diurno (11). Una seconda interpretazione vedrebbe questa incisione come una antropomorfizzazione del Sole; l’astro “raggiato”, che generalmente viene posto sul capo dell’antropomorfo (stele di Ossimo 7, 8, 9 e M13), in questo caso non è più stato rappresentato perché si troverebbe “realmente” posto nei momenti del suo tramonto agli equinozi in fronte all’incisione.
La seconda istoriazione (cm 32x27), disposta anch’essa sul piano orizzontale dell’affioramento e rivolta perfettamente ad Ovest (magnetico), figura che il Leonardi identifica come “zappatore”, pare rappresentare una scena di “zappatura”. L’immagine collocata di fronte ad un simbolo cruciforme a bracci uguali – probabile rappresentazione solare –, risulterebbe legata ai lavori agricoli di aratura, operazione che si svolge in prossimità dell’equinozio d’autunno. Questa dinamica descrittiva dell’arte rupestre camuna, ripresa, come nel nostro caso, nel periodo medievale, pare che in realtà abbia incominciato ad essere comunemente raffigurata nel periodo di transizione dal Bronzo finale alla prima età del Ferro (inizio del I° millennio a.C.).
Le figure istoriate sulle rocce di Plas, fortemente indiziate di rappresentare parte della memoria storica di alcune osservazioni di astronomia sferica, potevano costituire i segni accompagnatori che i principali esponenti delle comunità locali potevano collocare in luoghi particolari al fine di stabilire allineamenti tesi a marcare, attraverso il profilo dei monti, il fluire delle stagioni. Quindi, come afferma l’Anati: “Il Capitello dei due pini è l’ultima immagine sacra figurata in questo luogo nel quale una tradizione di culto si è tramandata fin dall’alba della civiltà camuna, probabilmente senza interruzione per oltre tremila anni”.

Ringraziamenti.
Ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito in qualsiasi modo alla realizzazione di questa ricerca ed, in particolare: Giuseppe Brunod, Enrico Calzolari, Elisabetta Casini, Giorgio Dimitriadis, Sandro Panteghini, Federico Troletti. Un ringraziamento particolarmente sentito a Paolo Turelli e famiglia, senza l’ospitalità, la pazienza e la infinita disponibilità dei quali il nostro survey, durato oltre due anni, non avrebbe potuto avere luogo.

NOTE
(1) A.L.A.P.: Associazione Ligure Astrofili Polaris
C.C.S.P.: Centro Camuno di Studi Preistorici
Ce.S.M.A.P.: Centro Studi e Museo d'Arte Preistorica
I.I.S.L.: Istituto Internazionale di Studi Liguri
S.A.It.: Società Astronomica Italiana
S.I.A.: Società Italiana di Archeoastronomia
S.I.S.F.A.: Società Italiana di Storia della Fisica e dell'Astronomia

(2) P. Barale ha eseguito lo studio, i frottage ed i disegni degli antropomorfi e del petroglifo raggiato.
M. Castelli ha eseguito lo studio ed il frottage delle coppelle nonché alcune fotografie.
M. Codebò ha eseguito i rilievi ed i calcoli astronomici; le fotografie; le determinazioni topografiche. Ha redatto la versione definitiva del presente testo.
H. De Santis ha eseguito i calcoli astronomici e topografici.
L. Fratti ha fornito i dati storico-artistici sul sito in particolare e sui monumenti camuni in generale. Ha coordinato e fornito il supporto logistico.
E. Gervasoni ha promosso ed introdotto le nostre indagini archeoastronomiche in Valcamonica. Ha curato e coordinato l'organizzazione dei sopralluoghi. Ha raccolto i dati storici sul sito.

(3) Come è ormai assodato quasi concordemente, dal punto di vista geologico le Alpi cominciano non dal colle di Cadibona (SV) – long. 8°20’E – ma dal versante occidentale della Val Polcevera (GE) e più precisamente dall’asse Sestri Ponente-Voltaggio – long. 8°51’ E – (Aubouin e Brousse 1977, vol. II, pp. 475-476, fig. n. 254)

(4)  Tutta la zona compresa tra l’asse Sestri Ponente-Voltaggio (GE) e la vetta del M. Bèigua (SV) è nota in geologia come Gruppo di Voltri ed è costituita da potenti complessi di rocce ofiolitiche del ciclo alpino, formatesi da magmi fuoriusciti nel Mesozoico dai profondi fondali oceanici della Tetide e poi emersi durante l’orogenesi alpina. La zona è interessata da forti anomalie magnetiche (IGM 1974, 1988; IGM e INGV 2001): almeno in due luoghi – sulla vetta del Bric Greppino (Codebò 1997c, p. 327) e sulla vetta del M. Sejeu (osservazione personale di Codebò e De Santis il 02/06/2003) – si osserva una inversione completa della polarità magnetica, manifestata dalla rotazione a 180° dell’ago della bussola.

(5) La letteratura psicoanalitica sul simbolismo è vastissima. Limitandoci solo ad alcune opere fondamentali, citiamo:
A) Per la scuola freudiana:
S. Freud (1899). L'interpretazione dei sogni. In: O.S.F., vol. III, Boringhieri, Torino, 1980.
S. Freud (1915-1917). Introduzione alla psicoanalisi. Lezione X. In: O.S.F., vol. VIII, Boringhieri, Torino, 1976.
0. Fenichel (1951). Trattato di psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi. Cap. IV, par. 8. Astrolabio, Roma, 1951.
C. Rycroft (1970). Dizionario critico di psicoanalisi. Astrolabio, Roma.
J. Laplance, J.B. Pontalis (1990). Enciclopedia della psicoanalisi. Laterza, Bari.
A.A. Semi (1988). Trattato di psicoanalisi. Vol. I, pp. 298. Raffaello Cortina, Milano.
B) Per la scuola junghiana:
C.G. Jung (1950). Simboli della trasformazione. In: O.C.G.J., vol. V. Bollati Boringhieri, Torino, 1992.
C.G. Jung (1980). L'uomo e i suoi simboli. Longanesi & C., Milano.

(6) tm è il tempo solare medio del fuso orario locale (diverso dal tempo solare vero locale tv che risulta dal tempo solare vero del meridiano centrale del fuso orario ± la longitudine del luogo): praticamente l'ora dell'orologio! Invece il tempo solare medio  di Greenwich - o Tempo Universale - è sempre indicato con la sigla UT o, in Italiano, TU. Il tempo solare vero di  Greenwich è indicato in Italiano con la sigla TV ed in Inglese con G.H.A., che significa: angolo orario di Greenwich. Poiché il fuso orario in cui si trova l'Italia (fuso orario dell'Europa centrale) anticipa di un'ora quello di Greenwich (fuso orario dell'Europa occidentale) il tempo solare medio tm dell'Europa centrale anticipa sempre di un'ora il tempo universale UT.
In estate vi è una differenza di due ore, dovuta all'ora legale estiva.
Per maggiori informazioni in merito vedere in: Flora 1987; Meeus e De Meis 1990; Meeus 1998; Smart 1977; Zagar 1984.

 (7) Le due montagne, poiché prospetticamente quasi allineate con località Plas e di altezza quasi uguale, non sono facilmente distinguibili l'una dall'altra.

(8) Per il calcolo delle variazioni dell'obliquità dell'eclittica, che modifica declinazione ed azimut degli astri mobili in un ciclo di circa 41000 anni, ci siamo avvalsi della formula di Laskar (Meeus, 1998, pp. 147-148). Solo agli equinozi la declinazione 0° e l'azimut 90°«270°del Sole restano invariati.

(9) Questo periodo è la retrogradazione dei nodi dell'orbita lunare sul piano dell'eclittica. Zagar, 1948, p. 236, lo calcola in 6793 giorni. Meeus e De Meis, 1990, p. 68, in 6798 giorni.

(10) Circumpolari sono quelle stelle che, alla latitudine dell’osservatore, non sorgono e non tramontano mai sull’orizzonte astronomico. Anticircumpolari sono, invece, quelle stelle che, alla latitudine dell’osservatore, non sono mai visibili. Una stella è circumpolare se la sua declinazione e la latitudine dell’osservatore sono dello stesso segno N o S e se la loro somma è ³ 90°. E’ anticircumpolare se declinazione e latitudine sono di segno opposto – una S e l’altra N – e la loro somma è ³ 90°. Se queste condizioni non sono soddisfatte, la stella sorge e tramonta sempre sull’orizzonte astronomico (che coincide con il piano tangente all’osservatore e perpendicolare al suo asse zenith-nadir e s’identifica, sostanzialmente, con l’orizzonte marino. Invece, in presenza di rilievi collinari o montuosi, anche distanti, si parla di orizzonte visibile). All’equatore tutte le stelle sorgono e tramontano; ai poli sono tutte circumpolari.

(11) In questo contesto acquista una particolare importanza l’ipotesi formulata da Gaudenzio Ragazzi (Brunod, Ferreri, Ragazzi 1999, pp. 149-167): che, cioè, alcune antiche danze rituali rappresentino il moto degli astri. In effetti l’escursione annua del Sole tra i due estremi solstiziali sulla linea dell’orizzonte apparente e quello della Luna intorno al Sole sembrano vere e proprie danze ritmiche, come già aveva adombrato Diodoro Siculo nel I secolo a. C., menzionando il ballo di Apollo, divinità solare, dall’equinozio vernale alla levata delle Pleiadi nel tempio circolare di un’isola nordica (Cossard 1993, pp. 83-84). Riteniamo che questo filone meriti un attento approfondimento.
 

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