L’ archeoastronomia è il ramo della ricerca scientifica archeologica
che studia le conoscenze astronomiche, acquisite con metodi propri, dalle
popolazioni preistoriche, protostoriche, classiche, tardo-antiche e medioevali.
Nacque nel XVIII secolo, in Inghilterra, quando W. Stukeley e J. Wood si
accorsero che l’asse principale di Stonehenge è rivolto verso il
sorgere del sole al solstizio estivo (Hadingham 1978; Codebò 1999).
Nel XIX secolo Sir J.N. Lockyer e F.C. Penrose studiarono gli orientamenti,
rispettivamente, dei templi egizi e greci e, successivamente ed in collaborazione,
di Stonehenge. Nel XX secolo autori come G. Hawkins, F. Hoyle, C.A. Newham,
A. & A. Thom (rispettivamente padre e figlio), A. Burl, A. Aveni, M.
Hoskin, C. Ruggles, J.A.Belmonte, G. Foderà Serio, V. Castellani
ed altri hanno ampliato enormemente le indagini, estendendole alla maggioranza
delle strutture megalitiche europee e mediterranee ed, in parte, a strutture
di età più recenti. Risultati particolarmente significativi
hanno fornito le indagini eseguite sulle civiltà pre-colombiane,
che conobbero un amplissimo sviluppo dell’astronomia. Anche in Italia,
dove le ricerche hanno forse un po’ stentato ad avviarsi, sono stati raggiunti
lusinghieri risultati, specialmente in Val d’Aosta (Cossard, Mezzena, Romano
1991; Cossard 1993), nelle Venezie, in Puglia (Romano 1992) ed in Sardegna
(Proverbio 1986 e 1991 in A.A. V.V.). In Liguria da alcuni anni opera Archeoastronomia
Ligustica, di Mario Codebò ed Henry De Santis, le cui oltre trenta
pubblicazioni sono visibili anche sul sito www.archaeoastronomy.it.
Altre ricerche sono in corso ad opera di L. Felolo ed E. Calzolari,
i risultati delle quali sono stati solo in parte pubblicati.
Di particolare importanza in ambito nazionale sono:
a) l’opera pionieristica dell’Ing. G. Innerebner in Alto Adige, i cui
lavori, interamente pubblicati su Der Schlern, hanno di fatto introdotto
l’archeoastronomia in Italia;
b) le vastissime ricerche di A. Tavolaro nel Sud-Italia, con oltre
duecento pubblicazioni.
Le prime osservazioni astronomiche forse nacquero nel paleolitico superiore,
come testimonierebbero incisioni su ossa e pietre rinvenuti in strati di
culture cro-magnoidi (Marshak, 1970) (1), benché questa ipotesi
non trovi il favore di gran parte dei paletnologi. Ma è soprattutto
con l’avvento dell’agricoltura e della pastorizia nel neolitico che si
rese necessario disporre di mezzi che consentissero la misurazione del
trascorrere del tempo. Poiché quest’ultimo è definito, ancora
ai giorni nostri, dal moto degli astri, in regioni montuose come la penisola
italiana bastò probabilmente utilizzare, quali punti di riferimento,
i profili e le cime dei monti, nonché le ombre da essi proiettate.
Approfondite ricerche, eseguite nel corso di parecchi anni dallo studioso
sudtirolese hanno permesso di evidenziare in Alto Adige sistemi cronometrici
e calendariali di questo tipo (Innerebner, 1959 et alia). E’ degno di nota
il fatto che ricerche indipendenti condotte attualmente da E. Boccaleri
nella zona di Carnino (CN) confermerebbero analoghe sopravvivenze
in un’area alpina culturalmente diversa. Differente fu invece l’evoluzione
nelle pianure, dove l’orizzonte, privo di punti di riferimento, impose
l’innalzamento di strutture anche molto poderose. Nacquero così,
accanto alle sepolture dolmeniche, gli allineamenti megalitici dell’Europa
nord-occidentale come Stonehenge, Callanish, Carnac, per citare solo i
principali. Nell’Europa dell’età dei metalli l’osservazione pragmatica
del moto degli astri si fuse da subito con il loro culto.
Il megalitismo ebbe la sua massima fioritura nel corso dell’eneolitico
europeo (2) (III millennio a.C.) e si esaurì alle soglie dell’età
del ferro (I millennio a.C.), sopravvivendo unicamente, in un certo senso,
nelle strutture murarie “ciclopiche” difensive delle nascenti città.
Nel frattempo l’accumulo plurisecolare di osservazioni celesti aveva consentito
l’elaborazione di veri e propri calendari, dei quali tutti i popoli protostorici
furono in possesso.
Mentre sui monti permasero a lungo, accanto agli insediamenti rustici,
i metodi arcaici di misurazione del tempo - come attesta la sopravvivenza
di significativi toponimi quali: Cima Undici, Bric del Mezzogiorno, Sas
del Meszdì - nelle pianure e nelle aree cittadine l’osservazione
astronomica venne inglobata nelle strutture urbanistiche: città
come Marzabotto, Alatri, Elea ed Augusta Bagiennorum furono orientate astronomicamente
all’atto della fondazione (Pallottino 1981; Romano 1992; Sassatelli 1992;
Barale, Codebò, De Santis 2001, pp. 489-502).
Il Cristianesimo si preoccupò di sostituirsi al paganesimo non
soltanto innestando le proprie festività su quelle pagane, che erano
vere e proprie ricorrenze solari e lunari, ma anche orientando astronomicamente
i propri luoghi di culto. Ottenne così il duplice scopo di perpetuare
il servizio calendariale a vantaggio delle anime di cui si prendeva cura
e di impressionarle con “effetti” scenografici. Ne sono buoni esempi le
chiese medioevali entro la cerchia muraria di Treviso, la cappella degli
Scrovegni a Padova, S. Procolo di Naturno (Codebò 2001; c.s. 1),
le chiese dell’antica Repubblica Marinara ligure di Noli (Bònora,
Calzolari, Codebò, De Santis 199 ; Bònora, Codebò,
De Santis, Marano Bònora 199 ; Bonòra, Codebò, De
Santis, Marano Bonòra c.s.) e, in campo laico, Castel del Monte,
l’edificio ottagonale fatto costruire in Puglia da Federico II Hohenstaufen
ed ampiamente studiato da A. Tavolaro. La cultura umanistica del rinascimento
impose l’orientamento degli edifici secondo le esigenze del progetto urbanistico,
mentre, d’altra parte, l’accumulo ormai plurimillenario di osservazioni
sfociava nella riforma gregoriana dei calendario prima, e nella rivoluzione
copernicana poi: nasceva la moderna astronomia strumentale e scientifica
galileiana.
Le primitive osservazioni astronomiche si riferivano soprattutto ai
movimenti apparenti del sole e della luna, meno frequentemente delle stelle
fisse e dei pianeti. La terra, come è noto, compie un’intera rivoluzione
intorno al sole in 365,2422 giorni solari medi (3). Sulla volta celeste
il fenomeno si manifesta come il sorgere od il tramontare del sole dietro
uno stesso punto di riferimento dell’orizzonte - in genere un rilievo orografico
- ogni 365 giorni: è questo l’anno tropico (4) che differisce dall’anno
siderale (5) non solo per durata, ma anche per il fatto che, in esso, il
ritorno del sole dopo un anno allo stesso punto di levata o di tramonto
è osservato in riferimento ad una stella fissa; perciò l’anno
siderale è più lungo di quello tropico di circa 20’24” (Zagar
1984). Oltre a ciò il sole sembra spostare il suo punto di levata
o di tramonto sulla linea dell’orizzonte entro un’ampiezza di gradi sessagesimali
che variano in funzione della latitudine, ad eccezione dell’alba o del
tramonto agli equinozi, che avvengono sempre, a qualunque latitudine ed
in qualunque epoca, rispettivamente a 90° e a 270°. Se consideriamo
l’orizzonte visibile come un cerchio orizzontale al centro del quale sta
l’osservatore avendo il nord alle spalle ed il sud di fronte, alla latitudine
della Liguria (circa 44°30’ N) gli estremi settentrionali e meridionali
toccati dal sole nel suo moto apparente sono: all’alba 57° al solstizio
d’estate (intorno al 21/6) e 123° al solstizio d’inverno (intorno al
21/12); al tramonto 303° al solstizio estivo e 237° al solstizio
invernale. A latitudini diverse questi estremi variano molto.
I movimenti della luna sono più complicati di quelli solari,
perché la sua orbita è inclinata di circa 5°09' sul piano
dell’eclittica (l’orbita sulla quale si spostano apparentemente tutti gli
astri mobili - in realtà l'orbita della terra intorno al sole -
suddivisa in dodici parti dalle costellazioni zodiacali), la quale, a sua
volta, è inclinata di 23° 26’21,448" (al 01/01/2000) sul piano
dell’equatore celeste (che è una proiezione nello spazio dell’equatore
terrestre); di conseguenza la sua declinazione (cioè l’altezza dall’orizzonte
nel sistema delle coordinate equatoriali) (6) massima è di + 28°
36’ e quella minima di - 28° 36’, per cui essa in questi due momenti
sorge e tramonta più a N del punto ove sorge e tramonta il sole
al solstizio d’estate alla stessa latitudine e 15 giorni dopo più
a S dei punto ove sorge e tramonta esso alla stessa latitudine al solstizio
d’inverno: sono questi i cosiddetti punti d’arresto maggiori, rispettivamente
superiore ed inferiore, o stazioni massima e minima. Ciò si verifica
ogni 18 anni e 7 mesi circa quando i nodi dell’orbita lunare (cioè
i punti d’incontro dell’orbita lunare con l’eclittica), che ruotano intorno
alla Terra in 6798 giorni medi, vanno a coincidere con il punto d’Ariete
e il punto di Bilancia (rispettivamente 21 marzo e 23 settembre) dell’eclittica.
In questo mese lo spettacolo che si manifesta è veramente straordinario:
dapprima la luna compie il semicerchio più alto e più settentrionale
di tutto il suo ciclo diciottennale e 15 giorni dopo descrive invece quello
più basso e più meridionale. Il fenomeno colpì molto
la fantasia dei nostri progenitori che vi dedicarono numerose strutture
megalitiche sia a scopo di misurazione (per esempio le quattro pietre di
riferimento di Stonehenge I) che di culto (per esempio la maggior parte
delle strutture della necropoli eneolitica di Saint Martin de Corléans).
A metà del suo ciclo diciottennale invece la luna, a causa del
sottrarsi dell’inclinazione della sua orbita rispetto a quella dell’eclittica
(+ 18°18’ e – 18°18’), descrive in cielo un semicerchio molto prossimo
alla linea equinoziale (E-W): sono questi i due punti d’arresto minori
o stazioni intermedie, rispettivamente superiore ed inferiore. Per tutti
questi motivi la luna sorge e tramonta allo stesso azimut una volta ogni
18 anni e 7 mesi circa.
Molto più semplici sono i movimenti delle stelle fisse le quali,
però, essendo dotate di un pur lentissimo moto proprio, dopo qualche
migliaio di anni modificano irreversibilmente i loro azimut di levata e
tramonto. Inoltre particolari fenomeni quali le supernovae (7) rimangono
a noi sconosciuti, a meno che gli antichi non ce ne abbiano lasciata esplicita
menzione scritta, come nel caso della supernovae del 1054 d.C. nella costellazione
del Toro, curiosamente registrata dagli astronomi cinesi ma non da quelli
europei.
Per tutte queste ragioni gli allineamenti stellari sono da valutare
con prudenza. Tuttavia la loro estrema importanza è dimostrata,
oltre che da alcuni reperti (Callanish, Saint Martin de Corléans,
etc.), dal fatto che la ripartizione del giorno in 24 ore pare derivare
proprio dalla suddivisione della notte, da parte degli antichi Egizi, in
12 parti, scandite dalla levata di 12 stelle luminose.
Infine i moti planetari, per ora assenti dall’ambito europeo, hanno
avuto una parte primaria nelle civiltà precolombiane.
In taluni siti poi (per esempio nella tomba IV di Saint Martin de Corléans),
sono stati identificati allineamenti con azimut solari in particolari giorni
dell’anno coincidenti con antiche festività, la più celebrata
delle quali fu Beltàne, corrispondente al nostro Calendimaggio.
Essi testimonierebbero della estrema antichità di tali feste tramandatesi
di generazione in generazione per millenni.
Tutti questi allineamenti si misurano di regola con metodi archeoastronomici
che implicano l’uso di strumenti di precisione, quali il teodolíte
o lo squadro sferico graduato con clinometro, e complessi calcoli. Ciò
perché il geomagnetismo varia imprevedibilmente nel tempo, soprattutto
sulla scala geologica e paletnologica.
Perciò le misurazioni ottenute con la bussola sono da considerarsi
potenzialmente affette da gravi errori, anche quando si è avuta
l’accortezza di eseguirle fuori da aree di anomalia, lontano da oggetti
metallici e correggendo la declinazione magnetica. Nonostante ciò
il suo uso e quello della carta topografica a grande scala, nei modi noti
ad ogni escursionista, può risultare utile in via preliminare, specialmente
nel corso di una campagna esplorativa.
N O T E
1) Cro-Magnon = tipo umano caratterizzato da alta statura e cranio dolicocefalo
(ossia allungato in senso antero-posteriore). appartenente alla specie
Homo sapiens-sapiens, comparso in Europa circa 35.000 anni fa, in concomitanza
con la estinzione della specie Homo Sapiens Neanderthalensis. Da esso deriva
l’uomo contemporaneo.
2) Eneolitico = età dei rame; sinonimo di calcolitico (preferito
dagli autori francesi: calcolithique). Cronologicamente inquadrabile, in
Italia, nel III millennio a.C..
3) Giorno Solare Medio o Giorno Medio = media esatta di tutte le durate
dei giorni veri in un anno, convenzionalmente pari a 24 ore. I giorni veri
corrispondono all’intervallo di tempo - pari a ore 24 ±17 minuti
circa a seconda della data - fra due successivi passaggi, superiori od
inferiori, del centro geometrico del disco solare al meridiano.
4) Anno tropico = periodo di tempo intercorrente tra due successivi
passaggi del sole all’equinozio di primavera (o Punto vernale). Differisce
dall’anno siderale perché quest’ultimo dura 365,2564 giorni solari
medi, mentre il primo ne dura 365,2422; ossia l’anno tropico è più
breve di 20 minuti e 24 secondi rispetto all’anno solare.
5. Anno siderale = periodo di tempo impiegato dal sole a percorrere
apparentemente l’intera eclittica rispetto ad un punto fisso di essa. Per
la sua durata si veda nota n. 4.
6) Coordinate equatoriali = uno dei quattro sistemi di coordinate astronomiche.
7). Supernovae = stelle che, a causa di processi interni, aumentano
improvvisamente la loro la loro luminosità (magnitudine) da 18 a
20 volte, per poi diminuirla lentamente, fino a scomparire. Si distinguono
visivamente dalle novae perché quest’ultime aumentano la loro magnitudine
di sole 7-8 volte. Invece i processi interni sono molto differenti.
BIBLIOGRAFIA
A.A.V.V. (1986-1987). Primo seminario sulle ricerche archeoastronomiche
in Italia. Giornale di astronomia, vol. l2°, 3-4, vol. 13° 1-2-3.
A.A.V.V. (1991). Colloquio internazionale Archeologia e Astronomia.
Rivista di archeologia, Supplemento n. 9.
P. Barale, M. Codebò, H. De Santis (2001). Augusta
Bagiennorum (Regio IX), una città astronomicamente orientata.
In: Studi Piemontesi, nov. 2001, vol. XXX, fasc. 2.
E. Bernardini (1977). Guida alle civiltà megalitiche. Vallecchi,
Firenze.
V. Bonòra, E. Calzolari, M. Codebò, H. De Santis (1999).
Gli orientamenti delle chiese del Caprione
(SP) e dell'isola di Bergeggi (SV). In: Atti del XVIII Congresso Nazionale
di Storia della Fisica e dell'Astronomia, Milano.
V. Bonòra, M. Codebò, H. De Santis, A. Marano Bonòra
(2000). Gli orientamenti astronomici delle chiese
di S. Michele e S. Lazzaro a Noli (SV). In: Atti del XIX Congresso
Nazionale di Storia della Fisica e dell'Astronomia, Milano.
V. Bonòra, M. Codebò, H. De Santis, A. Marano Bonòra
(c.s.). Gli orientamenti astronomici delle chiese
di S. Giulia e S. Margherita di Capo Noli. Poster al II Convegno Annuale
S.I.A.
M. Codebò (1999). Introduzione
al libro "La rosa camuna di Sèllero", di G. Brunod, W. Ferreri,
G. Ragazzi, ed. I quaderni di Natura Nostra, 11, Savigliano (CN).
M. Codebò (2001). Archäoastronomische
Erforschung der frühchristlichen Kirke von St. Prokulus in Naturn.
In: Arunda, 56, Bolzano.
M. Codebò (c.s.). Archeoastronomia
in Val Venosta: S. Procolo di Naturno. Poster al I Convegno Annuale
S.I.A..
D. Colli (1986). Altopiano di Siusi. Sciliar. Tamari montagna edizioni,
Bologna.
G. Cossard, F. Mezzena. G. Romano (1991). Il significato astronomico
del sito megalitico di Saint Martin de Corléans ad Aosta. Tecnimage,
Aosta.
G. Cossard (1993). Le pietre ed il cielo. Veco, Cernobbio (Co).
E. Hadingham (1978). I misteri dell'antica Britannia. Newton Compton,
Roma. Ed. Originale: Circles and standing stones, 1975.
G. Innerebner (1959). La determinazione del tempo nella preistoria
dell’Alto Adige. Annali dell’Università di Ferrara, N S , Sez. XV,
1, 1.
A. Marshack (1970). Notation dans les gravures du paléolithique
supérieur. Nouvelle méthodes d’analyse. Publications de l’Institut
de préhistoire de l’Université de Bordeaux, memoire n. 8.
E. Proverbio (1989). Archeoastronomia. Teti, Milano.
M. Pallottino (1981). Genti e culture dell’Italia pre-romana. Jouvence.
Roma.
G. Romano (1992). Archeoastronomia italiana. CLEUP, Padova.
G. Sassatelli (1992). La città etrusca di Marzabotto. Grafis
Edizioni, Casalecchio di reno (BO).
F. Zagar (1984). Astronomia sferica e teorica. Zanichelli, Bologna.