Premessa.
Una dispensa che trattasse, anche soltanto in forma generica, il tema
dell’archeoastronomia tra necessità quotidiana e visione del mondo
diventerebbe un libro vero e proprio per almeno tre ragioni:
a) la complessità dell'argomento;
b) la sua natura di scienza tutt'ora in formazione, benché metodologicamente
fondata nel XVIII secolo;
c) il suo vastissimo campo cronologico di applicazione: dalle prime
manifestazioni umane d’interesse per il cosmo, forse già nel paleolitico
superiore, al debutto dell’astronomia come scienza autonoma nel XVI secolo
d.C.
L’archeoastronomia è scienza, di fatto, tutt’ora in formazione
– o, potremmo dire, addirittura in fase pionieristica – fondamentalmente
perché i suoi metodi originari, squisitamente astronomici, non si
sono mai amalgamati con quelli archeologici, di stampo più umanistico
che matematico. Paradossalmente – con gran danno della ricerca scientifica
– archeoastronomia ed archeologia hanno proceduto parallelamente per due
secoli senza quasi incontrarsi e, soprattutto, compenetrarsi reciprocamente.
Eppure grandiose civiltà del bacino orientale del Mediterraneo hanno
notoriamente sviluppato un sapere astronomico che è alla base delle
nostre cognizioni moderne e nessun assiriologo o egittologo ne può
prescindere.
La scoperta di questi ultimi decenni è che anche le civiltà
preistoriche europee, segnatamente quelle "megalitiche", osservavano e
"misuravano" il moto degli astri.
Questa impermeabilità tra i due ambienti è in gran parte
visibile ancora oggi, come dimostrano due manifeste evidenze:
1) gli archeologi trascurano pressoché sistematicamente la ricerca
degli eventuali riferimenti astronomici nelle strutture che stanno scavando
(perdendoli, se vi sono);
2) le mappe di scavo non sono mai orientate esattamente nello spazio.
Circa il punto 1) occorre precisare che gli eventuali riferimenti astronomici
- allineamenti, notazioni calendariali, ecc. - vanno considerati come veri
e propri reperti di cultura materiale e come tali trattati. Sono anche
reperti di cultura intellettuale perché, se presenti, testimoniano
un aspetto della civiltà in cui vengono trovati.
Così, per esempio, la scoperta di ben diciotto allineamenti
astronomici nella necropoli eneolitica di St. Martin de Corléans
in Aosta ci dimostra come questa comunità, oltre al culto delle
statue-stele, alle sepolture collettive in tombe dolmeniche prima ed a
cista poi e ad altri aspetti, fosse attenta a vari fenomeni celesti, fra
cui, particolarmente notevoli, il sorgere e tramontare di stelle: fenomeno
da considerarsi tutt'oggi di riscontro raro nella preistoria europea (nonostante
il parere contrario di J. North, il cui lavoro del 1996 -Stonehenge, ed.
HarperCollinsPublisher LTD., trad. It Il Mistero di Stonehenge, ed. Piemme,
Casale Monferrato (AL) - appare poco convincente sotto molti aspetti) ma
molto comune nelle civiltà precolombiane.
La scoperta poi - soprattutto ad opera di A. Thom - di numerosi allineamenti
astronomici nella maggior parte delle strutture "megalitiche" europee dei
millenni dal IV al I a.C., con una particolare fioritura nel III, ci permette
di affermare che l'osservazione di fenomeni celesti e la conseguente misura
del tempo è una delle caratteristiche tipiche delle culture di questi
periodi ed il fatto che le varie culture dei secoli IX-XVIII a.C. si presentino
con un calendario già formato, ancorché imperfetto, dimostra
indirettamente la preesistenza di lunghe ed indispensabili osservazioni
nei secoli precedenti.
Il punto 2) merita alcune ulteriori considerazioni per la sua estrema
importanza. Infatti per orientare esattamente nello spazio una mappa occorre
usare metodi anche semplici ma astronomici. La bussola, infatti è
soggetta a varie anomalie: oltre a quelle locali, anche la declinazione
magnetica (dovuta alla non coincidenza dei poli geografici con quelli magnetici)
varia imprevedibilmente nel tempo, rendendo nullo il valore di un azimut-bussola,
anche molto preciso, dopo qualche anno (Codebò1997a, pp. 323-335;
1997b, pp. 41-109). Il concetto è sostanzialmente lo stesso del
punto-nave: la determinazione assoluta della posizione si ottiene solo
con l’ausilio degli astri e dei relativi strumenti di misurazione (con
essi in navigazione si verifica anche la declinazione magnetica orientando
la prua della nave verso un astro di coordinate note) e, al giorno d’oggi,
con ricevitori satellitari GPS e GLONASS a banda larga o, meglio, a doppia
banda. Questi ultimi sono, a differenza dei primi, molto precisi ma costosi.
Un metodo astronomico molto semplice per orientare con sufficiente
esattezza nello spazio la mappa di scavo e che non richiede l’uso
di strumentazione, consiste nel calcolare preventivamente l’istante
del mezzogiorno locale (o vero o astronomico), ossia l’istante in cui il
Sole culmina al meridiano del luogo, e nell'allineare poi una coppia di
paline verso il suo centro. Si individua così l'asse N-S: il sole,
infatti, culmina sempre a sud nell'emisfero boreale ed il suo azimut reciproco
in quell'istante è sempre il nord (nell'emisfero australe accade
esattamente e specularmente il contrario).
Poiché i nostri orologi sono sincronizzati sulla culminazione
del sole al meridiano centrale del fuso orario locale, occorre prima calcolare
l'ora del mezzogiorno vero con la formula:
1) h12:m00:s00 + (±costante locale) + (±e.t)
dove la costante locale è la distanza - o longitudine - in unità
di tempo del meridiano locale da Greenwich ed e.t. è l'equazione
del tempo.
La costante locale è data dalla distanza, in unità di
tempo, del meridiano locale dal meridiano centrale del fuso orario di appartenenza.
L'equazione del tempo e.t. è data giorno per giorno dalle Effemeridi,
oppure può essere calcolata nel modo descritto al cap. 1, pp. 93-94,
di (Meeus 1990) ed al cap. 28, pp. 183-187, di (Meeus 1998).
Le Effemeridi o Almanacco sono pubblicazioni annuali contenenti dati
numerici sui moti e le posizioni di alcuni astri. Generalmente si dividono
in Effemeridi Nautiche ed Astronomiche. Le prime riportano dati sui soli
astri visibili (Sole, Luna, Venere, Marte, Giove, Saturno) e sulle oltre
cinquanta stelle utilizzate in navigazione. Il vantaggio è che tempi
e moti sono tabulati ora per ora di ciascun giorno dell'anno e, pertanto,
semplificano parecchio i calcoli. Sono pubblicate da tutte le Marine Militari
(in Italia dall'Istituto Idrografico della Marina, avente sede a Genova)
per gli usi e le necessità della navigazione.
Le seconde riportano dati su un numero molto maggiore di astri, anche
non visibili ad occhio nudo (come, per es., tutti i pianeti del sistema
solare ed i loro principali satelliti, nonché comete, asteroidi,
oggetti del cielo profondo, ecc. ma poche stelle), ma sono tabulate,
in genere, per la sola mezzanotte di ogni giorno dell'anno e, pertanto,
richiedono un maggior numero di calcoli. Sono pubblicate anche da istituzioni
private. Per l'archeoastronomia sono meno utili di quelle nautiche, per
quanto indispensabili in certi casi.
Vediamo ora un esempio pratico di calcolo del mezzogiorno vero alla
Cima Dodici (Zwölferkopf) della Val Roja (Rojental) in Alta Val Venosta,
provincia di Bolzano.
In Italia il meridiano centrale del fuso orario locale è quello
passante per l’Etna, a 15°- pari a ore 1, minuti 00 e secondi 00 -
ad est di Greeenwich= h0:m00:s00E.
Ciò significa che, quando il Sole culmina su di esso, segnando
il mezzogiorno vero locale e quello legale per tutto il fuso orario dell'Europa
Centrale, a Greenwich e su tutto il fuso orario dell'Europa Occidentale
sono le ore h11:m00:s00, mentre quando culmina sul meridiano di Greenwich,
sul meridiano dell'Etna sono le ore h13:m00:s00.
Una semplice misura sulla carta topografica 1:100.000, foglio n. 3
Passo di Resia, dell'Istituto Geografico Militare, ci dimostra che Cima
Dodici si trova a 10°28'47" (dati 1940) o 10°28'50" (dati 1950)
ad est di Greenwich, pari - entrambi - a ore 00, minuti 41, secondi 55
= h00:m41:s55E.
Poiché il meridiano dellEtna si trova a h01:m00:s00 a est di
Greenwich, Cima Dodici si trova a h01:m00:s00 - h00:m:41:s55 = h00:m18:s05
ad ovest del meridiano dell'Etna.
Pertanto il mezzogiorno vero sulla Cima Dodici si verifica alle ore
h12:m00:s00 + h00:m18:s05 = h12:m18:s05 + (±e.t.).
Quando è stato effettuato il sopralluogo sul sito, in data 05/08/2002,
e.t. aveva il valore di +m05:s59 (il valore di e.t. non supera mai ±17
minuti nel corso dell'anno, oscillando tra il massimo di +m14,23
verso il 12/02 ed il minimo di -m16,43 verso il 03/11). Pertanto quel giorno
il mezzogiorno vero si verificò alle ore h12:m24:s04, corrispondenti
all'ora legale estiva h13:m24:s04.
In effetti, il Sig. G. Bodini ed io potemmo constatare che, vista dalla
chiesa quattrocentesca di S. Nicola, la Cima Dodici indica esattamente
il mezzogiorno vero o locale o astronomico, mentre le due cime adiacenti
Undici (Elferspitz) e Dieci (Zehenerkopf) indicano, con buona approssimazione,
rispettivamente le ore h11:m:24 e h10:m24 locali, essendo tutte e tre prospetticamente
distanti tra loro circa 15°, spazio che il Sole percorre in un'ora
(15° x h24 = 360°, come già ben sapevano i Babilonesi).
Potemmo così verificare la nostra l'ipotesi: che, cioè, la
chiesa fosse il centro di osservazione di questo "orologio" e l'origine
dei tre oronimi.
La Rojener Sonnenuhr dell'Alta Val Venosta è un buon esempio
delle numerose meridiane naturali sparse un po' in tutto l'arco alpino
(e particolarmente nel Tirolo), la più famosa e complessa
delle quali è a Sesto, in Val Pusteria, dove ben cinque cime indicano
le ore locali dalle nove alle tredici (Innerebner 1959; Romano 1986), particolarmente
se viste dalla Heidenbühel (collina pagana)
Studi condotti dallo scrivente con la collaborazione di altri (solo
in parte pubblicati e visibili sul sito www.archaeoastronomy.it) su sette
di queste montagne meridiane dell'arco alpino, hanno dimostrato, fin'ora
senza alcuna eccezione, che il punto di osservazione, giacente sul prolungamento
settentrionale del meridiano locale passante per la vetta, era occupato
sempre da un insediamento di una certa importanza, mai da un semplice villaggio
(in quattro casi un castello; in un caso la grangia di una certosa; in
un caso - quello sopra descritto - una chiesa, isolata ma internamente
molto elaborata. La settima di queste cime studiate serviva addirittura
un'intera conca alpina, formante un comprensorio autonomo, dove sono presenti
almeno tre castelli e quattro chiese romaniche). In un caso - il Bric di
Mezzogiorno di Cremeno (Codebò 1997a, pp. 323-335; 1997c, pp. 24-26;
Codebò e De Santis c.s 1) - si è constata la presenza di
un castellaro protostorico sotto l'edificio medioevale, per altro del tutto
scomparso.
Insisto sull'importanza di orientare astronomicamente e non magneticamente
le mappe di scavo o, ancor meglio, di misurare con gli appositi strumenti
(teodolite o squadro sferico graduato ed inclinometro) l'orientamento
delle strutture via via portate alla luce (come si è fatto nel caso
della necropoli paleocristiana di Acqui Terme), perché, essendo
lo scavo un processo distruttivo, il non farlo equivale a non registrare
e, perciò, distruggere per sempre una parte dei dati eventualmente
presenti, non essendo più possibile ricostruirli a posteriori in
base a piante anche intrinsecamente molto precise ma grossolanamente orientate
nello spazio con la bussola (Romano 1991, pp. 23-29).
Un esempio di ciò è dato dall'allineamento delle nove
statue-stele rinvenute nel 1905 a Pontevecchio in Lunigiana. Ubaldo
Mazzini le vide che "…erano ancora tutte in posto, piantate ritte l'una
appresso all'altra, a brevissima distanza fra loro, in una fila disposta
da levante a ponente…" (Ambrosi 1972, pp. 45-46).
Sulla base dell'esperienza di St. Martin de Corléans (cui sono,
forse, coeve), possiamo supporre che anche quelle di Pontevecchio fossero
allineate astronomicamente (forse proprio sull'asse E-W) e che, quindi,
l'osservazione del cielo fosse uno degli aspetti della cultura dei Ligures
di Lunigiana. D'altra parte non si può rimproverare un simile errore
a ricercatori del primo novecento, essendo allora l'archeoastronomia ancora
quasi completamente ignorata. Ci deve però servire da ammonimento
oggi!
Tornando ad una rapidissima panoramica dei risultati degli studi archeoastronomici
moderni, verificata abbondantemente l'attenzione ai fenomeni del cielo
(più che altro, sembra, a scopo religioso; ma non per questo con
scarsa precisione) delle culture "europee" almeno dal IV millennio a.C.
fino alla metà del I, le ricerche condotte sul terreno relativamente
alle civiltà classiche (segnatamente quella romana) sono molto scarse
(due - Bulgarelli F., Codebò M., De Santis H. 1998, pp. 206-220;
Barale P., Codebò M., De Santis H. 2001, pp. 489-502 - sono visibili
sul citato sito www.archaeoastronomy.it).
Di fatto, perciò, non sappiamo come si comportassero i Romani, mentre
per gli Etruschi è attestato almeno l'orientamento sui quattro punti
cardinali degli assi viarii di Misa, presso Marzabotto (Romano 1992, pp.
84-90; Sassatelli 1992, pp. 33-40; Aveni e Romano 1994, pp. 545-563).
Molto più numerosi gli studi di età tardo-antica e medioevale.
Sulla base delle risultanze fin'ora acquisite, sembra che, sia nell'Alto
che nel Basso Medioevo, si ponesse molta attenzione all'orientamento delle
chiese. Esemplari, sotto questo profilo: le chiese di Ravenna (Romano 1995);
la Cappella degli Scrovegni a Padova (Romano 1992, pp. 57-67), le chiese
di Noli (Bonòra, Calzolari, Codebò, De Santis 1999 , pp.
285-292; Bonòra, Codebò, De Santis, Marano Bonòra
2000, pp. 171-177) e la chiesa di S. Procolo a Naturno (BZ) (Codebò
2001, pp. 125-129; c.s. I).
Gli studi sulle strutture castrensi - per altro meno conservate di
quelle ecclesiastiche - sono meno numerosi. Ciò non ostante, due
edifici - Castel del Monte in Puglia ed il castello di Bianzano in provincia
di Bergamo - paiono contenere elementi astronomici e geometrici particolari.
Entrambi gli edifici sono stati studiati da Aldo Tavolaro, per la cui vastissima
bibliografia si rimanda più sotto.
Complessivamente il medioevo sembra caratterizzato da una forte incidenza
di orientamenti astronomici nelle strutture ecclesiastiche, che va, via
via, scemando con il trascorrere del tempo ed il parallelo sviluppo di
una scienza astronomica autonoma, quasi che i religiosi avessero assolto
anche il compito della misura del tempo fino alla comparsa di una generazione
di laici cui avrebbero ceduto il compito. Di fatto, con l'avvento del Rinascimento,
le chiese non sono più prevalentemente orientate secondo direzioni
astronomiche (per es. l'asse E-W esatto o il sorgere del sole nella festa
del S. Patrono titolare della chiesa, come in S. Michele di Noli), ma inserite
nell'impianto urbano. E' quanto si riscontra nelle chiese entro la cinta
muraria di Treviso (Romano 1985).
Come ho detto all'inizio, la presente dispensa non può essere
un excursus sui risultati delle ricerche archeoastronomiche, ma soltanto
una traccia per coloro che vogliono introdursi nella materia. Ritengo perciò
proficua una esauriente ma non esaustiva bibliografia ragionata (da affiancare
a quella citata) che guidi il lettore nell'approfondimento dei vari aspetti
della disciplina.
Bibliografia ragionata.
Tre testi sono fondamentali, benché ormai con qualche limite
di aggiornamento, per una panoramica sull'archeoastronomia:
Proverbio Edoardo (1989). Archeoastronomia. Nicola Teti Editore, Milano.
Romano Giuliano (1992). Archeoastronomia italiana. CLEUP. Padova.
Romano Giuliano (1995).Orientamenti ad sidera. Edizioni Essegi, Ravenna.
I primi due sono complementari, poiché Proverbio si occupa dell'intero
globo esclusa l'Italia, mentre Romano approfondisce i reperti e gli studi
esclusivamente italiani. Entrambi sono dotati di appendici tecniche sulle
procedure di calcolo, i metodi di rilievo, le nozioni basilari di astronomia
sferica (o teorica, o di posizione), per altro insufficienti a consentirne
l'applicazione sul terreno. Il terzo libro costituisce tutt'oggi la migliore
sintesi delle procedure e dei rituali di orientamento e della divisione
calendariale del tempo dalla preistoria alla fine del medioevo europei.
A questi tre testi fondamentali, si possono utilmente affiancare:
Cossard Guido (1988). Quando il cielo non aveva nome. Tipografia Valdostana,
Aosta.
Cossard G., Mezzena F., Romano G. (1991).Il significato astronomico
del sito megalitico di Saint Martin de Corléans ad Aosta. Edizioni
Tecnimage, Aosta.
Cossard Guido (1993). Le pietre e il cielo. Veco Editore s.r.l., Cernobbio
(CO).
Il volume del 1991 costituisce la prima comunicazione dei risultati
della campagna di misurazione dell'anno precedente nella necropoli eneolitica
di S. Martin de Corléans, una sintesi sugli aspetti archeologici
della quale (unitamente a quella contigua di Vollein) è in:.
Mezzena Franco (1997). La Valle d'Aosta nel quadro della preistoria
e protostoria dell'arco alpino centro-occidentale. In: Atti della XXXI
Riunione Scientifica, Isituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze.
Molto numerosi sono i testi che trattano degli studi archeoastronomici
in Bretagna, Irlanda ed Inghilterra. Non essendo possibile citarli tutti,
mi limito solo ad alcuni:
Brennan Martin (?). The Stars and the Stones. Ancient Art and Astronomy
in Ireland. Thames and Hudson.
Burl Aubrey (1988, 3rd edition). Prehistoric Stone Circles. Shire Archaeology,
U.K.
Burl Aubrey (1988, reprint 1st ed. 1983). Prehistoric Astronomy and
ritual. Shire Archaeology, U.K.
Burl Aubrey (1993). From Carnac to Callanish. The prehistoric stones
rows and avenues of Britain, Ireland and Brittany.Yale University Press,
New Haven and London.
Hadingham Evan (1978). I misteri dell'antica Britannia. Newton Compton,
Roma. Versione originale: Circles and Standing Stones, 1975.
Gli ultimi due testi citati costituiscono un'ottima sintesi (in Inglese
il primo, in Italiano il secondo) degli studi nell'Europa Nord-Occidentale,
culla del megalitismo e dell'archeoastronomia, nel cui ambito fondamentali
e magistrali anche dal punto di vista metodologico sono stati gli studi
di Alexander Thom (cui si associò successivamente il figlio Archibald),
purtroppo oggi leggibili solo in biblioteca. Qui cito solo i libri, rimandando
per i numerosi ed importanti articoli alle bibliografie dei volumi inglesi
sopra menzionati:
Thom A. (1967). Megalithic Sites in Britain. Oxford.
Thom A. (1971). Megalithic Lunar Observatories. Oxford.
Thom A. & A.S. (1978). Megalithic Remains in Britain and
Brittany. Oxford University Press.
Sull'archeoastronomia delle civiltà pre-colombiane:
Aveny Antony (1989). Gli imperi del tempo. Edizioni Dedalo, Bari.
Aveny Antony (2000). Scale fino alle stelle. Edizioni Corbaccio, Milano
Romano Giuliano (?). I Maya e il cielo. Astronomia, cosmologia e matematica
maya. CLEUP, Padova.
Romano Giuliano (?). Introduzione alla matematica pre-colombiana. CLEUP,
Padova.
Sull'archeoastronomia dei popoli nord-americani:
Romano Giuliano (1998). Mio padre è il cielo. CLEUP, Padova.
Sull'archeoastronomia dei templi maltesi e di Pantelleria:.
Tusa S., Foderà Serio G., Hoskin M. (1992). Orientations of
the Sesi of Pantelleria. In: JHA-Archaeoastronomy, 17.
Foderà Serio G., Hoskin M., Ventura F. (1992). The orientations
of the temples of Malta. In: JHA-Archaeoastronomy.
Ventura F., Foderà Serio G., Hoskin M. (1993). Possible tally
stones at Mnajdra, Malta. In: JHA-Archaeoastronomy.
Nel panorama dell'archeoastronomia italiana non si può prescindere
dagli studi di Georg Innerebner e Aldo Tavolaro.
Innerebner, vissuto a Bolzano, ha introdotto per primo in Italia l'archeoastronomia:
Innerebner Georg (1937). Der Jobenbühel, eine zeitweisende kultstatte
der urzein. In: Der Schlern.
Praticamente tutti scritti in tedesco, i suoi lavori furono pubblicati
sulla rivista alto-atesina Der Schlern, dove sono ancora oggi leggibili,
e successivamente raccolti in due volumi negli anni sessanta. Una parte
fu ripubblicata negli Annali dell'Università di Ferrara, N.S., Sez.
XV paleontologia umana e paletnologia.
La bibliografia di Aldo Tavolaro è la più vasta raccolta
di studi archeoastronomici sull'Italia meridionale, con oltre duecento
titoli, ed è impossibile pubblicarla qui per intero. Mi limito pertanto
a quella da Lui cortesemente inviatami appositamente per questa dispensa,
ringraziandoLo caldamente:
AA.VV. (1991a). Castel del Monte.. Mario Adda Editore, Bari.
AA.VV. (1991b). Die sönne architekt in Castel del Monte. Mario
Adda Editore, Bari.
Tavoalro A. (1974). Elementi di astronomia nell'architettura di Castel
del Monte. Unione Tipografica, Bari.
Tavolaro A. (1976). Astronomia e architettura di Castel del Monte.
In: Castella, 18.
Tavolaro A. (1980). Astronomia e simbolismo nel castello di Bianzano.
In: Castella, 24.
Tavolaro A. (1981). Una stella sulla Murgia. Mario Adda Editore, Bari.
Tavolaro A. (1984). Il sole architetto a Castel del Monte. Mario Adda
Editore, Bari.
Tavolaro A. (1987a). Castel del Monte e il segreto dei templari. F.lli
Laterza Editori, Bari.
Tavolaro a: (1987b). Castel del Monte e il segreto dei templari (narrativa
per la scuola). F.lli Laterza Editori, Bari.
Tavolaro A. (1988a). Castel del Monte e il santo graal. F.lli Laterza
Editori, Bari.
Tavolaro A. (1988b). Il mito solare. F.lli Laterza Editori, Bari.
Tavolaro A. (1988c). Castel del Monte: pitagorismo e islamismo in Puglia.
Isituto Universitario Orientale, Napoli.
Tavolaro A. (1988d). Le favole del cielo. Schene Editore, Fasano (BR).
Tavolaro A. (1989). Puglia piana…grande capitana. Ed. Accademia delle
Tradizioni Pugliesi, Banca Popolare di Bari.
Tavolaro A. (1990). Elementi di astronomia e matematica nell'architettura
di Castel del Monte. Ed. A.I.C.A.
Tavolaro A. (1991c). Astronomia e geometria nell'architettura di Castel
del Monte. Fr.lli Laterza, Editori, Bari.
Tavolaro A. (1991d). Castel del Monte scrigno esoterico. F.lli Laterza
Editori, Bari.
Tavolaro A. (1991e). Pietre come libri. Italgrafica, Bari.
Tavolaro A. (1994a). Astronomie und geometrie in der architektur von
Castel del Monte. F.lli Laterza Editori, Bari.
Tavolaro A. (1994b). Federico II di Svevia imperatore e Leonardo Fibonacci
da Pisa matematico. F.lli Laterza Editori, Bari.
Tavolaro A. (2000). Castel del Monte scienza e mistero in Puglia. Edizione
Giuseppe Laterza, Bari.
Sull'astronomia delle civiltà antiche, fondamentali sono ancora
gli studi ottocenteschi di Giovanni Virginio Schiaparelli, oggi interamente
raccolti in tre volumi comprensivi anche di scritti inediti:
Schiaparelli G. V. (1997-1998). Scritti sulla storia dell'astronomia
antica. Tomi I-III. Ed. IsIAO e Mimesis, Milano.
Due importanti testi moderni sono, invece:
AA.VV. (1997). L'astronomia prima del telescopio. Edizioni Dedalo,
Bari.
Russo Lucio (1997, 2°ed. ). La rivoluzione dimenticata. Feltrinelli,
Milano.
Per chi volesse affrontare l'archeoastronomia dal punto di vista tecnico
ed acquisire le nozioni per l'esecuzione dei rilievi e dei calcoli, è
indispensabile lo studio dell'astronomia sferica (o teorica o di posizione):
Smart W. M. (1977, 6°ed.). Textbook on spherical astronomy. Cambridge
University Press, U.K.
Zagar Francesco (1984, reprint 1948). Astronomia sferica e teorica.
Zanichelli, Bologna.
Ma l'approccio migliore è dato dall'astronomia nautica, poiché
essa si occupa specificamente ed approfonditamente del moto apparente degli
astri visibili, gli unici presi in considerazione in era pre-telescopica:
Flora Ferdinando (1987, 5°ed.). Astronomia nautica. Hoepli, Milano.
Nicoli Aldo (1994). Navigazione astronomica. Del Bianco Editore, Udine.
Indispensabili risultano le Effemeridi annuali e le raccolte di tavole
per la risoluzione di problemi particolari (quali, ad es., la rifrazione
all'orizzonte:
Effemeridi Nautiche. I.I.M., Genova.
Tavole Nautiche. I.I.M., Genova, 1961.
Per il calcolo astronomico sono praticamente indispensabili, in quanto
semplificano enormemente gli algoritmi, rendendoli accessibili ad una semplice
calcolatrice con funzioni trigonometriche e ad una elementare programmazione
informatica (anche con Qbasic):
Meeus Jean (1994). Astronomia con il computer. Hoepli, Milano.
Meeus Jean (1998). Astronomical algorithms. Willman_Bell Inc., Richmond,
Virginia, U.S.A.
La strumentazione occorrente è ampiamente descritta (con due
capitoli sulla riduzione delle misure) in:
Bezoari G., Monti C., Selvini A. (1989). Topografia e cartografia.
Hoepli, Milano.
Un primo approccio al difficile calcolo delle probabilità, fondamentale
in archeoastronomia per la valutazione della significatività dei
risultati, è in:
Baraggia P., Nava N. (1987). Probabilità e statistica. Sintesi
per il biennio delle superiori. Hoepli, Milano.
Baraggia P., Nava N. (1987). Complementi di probabilità e statistica.
Hoepli. Milano.
Baraggia P., Nava N. (1991). Elementi di probabilità e statistica.
Hoepli, Milano.
Una visione più approfondita in:
Baldi Paolo (1992). Calcolo delle probabilità e statistica.
McGraw-Hill, Milano.
Infine, una sintesi (scaricabile dal sito www.archaeoastronomy.it
) sulla strumentazione, l'esecuzione delle misure, gli algoritmi e le problematiche
tecniche, è in:
Codebò Mario (1997b). Problemi
generali dell'indagine archeoastronomica. In: Atti del I seminario
A.L.S.S.A. di Archeoastronomia, Genova.
In Italia si sono svolti, fino ad oggi, sei congressi di archeoastronomia,
gli atti di cinque dei quali sono già stati pubblicati e quelli
del sesto sono in corso di pubblicazione:
Primo Seminario sulle Ricerche Archeoastronomiche in Italia. Brugine
(PD), marzo 1985. In: Giornale di Astronomia, Vol. 12, fasc. 3-4; Vol.
13, fasc. 1-3.
Colloquio Internazionale Archeologia e Astronomia. Venezia 03-06/05/1989.
In: Rivista di Archeologia, Supplemento n. 9, G. Bretschneider Editore,
Roma, 1991.
Convegno Internazionale Archeologia e Astronomia: Esperienze e Prospettive
Future. Roma, 26/11/1994. In: Atti dei Convegni Lincei, 121, Roma.
Convegno Internazionale.Archeoastronomia, Credenze e Religioni nel
Mondo Antico. Roma, 14-15/05/1997. In: Atti dei Convegni Lincei, 141, Roma.
Convegno Internazionale L'uomo Antico e il Cosmo. Roma, 15-16/05/2000.
In: Atti dei Convegni Lincei, 171, Roma.
Il sesto convegno internazionale - organizzato dall'Istituto Internazionale
di Studi Liguri, sez. di Genova, con il patrocinio, la collaborazione ed
il contributo degli EE.LL., della Soprintendenza ai Beni Archeologici della
Liguria e della Società Astronomica Italiana - si è svolto
a Genova in data 08-09/02/2002 per la prima parte, mentre la seconda si
svolgerà a Sanremo in data 01-03/11/2002. Esso ha per titolo: Archeoastronomia:
un dibattito tra archeologi ed astronomi alla ricerca di un metodo comune.
Annualmente vengono pubblicate due riviste di archeoastronomia:
Archaeoastronomy, Supplement to Journal for the History of Astronomy.
Science History Publications Ltd., 16 Rutherford Road, Cambridge, CB2 2HH,
England, journals@shpltd.co.uk
- www.shpltd.co.uk
Archaeoastronomy: The Journal of Astronomy in Culture. The Center for
Archaeoastronomy, P.O. Box "X", College Park, MD 20741-3022, U.S.A. www.wam.umd.edu/~tlaloc/archastro/cfaintro.html
La prima pubblica prevalentemente studi di archeoastronomia europea,
mentre la seconda è maggiormente dedicata all'archeoastronomia delle
civiltà pre-colombiane.
Prossimamente è prevista anche l'uscita di una rivista italiana, organo della neo-fondata Società Italiana di Archeoastronomia S.I.A. (con sede presso l'Osservatorio Astronomico di Brera a Milano), che organizza ogni anno un convegno nazionale.
Occasionalmente, articoli di archeoastronomia vengono pubblicati anche
sugli Atti dei Convegni della Società Italiana di Storia della Fisica
e dell'Astronomia S.I.S.F.A. (con sede presso l'Osservatorio Astronomico
di Brera a Milano).
Siti WEB di archeoastronomia:
www.archaeoastronomy.it
http://digilander.libero.it/archeoastronomia/index.html
www.wam.umd.edu/~tlaloc/archastro/cfaintro.html
www.wam.umd.edu/~tlaloc/archastro/isaac.html
www.archaeometry.org
www.vialattea.net/archeo/index.html
http://aostanet.com/privati/archeoastronomia/arsav.html
http://aostanet.com/privati/cossard/
www.archeoastronomia.it
www.calion.com/archeo/archeoi.html
www.slipltd.co.uk/aa.html
www.slipltd.co.uk/jha.html
www.df.unipi.it/~vittorio/
www.astropa.unipa.it
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Isituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera (IM).
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